Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico

Inviato da  sick-boy il 28/6/2008 10:22:48
Prices and Production#
Il Ciclo Economico Nelle Lezioni di F.von Hayek






























INTRODUZIONE

Ciò che spinge Hayek a tenere le quattro lezioni all’Università di Cambridge nel 1931 da cui è tratto lo scritto qui in esame è, come lui stesso dichiara nella prefazione della prima edizione inglese, la necessità di confutare le dottrine inflazionistiche, presenti in forme diverse in svariati ambiti del pensiero economico di allora (e presenti tutt’oggi). Tale necessità deriva dalla convinzione che esperimenti governativi di manipolazione della moneta e del credito poggino sull’idea, ritenuta sbagliata, di “una moneta ‘elastica’ che si espanda e contragga ad ogni fluttuazione della ‘domanda’ ”#.
Lungi dall’essere totalmente insignificanti # le influenze monetarie hanno un peso determinante nell’indirizzare il volume e l’orientamento della produzione. Nel dichiarare ciò che costituisce l’oggetto della sua analisi Hayek aggiunge:

Eppure, nel caso ci venisse chiesto se la comprensione della relazione tra moneta e prezzi abbia fatto grandi progressi durante questi anni, tenendo conto di tempi anche recentissimi, o se le dottrine comunemente accettate su questo punto abbiamo progredito molto rispetto a quando era generalmente noto un centinaio di anni fa, sarei incline a rispondere in modo negativo. Questa affermazione può sembrare paradossale, ma penso che chiunque abbia studiato la letteratura sulla moneta della prima metà del diciannovesimo secolo converrà che è ben difficile trovare un’idea nella teoria monetaria contemporanea che non fosse già nota […] Eppure confesso che alcuni dei problemi fondamentali in questo campo mi sembrano tuttora irrisolti, che la validità di alcune delle dottrine accettate mi pare sia molto dubbia, e che abbiamo persino trascurato di sviluppare alcuni dei suggerimenti utili forniti da quei primi scrittori.

Una teoria monetaria degna dovrebbe, per prima cosa, non tenere separati, sostanzialmente e metodologicamente, l’indagine sui valori che si suppone esistano indipendentemente dalla moneta e la ricerca su moneta e prezzi. L’errore è quello di cercare connessioni causali dirette tra la quantità totale di moneta, il livello generale dei prezzi e il volume totale della produzione. Se nessuna di queste grandezze in quanto tale esercita un’influenza determinante sugli individui , è evidente che vi è un abisso tra questo tipo indagine e le “principali proposizioni della teoria economica non-monetaria” che “si basano proprio sull’assunzione della conoscenza delle decisioni degli individui”#. In altre parole Hayek insiste sulla necessità di una teoria economica veramente generale, che non studi “ l’equilibrio ” da un lato basandosi sulle decisioni di individui razionali in base ad informazioni rilevanti per la scelta, dall’altro in termini di macro-aggregati e valori medi che non influenzano direttamente le scelte degli agenti.# Piuttosto che dedicare le proprie ricerche e preoccupazioni alle tendenze di crescita “uniforme” del livello dei prezzi #, l’obiettivo dovrebbe essere la comprensione dei cambiamenti dei prezzi relativi e della modificazioni del livello generale attraverso sequenze temporali più o meno determinate. Questo frattura non è stata priva, secondo Hayek, di conseguenze nello sviluppo del pensiero economico e nella prassi:

[..]questa idea che i cambiamenti dei prezzi relativi e nel volume della produzione siano un conseguenza delle variazioni nel livello dei prezzi, e che la moneta modifichi i prezzi singoli solo attraverso l’influenza che esercita sul livello generale dei prezzi, è alla radice di almeno tre opinioni del tutto errate: primo, che la moneta agisce su prezzi e produzione solo se il livello generale cambia[…] secondo, che un livello dei prezzi crescente tende sempre a provocare un aumento di produzione, e un livello dei prezzi decrescente una riduzione […] e terzo, che la teoria monetaria possa essere descritta come niente di più di una teoria di come si determina il valore della moneta.




