copyRIGHT ???

Inviato da  Pispax il 26/4/2009 17:11:09
Sul fronte del Diritto di Autore si stanno rincorrendo le notizie più disparate.

E' recente la notizia della condanna, in Svezia, dei quattro proprietari del sito The Pirate Bay.
Il sito non deteneva e non scambiava nessun materiale protetto da copyright, sia chiaro. Però era ponte per gli scambi P2P che utilizzavano il protocollo torrent. Distinzione non da poco, visto che proprio grazie a ciò dopo appena un giorno e mezzo il Pubblico Ministero Hakan Rosvall aveva ritirato metà delle accuse.
La causa era quindi partita in modo favorevole per i quattro imputati, poi è arrivata l'inaspettata condanna.

Oggi se ne conoscono forse meglio i motivi: il giudice Tomas Norström era anche membro della Swedish Copyright Association e faceva addirittura parte del consiglio di amministrazione della Swedish Association for the Protection of Intellectual Property.
Però nel suo intimo ha ritenuto che l'appartenenza a queste due associazioni, in una delle quali rivestiva persino cariche dirigenziali, non costituisse conflitto d'interesse nel giudicare la causa di Pirate Bay.
Pare che il processo ora si debba rifare daccapo, ma tant'è.

Sempre nello stesso giorno arriva notizia che i diritti di autore per gli interpreti passano da 50 a 70 anni a partire dalla prima esecuzione. Il Commissario Europeo McCreevy aveva richiesto l'allungamento fino a 95 anni per adeguarsi agli USA. Che culo.
Non ci dimentichiamo però che i Diritti d'Autore per i compositori valgono fino a 70 anni dopo la data della loro morte. Mentre il diritto d'autore per gli interpreti durava 50 anni quello per gli autori poteva durare anche più di un secolo.
Morale: i compositori delle canzoni portate al successo da Mina nel 1958 riscuoteranno i diritti per ogni passaggio in radio; le Case discografiche anche. Solo Mina - o chi per lei, magari gli eredi Pavarotti - non beccano più un soldo, e giustamente reclamano.

In effetti il copyright sulla musica è quello che fa infuriare di più.
I cd vengono venduti a costi esorbitanti, i costi vivi di produzione e di distribuzione sono ridotti al minimo. Solo una parte tutto sommato molto piccola di questo enorme plusvalore generato dalla musica finisce in tasca agli artisti; il resto arricchisce i discografici.
Che hanno badato bene a tutelarsi molto oltre i limiti del ragionevole. Se ci scandalizziamo perché i diritti su una molecola farmaceutica innovativa sono garantiti per vent'anni (il più delle volte lo facciamo giustamente, visto che le Case farmaceutiche hanno campato per decenni brevettando cure conosciute da secoli ma che nessun altro aveva badato a brevettare), che dovremmo dire rispetto a questo enorme pezzo di cultura che poche società hanno letteralmente preso prigioniero?

Chiaramente i discografici s'incazzano parecchio con internet e con il P2P che gli sta rovinando questo giocattolo luccicante e truffaldino, ed esercitano le loro milionarie pressioni.




Ma l'ansia di copyright non è solo un problema della musica. Oltre ai frutti materiali dell'ingegno, le famose "invenzioni", si brevetta di tutto.

Per esempio si brevettano gli algoritmi.
Per fortuna almeno questa è roba nuova, altrimenti Fibonacci avrebbe brevettato la sua famosa Serie e magari José Raul Capablanca avrebbe brevettato le sue famose aperture negli scacchi, impedendo agli altri giocatori di utilizzarle oppure gironzolando per i circoli scacchistici con un paio di bollettini di versamento di c/c pronti in tasca nel caso vedesse qualcuno che attingeva ai frutti del suo ingegno.
Fra gli esempi più famosi di brevetto degli algoritmi: il motore di ricerca Google si muove grazie a PageRank, un algoritmo proprietario, e altri algoritmi sono stati brevettati sempre da Google successivamente.
Risalendo nel tempo e cambiando soggetti vediamo che i brevetti per l'algoritmo LZW (che permette la compressione delle immagini gif) era stato depositato già nel 1983.

E non solo: si brevettano pure i metodi commerciali, come il famoso OneClick di Amazon. Se un altro sito di e-commerce utilizza qualcosa di simile all'OneClick, Amazon lo azzanna subito alla gola.
Comunque per fortuna qui il ghiaccio si fa davvero sottile. Per esempio la Corte di Appello statunitense ha ritenuto non brevettabile la domanda presentata da Bernard L. Bilski e Rand A. Warsaw (due manager della WeatherWise di Pittsburgh) relativa ad un metodo commerciale per prevenire i rischi del mal tempo nella vendita di prodotti agricoli.




Il fronte più grottesco del problema del copyright resta comunque il brevetto dei marchi.
Non che sia sbagliato di per sé, intendiamoci.
Un'azienda investe milioni in investimenti pubblicitari, e poi magari s'arrabbia un po' se un suo concorrente vende i propri prodotti con la stessa confezione e con lo stesso nome.
Oggi il valore del marchio Intel per esempio è stimato intorno ai 31 miliardi di dollari. La sua valutazione è arrivata a questi altissimi livelli grazie a una serie di fattori concorrenti, quali una sostanziale e stabile bontà del prodotto (la qualità è una roba che costa molto) e tutta una serie di costosi investimenti pubblicitari.
Se un'altra azienda di elettronica decide di punto in bianco di chiamare "Intel" i propri prodotti è evidente che commette una scorrettezza, e che va fermata.

