Re: Tarantino, cinema & metavita

Inviato da  Calvero il 26/5/2010 15:32:54
Grazie per la risposta. L'ho apprezzato. Ma come credo tu possa immaginare, non posso essere d'accordo sulla linea di quanto hai esposto. Non posso perché non è certo a simpatia che difendo la mia tesi...

Tu hai enfatizzato un aspetto reale del suo cinema, ma ne hai tralasciati molti altri.

Io credo che tu sappia benissimo, che quando qualcuno intervista Tarantino (come per altri ma soprattutto per lui, per ovvi motivi, e soprattutto in Italia) il 95% delle domande sono preconfezionate. Credo che le risposte di Tarantino siano nel Cinema e non nelle interviste, che non sono interviste poi ma code promozionali.

Negli inserti speciali di Star Wars c'è un passaggio in cui George Lucas parla ai suoi tecnici e dice che se Sergio Leone ha fatto fare il duro a Fonda, noi lo possiamo farlo fare a Yoda. Estrapolando questo passaggio si può dire tanto e anche quasi niente...

Mi spiace se ho equivocato in parte il tuo post, ma la linea generale che abbraccia è quella per cui ti sei avvicinato al nocciolo della questione. A me le frasi << non sono lo stesso fottuto campo da gioco >> non mi fanno neanche sorridere, ma in quel tipo di sequenza invece ci vedo la descrizione di un degrado suburbano messo sotto una lente di ingradimento surreale. Ci vedo un percorso artistico intelligente che se è una furbata, allora ogni percorso artistico è una furbata a modo suo. Mi spiace ma proprio non mi trovo d'accordo su questa ghettizzazione dei ruoli. Trovo romanticissimo il personaggio di Travolta e delicato quello della Thurman. Magico e quasi inafferrabile quello di Walken e dolcissima la carica emotiva trascinata dal bambino fino all'evoluzione adulta di Butch: il tutto inserito in passaggi Noir e grotteschi, dove la ricerca di una vendetta, qualsiasi essa sia dà vigore e pathos alla violenza e alla struttura delle vicende. Tutto questo è opera di un grande cineasta con un preciso senso della misura dei tempi emotivi e di quelli del montaggio. Ogni ghettizzazione si inabissa ed è soltanto fumosa in questo senso.

Il "processo" al Tarantino bambino che gioca ai B Movie, è una questione di pelle, che, giustamente, può infastidire lo spettatore come no: in ogni caso è un sintomo psicologico perché si conosce l'autore anche come personaggio eclettico e infantile, ma non legittima né delegittima ..l'autorevolezza di un percorso stilistico.

In Jackie Brown si ha una prova matura di fermare - come in un frame - una città dove i personaggi sono incastonati con rigore. Quasi al rallentatore, ma con il dinamismo del copione perfetto. Se lui ha la peculiarità di inquadrare quel mondo e di esprimerlo anche con un tipo di metacinema, non mette valori negativi sulla sua capacità artistica. Avoglia a cantare "la Ida": di riuscire a costruire racconti del genere bisogna essere capaci e innamorati, che non significa paraculi e fissati.

<< Le jene >> ha rinnovato un genere trasformando le strutture del classico << La Rapina >> immettendo quello che secondo me è stato il suo vero e unico PULP. La denigrazione della "forma" sulla "sostanza" e/o viceversa, nel Cinema è un errore psicologico se così la si vuole criticare. Non c'è nessuna pretesa super-intimista nel cinema Tarantiniano e la forma è maestra e nel produrre questa forma bisogna essere registi di classe. La forma nel Cinema spesso trascende alla sostanza o viceversa. Hitchcock era altalenante anche lui in queste tematiche. Kusturica stesso potrebbe non aver detto mai nulla....

Il problema della critica a Tarantino a mio vedere è inquinata dalla massa ignorante che lo ha elevato a qualcosa che non è. Anche in Death proof c'è una tenerissima metafora sociale che palesa una anacronistica visione della vita nella società moderna. Questa simbiotica relazione nelle due parti del film è anche fotografata dal personaggio di Russel, che si brucia nella sua stessa verità di vendicatore perché debole, frustrato. La morte delle ragazze nello scontro con l'autovettura di Russel non è una parte Trash... è quell'ineluttabile sensazione che è presente anche nella vita, che la morte può essere impersonale senza senso. Quasi senza movente. Nella lettura di questo cinema si trasfigura un passaggio che scotta della nostra società. Una imbarazzante realtà fatta di eccezioni, che Tarantino accomuna attraverso un linguaggio metacinematografico. Qualcosa di bello, romantico e genuinamente nostalgico.

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