Re: Dove inizia la democrazia?

Inviato da  Nero il 9/1/2006 14:14:55
Non vorrei sembrare capzioso, ma distinguerei il concetto "democrazia" dalle definizioni che un sistema da di se stesso.

Per rispondere all'interrogativo, proposto da Massimo, io parto proprio dal ritenere fermamente che il nostro sistema non è una democrazia. La democrazia è solo diretta!

Per quanto riguarda la c.d. "democrazia indiretta", ribadisco che, oltre a non potersi considerare come una "democrazia", risulta anche fallace teoricamente, come sistema di rappresentazione indiretta attraverso delegati.

Richiamo quanto scritto nel precedente intervento, aggiungendo che la nostra società è talmente numerosa e complessa da svilire completamente il significato teorico di delega, soprattutto se questa delega viene trasmessa in collegi elettorali e circoscrizioni come le nostre.
L'errore non è solo nell'aberrante applicazione fatta dalla partitocrazia, ma risiede, per me, già nei gangli teorici di un tale sistema. Chi delega chi? Come e cosa si può sostanzialmente delegare? Il delegato che tradisce la delega? In che misura il delegato rappresenta sostanzialmente il suo elettorato? Si può parlare di delega per una persona che non è proposta dalla sua circoscrizione?
Questi pochi quesiti vorrebbero aprire uno spiraglio sulla difficoltà (già) teorica di riconoscersi nei delegati.
Aggiungiamo anche la quotidiana informazione, pubblica e privata, per rilevare completamente la sostanziale cesura tra rappresentanti e rappresentati.
In realtà, tali passaggi teorici, dal popolo ai delegati, non hanno nulla di popolare, a meno di voli pindarici di alcuni costituzionalisti a cui non crederebbe più neppure la c.d. sciura Maria (procace ed avvenente presenzialista nelle assemblee del suo condominio).
Inoltre, basti osservare come il sistema "democratico rappresentativo" italiano abbia regolato l'istituto del referendum popolare.

E' facile teorizzare un gruppo di persone che si uniscono nella vita politica per proporre una persona delegata a rappresentarli. Questo, in pratica, non avviene quasi più neppure in ambito comunale.
In realtà, queste persone si trovano a fare i conti con dei partiti istituzionalizzati che vantano poteri e ramificazioni tali da rendere vane, già in teoria, le speranze di questi uomini di buona volontà.
Se invece la strada fosse quella di entrare in uno di questi partiti, per promuovere cambiamenti dall'interno, ritengo che l'opzione, sempre valida a livello teorico (come anche quella di esser tutti più buoni), si scontri con una prosaica realtà, oggi ben nota. Trascurando che, così facendo, si riconoscerebbe, almeno indirettamente, il sistema partitocratico.

Questa "democrazia" di tipo occidentale, non fa acqua teoricamente solo in Italia, ma basta leggere di ciò che avviene in altri Stati che adottano questo sistema per governare.
Il sistema è adatto allo scopo (governare) ma totalmente inadeguato se riferito alla sua giustificazione, ossia la partecipazione popolare.

Tutto ciò, devo precisare, lo espongo senza esprimere direttamente dei giudizi di valore su questi sistemi di "democrazia indiretta". Ragionare su quest'altro aspetto è un ulteriore problema.

Ho tentato, piuttosto brevemente, di rispondere al quesito posto. Spero di aver soddisfatto la richiesta, anche se, lo riconosco per primo, l'argomento è stato solo sfiorato per spunti e in maniera men che sintetica.

Valete

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