Re: Risposte alle pagine lunari

Inviato da  Redazione il 27/4/2008 9:48:07
Apprezzo SINCERAMENTE e PROFONDAMENTE l’onestà intellettuale di TUTTLE.

E lui dovrebbe sapere cosa significa questo, visto la particolare “simpatia” che provo per lui personalmente.

Ma la persona è una cosa, il professionista è un’altra, e mi è chiaro da questo momento che lui non “tradirebbe” mai la professione – dicendo una cosa non vera, o anche solo leggermente distorta - a favore della persona.

My hat to you, Pier. Davvero.

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HARVEY (Rigel): provate ad andare a dire alle centinaia di fotografi professionisti, che si aggirano per il mondo trascinandosi dietro assistenti, pannelli riflettenti, stativi, luci di ogni tipo, cavi, controcavi, dimmer, batterie alimentatori gruppi elettrogeni ecc. (il che implica COSTI e TEMPI DI PRODUZIONE molto più alti, oltre al notevole impiccio pratico), che basterebbe vestirsi di bianco cangiante per ottenere un risultato così meraviglioso nei controluce. Provate: se nessuno vi ha mai sputato in un occhio, ci sono ottime probabilità che possiate vivere quella sensazione per la prima volta.

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(A parte la sua invalidità nel discorso tecnico), la “domanda” di Trystero (perchè illuminare le ombre) va inquadrata nel discorso storico dell’evoluzione dell’immagine. Non si possono usare nè la logica nè i parametri di oggi, applicandoli a una situazione di ieri. Il ragionamento di Trystero inoltre parte da un presupposto che noi europei potremmo anche condividere, ma che per gli americani “non esiste proprio”. Cerco di spiegarmi.

Negli anni ’50, mentre da noi si giravano i film per stada, praticamente senza luci, con attori non professionisti (neorealismo), Hollywood andava incontro a uno dei periodi più floridi economicamente, e più “barocchi” dal punto di vista dell’immagine. Persino nei telefilm di Lassie, se ci fate caso, illuminavano gli attori in controluce con dei “bruti” da 20 KW. con cui noi avremmo illuminato un intero paese.

Oppure nei western, fate caso ai “veri cowboy”, duri e puri, che sono obbligati a strizzare gli occhi come delle signorine anche quando stanno in penombra, e guardano nella direzione OPPOSTA a quella del sole. Cioè, hanno il sole DIETRO, ma strizzano gli occhi lo stesso: davanti hanno almeno 20 KW di luce, sparati da pochi metri di distanza.

Lo spreco dei mezzi era la norma, e quella era semplicemente la loro “cultura dell’immagine”, secondo la quale bisognava prima di tutto “vedere tutto bene”. Lo spettatore non deve fare nessuna fatica a immaginare cosa c’è nelle ombre, e il fotogramma deve essere sempre bello pieno e luminoso, in luce come in controluce.

Solo negli anni ‘70 i direttori della fotografia americani, influenzati dagli europei, hanno iniziato a deviare da quel discorso, e hanno introdotto anche loro il “realismo” nell’immagine. Ma la “scuola”, fino a quel punto, era stata quella.

Ecco perchè un qualunque fotografo professionista, al quale fossero state affidate le foto lunari, non si sarebbe MAI NEMMENO SOGNATO di farle “buie” (anche se sarebbe stato più “giusto”, come dice Trystero). Il capoccione NASA avrebbe subito detto “ma qui non si vede niente”, e lo avrebbe licenziato in tronco. (Vai a spiegargli che i posteri un giorno avranno internet, e potranno procurarsi tutte le foto HI-DEF che vogliono, “senza nemmeno fare richiesta scritta all’ufficio stampa di Houston”).

In questo senso dicevo che la nostra premessa per loro “non esiste nemmeno”. Non fa parte del loro modo di ragionare, e non faceva parte della loro cultura visiva. (Non a caso, quando chiesi a Toscani cosa pensava delle foto lunari, di istinto mi rispose: “Non capisco perchè non le abbiano fatte fare a me”. Le trovava spaventosamente “kitsch”, dal punto di vista estetico, ma per loro erano “giuste” così).

Ancora oggi in America ci sono fotografi che seguono la vecchia scuola, e non l’hanno mai abbandonata. Macchina a lastre, cavalletto “de fero” da 300 Kg., venti assistenti per lato, e luci anche nel bdc. Molto simili a loro, in Europa, sono rimasti i professionisti tedeschi, soprattutto quelli che fanno i cataloghi di moda. Anche loro, se non hanno almeno 20 KW alle spalle non si sentono sicuri. Noi invece prendiamo un fazzoletto, lo facciamo rimbalzare a gibigiana su una finestra, apriamo di 3 stop, e otteniamo “il tocco magico” che ci rende “geniali” di fronte al mondo.

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