Adriano Olivetti

Inviato da  Al2012 il 19/2/2013 2:03:53
Il mio intento è di ricordare un personaggio di rilievo della nostra storia industriale, ma non solo industriale.
Personaggio a più sconosciuto, anche se molti sanno cosa sia l’Olivetti, penso che tra i più giovani risulti poco noto quello che si potrebbe definire “il sogno di Adriano Olivetti” .

Io che sono un po’ meno giovane sapevo che l’Olivetti era una azienda d’Ivrea, che aveva attuato delle iniziative a sostegno della sua mano d’opera, per esempio costruendo case, aprendo asili nido per i figli dei suoi dipendenti. Un’azienda con una “idea sociale” un modo differente di rapportarsi con chi vi lavorava.
Ma questo è veramente poco rispetto a quello che ho imparato facendo una mia piccola ricerca sul fondatore di quest’azienda.
Vi assicuro che conoscendo un po’ di più questo personaggio, non a caso dimenticato o poco noto, non posso che trovare un senso d’ammirazione per il suo pensiero e la sua opera.
Per l’umanità che ha saputo esprimere non si può che volergli bene.

Forse molti penseranno che la sua idea d’impresa industriale è inattuabile, anche se era una cosa reale, era una “UTOPIA”, ma io penso, specialmente in questo caso, che questa parola sia solo un modo per etichettare qualcosa di realizzabile, per far sì che diventi non realizzabile.

“Beh, ecco, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare.
Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”.


Adriano Olivetti ha sognato, e in parte realizzato per un certo periodo, un modo nuovo di pensare, che non riguardava solo l’impresa industriale chiusa tra mura di profitto, ma anche il sociale, la vita degli uomini e delle donne che lavorano, la comunità di persone che condividono spazi e tempi.

Una visione olistica dove impresa, sociale e comunità si fondono.

“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia.
Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto?
Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura.
A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza.


La fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica.
Parole che dovrebbero essere scritte all’ingresso di ogni fabbrica.
Parole che dovrebbero essere presenti in ogni ufficio dirigenziale.

Nella fabbrica di Adriano Olivetti non c’era solo il profitto che doveva crescere, ma c’era anche il desiderio di far crescere la cultura di chi vi lavorava

“Abbiamo portato in tutti i paesi della comunità le nostre armi segrete. I libri, i corsi culturali, l’assistenza tecnica nel campo della agricoltura.
In fabbrica si tengono continuamente concerti, mostre, dibattiti.
La biblioteca ha decine di migliaia di volumi e riviste di tutto il mondo.
Alla Olivetti lavorano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice.
La cultura qui ha molto valore”.


Nel 1960 in merito ai partiti disse:
“Alla fine del fascismo la maggior parte degli intellettuali vedeva nei partiti uno strumento di libertà. Io no.
Sono organismi che selezionano personale politico inadeguato.
Un governo espresso da un Parlamento così povero di conoscenze specifiche non precede le situazioni, ne è trascinato.


Come dargli torto in questa affermazione. Politici che sono una palla al piede, incapaci di precedere la situazione, ma che si fanno trascinare costringendo il paese a vivere in una situazione di emergenza cronica.
E poi propone o sogna:

“Ho immaginato una Camera che soddisfi il principio della rappresentanza nel senso più democratico; e poi sappia scegliere ed eleggere un senato composto delle persone più competenti di ogni settore della vita pubblica, della economia, dell’architettura, dell’urbanistica, della letteratura”.

Adriano Olivetti nato a Torino nel 1901 e morto all'improvviso, il 27 febbraio 1960, a causa di una trombosi cerebrale che lo stronca sul treno Milano-Losanna.

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