Re: il capitalismo è nudo!

Inviato da  DrHouse il 12/10/2008 2:28:09
Citazione:
Il capitalismo è una cosa bene precisa, molto semplicemente è il risultato delle azioni umane in un contesto di libero scambio (qualcosa di cui abbiamo visto solo sprazzi nella storia recente), non è quindi un metodo "inventato" da qualcuno e poi imposto sugli altri quanto un sistema che si sviluppa spontaneamente e che è stato studiato a posteriori.

Indipendentemente dalla validità della tesi che si vuol dimostrare, che non ho voglia di confutare in questa sede, non c'è chi non veda la palese contraddizione che sottende a questo ragionamento. Nello stesso paragrafo prima si afferma un concetto, poi di fatto lo si nega. Prima si afferma che il capitalismo è una cosa ben precisa, molto semplicemente è il risultato delle azioni umane in un contesto di libero scambio, poi si dice che in pratica non è mai esistito: qualcosa di cui abbiamo visto solo sprazzi nella storia recente. Domanda: ma allora, se non è mai esistito il "vero capitalismo" (carino quel si sono visti solo sprazzi), come si può affermare che cos'è il capitalismo? Su che cosa è stata basata l'osservazione per arrivare ad affermare che il capitalismo sarebbe il risultato delle azioni umane in un contesto di libero scambio, se poi nello stesso paragrafo si dice che il capitalismo non è di fatto mai esistito e non si fa alcun esempio concreto? Come fa il capitalismo a essere una cosa ben precisa e, allo stesso tempo, essere privo di esempi concreti precisi? Come faccio ad affermare che le banane sono gialle, se poi ammetto di non aver mai visto una banana in vita mia? Indipendentemente dal fatto che il capitalismo sia effettivamente ciò che qui si afferma, risulta evidente fin d'ora che l'intero ragionamento è fondato su una palese contraddizione: non si può definire qualcosa che non esiste (o che concretamente non è ancora mai esistito) e dunque non si conosce.

Questa contraddizione è, a sua volta, figlia del rovesciamento di valori su cui si fonda l'intera teoria del libero mercato: il noumeno, ossia l'ideologia, ciò che il capitalismo dovrebbe essere in teoria (un libero mercato puro senza presenza o intervento dello stato, "naturale" tendenza degli esseri umani ad affermarsi senza creare conflitti, guerre, monopoli ecc. determinando automaticamente e pacificamente il bene comune) viene sostituito al fenomeno, ossia il capitalismo reale come sistema politico-economico storicamente determinato. L'utopia viene dunque sovrapposta senza troppi problemi alla realtà e la realtà mandata in soffitta ed etichettata con gli attributi tipicamente più invisi ai sostenitori del libero mercato: socialismo, capitalismo socialista e altri neologismi del genere. Come dissi già tempo fa, fin qui tutto bene. Purché si abbia almeno l'umiltà di ammettere che si tratta di un'utopia. Ma no, non sia mai detto. Si pretende di affermare (come se fosse un dato comprovato e scontato che non richiede dimostrazioni) che la propria interpretazione del capitalismo è l'unica giusta e universalmente valida (peraltro senza neppure riuscire a fare esempi concreti), mentre tutte le altre sono sbagliate. Eccone un esempio nello stesso post:

Citazione:
A me sembra invece che l'uso di una parola al posto di un'altra sia importante. In questo caso, per esempio, appare evidente che incolpare il "capitalismo" o il "libero mercato" sia la tattica scelta dai fautori dell'attuale corporativismo – credo che questo sia il termine più corretto per definire il sistema vigente – per poter così invocare un maggior intervento statale nell'economia, ovvero: ancora minore libertà, ancora più potere centralizzato.

Quella che in realtà è, nella migliore delle ipotesi, un'interpretazione ortodossa del capitalismo, per non dire un'utopia, del tutto astratta e interamente separata da ogni riferimento storico concreto, viene insignita del termine "capitalismo". Al capitalismo storico, invece, si affibbiano senza troppi scrupoli i nomignoli più fantasiosi: là socialismo, qui corporativismo, altrove altri attributi di pura fantasia. È un esempio illuminante di come si tenti di allontanare le parole dal loro uso storico concreto per rimandare il significato vero a un noumeno, a un qualcosa di metafisico e metastorico, al di là della storia e al di sopra della realtà.

D'altra parte, rovesciamento dei valori e astrazione sono elementi che si ritrovano puntualmente in tutti i teorici del libero mercato che postulano l'assenza o la non ingerenza dello stato nell'economia: si pretende, cioè, di studiare l'economia e di creare una teoria economica universalmente valida prescindendo completamente dalla storia, dalla politica e dai rapporti di forza all'interno della società come se davvero si potesse fare a meno di essi. In un mondo astorico e ipotetico, in cui lo stato non esiste o almeno non dovrebbe esistere, è relativamente facile creare una teoria economica che spiega tutte le crisi e dimostrare che l'economia funzionerebbe molto meglio senza lo stato. Per ogni problema che nasce in seno al capitalismo (sfruttamento, povertà, disoccupazione, crisi, monopoli, guerre, imperialismo, fino alle bolle speculative dei derivati) c'è sempre una risposta pronta e universalmente valida, una e una sola causa: lo stato, nelle sue varie forme (governo, autorità monetaria ecc.), responsabile di tutti i mali possibili e immaginabili. Partendo da questo comodo presupposto, è facile poi concludere che il libero mercato funzionerebbe perfettamente senza l'ingerenza dello stato. Per forza: il male (cioè lo stato) viene visto come qualcosa di esterno al capitalismo, per cui è ovvio concludere che, se non esistesse, il capitalismo (il bene) funzionerebbe meglio senza lo stato (il male). Non fa una piega. Sarebbe come se io dicessi che potrei risparmiare molti soldi se non mangiassi. Peccato che debba mangiare, altrimenti crepo. Peccato che lo stato esista da sempre e da molto prima del capitalismo. Ogni teoria economica che pretenda di spiegare l'economia prescindendo completamente dal ruolo dello stato, dunque, potrà anche essere valida e precisa finché si guarda all'economia come a un qualcosa di estrapolato dal contesto storico, sociale e politico, ma, di fatto, si collocherà sempre su un piano puramente ideale, ipotetico e metastorico: anche se è valida, è di fatto inapplicabile e dunque non serve a nulla. Sorvolerò sul fatto che lo stato riflette sempre i rapporti di forza all'interno della società (non solo quella capitalistica) e che, quindi, finisce sempre fatalmente per fare gli interessi della classe dominante e infuenzare l'economia con le sue regolamentazioni a vario livello. Sono certo che per i puristi del libero mercato anche questo è un dettaglio di trascurabile importanza.

Naturalmente gli artefici di questo ragionamento non si peritano minimamente di spiegarci come si passa dall'utopia alla realtà e viceversa. È così e basta. Loro hanno ragione, tutti gli altri hanno torto e non capiscono nulla. È lo stesso metodo di cui si serve a piene mani Attivissimo: i suoi link sono tutti inattaccabili, quelli degli altri non dimostrano mai nulla; gli esperti che cita lui sono la Bibbia, quelli che citano gli altri sono tutti incompetenti o drittoni che vogliono vendere magliette e DVD. E vabbè, allora avranno ragione loro.

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