Re: Terzo segreto di Fatima

Inviato da  gandalf il 18/1/2007 15:05:28
Proseguo il ragionamento del mio post sul modo di approcciarsi del CICAP a queste questioni:

Altro esempio di come ragiona il CICAP ( e quindi i paladini di un approccio scientifico – razionalista – illuminista) di fronte a un presunto miracolo.
In questo caso però non si fa riferimento a un miracolo (ad esempio una guarigione misteriosa) ma a quello che viene definito IL MIRACOLO (che si dice sia avvenuto nella città di Calanda Spagna il 29 marzo 1640)



Questo il racconto riassunto di quanto SAREBBE successo (per approfondimenti Vittorio Messori “Il Miracolo: – Spagna, 1640: indagine sul più sconvolgente prodigio mariano” BUR)

“Nel 1617, a Calanda, nell’Aragona spagnola, nasce un certo Miguel Juan Pellicer, figlio di contadini e contadino lui stesso, analfabeta, dotato di una fede solida ed essenziale, devoto alla Vergine del Pilar di Saragozza.
Lasciata la famiglia per non pesare sul magro bilancio dei genitori, verso la fine di luglio del 1637, mentre lavora tra i campi, un carro di frumento gli transita su una gamba, proprio sotto il ginocchio, procurandogli la frattura della tibia nella parte centrale.
Tra dolori inenarrabili, vuole andare a Saragozza per mettersi sotto la protezione della Vergine del Pilar. Cinquanta giorni di viaggio e trecento chilometri sotto la canicola estiva, raccattando passaggi qua e là. Quando arriva in città, praticamente moribondo, si trascina sui gomiti fin nel santuario e qui si affida alla Vergine: ”pensaci Tu perché sto per morire”.
Con sega e scalpello – gli strumenti del tempo – gli viene amputata la gamba, unica soluzione per salvargli la vita. Passa un anno prima di uscire dall’ospedale con una gamba di legno, due stampelle e una specie di patentino che gli dava la possibilità di esercitare la ”professione” del mendicante.
Tutti i giorni, per due anni e mezzo, davanti alla porta del santuario del Pilar, l’intera Saragozza gli passa accanto, lo vede, si commuove, qualcuno lo aiuta; alla sera, quando il santuario chiude, Miguel Juan si cosparge il moncone della gamba con un po’ di olio consumato dalle lampade del santuario, nonostante che i medici, da cui è visitato periodicamente, lo ammoniscano inutilmente.
Quando lo riconoscono alcuni compaesani che sono n Saragozza per un pellegrinaggio, non potendo più tenere nascosta la sua situazione, Miguel Juan decide di tornare dai genitori a Calanda, circa 100 chilometri a sud di Saragozza. E qui, altro non può fare che riprendere a mendicare.
Il momento fatidico giunge alla sera del 29 marzo del 1640. E` giovedì. Siamo tra le dieci e le undici di sera. Miguel Juan cena con i genitori, due vicini di casa e un soldato di cavalleria dell’Esercito Reale, che è di passaggio e a cui era stata data ospitalità.
Miguel Juan, dopo la povera cena, si congeda dalla compagnia e decide di andare a coricarsi. Ripone la protesi di legno e le stampelle, va a dormire nella camera da letto di mamma e papà, perché aveva lasciato il suo giaciglio abituale al soldato.
Qualche tempo dopo, la madre entra nella camera e, sentendo un profumo intenso ”come di Paradiso”, si accorge che da quel mantello troppo corto che ricopre il figlio addormentato spuntano due piedi. Giunge il padre, richiamato dalla donna. In principio pensano che si tratti del soldato che ha sbagliato stanza, ma, sollevando la coperta e guardando meglio, scoprono che quella persona è proprio il loro figlio.
Miguel Juan, il mutilato, dorme profondamente, ma ha riattaccata quella gamba che, due anni e cinque mesi prima, gli era stata amputata. E non si tratta di una gamba qualsiasi, ma proprio della sua, con tutte le caratteristiche e le cicatrici del suo arto e con un circolino rosso nel punto in cui era avvenuta l’amputazione. Svegliano il figlio. Stava sognando – dirà Miguel Juan – di essere a Saragozza nella cappello della Vergine del Pilar e che si ungeva la gamba segata con 1’olio di una lampada, come era uso fare quando era in quel santuario.
Un miracolo straordinario, quello di un arto amputato improvvisamente riattaccato, che solo Dio, l’autore e il padrone delle leggi della natura può compiere. Se il fatto e vera, allora la conclusione si impone: Dio esiste. Ma ci vogliono le prove.
Le prove ci sono, eccome. E sono tante, tutte concordi, ben fondate, ottimamente documentate, al punto che Messori si spinge a dire: ”dovrebbe dubitare di tutta quanta la storia umana, compresi i fatti più certi perché più attestati, chi rifiutasse la verità di quanta successo a Calanda quella sera di marzo della settimana di Passione del 1640”.
Vediamole in sintesi.
II miracolo viene attestato solo sessanta ore dopo da tutte le autorità locali: il vicario parrocchiale don ]usepe Herrero, il justicia (il giudice e insieme il responsabile dell’ordine pubblico) Martin Corellano, il sindaco Miguel Escobedo, il suo vice Martin Galindo e, soprattutto, il notaio reale Lazaro Macario Gomez.
In pochissimi giorni viene istituito un processa pubblico in cui sfilano decine e decine di testimoni oculari, nel frattempo, viene visitato il luogo dove era stata sepolta dai medici la gamba amputata, ma viene trovato vuoto (come riportato da un Aviso Historico, un giornale del tempo).
Dopo quasi undici mesi di lavoro e con quattordici sedute pubbliche e plenarie, si pronuncia la sentenza del processo di Saragozza in data 27 aprile 1641: ”Perciò affermiamo e dichiariamo che a Miguel Juan Pellicer, contadino di Calanda, fu restituita la gamba che gli era stata amputata due anni e cinque mesi prima; e che non fu un fatto di natura, ma opera mirabile e miracolosa, ottenuta per intercessione della Vergine del Pilar”.
I ventiquattro. testimoni oculari, scelti dal tribunale di Saragozza tra innumerevoli possibili, possono essere suddivisi m cinque gruppi.
Cinque sono medici ed infermieri, e tra loro il chirurgo che amputo la gamba e i due sanitari di Calanda che procedettero alla visita immediatamente dopo l’evento. Cinque tra familiari e i vicini di casa. Quattro sono autorità locali di Calanda, sopra ricordate. Quattro sono ecclesiastici, sia di Saragozza che di Calanda. Sei ”vari”, tra cui l’uste, nella cui bettola vicino al Pilar Miguel Juan, storpio, passava la notte quando rimediava quattro soldi di elemosina e un altro oste, di Samper, dal quale aveva alloggiato sulla strada del ritorno a casa. I testimoni sono scelti per dar conto, sotto giuramento, delle differenti tappe della storia di Miguel Juan Pellicer: la frattura, l’amputazione, la mendicità al Pilar, il ritorno al paese natale, l’evento miracoloso del 29 marzo e i fatti dei giorni successivi.
É così straordinario quanto è accaduto a Calanda, che il giovane contadino Miguel Juan venne ricevuto addirittura dal re Filippo IV, il più orgoglioso sovrano del mondo, il monarca dell’impero dove ”non tramontava mai il sole”. Il sovrano, dopo aver sentito la sua testimonianza e 1’inequivocabile sequenza di eventi da parte delle più importanti autorità spagnole, si inginocchia davanti al contadino, gli bacia con devozione la cicatrice, rimasta là dove 1’arto era stato amputato e poi riattaccato.”


