gli angeli

Inviato da  Calvero il 30/5/2010 17:25:43
Bisognerebbe imporsi di non guardare i Trailers, sempre!, e qualche volta ci riesco ... e qualche volta se proprio ci casco, adotto un escamotage: li dimentico.

Per fortuna quello di The Road non l'ho guardato, poiché di questo Film, di cui ne avevo sentito parlare spesso, avevo intuito l'importanza di non riceverne influenze. Neanche quella di un amico che mi avrebbe prestato il Libro da cui è stato tratto. NO. Ergo non ne parlo se non che con la "sapienza" di essermelo visto al cinema e basta.




Mi domandavo durante la visione a quale lezione di cinema fossi andato incontro, e man man mano che si andava avanti, cinematograficamente rimanevo fermo e piano invece "subivo" riflessioni sul fantomatico senso della Vita in visioni apocalittiche ... ma piano piano andando avanti, svaniva anche questa nuvola mentale post-atomica e si faceva largo in me un sapore romantico e dolcemente religioso

Ogni tanto, la crudeltà della vita, al cinema, si manifesta per quel che è: vita.

Per quanto ipotizzati gli scenari ( e lo sappiamo bene se abbiamo occhi e orecchi per guardarci intorno), sono fantasiosi solo perché raccontati, e il MA che c'è tra l'ipotesi di una vicenda e una Vicenda accaduta ... è un MA che ha i colori di questa pellicola...



Edit

Ad un certo punto, la ruminazione degli eventi raccontati raggiungono un apice che non riguarda più la SORTE in sé dei protagonisti, ma il pensiero sul VALORE; esatto, il valore: quella cosa inabissatasi grazie all'intervento della supponenza umana e del pollice opponibile. Ma quando gli eventi giusti arrivano e sono veramente più grandi di noi - di tutto, ecco che le nostre lenti di ingrandimento che vogliono ingrandire cosa è "bello" e "giusto" per poter vivere "meglio" da prostrati e schiavi, cedono, si frantumano, e gli idoli cominciano a collassare sui loro basamenti di sabbia.

E piano, sì ancora piano, gli occhi di quel padre diventano gli occhi di un mondo che ha perso tutte le sue battaglie; ma non perché dure e difficili, ma perché mai esistite. A dimostrazione che tutti i veri giganti nella storia, alla "fine", sono e soltanto quelli di Don Chisciotte.

Non v'è scontro più tragico e violento in cui la paradossale forma mentale della sopravvivenza abbia dovuto piegare il ginocchio alla forza di chi non sa ancora, come un bambino, cosa la Vita sia. Paradosso perché in quel padre, il cui coraggio si nutriva per amore del figlio, vigeva la consapevolezza del << fuoco >> che portavano in loro, raccontato come una favola al figlio. Un messaggio che il Padre doveva anche disconoscere per la violenza a cui è dovuto cedere. Doveva - per salvare il messaggero.

La vera apocalisse in un film affatto apocalittico, non così come di solito lo si intende, è la presa di coscienza che di fronte a simili eventi si deve realmente cominciare a parlare come si mangia. Il cannibalismo può tranquillamente essere metaforizzato, ma non voglio scendere a questi tranelli psicologici. Poiché proprio quel cannibalismo ha scisso le persone che portavano il << fuoco >> in sé, da chi non lo portava.

Qualcosa di antropologicamente represso e allo stesso tempo sintomo conclamato, di chi decideva di non rinunciare al mondo passato ... da chi decideva di rinunciarvi invece; vi resisteva e "al limite" si suicidava: come il << fuoco >> pretende. Coma la nostra coscienza pretende .. Ora sì la metafora ha la forza di quel che intende il film, mangiarsi significa perpetrarsi - e nulla di buono potrebbe nascere da qualcosa che tende al riciclo.
Questa l'apocalisse, questa.



Un percorso attoriale privo di sbavature, ove quel che si apprezza di più è proprio quello di non doverci spiegare perché e percome certe cosa possano avvenire. Se da una parte si è presi da tempi dilatati bisogna riconoscere il suggestivo merito di renderci sospesi in quella tragicità, dove l'orrore e la paura sono sinceri e il balzo sulla poltrona non c'è - poiché il balzo è nella tensione che si taglia con il coltello di non voler vedere le cose più brutte capitare ai nostri begnamini. Possiamo riconoscere una certa forzatura per rendere inquietanti certi passaggi, ma possiamo perdonarli tranquillamente in virtù di un Film che non pretende che di essere ascoltato..

..l'adozione dei flashback non è uno scamotage per rendere più allettante la storia, ma ha la sua funzione proprio nel presente che viene raccontato, a dimostrazione dei rimpianti e dei rimorsi (nonché della rabbia) che non potranno essere più gestiti. L'ineluttabile sensazione di perdita non molla un secondo questa vicenda e dona un gioiello vero in nome dei bambini. Mai come in questo film si capisce quanto i bambini siano veramente il nostro futuro, ma non intesi come IDIOTAMENTE e BASTARDAMENTE i politici e le istituzioni vogliono farci credere.

Qui i bambini sono lo scrigno; i depositari di una luce in cui bisogna nutrirsi adesso, ORA. Sono liberi dalla conoscenza di un mondo che fu, che è morto, e che vogliamo ancora insegnargli in nome della nostra arroganza; in nome della cultura! quale cultura?!!!

Il figlio capisce cosa è giusto e sà che in un mondo che non c'è più, non solo la sopravvivenza e il metro ultimo della sensatezza.

Così, negli occhi del padre, si sente il compimento di un passaggio, e si vede il bambino per quello che porta in sé: il sacro fuoco. E noi adulti non dobbiamo difenderlo per dargli un futuro, MA per essere compenetrati da questo mistero magnifico che abbiamo sotto i nostri occhi e continuiamo a maltrattare.

La strada, The Road, non è così lunga da percorrere: è vicino a noi ..insieme ai nostri angeli che continuiamo a far tacere perché noi ne "sappiamo" più di loro...

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