Ma secondo me non hai chiara la questione. Mi sembra che tu non abbia riflettuto fino in fondo sulle implicazioni della visione relativista, parziale o assoluta che sia.
Guarda che sei tu che stai confondendo. Io non mi riferisco all'affermaione "tutto è relativo", ma al suo contenuto ed è proprio quel contenuto che è un paradosso in sé. Quell'affermazione dichiara che non c'è nessuna verità-realtà oggettiva perché tutto è subordinato dalla soggettività umana, ma allo stesso tempo crea una verità oggettiva, immutabile, eterna: se niente è vero in sé, concretamente (come Treccani dice della realtà), nemmeno questa verità può esserlo. Sembra che non conosci la storia del relativismo e le critiche che gli sono state portate:
sul piano etico: se, come affermano i sostenitori del relativismo etico, vale il principio di equivalenza di ogni prescrizione morale, ciò non può non avere effetti esiziali sulla società; se infatti non esiste una Verità assoluta di riferimento in base a cui poter distinguere il bene dal male, allora tutto è lecito, affermazione che pretende di porsi a sua volta come una norma assoluta, a dispetto del presunto carattere "non prescrittivo" del relativismo.
Queste critiche potrebbero essere superate solo asserendo che «niente è assoluto e oggettivo, tranne questa stessa frase», ma allora bisognerebbe ammettere che non tutto è relativo, e c'è sempre qualcosa di assoluto da cui non si può prescindere. Agostino d'Ippona diceva in proposito che chi sostiene l'impossibilità di ogni certezza è destinato a contraddirsi, perché non volendo dà sempre per scontata una certezza, ossia la certezza che non vi sono certezze. Per quanti tentativi uno faccia, non si può mai negare del tutto l'esistenza di una verità assoluta, verità che si manifesta proprio nella scoperta della relatività del mondo delle apparenze.
La parte software, cosa è (composizione) e chi lo crea
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