Re: Considerazioni intorno a Dio e la Bibbia

Inviato da  benitoche il 3/9/2011 14:45:30
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Clorofilla ha scritto:
Un consiglio spassionato in generale: evitate di parlare di biologia, di natura. Fate meno brutte figure. Ci mettete troppo di vostro e poco di scientifico.

Paracelso elaborò la cosiddetta “teoria della segnatura” sostenendo che in ogni pianta il Creatore avesse inserito dei segni dai quali era possibile dedurre le virtú medicinali. A sua volta Goethe, ispirato dalle ricerche di Linneo, si dedicò allo studio della forma delle piante superiori (morfologia) col proposito di individuare in esse un eventuale collegamento con la pianta primordiale, la Urpflanze, procedendo in una sorta di esame a ritroso della metamorfosi evolutiva

Goethe univa la genialità e la fantasia del poeta, oltre all’intuito trascendente dello spiritualista immerso nello studio dei fenomeni della natura e del loro nesso con l’anima e la morale degli uomini. Non a caso Rudolf Steiner lo definiva “il Keplero e il Copernico del mondo organico”. L’oggetto della sua ricerca mirava a studiare e sceverare non il divenuto, ma il diveniente, non il formato ma il formante, non il caduco ma l’imperituro, e all’inizio di tutto la legge formatrice, il vivente primordiale, l’essere: una entità archetipica che passa dalla sfera delle forze soprasensibili alla realtà fisico-materica attraverso un sublime e complesso meccanismo di espansione e contrazione, effusione e ritrazione, manifestazione e occultamento. Cosí è la sequenza dalla semente contratta alla gemma, alla foglia espansa, al calice contratto, al fiore espanso, al frutto e al seme contratti. E la vita poi ricomincia.

Ma benché la teoria di Goethe delle metamorfosi vegetali rappresenti una pietra miliare sulla strada della “scienza della vita”, essa non individua né spiega le virtú medicinali, il rapporto tra le piante e l’uomo e in particolare il loro valore terapeutico rapportato agli organi anatomici e al metabolismo umani. Rudolf Steiner doveva colmare tale lacuna scoprendo e stabilendo relazioni fondamentali tra la pianta e l’uomo. In particolare mettendo in luce la polarità archetipica alla base della vita non solo vegetale. Nei suoi studi sulle piante tripartite e sull’uomo tripartito e sul processo foliare e il sistema ritmico dell’uomo, Steiner evidenziava proprio il fenomeno base che governa le relazioni tra la costituzione fisiologica dell’uomo e la struttura delle piante: il rapporto tra la vita vegetale e la respirazione umana, e tra i processi linfatici della clorofilla e dell’ematina del sangue umano.

In una conferenza del 1923 tenuta a un congresso medico, Rudolf Steiner tracciò il progetto di una nuova farmacologia: «La bella natura che vediamo intorno a noi non è che l’imitazione dei processi morbidi. Nell’uomo ci sono processi morbidi interiori, e fuori di lui la natura meravigliosamente bella. Bisogna capire la relazione tra loro e sapere come portare nell’uomo delle forze esterne, in realtà patologiche, capaci di porre rimedio ai disturbi delle sue componenti soprasensibili». Come potrebbero tali sottili e sublimi intuizioni riguardare l’aloe, e in che modo stabilire una relazione tra questa ruvida e selvatica specie vegetale e l’interiorità umana?
Fra le Liliacee l’aloe è la specie piú vigorosa, pervasa dagli influssi di Giove e Marte. A una corteccia dura, disadorna e irta di aculei oppone al suo interno, nei tessuti di riserva, ricchezza di linfe e di liquidi odorosi che essa elabora attraverso l’accumulo eterico. Cresciuta in terreni aridi, concentra ogni sua energia nel corpo vegetativo, tutto sacrificando a quell’unica finale esplosione floreale, lussureggiante parossismo di fuoco magmatico e sulfureo. Questa sua peculiarità di fiorire una sola volta e poi disfarsi tra le sabbie desertiche e le aride rocce calcinate dal sole tropicale o mediterraneo, cedendo ogni sua sostanza alla terra avara, ha conferito all’aloe e all’agave da sempre ad essa accomunata, il ruolo di simboleggiare l’unigenitura del Cristo.

