Re: cosa c'è che non và nelle teorie economiche

Inviato da  a_mensa il 6/5/2010 18:20:51
@ floh
vedo chel'osservazione l'hai già riportata, per cui va benissimo continuare.
proponi una sola banca di proprietà collettiva.
dovrestispecificare, oltre che cosa significhi "collettiva" ma soprattutto le sue prerogative.
se collettiva significa dello stato, sotto il controllo del governo, allora sostengo che, con il livello di politici che ci ritroviamo nel giro di 1 anno andremmo a comprare i francobolli con carriole cariche di banconote (vedi weimar).
il fatto che i politici abbiano come fine la loro rielezione, e quindi una accondiscendenza verso i desideri del popolo, li porta comunque a spendere in benefici (molti per se stessi, e alcuni per il popolo) più di quanto al popolo venga chiesto sotto fornma di tasse.
e quindi, con il controllo della "stampatrice " di denaro, il modo migliore per coprire la differenza sarebbe stamparne.penso che tu ti renda conto che il vsalore del denaro è in stretta relazione, anzi direi in rapporto dialettico, con i prezzi, soprattutto quelli di diffuso e comune consumo.
in un ambiente in equilibrio economico, se d'improvviso raddoppi la quantità di denaro disponibile all'acquisto di tali beni (senza aumentarne laquantità disponibile) l'unico effetto ch eavri sarà il raddoppio dei prezzi, che equivale ad un dimezzamento del valore del denaro.
altra possibilità è affidare la banca ad una coperativa.
il problema che si verificherebbe sarebbe che i cooperatori sarebbero sicuramente avvantaggiati nei prestiti, nei mutui, negli interessi sui depositi, ecc...
quindi la prima cosa che dovresti suggerire è chi dovrebbe essere il "proprietario" di tale banca.
la seconda cosa da stabilire se dovrebbe operare col criterio del denaro imprestato o con il criterio del denaro con valore intrinseco e copertura al 100% dei prestiti.



denaro imprestato o denaro posseduto.
possedere denaro, con valore intrinseco causa scambi assimilabili al baratto.
si può risparmiare tale denaro e imprestarlo, ed iun a simile attività potrebbe essere il "lavoro" della banca, con l'unico svantaggio che prima occorrerebbe risparmiare, inducendo tra l'altro una diminuzione della massa monetaria in circolazione ( infatti il denaro risparmiato non circola), poi si potrebbe concedere il prestito ad esempio per iniziare una nuova produzione di beni.
quindi gli investimenti, anche quelli produttivi, condizionati da un risparmio a priori.
inoltre se devo incoraggiare il risparmio, e quindi il sacrificio di non consumare quanto disponibile, lo devo remunerare, per cui, sommando il costo di tale gestione, sarebbe ben difficile mantenere tassi bassi.
il denaro "fiat" ovvero carta , ovvero denaro imprestato, ha il vantaggio di esser disponibile subito, secondo necessità, lo si può dare a tassi inferiori e non causa diminuzione di liquidità, ma al contrario l'aumenta, perchè all'esistente si aggiunge ogni volta quello dei nuovi prestiti e si sottrae quello dei prestiti estinti.
la quantità di denaro in circolazione è quindi determinata dal numero di prestiti "in essere". si smette di chiedere prestiti, sparisce il denaro.
a meno che ci pensi il governo a chiedere prestiti, con il debito pubblico, ma allora tornaimo all'attuale.
il grosso inconveniente del denaro imprestato è che è troppo facile crearlo, e quindi limitare il numero e quantità dei prestiti.
queste sono le alternative.


