Venerdì 3 Febbraio 2012
La maggiore precarietà non riduce la disoccupazione
APPUNTI PER MARIO MONTI, ELSA FORNERO (E GIULIANO FERRARA…)
Sarebbe utile se i professori Mario Monti ed Elsa Fornero commentassero i risultati, ad essi ben noti, ai quali è da tempo pervenuta la letteratura accademica in merito ai possibili effetti della riduzione delle tutele del lavoro.
VISTO INFATTI CHE NON E’ POSSIBILE CONFERMARE L’ESISTENZA DI UNA CORRELAZIONE TRA MAGGIOR PRECARIETA’ E MINORE DISOCCUPAZIONE, PER QUALE MOTIVO DOVREMMO ULTERIORMENTE RIDURRE GLI INDICI DI PROTEZIONE DEL LAVORO, GIA’ PASSATI IN ITALIA DAL 3,1 DEL 1998 AL 2,4 DEL 2008? NON SARA’ MICA DAVVERO PER RENDERE LA VITA DEI LAVORATORI MENO MONOTONA…?
[...] Su tredici ricerche realizzate sugli stock, nove di esse danno risultati indeterminati, tre segnalano che la maggior flessibilità del lavoro riduce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, e una soltanto segnala che la flessibilità riduce la disoccupazione (cfr. T. Boeri and J. van Ours, The economics of imperfect labor markets, Princeton University Press 2008). La tesi prevalente, secondo cui la flessibilità aumenterebbe i posti di lavoro, non sembra dunque trovare riscontri empirici convincenti. Ma c’è di più: anche Blanchard, dopo un’accurata disamina dei principali lavori empirici sul tema, giunge a una conclusione secca: «le differenze nei regimi di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (O. Blanchard, “European unemployment: the evolution of facts and ideas”, Economic policy 2006). Lo stesso Blanchard dunque riconosce che i dati non confermano le tesi sul nesso tra maggiore flessibilità e minore disoccupazione che potrebbero trarsi dal suo modello [...]
P.S. Caro Giuliano Ferrara, nel corso di una accorata arringa contro la CGIL andata in onda ieri su Rai Uno, a Qui Radio Londra, Lei ha sostenuto che per creare posti di lavoro occorre maggiore flessibilità. Ed ha aggiunto che “non vi è analisi statistica che possa smentire” questa Sua asserzione, essendo la sua validità fondata “sulla Logica”. Lei, che è pugilatore raffinato e dotato di ironia, non faticherà a cogliere i motivi per cui ravviso, nelle Sue certezze, una certa qual pulsione “tolemaica”… Con molti cordiali saluti, Emiliano Brancaccio
Comunque, von Mises arriva a sostenere alla fine che “nessun tipo di esperienza può mai forzarci ad abbandonare o modificare i teoremi a priori; essi sono logicamente precedenti ad essa e nemmeno possono essere dimostrati da comprovata esperienza o confutati dall’esperienza opposta. . .”.
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Von Mises fa una simile assunzione nel suo lavoro Human Action, cioè che l’esperienza “non può mai. . . provare o confutare ogni particolare teorema. . . L’ultimo metro di valutazione della correttezza o scorrettezza di un teorema economico è esclusivamente la ragione senza l’aiuto dell’esperienza”. [p.858]
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