Re: DJANGO

Inviato da  Calvero il 23/1/2013 1:01:43
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WOW Hrabal, che belle riflessioni. Veramente intelligenti.. alla tua

Voglio intervenire per capire se ci capiamo. E anche se uso con fermezza i termini, è implicito fortemente il - secondo me - sia chiaro.

Valida l'analogia con dogville, però a questo punto avrebbe dovuto osare di più ... gli manca proprio la stoffa .. c'è poco da fare .. c'è una sorta di schizofrenia a livello qualitativo, non combaciano i due mondi, adesso esagero; prova/pensa se le riprese western fossero state in stile manga e cartone animato come la storia di O-Ren (si chiamava così?) la piccola bambina Jappo-Americana nella sequenza di Kill Bill ...


Citazione:
Il racconto non parte come narrazione epica, lo schiavo e il cacciatore di taglie emergono dalla melma per doti morali, intelligenza e bravura, ma si muovono sempre nel mondo degli uomini.
In realta' i personaggi, e l'ambiente umano appartengono piu' ad un ambiente urbano degradato che alla mitologia del far west. La struttura del racconto, il muoversi sui binari sconnessi della legge per ricavarsi la loro piccola isola di liberta' in un mondo totalmente chiuso, rispondono piu' ai canoni della letteratura e dei film noir che a quelli dei grandi maestri cinema western.


Vero. Ma pensa alla parte in cui DJANGO viene messo in gabbia e c'è la sequenza dove Tarantino fa la parte del carceriere. Sembra di stare ne - La casa nella Prateria. Naaaaa non ci siamo ... prova/pensa alla scena iniziale di Notte illuminata da quale luce? di lato?? .. ... e proprio perché ha mirato al dramma e magari al Noir che doveva rimanere con le inquadrature ferme intorno al fuoco, per dirne una. Invece introduce una scena in movimento che è pacchiana. Cioè quello che dici è vero, ed è presente nello spirito della loro vicenda come hai ben spiegato, ma va a perdersi in scelte visive dannatamente sottotono rispetto ai giochi psicologici e alle scene in interni. Questa ritengo essere la prova che Tarantino è un cantastorie ma non fa cinema, lo manipola .. e lì dove i personaggi riempiono lo schermo con la loro forza e le loro storie, proprio lì nascondono la sua debolezza di regista nel saper inquadrare il mondo che ci circonda. Tarantino ama i personaggi ma non sa essere dolce e intelligente col mondo reale. Capiscimi, lui sa cos'è il romanticismo. Infatti ad esempio, è carica d'amore la sequenza dell'incontro con la moglie e l'emozione che il tedesco stesso prova per loro, così come è carica d'amore la sequenza degli sms in Death Proof ...per dirne un altra.

Citazione:
Nella scena in cui il dottore e django discutono delle 2 opzioni per riscattare brunilde, Django, non vede altera soluzione che rapirla, il dottore suggerisce di liberarla con un piccolo inteliggente inganno, si delineano i 2 epiloghi che corrispondono a 2 differenti mondi.
Il primo quello di django e' quello della disperazione piu' assoluta, il secondo quello dove ancora c'e' spazio per essere uomini.
Ma il contesto come ho detto era totalmente claustrofobico, e coerentemente il potere con il i suoi fidi servi non puo' piu' essere raggirato...


Bello

Citazione:
Dopo la mirabile scena della stretta di mano, il film cambia, e improvvisamente diventa epico, anche Django muore ma diventa eroe mitologico. La salvezza per tarantino non puo' che stare che in un paradossale trascendente onirco fumettisco,(un po' come la liberazione sognata, ma negata da Terry Gilliam, del protagonista di Brazil nell'ultima scena) e la violenza teatralizzata diventa un simbolo di liberta', estremo scatto di un umanita' Django da uomo diventa mito, e vive e vivra' oltre ogni frontiera.
In realta' non ci sono vie di uscita, e l'unica ragione che rimane agli sconfitti, Il dottor schultz e Django, e' quella di una scelta morale, ovvero di conficcare una pallottola nelle budella del potere.




... e infatti la frase che libera la coscienza a SHULTZ "mi spiace non ho saputo resistere" per poi fare quello che sappiamo (non voglio spoilerare) .. è magnifica e dolcissima, paradossalmente. Proprio quella che è la catarsi e una rassegnazione al mondo che non accetta più, per Shultz, diviene anche l'elemento che costringe tutto ad essere rimesso in discussione e far saltare quanto fin lì si erano sudati.

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