Capitalismo Democratico Popolare

Inviato da  Nirav il 29/4/2009 16:57:12
Ricordo che un giorno, sentendomi straordinariamente appagato, confessai ad un caro amico d’essere seriamente propenso a porre fine alla mia vita, ma che qualcosa ancora mi tratteneva dal farlo: il mio senso di responsabilità nei confronti del genere umano. C’era un’idea dentro di me che dovevo svelare al mondo intero prima di andarmene. Gli spiegai nei dettagli questa mia visione, questo mio sogno, l’idea di come l’economia e l’iniziativa privata potrebbe e dovrebbe essere. Al termine del racconto il mio amico mi guardò stranito e disse: “Humm… noo… vai tranquillo, all’umanità non interesserebbe di sicuro”.

Scherzi a parte, è sempre difficile esporre un’idea a qualcuno, subito si è sottoposti a critiche impietose sulla fattibilità e le possibilità di successo. Ma la mia idea necessita il coinvolgimento di molte persone e quindi correrò il rischio di espormi al pubblico. Userò uno stratagemma per esporre la mia idea, ma lascerò anche qualche indizio che renderà chiaro l’espediente.

Ma prima di esporvi dettagliatamente di cosa si tratta, è importante che vi racconti di un viaggio fatto in Australia circa due anni fa. Mi trovavo a Mingulay una piccola città sulla costa orientale famosa per la pesca e la produzione manifatturiera di stivali da cowboy. Poco più di 120.000 abitanti, un mare stupendo e una folta vegetazione a ridosso delle antiche mura medioevali.
Facevo colazione sempre nello stesso posto, un locale vicino alla spiaggia con grandi ombrelloni all’aperto e tavolini in legno, incisi per sempre con nomi, scritte e figure, centinaia di testimonianze di avventori precedenti. I camerieri e il personale in genere, erano di una gentilezza squisita. Non ipocritamente servili come avvolte accade, ma sinceramente interessati a farmi tornare ogni mattina.
Servizio veloce, cibo fresco, prezzi contenuti e simpatia.
Un giorno mi trovavo a curiosare tra bancarelle di libri in cerca di una prima edizione di un autore australiano da portare a casa come trofeo. Tenevo appunto in mano una copia di Brave New World di Huxley, quando mi si avvicinò una ragazza decisamente convinta di conoscermi. Capita a volte che incontrando una persona fuori del contesto abituale si stenti a riconoscerla. Lei allora mi elencò la mia consumazione abituale: “Caffé nero, insalata con tofu e torta di mele”. Ridemmo insieme pensando che mi aveva servito la colazione appena poche ore prima e per farmi perdonare la invitai a bere qualcosa. Per rompere il ghiaccio le feci i complimenti per la buona gestione del locale in cui lavorava e insinuai scherzando che doveva esserci un rapporto idilliaco con il proprietario. Lei rise e mi disse che in un certo senso era proprio così. Mi spiegò che la maggior parte del personale, più di venti persone divise in tre turni, erano anche proprietari dell’attività. “Bene”, dissi, “così oltre ad avere un lavoro, a fine mese dividete tra di voi anche i profitti.” “Non proprio” mi spiegò, “in realtà i profitti vengono divisi equamente per mille, tanti sono i proprietari.” “Mille?” La cosa si faceva interessante così ordinai altri due drinks. “Si”, mi disse, “siamo in mille a possedere quel locale, in un sito web seguiamo l’andamento degli affari e ogni anno eleggiamo il Manager e l’aiuto Manager. Ma poi il locale è frequentato molto dai suoi proprietari, ci conosciamo quasi tutti.” “Interessante”, dissi, “è la prima volta che sento qualcosa del genere.” “Già”, rispose, “abbiamo iniziato con quello più di sei anni fa, eravamo un gruppo d’amici, per lo più disoccupati e coinvolgendo gli amici degli amici e con soli cento dollari ciascuno ci siamo riusciti. Lo vedi quel supermercato in fondo alla piazza? Quello lo abbiamo aperto tre anni fa, solo prodotti organici e locali. Una scelta rischiosa per un qualsiasi privato, ma non per noi che siamo partiti con una base di mille proprietari e allo stesso tempo mille potenziali clienti. Usiamo internet per decidere insieme la politica aziendale, quali prodotti vendere e quali invece riteniamo dannosi per la salute.” Fece una pausa e mi guardò sorridendo, sapeva di avermi stupito e rincarò la dose: “La vedi quella