Re: Salò 2011

Inviato da  benitoche il 10/10/2011 12:00:46
Ciao funky1
Gli imprenditori non possono ignorare la richiesta, certamente confusa ma per questo non meno pressante, del nuovo. Richiesta a cui deve seguire almeno un abbozzo, una speranza, di qualcosa di piú incisivo, di piú chiaro, di piú onesto, altrimenti le delusioni continue, i drammi quotidiani, l'incertezza del futuro, spingeranno molti verso scelte confuse, contraddittorie, forse anche verso atti violenti.

Una distinzione è dovuta fra i grossi imprenditori oramai dediti ad accaparrarsi i servizi,acqua,autostrade,energia,(vedi De Benedetti o Benetton)e chi invece combatte ogni giorno per far quadrare i conti;i primi hanno accumulato ricchezza sopratutto grazie agli aiuti statali o a favori del governo(vedi privatizzazioni Prodi),ed oggi questi ladri della ricchezza Italiana hanno anche il coraggio di sbeffeggiare un popolo che li ha resi cosi potenti,i secondi sono invece la vera anima creativa della nostra nazione

Parliamo dei secondi,dei piccoli e medi imprenditori che ben volentieri avrebbero voluto far parte dell'elitè,è loro dovere morale reinvestire gli utili nel territorio,bisogna smetterla di investire i danari in borsa e favorire l'impero guerrafondaio,anche se oggi molte banche etiche sono scomparse è a loro che bisognerebbe destinare i surplus economici



Ed ora andiamo al nocciolo della questione
Se l'imprenditore non potesse trattenere il profitto, non esisterebbero più imprenditori, ma solo funzionari.

Chi lo dice?
Se amo accudire i cani lo farò sia se mi pagano sia come volontariato,se le mie capacità mi impongono un ruolo all'interno della società che ci ricavi capitali o meno Io lo porterò a termine,sono poi certo che nessuna persona assennata avrebbe difficoltà ad attribuire un compenso “elevato” ad un imprenditore che, grazie alle sue intuizioni, è in grado di gestire la produzione come nessun altro saprebbe fare

Una visione umanistica sarà fondamentale in futuro
Le soluzioni per l'Italia potrebbero essere queste(cito un post di questa mattina):

Oggi è la Cina a impensierire gli imprenditori, che si dannano per far quadrare i conti di fabbriche e fabbrichette, un giorno floride e ora allo stremo. Si domandano perché non riescono a tenere il passo con i mercati d’Oltralpe e soprattutto d’Oriente per i propri pneumatici o profilati in rame, per le calzature o le tegole d’ardesia. Si sentono ingannati e tentano di sfuggire con altrettanti inganni, impiantando fantomatiche sedi centrali in paradisi fiscali, o aprendo filiali dove la manodopera è a costi inferiori. Se invece si cercasse di realizzare una vera diversificazione nelle linee produttive, puntando sulle doti endemiche del popolo italiano e le risorse incomparabili del territorio, si potrebbe tener testa a russi, indiani e cinesi, le vere forze economiche emergenti, essendo quella statunitense malata da lungo tempo e prossima al collasso, anche se rimedia alle proprie occulte carenze con guerre e strategie finanziarie aggressive e punitive, vedi Argentina. Se è vero che occorre affrontare le emergenze su terreni congeniali ed esaltando le proprie qualità creative ed espressive, gli italiani dovrebbero riciclarsi sfruttando le inimitabili caratteristiche del proprio territorio e del corredo artistico, approntando un nuovo tipo di economia incentrata su questi fattori. E quindi migliorare e qualificare al massimo aree archeologiche e musei, da attrezzare in maniera moderna e funzionale; agriturismo genuino, non gestito da improvvisati e rapaci operatori; ricettività alberghiera che recuperi il nobile e umano tratto dell’ospitalità italiana; spettacoli teatrali al chiuso e all’aperto, come opera, danza e drammaturgia, riportati agli splendori della nostra migliore tradizione coreutica, scenografica e della commedia dell’arte, escludendo volgarità e mancanza di professionalità. Basta con le fonderie, le raffinerie e i poli siderurgici, che hanno deturpato lo scenario incomparabile di questo Paese, e nuova vita all’agricoltura impostata su basi selettive e non intensive (biologica, o meglio biodinamica), con relativa reclamizzazione e diffusione dei prodotti naturali derivati, che confluirebbero nella ristorazione e nella gastronomia, restaurando quella tipicità offuscata dall’odierno appiattimento dei fast food o dall’inconsistenza della nouvelle cuisine. Ecco allora che cinesi, russi e indiani – i quali, disponendo di ampie risorse umane a basso costo e di abbondanza di materie prime, riusciranno in breve ad arricchirsi con la fabbricazione e lo smercio di prodotti industriali su larga scala – verrebbero a spendere da noi il denaro guadagnato, attratti da ciò che di unico questo Paese può offrire.
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