Re: L'etica, il bene e il male e la giustizia nel Nazionalismo

Inviato da  Floh il 3/6/2010 19:29:03
Ritengo le differenze che distinguono i due termini assurde, come si può pensare che chi formuli il pensiero etico sia esente da condizionamenti societari, dato che chiunque, che dir si voglia, vive in una detrminata epoca e cresce in un luogo ben preciso?
Egli adotta inevitabilmente in tenera età le usanze e vieve sotto i rituali dei propri avi.
Come si decide dunque quale elaborazione etica sia stata capace di slegarsi da queste influenze fino ad essere considerata pura?
Chi ha la presunzione di poter formulare una serie di regole così distaccate dall'ambiente che lo circonda?
Tanto da considerarla obbittiva e univerale, tanto da arrivare a creare due termini: uno che rappresenta quello che lui considera questo pensiero puro e non passibile di critiche (etica) e uno che rappresenta i punti di vista mendaci e non universali (morale).
Che senso ha la patetica e presuntuosa distinzione tra etica e morale?

Questo ci riporta alla domanda che ho fatto nell'apertura del thread:
E' possibile formulare un pensiero etico universalmente valido che non sia passibile di critica?

Secondo me NO, ma ho aperto il thread proprio per capire se mi sbaglio...

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