in proposito ti riporto un mio scritto recente.
La domanda di melisva, cui ho dato una risposta “tecnica” mi ha però lasciato perplesso sulle motivazioni per cui tale domanda è nata.
Scrivo quindi questa, sperando di colpire alla radice una incomprensione che emerge in tutti coloro che parlano del problema monetario in termini “semplicistici”.
Vi prego, prima di giudicare non pertinente questo mio scritto, di leggerlo fino in fondo, perché sono sicuro che potrebbe cambiare qualcosa nel vostro modo di pensare.
E parto dalla moneta.
Sia che sia aurea, (con valore intrinseco) sia che sia cartacea, (creata dal nulla), essa è sempre e solo un mezzo per effettuare degli scambi.
Scambi di cosa ?
Prima di tutto dei beni vitali. Poi, se si hanno risorse aggiuntive via via beni meno utili e più discrezionali.
Per dirla in pratica , prima dovrò procurarmi da bere e da mangiare, poi da vestirmi e coprirmi, riscaldarmi, ecc….poi comincerà diventare discrezionale se spendere di più in un abito firmato o in un telefonino, o in un impianto stereo, e via dicendo. Ma i primi beni a cui ogni persona mira a procurarsi sono quelli ch ene garantiscono la sopravvivenza.
Ora se ad una persona sono disponibili 2 bicchieri d’acqua al giorno e possiede 20 monete, e nel paese vicino vi è un’altra persona che anch’esso ha disponibili 2 bicchieri d’acqua al giorno ma ha 200 monete, uguali a quelle di quell’altro, per il primo ogni bicchiere varrà 10 monete e per il secondo anche 100 monete.
Quanto vorrei che fosse chiaro che il valore del denaro, non è un valore assoluto, ma un valore relativo ai beni, soprattutto se in un ambiente di criticità di sopravvivenza.
Aumentare il denaro, comunque, senza aumentare la quantità di beni acquistabili, non aumenta la ricchezza, ma diminuisce solo il valore del denaro.
Se in un certo momento un certo bene vale 1 moneta, ed io moltiplico per 10 il numero di monete disponibili in quell’ambiente, nessuno sarà più ricco, ma in compenso quello stesso bene varrà 10 monete e non più 1.
Lasciamo perdere per ora i periodi transitori, ovvero il periodo affinché una maggiore quantità di denaro si diffonda e la percezione delle persone si adegui alla nuova realtà, periodo in cui alcune categorie di persone si arricchiranno e altre si impoveriranno, ma guardiamo al risultato finale.
Aumentare il denaro senza aumentare i beni acquistabili NON da, e ripeto e sottolineo NON crea ricchezza.
Questo fatto, apparentemente banale e credo perfettamente comprensibile, genera una grossa conseguenza, ed è la distinzione tra denaro creato e imprestato e denaro creato e speso.
Nel primo caso, se è vero che MOMENTANEAMENTE si crea una maggiore disponibilità di denaro, e quindi una tendenza al diminuirne il valore unitario, è anche vero che un prestito prevede che si restituisca il valore imprestato, per cui tale aumento sarà sempre e solo temporaneo.
Ho parlato di periodi transitori ovvero i periodi che si trovano tra la consapevolezza delle persone di una certa quantità di denaro in circolazione e quindi di un suo valore, e il periodo in cui, aumentata la quantità di denaro, si acquisisca la consapevolezza del suo diminuito valore.
Se il ciclo del prestito, concessione – uso - restituzione, rientra nei tempi di tale periodo transitorio, l’effetto sarà comunque nullo, ai fini della percezione del valore del denaro.
Ben diverso il discorso per denaro creato e SPESO in modo definitivo, irreversibile.
Che sia denaro di carta, di oro, o di ciò che si vuole, comunque il riferimento verrà sempre fatto verso la disponibilità dei beni indispensabili alla sopravvivenza.
Solo quando tali beni diventassero tanto abbondanti (come l’aria che è fondamentale alla vita, ma non ha valore essendo disponibile a volontà) da perdere ogni valore, allora il discorso potrebbe cambiare.
Quindi, e questo è il messaggio che mi preme che venga compreso, non è che stampando denaro, che sia lo stato, la BC o chiunque altro a farlo, che si aumenta la ricchezza.
La ricchezza si aumenta solo producendo più beni e servizi, in quanto il denaro è solo la loro espressione monetaria.
Certo che in clima di abbondanza, l’oro acquista un valore, per persone che abbiano già da mangiare , da bere, da coprirsi, da ripararsi, ma se questi beni scarseggiano o mancano addirittura, l’oro può solo diventare un MEZZO per procurarseli, a patto che esista qualcuno che ne abbia così in abbondanza da preferire l’oro ad essi. Se questo qualcuno non esiste l’oro, che pure è l’oggetto che storicamente ha meglio rappresentato la ricchezza, perderebbe il suo valore perché non potrebbe mai esser usato ne per dissetare, ne per sfamarsi ne per coprirsi o ripararsi.
Questa è la ragione per cui, io preferisco sempre partire nei ragionamenti economici dal valore, e non né dal denaro, ne da altri tipi di “ricchezza”.

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