Re: Punto di fusione, teorie che "dovrebbero" confermare la versione ufficiale

Inviato da  Abulafia il 31/5/2006 11:39:49
Buongiorno,
riprendendo il post di ieri l'altro, vorrei ampliare le considerazioni sul perchè il test di laboratorio in esame non sia molto attinente al caso delle Torri. Per poter prevedere in modo esatto il comportamento di un trave durante incendio la prova di laboratorio dovrebbe poter mimare fedelmente:
1) il tipo di materiale
2) la geometria della trave
3) il tipo di carico
4) le molte condizioni al contorno

1) I materiali
Il test usa un acciaio Fe360 ma le Torri adottavano travi dalla composizione più varia, come menzionato qui (proprio nelle prime righe dell'Appendice). La composizione è importantissima: nonostante l'acciaio sia fondamentalmente una lega Fe-C con percentuali di quest'ultimo inferiori al 2,11% in peso (oltre, diviene ghisa: quella dei vecchi pesanti termosifoni), gli acciai da costruzione hanno contenuti di C sotto lo 0,6% circa. Un diagramma di fase Fe-C è disponibile qui (slide 4). Si nota come anche una variazione di qualche decimo percentuale provochi notevoli alterazioni strutturali del materiale (le varie lettere "alfa", "delta" e "gamma" indicano differenti microstrutture): ciò causa risposte diverse al calore od alle sollecitazioni. Un esempio: la lega Fe-0,1%C fonde a 1493 °C, quella Fe-4,3%C a 1147 °C, con un salto di ben 350 gradi. La temperatura di cedimento per le due diverse travi nell'esperimento, a parità di curva di riscaldamento e materiale, diferisce di ben 150 gradi (in fig. 20 è 700 °C, in fig. 22 è 550 circa) ma si fa notare come tali risultati siano calcolati, non sperimentali... segno che la casistica anche su materiali molto comuni in edilizia non per forza sia sempre completa.

2) Le geometrie
Lo spessore delle travi nel test è costante e pari a 6 mm, ma nelle Torri variava di molto a seconda della posizione, perimetrale o interna (dai 6 ai 25 mm per quelle esterne, ad esempio). Si calcoli che maggiore è la massa, maggiore sarà il calore utile a portarla al punto di fusione: la temperatura di fusione non cambia, ma serve più calore. E' il motivo per cui non è ragionevolmente possibile fondere una trave con la comune fiammella da cucina economica, anche se la sua temperatura di fiamma supera il punto di fusione dell'acciaio.

3) I carichi
Vedi post precedente.

4) Le condizioni al contorno
Queste sono molto importanti: nell'esperimento la trave è posta in forno e si assume, a buon diritto, che in ogni istante tutti i suoi punti si trovino alla stessa temperatura. In questo modo la trave è uniformemente riscaldata tanto che in fig. 14 si riporta una sola curva di temperatura per tutta la trave; le condizioni così realizzate sono le più critiche poichè l'intera struttura è più prossima al punto di fusione, dunque cederà prima. Ma in un incendio d'edificio ciò non avviene: le fiamme si innescano e propagano in modo casuale, le lingue di fuoco lambiscono porzioni ridotte di trave creando notevoli differenze di temperatura. Inoltre, si registrano diversi aumenti e cali (fig. 1): la prima fiammata del kerosene ha aumentato la temperatura, che poi per effetti di conduzione e convezione s'è ridotta, per poi risalire localmente dove gli incendi hanno attecchito. Una simile dinamica altera moltissimo il risultato rispetto al caso ideale dell'esperimento e di conseguenza è prevedibile che il cedimento avvenga in tempi più lunghi rispetto a questo. Non per nulla l'ingengeria fa uso abbondante dei cosiddetti coefficienti di sicurezza: sono fattori moltiplicativi utili a prevedere abbondantemente tutte quelle variabili che i calcoli non hanno incluso.
Il test ASTM E119 (pag. 7) qui molte volte citato è indicativo, non esaustivo: stabilisce un tetto, un limite, ma non si sogna neppure di essere esatto (pag. 5, II e III paragrafo). Va preso come termine di paragone.

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