Re: il capitalismo è nudo!

Inviato da  Paxtibi il 14/10/2008 19:46:51
Ecco l'esempio concreto che chiedevi, Shevek:

Con la rivoluzione del 1821 la Grecia si liberò della dominazione turca che si protraeva da circa quattro secoli. Estremamente interessante leggere una descrizione di quanto avvenne nella fase di "vuoto di potere" succedutosi alla cacciata degli ottomani. La gestione del territorio, infatti, fino ad allora in mano ai rappresentanti del potere ottomano, una volta cacciate le nobili famiglie turche che detenevano le terre presso le quali gli autoctoni lavoravano in condizioni di semi schiavitù, erano diventate res nullius.

Se in Oklahoma furono organizzate delle competizioni per accaparrarsi la terra durante la corsa all'Ovest, in Grecia, nella provincia dell'Elide, il problema della distribuzione della terra fu risolto dividendola in lotti, ad opera degli stessi abitanti, e, come procedura per l'assegnazione, si organizzarono delle corse con i cavalli.

La cosa funzionava così: ogni famiglia esprimeva un cavaliere, e terminata la gara, il vincitore avrebbe scelto la porzione a lui più congeniale. Il secondo classificato sceglieva un altro lotto, e così via, fino che tutte le terre coltivabili non fossero state divise.
Le vedove e gli orfani, affinché anch'essi potessero avere una fonte di sostentamento, non dovevano attendere la fine della gara, in quanto le comunità avevano stabilito quali terre assegnargli in precedenza.

In questo modo, cioè in modo autopoietico, senza intervento esogeno e senza particolari frizioni, la vita prese un suo stabile ritmo, e i braccianti, per la prima volta dopo secoli, divennero “proprietari” delle terre che coltivavano. Il surplus di produzione che in pochi anni fu realizzato grazie alla fertilità della terra rese possibile l’inizio degli scambi con altre regioni e paesi stranieri. La vita procedeva tranquilla. L’amministrazione delle comunità affidata alle riunioni di rappresentanti non professionisti (capifamiglia, anziani, ecc.) e, cosa che dispiacerà ai fans di Hobbes, pur in totale assenza di polizia, gli atti di reciproca aggressività assolutamente limitati.

Ma il giorno arrivò. il governò centrale di Atene finalmente si diede una struttura, emanò le prime leggi, e formò un esercito nazionale. il potere, in altri termini, si coagulò nella forma della dominazione. “Stato” è il termine che indica "chi ha il monopolio della forza su un dato territorio". La definizione è di Walter Benjamin. Una delle prime leggi emanate riguardava la nazionalizzazione delle terre. Procedura molto democratica. Infatti, durante la gloriosa guerra di Spagna, anche gli anarchici parteciparono al governo che emanò il decreto di collettivizzazione operaio del governo autonomo di Catalogna. “In nome del popolo greco”, tutte le terre divenivano proprietà dello stato.

Il primo compito dell'esercito ellenico neoformatosi fu di espropriare con la forza le terre ai contadini che nel frattempo le avevano lavorate. In nome del popolo, ovviamente.
Quelle stesse terre, poi, furono rivendute dal governo, e finirono in gran parte in mano ai grandi latifondisti dei quali il governo stesso era espressione ed emanazione. Qualche contadino riuscì a ricomprarsi la propria terra, ma le tasse che nel frattempo il governo aveva imposto rendevano impossibile trarre guadagno dalla coltivazione diretta di piccole proprietà. Per tale motivo, questi dovettero subito rivendersele per ritornare a fare i braccianti. Ma ora i padroni non parlavano più turco, parlavano greco. Su queste basi è nato il moderno stato greco, liberale, democratico e capitalista (fino alla parentesi del regime militare).