E questa è la “debunkata” del CICAP:


http://www.cicap.org/articoli/at100115.htm


Ora, io non ho idea di cosa sia successo realmente, quello che voglio fare notare è che la debunkata è portata avanti in questo modo:

Analisi del titolo del libro e dei caratteri usati (le T a forma di croce)
Critica dei toni politici del racconto (quando per pochissime pagine Messori parla degli anni della guerra civile spagnola e delle persecuzioni anticlericali dei rojos (fatti storici…))
Parola d’ordine: “Fatti straordinari richiedono prove straordinarie”
Dissertazione inutile sulla liquefazione del sangue di San Gennaro (ecco uno pseudo miracolo certo ….)

Quanto al “miracolo” in se:

“….Come può rispuntare una gamba ad un monco? Tutti, dopo, sono sicurissimi che la gamba c’è ed è ben reale. Se ne dedurrebbe che la gamba c’era anche prima. Juan Pellicer poteva forse essere un falso invalido che nascondeva la gamba….”

“…Fatto sta che l’aspetto esile e malconcio di quella gamba rispuntata fa proprio pensare a un arto rimasto inutilizzato (ripiegato e nascosto?) a lungo….”

Oppure Scambio di persona e la mancanza di prove scientifiche inoppugnabili sull’identificazione (scienza e ancora scienza…):

“….E’ qui - si domanda l’avvocato del diavolo - che potrebbe essere avvenuto un errore, uno scambio di persona, un imbroglio? E come? Tutto ciò che stiamo dicendo necessita del condizionale e ha, ovviamente, un puro valore di speculazione.
Va ribadito con forza il fatto che l’identificazione sicura di un individuo fu un problema molto difficile per le autorità, e fu risolto solo nell’Ottocento quando vennero adottati metodi scientifici: l’antropometria, l’esame delle impronte digitali e soprattutto la fotografia apposta sui documenti. Prima di allora, gli errori, gli scambi di persona e l’incertezza sull’identità personale erano all’ordine del giorno…..”

Stiamo dando dei dementi a notaio, medici, infermieri e testimoni………e questo perché l’esperimento non è ripetibile e quindi scientificamente non dimostrabile……
Non vi ricorda nulla questo modo di portare avanti i ragionamenti??

Vorrei poi segnalare questa frase:

“…..Un resoconto storico o una cronaca, invece, si basano, per definizione, su fatti avvenuti una volta sola e non più riproducibili a piacere, quindi non passibili di verifica sperimentale. La certezza degli storici non sarà mai della stessa natura di quella dei fisici, dei chimici, dei biologi, degli psicologi sperimentali. La verità storica si basa su documenti che possono essere tra loro confrontati, per verificarne per esempio la reciproca congruenza, ma ha più un valore di probabilità che di certezza scientifica……..”


…e, continuo io, noi abbiamo bisogno di certezze SCIENTIFICHE!!! Abbiamo abbandonato le certezze trascendenti (FEDE) per cercare le certezze scientifiche (ancora FEDE)…


IO non so cosa sia successo, se è una enorme bufala o IL Miracolo con la M maiuscola, ma il metodo che vedo applicare lo trovo pericoloso come e più di un’adesione fideistica e aprioristica a presunti miracoli.

Ho paura che, almeno nel caso del CICAP risulti valida la massima di G. K. Chesterton: "Un credente è un signore che accetta un miracolo se ve lo obbliga l’evidenza. Un non credente è invece un signore che non accetta neppure di discutere di miracoli, poiché a questo lo obbliga la dottrina che professa e che non può smentire".

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