libreria di fianco al supermercato? L’abbiamo aperta due anni fa e credimi, trovi titoli che solitamente si è costretti ad ordinare via internet o in libreria, aspettando settimane. Non certo il genere di libri che il governo è felice di vedere esposti nelle vetrine. Abbiamo ormai ventiquattro attività imprenditoriali, il mese prossimo apriamo un villaggio turistico a poche miglia da qui, dovresti venire a vederlo, è meraviglioso.” Ora il mio stupore aveva lasciato posto ad una strana forma di rispetto e timore insieme, ordinai altri due drinks. “Ma allora”, chiesi timidamente, “la vostra è una specie di organizzazione che sta prendendo il sopravvento sull’intera città.” Lei rise, poi mi guardò seria, quindi rise nuovamente e il suoi occhi si persero all’orizzonte. “Quando sei anni fa iniziammo con l’attività del ristorante, la cosa destò molto interesse in città. Un po’ per l’alto numero di persone coinvolte e un po’ per la modalità con cui avevamo iniziato, tutta la città parlava di noi. Presto altri hanno voluto partecipare a questa nuova idea. Così abbiamo creato altri gruppi di mille persone e poi altri e altri ancora. Ora questa città appartiene ai suoi cittadini, il pub dove siamo seduti, così come la maggior parte di negozi, fabbriche, persino banche e assicurazioni, allevamenti, aziende agricole e ogni giorno qualcosa di nuovo si aggiunge.” Si guardò intorno e con entusiasmo mi disse: “Qui non abbiamo praticamente disoccupazione e chi non lavora vive di rendita. Abbiamo all’incirca ottanta gruppi in città e la cosa si sta propagandando in altre parti dell’Australia.” Ormai con il cameriere ci capivamo a semplici occhiate e arrivarono altre due bevande. “Ma allora”, dissi, “tutto ciò è molto più importante di quanto sembri, come l’hanno presa le istituzioni e gli imprenditori del posto?” “Gli imprenditori all’inizio ci deridevano, ci chiamavano quelli della colletta, poi tutto è cambiato in fretta, a lavorare a pieno regime erano solo le attività messe su dall’associazione di cittadini. Ci accusarono di boicottarli illegalmente e ci misero le istituzioni locali contro. Ogni nostra impresa veniva passata al vaglio scrupoloso delle autorità competenti. Ma ormai la città era con noi, quando è arrivato il momento delle elezioni abbiamo votato un nuovo consiglio comunale. Gli imprenditori che non hanno chiuso o venduto le loro attività ora collaborano con noi.” L’impeto con cui parlava tradiva gli scopi ideali che tutto ciò rappresentava per lei. Ma ancora stentavo a capire e chiesi: “Ma perché mille? E non cinquecento o duemila o il numero di persone necessario a raggiungere una certa somma prestabilita?” Si accese lentamente una sigaretta e inspirò profondamente. “Prima di tutto, volevamo che ad essere coinvolte fossero proprio le persone che più ne avevano bisogno, gente povera o disoccupata.” Mi sorrise in maniera enigmatica e disse: “Hai delle monetine in tasca?” Non capivo, ma stetti al gioco e cominciai a frugare nelle tasche, ne vennero fuori qualche moneta da mezzo dollaro e da un quarto, poi dalla giacca spuntò anche qualche euro e misi il tutto sul tavolino. Insieme li contammo calcolando il tutto in dollari. Il cameriere da lontano seguiva preoccupato lo svolgersi delle operazioni. “Bene”, mi disse, “qui hai all’incirca otto dollari, sono sicura che questi spiccioli non rappresentino poi molto per te. Prima di cominciare a tirarli fuori dalle tasche forse non sapevi nemmeno di averli. Ora moltiplica questi otto dollari per mille.” Cominciavo a capire, persino cifre esigue moltiplicate per mille si trasformano in somme ragguardevoli. “Inoltre”, aggiunse, “mille persone non sono una quantità così grande da mettere insieme.”
(Segue)

Credo di essermi dilungato forse un po’ troppo con il racconto di questo viaggio Australiano ma spero che ne sia valsa la pena. Ora, per quanto riguarda la mia idea, per motivi di spazio mi vedo costretto a darvi appuntamento ad un prossimo futuro, sempre che siate interessati. Vi racconterò anche di come a mia volta diventai parte di un gruppo di “Mille” per l’apertura di Mingulay Radio Network. A presto quindi.

Maurizio (Nirav)
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