Re: La Nuova Cronologia di Anatolij Fomenko

Inviato da  Nomit il 3/6/2015 15:37:30
Ecco uno dei testi che mi fanno sospettare che Fomenko abbia ragione. Si tratta della lettera che l'umanista Poggio Bracciolini avrebbe inviato al poeta Guarino Veronese. Racconterebbe del ritrovamento di un'opera di Quintiliano, "Institutio oratoria", ma si riferisce chiaramente al ritrovamento di un uomo, non di un'opera, anche se in teoria si tratta di una metafora. Solo alcune delle ultime righe sembrano riferirsi ad un libro, ma non in modo inequivocabile
http://www.lcgalilei.pisa.it/NS/docs/dispense/9788839533951_01_00_t1-1.pdf

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[...] E, molti essendo stati gli autori latini, come sai, egregi nell’arte di perfezionare e adornare il discorso, fra tutti illustre ed eccellente fu M. Fabio Quintiliano, il quale così chiaramente e compiutamente, con diligenza somma, espone le doti necessarie a formare un oratore perfetto, che non mi sembra gli manchi cosa alcuna, a mio giudizio, per raggiungere una somma dottrina o una singolare eloquenza. Se egli solo rimanesse, anche se mancasse il padre dell’eloquenza Cicerone, raggiungeremmo una scienza perfetta nell’arte del dire.

Ma egli presso di noi italiani era così lacerato, così mutilato, per colpa, io credo, dei tempi, che in lui non si riconosceva più aspetto alcuno, abito alcuno d’uomo. Finora avevamo dinanzi un uomo «con la bocca crudelmente dilacerata, il volto e le mani devastati, le orecchie strappate, le nari sfregiate da orrende ferite» [citazione dall'Eneide]

Era penoso, e a mala pena sopportabile, che noi avessimo, nella mutilazione di un uomo sì grande, tanta rovina dell’arte oratoria; ma quanto più grave era il dolore e la pena di saperlo mutilato, tanto più grande è ora la gioia, poiché la nostra diligenza gli ha restituito l’antico abito e l’antica dignità, l’antica bellezza e la perfetta salute.

[...] ora che noi abbiamo richiamato, non dall’esilio, ma quasi dalla morte stessa, tanto era lacero e irriconoscibile, questo singolare ed unico splendore del nome romano, estinto il quale restava solo Cicerone?

E infatti, per Ercole, se non gli avessi recato aiuto, era ormai necessariamente vicino al giorno della morte. Poiché non c’è dubbio che quell’uomo splendido, accurato, elegante, pieno di qualità, pieno di arguzia, non avrebbe più potuto sopportare quel turpe carcere, lo squallore del luogo, la crudeltà dei custodi.

Era infatti triste e sordido come solevano essere i condannati a morte, con la barba squallida e i capelli pieni di polvere, sicché con l’aspetto medesimo e con l’abito mostrava di essere destinato a un’ingiusta condanna. Sembrava tendere le mani, implorare la fede dei Quiriti, che lo proteggessero da un ingiusto giudizio; e indegnamente colui che una volta col suo soccorso, con la sua eloquenza, aveva salvato tanti, soffriva ora, senza trovar neppur un difensore che avesse pietà della sua sventura, che si adoperasse per la sua salvezza, che gli impedisse di venire trascinato a un ingiusto supplizio.

Ma, come dice il nostro Terenzio, quanto inopinatamente avvengono spesso le cose che non oseresti sperare! Un caso fortunato per lui, e soprattutto per noi, volle che, mentre ero ozioso a Costanza, mi venisse il desiderio di andar a visitare il luogo dove egli era tenuto recluso. V’è infatti, vicino a quella città, il monastero di S. Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, ed insieme per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancor salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere [da qui sembra più che parli effettivamente di un libro]

Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi in un tristissimo ed oscuro carcere, nel fondo di una torre, in cui non si caccerebbero neppure dei condannati a morte.

Ed io son certo che chi per amore dei padri andasse esplorando con cura gli ergastoli in cui questi grandi son chiusi, troverebbe che una sorte uguale è capitata a molti dei quali ormai si dispera. [...]

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A me leggendo questo testo sembra:

1) che Bracciolini abbia trovato un uomo detenuto in un monastero;
2) che quest'uomo appartenesse ad una popolazione chiamata Quiriti (che in teoria era il nome originario dei romani);
3) che quest'uomo fosse stato perseguitato dal popolo degli Italiani;
4) che queste vicende avvennero per colpa "dei tempi", cioè ci fosse stato un qualche conflitto tra quiriti e italiani
5) che Cicerone all'epoca fosse ancora vivo

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