Re: Quale lingua per l'Europa?

Inviato da  giulio957 il 22/3/2006 10:39:57
Sottopongo all'attenzione di questo forum il brano che segue, tratto da: http://www.centrostudilaruna.it/linguaoccidentelingueeuropa.html
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In un discorso pronunciato il 22 maggio 1995 a Bologna, in occasione della 50a Giornata della Società Dante Alighieri, Giovanni Nencioni disse: "non conviene dar peso agli anglismi di moda, snobistici, destinati a tramontare (...) né a quelli che ammiccano intenzionalmente all'appartenenza al costume straniero, come fast food, che in bocca italiana ha la stessa intenzione connotativa di pizza o spaghetti in bocca americana". Il vero problema, secondo l'autorevole esponente dell'Accademia della Crusca, sarebbero gli anglismi scientifici e soprattutto quelli tecnologici. E a tale proposito, Nencioni richiamava un analogo precedente della storia linguistica italiana: "la penetrazione, nell'Italia settecentesca, della cultura illuministica per mezzo del principale suo strumento, la lingua francese, che inondò l'italiano di francesismi, provocando una sdegnata reazione puristica". Omnis comparatio claudicat, e questa analogia zoppica in maniera particolare. Lo stesso Nencioni d'altronde rilevava la differenza tra il francese del Settecento e il tipo di inglese attualmente in uso: "Quel francese era la raffinata voce del più elevato strato etico e speculativo di una cultura nazionale non molto settorializzata e radicata in un profondo humus umanistico", mentre l'inglese attuale "ha assunto il compito di pragmatico interprete di relazioni internazionali e di diffusore dell'attività scientifica e tecnologica del mondo anglosassone (e del restante mondo che condivide quell'attività), con spirito, se non culturalmente neutrale, prevalentemente strumentale. Funge infatti da lingua settorialmente specificata (bancaria, commerciale, diplomatica, informatica ecc.) oppure circùita, nei suoi limiti di lingua naturale, quei risultati delle scienze pure ed applicate che negli aspetti più esoterici ed essenziali si servono di codici artificiali accessibili ai soli iniziati".
E' interessante che ad un intellettuale insospettabile come Nencioni sia venuto spontaneo evocare, in relazione alla funzione attualmente svolta dall'inglese, le nozioni di "esoterismo" e di "iniziazione". Per quanto ci concerne e per restare in tale ambito di concetti, dobbiamo dire che più d'una volta siamo stati tentati di riconoscere nell'inglese odierno le caratteristiche di una "lingua sacra", ma, ovviamente, in quel senso invertito del termine che si rapporta all'idea di "controiniziazione", intesa nei termini precisati da René Guénon. Infatti, come la fase odierna della Zivilisation è caratterizzata da una parodia della religione (la New Age), del diritto sacro (i "diritti dell'uomo"), del culto dei martiri (l'”Olocausto”), del messianismo escatologico (la fine della storia all'insegna dell'universal trionfo liberalcapitalista), della musica liturgica (il jazz e il rock), dei luoghi di pellegrinaggio (New York), così l'Occidente ha anche una sua "lingua sacra": l'inglese, per l'appunto. Nella sua valenza di lingua mondialista, l'inglese ci si presenta dunque come la contraffazione parodistica di quelle lingue, propriamente sacre o anche solo liturgiche, che hanno svolto o ancora svolgono una funzione di universalità rispetto ad una corrispondente ecumene tradizionale: ad esempio il cinese, il sanscrito, il latino, l'arabo.

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