La sua linfa, variamente impiegata in farmacopea da tempi remotissimi, valeva anche come allegoria di vita eterna, in quanto i succhi da essa estratti venivano adoperati dagli Egizi per l’imbalsamazione dei cadaveri di cui impedivano la decomposizione. Sappiamo che il corpo di Gesú venne trattato, prima della sepoltura, con aloe e mirra.
I popoli semitici la definivano halal, l’amara, i Greci alóe, e davano lo stesso nome alle feste in onore di Dioniso e Demetra celebrate ogni anno ad Atene ed Eleusi. L’aloe veniva intensamente coltivata in Messico e nello Yucatan da Maya e Aztechi per ricavare dalle sue gemme fiorifere la bevanda che accompagnava i riti collettivi, in grado di favorire l’ebbrezza estatica e la chiaroveggenza. Personificazione femminile dell’agave-aloe era la dea Mayahuel, dispensatrice del succo divino octli, capace di infondere agli umani energie sublimative e doni di fecondità e fertilità. Scadendo l’antico sapere nelle pratiche di magia e di volgarizzazione del sacro e del misterico, l’octli, fermentato, doveva acquisire nel tempo proprietà alcoliche, trasformandosi nell’attuale bevanda mercificata del pulque, tuttora molto in uso presso le popolazioni mesoamericane.
Collegato all’aloe, ma unicamente per via etimologica, in quanto amaro, era il mitico “legno d’aloe”, o “legno aquilario”, detto agàlloco. Dotato di poteri arcani, odoroso se combusto, veniva adoperato per le fumigazioni magiche, gli esorcismi e le malíe. I suoi tronchetti galleggiavano nei fiumi e si raccoglievano in determinati periodi dell’anno, favoriti da propizie congiunzioni astrali.
In uno dei piú celebri trattati del Medioevo, Liber de simplici medicina, conosciuto anche come Circa instans, del medico salernitano Mattheus Platearius vissuto nel XII secolo, vengono descritte le proprietà farmacologiche e le virtú terapeutiche delle piante, dei minerali e delle sostanze animali. Riferendosi al magico legno di aloe, Platearius riteneva che esso crescesse “nelle foreste di Babilonia”, e da qui, fluttuando nei leggendari rivi da cui la mitica città era attraversata, raggiungesse i corsi d’acqua grandi e piccoli del mondo intero.

Ben altre virtú nascoste dell’aloe ci rivela Wilhelm Pelikan(1), quando spiega che la loro segnatura cosmica le rende “gocce vive”, “globi acquosi”, che evolvono da uno stadio mercuriale a uno solforico, e quindi dallo stato liquido a quello aereo. Poco legate al processo terrestre, non si mineralizzano, tendono a smaterializzarsi. Lo zolfo, permeando l’albumina contenuta nella succulenza di queste piante, ne volatilizza le essenze, sino alla radianza finale della fioritura che mantiene il retroaroma solforoso nelle infiorescenze della specie. Albumina e zolfo formano, secondo Steiner, la sostanza «con la quale lo Spirito si bagna le dita» per modellare la vita.
Pelikan afferma a tale proposito che gli alimenti liquidi sono meglio assimilati dal corpo eterico e da questo veicolati verso il processo costruttivo; in seguito vengono passati alla parte del corpo astrale che agisce nel metabolismo e poi lasciati alla respirazione interna dei tessuti. Quando l’organizzazione dei liquidi è bloccata patologicamente (ritenzione), l’aloe riesce a sciogliere, schiarire e distendere il processo infiammatorio che ne deriva, espellendo i liquidi in eccesso. Le azioni terapeutiche delle Liliacee sono enfatizzate dall’aloe e agiscono piú a fondo. Esse tonificano e attivano il metabolismo. La forte vitalità di questa pianta si unisce a una sulfurizzazione ben organizzata, alla quale si aggiunge l’azione del calore dell’ambiente in cui essa cresce. Riunendo attivamente le componenti umane dissociate, essa stimola la rigenerazione, calma il dolore, accelera la ricostituzione dei tessuti.
Nel passaggio dallo stato mucillaginoso a quello floreale, dalla goccia impregnata d’albumina al fuoco sulfureo dell’infiorescenza, il processo vitale dell’aloe soggiace alla legge formale dell’esagono regolare, della stella a sei raggi. Dalla goccia all’esagono, dall’acqua al cristallo rappreso del fiocco di neve, che all’ispezione tale esagono rivela. E dunque, il cerchio e l’esagono strettamente uniti in intima relazione, cosí come la pianta è chiusa in basso nella forma globosa del bulbo ma dirama e si espande nella geometria esagonale dei suoi organi superiori culminante in stellate esuberanze florali. L’essenza archetipica del giglio, alla cui famiglia l’aloe appartiene, discende dal cielo, sotto forma di un astro che trasforma la sua fredda arcana purezza in ardente materia vitale.

Benvenuto a te clorofilla

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