Chi comanda chi? (Rapporto USA Israele)

Inviato da  superanima il 8/5/2011 8:54:26
Mi sembra che molti, anche qua dentro, sembrano considerare gli stati uniti succubi della volontà della "lobby ebraica", e che sia questa a controllare e definire la politica estera della federazione a stelle e strisce.

Anche io conoscevo questa "teoria" da molto tempo, ma non mi aveva mai convinto molto, per esempio mi sembrava una nota stonata il fatto che si considerassero gli ebrei americani come i burattinai che tirano i fili della politica estera statunitense... Possibile, mi chiedevo, che le famiglie WASP di antica origine, con tutto quel potere economico che avevano accumulato nei secoli della loro permanenza in America avessero permesso agli ebrei di subentrargli al potere?

John Kleeves, nel suo "Un paese pericoloso: Storia non romanzata degli Stati Uniti d'America" dà una spiegazione diversa del rapporto USA-Isaele, ovvero dipinge lo stato mediterraneo come una testa di ponte verso l'oriente della volontà egemonica e totalizzante degli stati uniti, un mero strumento al servizio del vero potere.

La parte più interessante del libro però è la spigazione che dà degli Stati Uniti, di come si sono formati e perchè, e quali sono le pulsioni che ne guidano le azioni.

Questo libro mi è sembrato talmente convincente e vero che dopo averlo letto mi sono sentito come se mi avessero strappato un velo che avevo sempre avuto davanti agli occhi, come non mi era mai successo con nessun altro libro o articolo.

Ne consiglio FORTEMENTE la lettura, si trova facilmente nella rete e2DK.

di seguito la recensione di Massimo Fini:

Citazione:
"Kleeves parte da un presupposto abbastanza sorprendente: degli Stati Uniti si crede di sapere tutto ma in realtà si sa assai poco. Ci? è dovuto sostanzialmente a due motivi. Il primo è che si tratta di un paese singolare, con una forte specificità, le cui affinità con le culture di altre aree del mondo, compresa quell’Europa da cui provengono, sono più apparenti che reali. Il secondo motivo è che gli Usa dispiegano una forza propagandistica enorme per essere percepiti come vogliono essere percepiti ma come in realtà non sono. In America esiste una United States Information Agency (Usia), con un budget di tre miliardi di dollari e 50 mila funzionari sparsi in tutto il mondo, il suo scopo statutario è di "influenzare le opinioni e le attitudini del pubblico estero in modo da favorire le politiche degli Stati Uniti d’America". (...) Cos? gli americani hanno potuto presentarsi come i vessilliferi dei buoni sentimenti e della pace, il che è abbastanza straordinario per un paese che dalla sua nascita ha compiuto più di 200 interventi armati in tutte le aree del mondo, il cui schiavismo ha provocato 40 milioni di morti, autore di uno dei più spietati e cinici genocidi della storia, quello dei Pellerossa, infine l’unico ad aver usato, senza troppi scrupoli, la bomba atomica.

Kleeves, che fa largo uso della ricerca motivazionale, utilizzata in psicologia, individua l’origine del "modo di essere americano, di quella che è una vera e propria teologia, nel protestantesimo declinato nella sua versione più radicale ed estrema, il puritanesimo. Ci? dà all’americano medio la certezza di essere dalla parte degli Eletti, dei Buoni, dei Giusti e agli Stati Uniti la caratteristica di paese straordinariamente aggressivo, convinto di avere il diritto, anzi il dovere, di portare il proprio modello ovunque. Il presidente Roosevelt lo disse esplicitamente: "L’americanizzazione del mondo è il nostro destino"".

Su questo sentimento (...) si inseriscono gli interessi economici di quell’oligarchia mercantile che rappresenta il 5% della popolazione, detiene la metà della ricchezza nazionale e il cui interesse non è quello di esportare i Buoni Sentimenti ma di omologare l’intero pianeta al proprio modello per potervi vendere i propri prodotti e sacrificare cos? a quello che gli stessi americani chiamano Almighty Dollar, Il Dollaro Onnipotente. Per ottenere questo scopo sono disposti a distruggere culture, habitat, diversità, tradizioni, economie".

(Massimo Fini, "Avvenire", 10 luglio 1999)

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