Richard Cantillion# fu il primo, nelle sue critiche a Locke, a tentare di spiegare come e in che proporzioni un aumento della quantità moneta causi un rialzo dei prezzi dei beni, in un’analisi che, partendo dalla scoperta di nuove miniere di oro e argento, mostra come i primi redditi ad accrescersi siano quelli delle persone collegate alla produzione e i primi prezzi che salgono quelli dei beni su cui si riversa la spesa aggiuntiva di tali soggetti. La conclusione è che l’aumento della moneta è nient’affatto indipendente dal tempo ma, anzi, esso favorisca i primi percettori del nuovo denaro e sfavorisca i gruppi che vedono aumentare per ultimi i loro redditi (monetari).
Tali argomentazioni saranno riprese da Hume nei Political Discourses, che pur non cita direttamente Cantillion e specifica che è solo nella fase intermedia, quella tra l’aumento di moneta e l’aumento dei prezzi, che “la quantità crescente di oro e argento è favorevole alle industrie”.

Il difetto principale di queste teorie, anche nella loro successiva formulazione soggettivista, sta, per Hayek, nell’incapacità di fornire alcuna proposizioni di carattere generale sugli effetti che dovrebbe causare un cambiamento della quantità di moneta. E annuncia:

Come mostrerò più avanti, infatti, tutto dipende dal punto in cui l’incremento di moneta entra in circolazione ( o dal punto in cui la moneta viene tolta dalla circolazione), e gli effetti possono essere del tutto opposti a seconda che essa giunga prima nelle mani dei commercianti e degli industriali oppure direttamente nelle mani degli impiegati dello Stato. #

Un ulteriore stadio di sviluppo delle teorie monetarie si ebbe quando esse cercarono di stabilire una relazione tra quantità di moneta e tasso di interesse. Allo stesso modo di Hayek, riporto per intero le argomentazioni di Henry Thornton, primo autore ad occuparsi di ciò nel 1802 in uno studio, Paper Credit of Great Britain, che cercava di stabilire se la Banca centrale d’Inghilterra tendesse a mantenere la circolazione entro certi limiti per evitare “pericolose svalutazioni”. La risposta è negativa:

Al fine di accertare quanto intenso ci si può aspettare che sia, in ogni istante, il desiderio di ottenere prestiti dalla banca, dobbiamo indagare sul tema riguardante la probabile quantità di profitti che da tali prestiti potrà derivare nelle circostanze esistenti. Questo problema deve essere valutato considerando due punti: primo, l’ammontare di interessi che deve essere pagato sulla somma presa a prestito; secondo, l’ammontare di profitti commerciali o di altra natura che può essere guadagnato impiegando il capitale preso a prestito. Il profitto che può essere guadagnato nel commercio è generalmente il più alto che si possa ottenere; ed esso regola anche, in larga misura, il saggio di profitto in tutte le altre attività. Possiamo perciò considerare questo un problema principalmente basato sul confronto tra saggio di interesse che la banca prende sui prestiti ed il saggio corrente di profitto nel commercio.

Il circolante potrebbe, secondo tale argomentazione, espandersi praticamente illimitatamente, se solo la Banca centrale tenesse i tassi sufficientemente bassi. La teoria fu poi ripresa da Ricardo nei suoi Principles, e dal fondatore della Currency school Thomas Joplin, che espose più chiaramente di chiunque altro fino ad allora, secondo Hayek, la relazione tra saggio di interesse e circolazione delle banconote. Joplin sostiene che la scelta tra banconote e moneta metallica non è affatto neutrale rispetto alla determinazione del tasso di interesse: mentre nel primo caso il “banchiere provinciale” non può sapere quale tasso di interesse è ‘giusto’ e dovrà far pagare per il prestito un prezzo fisso, nell’ eventualità di un prestito in moneta metallica conoscerebbe sempre le condizioni di mercato. Inoltre non potrebbe prestare moneta che non sia stata “risparmiata e messa nelle sue mani”; avrebbe perciò un ammontare definito di moneta da dare in prestito. A seconda delle condizioni di mercato della domanda accrescerebbe o ridurrebbe di conseguenza e proporzionalmente il tasso di interesse. “ Poiché le banche provinciali , tuttavia, non sono soltanto mediatrici del capitale iniziale, ma emettono moneta, la domanda di moneta e la domanda di capitale sono così mescolate insieme che la conoscenza delle due è totalmente confusa ”.

