Re: voto o non voto?

Inviato da  nike il 30/3/2008 16:01:11
27 marzo 2008
Veltroni "da soli si può". E senza sinistra
Intervista di Gabriele Polo - Il Manifesto
Ha ripetuto «si può fare» per 71 volte in 71 piazze, cantato altrettanti inni di Mameli e poi ascoltando «Mi fido di te» di Jovanotti, stretto migliaia di mani. E continuerà così, fino a quota 110. Per nulla turbato dai sondaggi che continuano a darlo «sotto». Anzi convinto di poter risali= re la corrente fino a palazzo Chigi.

Per poi fare cosa? «Nulla di straordinario», «nessuna rivoluzione», come ripete efficacemente Anna Finocchiaro che lo accompagna nei comizi siciliani.

Ma anche qualcosa di non ordinario, perché Walter Veltroni sta rivoluzionando il quadro politico, sta costruendo un partito - «leggero» quanto sì vuole - in campagna elettorale. E ciò che impressiona è il copione che si ripete identico in ogni piazza, con la forza dell`allegro tormentone: non tanto nelle parole, ma nei gesti di chi accorre e ascolta, invocando il suo nome, agitando l`obamiano «si può fare» in perfetta sincronia, come un sol uomo, senza bisogno di una regia. E` questa la sua forza, quella che lo convince della rimonta possibile.

Saliamo sul pullman dopo la tappa palermitana, verso quella agrigentina..[….]

[…]In conclusione: fine della lotta di classe, archiviato il 1900 con i suoi conflitti e le sue Ideologie. Ma se tu diventassi - e non è un augurio - direttore del manifesto, cosa ci scriveresti al posto di «quotidiano comunista»?
Dipende da cosa vuole essere il manifesto... A me piacerebbe una definizione più di contenuto che ideologica....
«Quotidiano delle libertà e della giustizia sociale».

E` l`ultima risposta, che arriva ormai alle porte di Agrigento (72ma tappa) e dopo qualche secondo di esitazione: oltre che a farsi, la semplicità è cosa difficile a dirsi.

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EDITORIALE
CONTRO IL PAESE SEMPLICE

In un recente discorso alla Confartigianato, il candidato premier del Partito Democratico ha dichiarato che la sua "ossessione" è quella di "fare un Paese semplice". La frase riguardava in particolare la burocrazia, ma nei giorni successivi, ripetuta in altri contesti, è diventata un vero e proprio slogan: dal Paese normale di Massimo D'Alema al Paese semplice di Walter Veltroni.
Se interrogate l'oracolo di Google con la parola "semplicità", dalle prime dieci risposte potete distillare questa sintesi:
"C'è un grande bisogno di semplicità. Convivere con la complessità è solo un'inefficiente e inutile perdita di tempo, di attenzione e di energia mentale. E' necessaria una notevole intelligenza per essere semplici. Il pubblico, ormai saturo di slogan e promesse non mantenute invoca chiarezza e semplicità. La gioia delle piccole cose."
In un senso o nell'altro, l'ossessione di Veltroni sembra piuttosto condivisa.
Il mio modesto parere è che all'Italia servirebbe una ricetta per molti versi opposta: innamorarsi della complessità.
L'aggettivo semplice deriva dal latino simplex, formato dal prefisso sin(e) = senza e dal sostantivo plica = piega, oppure dalla radice sa- che indica unità (cfr. singolo = piccola unità, insieme, simultaneo, sempre) e plak- = mescolo, lego, con il significato etimologico di senza piega, ovvero piegato una volta sola. Si contrappone quindi da un lato a molteplice (piegato molte volte) e dall'altro proprio a complesso (cum = insieme + plecto = intreccio, che ha la stessa radice plak- di plico).
Rispetto all'uso, il Dizionario De Mauro della lingua italiana propone svariate definizioni:

1. composto di un solo elemento, non mescolato, puro.
2. privo di complessità.
3. privo di ornamenti eccessivi, essenziale, poco raffinato, naturale, sano.
4. spontaneo, senza malizia, ingenuo.
5. con valore limitativo (s. domanda, soldato s.)
6. erba medicinale

Da subito, quindi, i seguaci del Semplice hanno un problema: il loro aggettivo prediletto ha una semantica complessa, molteplice, ambigua.
Che cosa dobbiamo intendere per Paese semplice? Possiamo intendere un concetto preciso oppure chi usa quel termine allude di fatto a un'intera galassia di senso?
Nel significato 1, l'idea di Paese semplice ha un vago retrogusto ariano e […]……………………………….

[…]In pace. In una pentola di acqua semplice, senza increspature e senza pieghe. Perché le pieghe fanno paura, nascondono mostri, e in fondo il famigerato bisogno di sicurezza è solo un altro nome per il bisogno di semplicità. Non a caso colpisce ovunque: anche nei quartieri più tranquilli, perché in realtà l'insicurezza non nasce dal crimine, ma dall'odio per la complessità.
L'evoluzione ci mette 50 millenni a selezionare la specie adatta per un determinato ambiente. I nostri cervelli saranno "adatti" a questo mondo nel 52008, anno più, anno meno. Al momento, cercano di barcamenarsi con quello che hanno, ed è naturale che la complessità li infastidisca.
Ma soltanto amandola è possibile ridurla senza tradirla.
Soltanto un paese che ama la complessità può evolversi e vedere il futuro. [WM2]
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