Questa storia greca ha, come le favole del conterraneo Esopo, una morale? Si. Questa storia istruisce. Non ci insegna certo che sia da ricercarsi l’arcadia agricolo-pastorale, la “buona selvatichezza” rousseauiana o simili romanticismi da salotto radical-chic. E’, infatti, una storia che riguarda una organizzazione sociale che è più "comunità" che "società", nel senso di Tonnies, con tutti i difetti connessi a ciò. Però, le vicende dell’anarchia greca offrono numerosi spunti di riflessione. Ad esempio, sembra che l' "ontogenesi" dello stato greco ricapitoli, per così dire, la "filogenesi" della statualità storica. In altri termini, rappresenti la replica a uso e consumo dei moderni dell'opera di conquista del territorio che generò il leviatano. Non già, quindi, di quella evoluzione darwiniana dalla selvaggia orda primordiale allo stato perfettamente evoluto a seguito di un' improbabile accordo universale; cioè quella cosa che Rothbard definì ironicamente "l' immacolata concezione dello stato". Ciò che, però, più conta ai fini del nostro discorso è che la divisione dei “mezzi di produzione” e delle ricchezze non avveniva mediante atti violenti (i "mezzi politici" di cui parla Hoppenheimer), ma in base ad un comune accordo (i "mezzi economici") che, senza pudori, si può definire mercato, ma che si ha estrema difficoltà a definire capitalismo. Non nel senso “volgare” del termine.

Con ciò, ribadiamo, non si vuol affatto dire che sia auspicabile un ritorno a forme sociali più semplificate e, quindi a sistemi di scambio meno soggetti allo “sfruttamento capitalistico”. No, le preferenze sono individuali e la società non fa che organizzarsi sulla base di queste. Solo il moralismo che contraddistingue chi è uso rifiutare di guardare nei cannocchiali può ardire di porsi a missionario che annunci questo o quel rigore. Di questa schiera fanno spesso parte gli anarchici classici, di tradizione socialista, i quali, invece, spacciano per alternative alle logiche di mercato situazioni di mercato primitive, compra-vendita equa e solidale, autoproduzioni. Queste, in realtà, sono piena espressione del libero scambio, cioè di un sistema basato su incentivi individuali, non certo su moralità esogene impostegli. Si tratta di mercati, solo più piccoli e meno redditizi. Minor godimento, si deduce, minor peccato. Una comune in cui viga la gratuità rientra perfettamente nella logica di un “mercato” similmente inteso.

No, con questo discorso si vuole portare l’attenzione soprattutto sull’altro polo della questione, quello statale, cioè sul fatto che il primo gesto che lo stato appena formatosi ha compiuto è stato togliere le terre ai contadini che le coltivavano e il concederle ai ricchi protettori latifondisti, che con i loro mezzi avevano permesso la formazione della elite governativa. E le tasse, imposte dal governo centrale per il proprio mantenimento, hanno fatto in modo che non risultasse più vantaggioso per i piccoli proprietari il mantenimento dei loro limitati possedimenti. Ciò ha posto le basi per un’economia, quella che ha prodotto Onassis, che, per quanto più “arretrata” rispetto alla gran parte di quella dell’Occidente residuo, può dirsi di tipo capitalistico, per quanto si abbia difficoltà a definire “di libero mercato”. Messa così, si badi, sono anti-capitalisti anche i cosiddetti anarco-capitalisti. Insomma, il dato storico ricalca perfettamente il noto criterio che David Friedman utilizza per descrivere cosa è mercato e cosa no. E’ mercato qualunque situazione in cui le risorse vengono utilizzate in base a regole condivise – qualunque regola, inclusa la corsa coi cavalli – ed è non-mercato ogni situazione in cui il problema venga risolto con la forza. Quest’ultimo, dice Friedman, è talmente poco conveniente che “viene utilizzato solo da bambini piccoli e grandi nazioni”. Appunto.

La questione sulla quale questa storia ci invita a riflettere, in definitiva, è: favorisce di più il privilegio e l'accumulazione illegittima la libera contrattazione - da sempre accusata di essere il terreno di coltura del "capitalismo da rapina" - o la regolazione dell'economia sotto la tutela di organizzazioni sovrapersonali – sia uno stato (liberal-democratico a proprietà privata diffusa o socialista a “capitalismo di stato”), sia perfino un governo su modello del "Comitato delle Milizie" spagnolo -, teorico garante dei "diritti" di tutti i "cittadini"? Ognuno è libero, ovviamente, di pensarla come vuole, ma chi ritiene che la prima condizione sia auspicabile e la seconda deleteria persegue un “libero mercato anti-capitalista”. Grazie di aver guardato nel cannocchiale.

(Ideologia e mercato. Un'analisi costruttivistica, Luigi Corvaglia)

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