L’altro filone teorico del quale l’economista austriaco riporta la storia, è quello che si occupa della relazione tra una variazione della quantità di moneta e la produzione di capitale, ovvero dell’influenza della prima sulla produzione; la teoria del “risparmio forzato” - nome con il quale era nota ai tempi di Hayek - in particolare sosteneva che un aumento della quantità di moneta era in gradi di aumentare il capitale. J.Bentham già nel 1804 sosteneva che il governo può farsi promotore, tramite la tassazione o la creazione di cartamoneta, di un accumulo di ricchezza futura (ovviamente in termini di capitale). Malthus scrive che lo spostamento del “prodotto di un paese” nelle mani della classe produttiva # avrebbe sostanzialmente incrementato in breve tempo “il prodotto” del paese. Anche Mill accenna, nel quarto dei suoi Essay on Some Unsettled Questions of Political Economy, al fatto che il reddito, nelle mani dei banchieri, può essere convertito in capitale. E per descrivere la svalutazione della moneta che ne consegue parla di “accumulazione forzata”.

Knut Wicksell “alla fine del secolo riuscì finalmente a saldare insieme in modo definitivo questi due filoni di pensiero fino ad allora separati”# La sua teoria sostiene che il tasso di interesse (“saggio di interesse naturale”) sarebbe tale da equilibrare la domanda e l’offerta di risparmio; in un’economia monetaria la domanda e l’offerta di capitale si incontrano in forma monetaria ed essendo la quantità di moneta disponibile per usi capitali arbitrariamente modificabile dalle banche, il tasso può differire da quello naturale. Finché il tasso coincide con quello naturale, rimane neutrale rispetto ai prezzi dei beni, ovvero non li modifica. Quando però il tasso differisce da quello naturale, ad esempio quando si situa al di sotto, il circolante è troppo abbondante e i prezzi tendono al rialzo #.

Quello che Hayek, e non a torto, critica, è la conclusione che se il tasso di interesse coincide con quello naturale i prezzi rimarrebbero rigidi. Ciò non è vero perché, banalmente, le cause di un aumento dei prezzi possono essere molteplici #. Ciò che è vero che se i due tassi coincidono, i prezzi non subiscono influenze monetarie.

L’ultimo sviluppo delle teorie monetarie# si ha con Ludwig von Mises, di cui Hayek fu allievo all’università di Vienna, che studia separatamente le influenze monetarie sui beni di consumo e quelle che influenzano i beni di produzione, in una compiuta teoria del ciclo del credito.

Appare chiaro, sintetizzando, che affinché le offerte di moneta e la domanda di capitale si eguaglino le banche non devono espandere il credito, evitando di prestare più di quanto è stato depositato loro sotto forma di risparmio (più le eventuali quantità aggiuntive tesaurizzate); allo stesso tempo, affinché i prezzi non mutino, è necessario che la quantità di moneta in circolazioni vari al variare della produzione. Ovvero le banche potrebbero perseguire deliberatamente uno di questi due obiettivi, ma non entrambi. Quale che sia però l’influenza della moneta sul livello dei prezzi, essa deve sempre influenzare i prezzi relativi, che a loro volta indirizzano la produzione quantitativamente e qualitativamente. Ancora, specularmente, il livello dei prezzi può aumentare lasciando immutati i prezzi relativi - quello che accadrebbe se “una fatina raddoppiasse in una notte tutto l’oro del mondo”. Se si accettano queste premesse, non si può sostenere che, se il livello dei prezzi rimanesse stabile, la produzione non sarebbe afflitta da influenze monetarie.

Quando si esaminano le influenze della moneta sui prezzi singoli, trascurando totalmente il fatto che la variazione di questi ultimi sia o meno accompagnata da variazioni nel livello dei prezzi, ci si accorge subito dell’inutilità del concetto di valore di generale della moneta, inteso come l’inverso di un qualche livello dei prezzi[…] Una simile teoria della moneta, che non sarà più una teoria del valore della moneta in generale, ma una teoria dell‘influenza della moneta sui diversi rapporti di scambio tra beni di ogni tipo, mi sembra il probabile quarto stadio # nello sviluppo della teoria monetaria #.

F.v.Hayek

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