Re: Quale lingua per l'Europa?

Inviato da  giulio957 il 21/3/2006 9:08:35
Le prime immagini trasmesse dalle TV all'inizio della guerra contro Saddam, hanno mostrato un soldato inglese che si rivolgeva a due iracheni appena arresisi. La cronista italiana traduceva le parole del milite inglese con la frase “parlate inglese?”. In realtà si sentiva benissimo che il soldato inglese non si esprime con la forma interrogativa “do you speak english?” bensì con quella imperativa “speaks english!”

Strana pretesa, quella degli anglofoni, di entrare in un paese straniero pensando che tutti debbano esprimersi nel loro idioma.

Perché la maggioranza della gente, non solo nel nostro paese, è convinta che l’inglese sia la lingua da usarsi quando si va all’estero?

Perché l’inglese deve essere insegnato come seconda lingua, se non è quella ufficiale, in tutte le scuole di ogni ordine e grado?

Mi rendo conto che questi possono apparire degli “strani” interrogativi ma forse non è così.

Chi, prima della caduta del muro di Berlino, ha visitato i paesi satelliti dell’ex URSS, compresa Cuba, avrà notato che in quei paesi la lingua straniera più studiata era il russo anche se nella Mitteleuropa il tedesco era ed è la lingua straniera più conosciuta.

Da informazioni certe sappiamo che a Bruxelles, negli uffici della UE, la maggior parte dei documenti prodotti sono scritti o tradotti solo in inglese.

Ma per quale ragione l’inglese deve essere privilegiato se, oltretutto, la Gran Bretagna, che è l’unico paese della Comunità a parlare questo idioma, non ha nemmeno ancora accettato l’euro?

Riteniamo che l’Europa possa e debba avere un ruolo importante nella politica mondiale ma l’Europa, politicamente, è quasi inesistente. Lo stato europeo confederato non è ancora nato perché, purtroppo, manca, tra gli altri, uno dei presupposti essenziali perché ciò possa avvenire.

Perché uno stato possa esistere, infatti, sono necessarie tre componenti: il popolo, il territorio e la lingua.

Gli USA hanno una lingua unica benché la popolazione statunitense abbia le origini più disparate.

Israele, alla sua nascita, si trovo ad accogliere gli ebrei provenienti da tutto il mondo che parlavano le lingue più diverse. L’esigenza di stabilire una lingua comune fece si che venne riesumato l’ebraico quale lingua ufficiale.

Anche l’Europa deve darsi una lingua comune se vuole essere un’entità politica sia pure basata sul principio confederale.

Ma come accettare l'idea che una lingua nazionale, come l'inglese, si imponga, vuoi per ragioni economiche, vuoi per ragioni politiche, su tutte le altre? L'idioma inglese, infatti, è divenuto lingua di scambio in tutti i campi, dal mondo scientifico a quello delle comunicazioni aeronautiche. Nelle comunicazioni postali, invece, è il francese ad essere riconosciuta come lingua universale.

Ma né il francese, né l'inglese, possono essere considerate le lingue più parlate nel mondo.

Anche se nessuna lingua può essere considerata universale in senso assoluto, il notevole sviluppo dell'inglese, divenuto di fatto lingua leader in tutti i campi, merita un'attenta analisi non foss'altro per la generale tendenza ad ignorare il fenomeno e lasciare che siano le leggi del mercato a decretare il successo di questa lingua. In questo modo si elude il problema favorendo di fatto l'inglese rispetto alle altre lingue europee e non.

Ma è davvero inevitabile ricorrere all'inglese per comunicare a livello internazionale? Sembrerebbe di si a meno di non mettere seriamente in discussione, nelle sedi internazionali opportune, il problema della lingua di scambio. Aprire un dibattito internazionale sull'argomento e rendervi partecipe l'opinione pubblica europea non è stato sinora mai fatto. Perché? E' forse un problema di scarsa importanza nell'Unione Europea? O forse chi è interessato al mantenimento della supremazia dell'inglese è talmente forte da riuscire a far si che la cosa passi senza nemmeno essere messa in discussione? Questo è un dubbio legittimo. Come spiegarsi, diversamente, la scarsa attenzione data all'argomento, non solo nelle sedi istituzionali, ma anche dai mass-media?

Eppure già nella seconda metà del secolo scorso c'era chi, non limitandosi semplicemente a teorizzare una lingua comune europea, si era impegnato nello studio di una lingua artificiale che si ponesse, come lingua di scambio, al di sopra delle lingue nazionali.

Nel 1887 un oculista polacco, il dottor Lazarus Ludwig Zamenhof, inventò l’Esperanto.

Egli identificò l'idea di una lingua universale con l'idea di pace tra gli stati e di fraternità tra i popoli.

Il nostro Governo si sta impegnando affinché l’inglese venga insegnato in tutte le scuole ma non si pone minimamente il problema di avanzare, nelle sedi europee, la questione della “lingua ufficiale europea”. E la cosa sembra non interessare nemmeno gli altri Governi europei.

La sensazione è quella di proporre argomenti ed osservazioni che ai più possono apparire “strani”.

Perché non proporre l’Esperanto, oltre che come lingua di scambio su scala planetaria, anche come lingua ufficiale della Comunità Europea?

L’Esperanto è nato per essere una lingua universale e ne ha tutte le caratteristiche.

La principale, ovviamente, è quella di essere una lingua neutrale.

Ci rendiamo conto che sono tanti gli interessi che ostano all’Esperanto, non solo culturali, ma soprattutto economici (si pensi solo a tutte le scuole nate nel mondo per l’insegnamento dell’inglese) ma altrettanto grandi sono gli interessi culturali ed economici di tutti i popoli non anglofoni (che sono poi la maggioranza) affinché nel mondo vi sia una valida alternativa alla lingua di Shakespeare.

Ma l’adozione di una qualsiasi lingua come lingua di scambio, e lingua ufficiale nel caso europeo, non può che essere una scelta politica e deve essere fatta con un atto politico che sia l’espressione della volontà popolare. Una simile scelta deve prescindere da condizionamenti economici e, proprio per questo, si preferisce eludere il problema favorendo, di fatto, l’imposizione della lingua e della cultura anglofona.

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