Per anni Intel ha pubblicizzato i propri processori con il claim "Intel Inside".
Niente di male, fino a quando l'avida Intel ha esteso le proprie pretese anche alla parola "Inside", citando per danni nel 2003 la napoletana Sbf Elettronica che aveva osato scrivere sui propri prodotti "G Genoa Power Inside".
"Tramite i suoi avvocati, l’Intel sosteneva che la presenza all’interno del marchio della parola “inside” - ormai distintiva del proprio logo - induceva il consumatore medio ad associare i prodotti della Sbf a quelli della Intel, ledendone, così, i diritti." (http://www.comunicati-stampa.net/com/cs-2792/)

Non è stato il solo caso.

Nel 2004 Stelios Haji-Ioannou, fondatore della linea aerea britannica a basso costo EasyJet ha manifestato l'intenzione di aprire in Gran Bretagna una compagnia di telecomunicazioni, la Easy Mobile.
Rapido inalberamento di Orange, il gigante francese delle TLC , che ha diffidato Stelios Haji-Ioannou dall'utilizzare il colore arancione per il proprio branding.

Si può anche peggiorare.
Nel 2007 la T-Mobile ha intentato causa ad una serie di altre società, quali Slam FM, Compello e 100% NL (non che c'entri qualcosa, ma nessuna di esse si occupa di telefonia), colpevoli dell'efferato crimine di usare nei propri loghi e nelle loro comunicazioni un colore di cui l'azienda telefonica olandese riteneva di avere l'assoluta e completa esclusiva: il magenta.
Infatti l'aveva persino registrato. Il loro sito riportava: "the color magenta are registered and/or unregistered trademarks of Deutsche Telekom AG in the US and/or other countries."
Chissà se hanno mai fatto causa a Hello Kitty.
Per fortuna poi è arrivata una sentenza della Corte europea che vieta la registrazione commerciale dei colori, altrimenti dovremmo vestirci tutti in bianco e nero.



Niente tempora e niente mores. Non sono degenerazioni dei tempi che corrono.


Quando la Warner Bros seppe che i Fratelli Marx stavano preparando un film dal titolo "Una Notte A Casablanca", uscito poi nel 1946, minacciò di intentare una causa legale contro di loro.

Ecco parte della risposta che l'iconoclasta Groucho Marx scrisse a nome suo e dei suoi fratelli.

"Cari fratelli Warner
evidentemente ci sono molti modi di conquistare una città e di conservarne il dominio.
Per esempio, quando questo film era ancora in fase di progetto, non avevo idea che la città di Casablanca appartenesse esclusivamente alla Warner Brothers. E invece, solo pochi giorni dopo aver pubblicato il nostro annuncio, riceviamo la vostro lunga, ominosa missiva che ci intima di non usare il nome Casablanca.
Sembra che nel 1471 Ferdinando Balboa Warner, il vostro bis-bis-bisavolo, mentre cercava una scorciatoia per la città di Burbank, capitasse per caso sulle coste dell'Africa e, levando in aria il suo Alpenstock (barattato poi con un centinanio di acri di terra) battezzasse quel luogo Casablanca.
Non riesco proprio a capire il vostro comportamento.
Anche se intendete rispolverare il vostro film, sono sicuro che con il tempo lo spettatore medio imparerà a distinguere Ingrid Bergman da Harpo.
Io non so se ci riuscirei, ma di sicuro mi piacerebbe provarci.
Voi sostenete di essere i proprietari di Casablanca e vietate a chiunque di utilizzare questo nome senza il vostro permesso. Ma come la mettiamo con "Warner Brothers"? E' vostro anche questo? Probabilmente avete il diritto di utilizzare il nome Warner, ma "fratelli"? Professionalmente, noi siamo fratelli da molto più tempo di voi. I Fratelli Marx se la sgavettavano in giro per i teatri quando il Vitaphone era ancora un sogno proibito nella mente del suo inventore, e del resto prima di noi ci sono stati altri fratelli: i fratelli Lumière, i fratelli Karamazov, Dan Fratelli, un esterno che giocava nel Detroit

...

Ho la sensazione che questo tentativo di impedirci di utilizzare il titolo sia stato partorito dalla mente di qualche azzeccagarbugli dal musetto aguzzo, che sta svolgendo un breve periodo d'apprendistato nel vostro ufficio legale. Lo conosco bene quel genere: fresco fresco d'università, affamato di successo e troppo ambizioso per seguire le naturali leggi della promozione. Questo scellerato causomane ha probabilmente istigato i vostri avvocati [...] a tentare la diffida.
Ebbene, non la passerà liscia! Gli daremo battaglia fino all'ultimo appello!
Nessun esangue avventuriero legale riuscirà a spargere zizzania fra i Warner e i Marx.
Dentro di noi siamo tutti fratelli, e rimarremo in armonia fino a che l'ultima bobina di Una Notte A Casablanca avrà terminato di svolgersi sul suo rullo.



Ossequi
Groucho Marx"


("O quest'uomo è morto o il mio orologio si è fermato", a cura di Stefan Kanfer, ed. Einaudi)



Insomma: il diritto d'autore non è un diritto naturale, ma in qualche modo tutti riteniamo che se brillante inventore scova qualcosa che migliora la vita di tutti sia legittimo che si possa arricchire con quella sua fantastica idea.
In definitiva per arrivare a quel risultato ci ha speso tempo e soldi.

Però quand'è che il copyright oltrepassa i confini del lecito e diventa un copywrong?

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