Può essere antisemita un ebreo?

Inviato da  Kolza il 1/2/2006 21:13:09
Dal Corriere della Sera
sabato, 28 gennaio, 2006
p. 41

Ebreo e antisemita, uno scandalo tedesco
Il tribunale di Francoforte: legittimo paragonare un israelita a Hitler
Un libro ostile alla politica di Gerusalemme scatena polemiche e denunce. Ieri la sentenza
BERLINO - Può un ebreo accusare di antisemitismo un altro ebreo? No, hanno risposto ieri i giudici della terza sezione civile del Tribunale di Francoforte. Tuttavia, hanno aggiunto, se ne ha motivo può paragonarlo a Hitler. La palese contraddizione, o se si vuole l' ignavia, della sentenza la dice lunga sull' imbarazzo e l' impotenza dei magistrati, di fronte a un caso che sconvolge la comunità ebraica in Germania. Per la celebrità dei suoi protagonisti, ma soprattutto per l' assurda novità di affidare il quesito alla giustizia ordinaria, chiamata in pratica a stabilire dove finisca la critica legittima alla politica dello Stato di Israele e dove cominci il verbo velenoso dell' antisemitismo. La storia comincia con la presentazione di un libro a Lipsia. Il titolo è Das Ende des Judentums, «La fine dell' ebraismo». L' autore è Hajo Meyer, ebreo tedesco sopravvissuto a un lager e poi emigrato in Olanda. A pubblicarlo è Abraham Melzer, titolare dell' omonima casa editrice tedesca, che lui, nato a Samarcanda e cresciuto in Israele, ha ereditato dal padre. Introducendo la sua opera, Meyer, come spesso gli accade, non risparmia fra l' altro critiche feroci a Israele, accusando «i figli di David di voler dominare il mondo» (sic) e non peritandosi di paragonare lo Stato ebraico alla Germania nazista. Opinioni insomma, come nota saggiamente la Frankfurter Allgemeine, «che potrebbero essere accolte con soddisfazione in ogni chiacchiera da birreria fra antisemiti». Ma a Henryk M. Broder le critiche dei media non bastano. Ebreo polacco residente da quasi mezzo secolo in Germania, polemista molto apprezzato e regolare opinionista di Der Spiegel, Broder spara a zero contro Meyer e Melzer: sul suo sito www.henryk-broder.de, sotto il titolo «Come due ebrei hanno giocato a fare Adolf per il pubblico di Lipsia», scrive un j' accuse di fuoco, definendoli «luminari di giudeofobia applicata». A Melzer, suo ex editore ed amico, rimprovera anche di «riempire con spazzatura marrone il buco, da lui scoperto, dell' antisemitismo». E quando i due gli fanno chiedere da un giudice con provvedimento d' urgenza di ritirare le accuse, Broder, che non le manda a dire, presenta ricorso. «L' antisemitismo è una malattia che può contagiare chiunque, anche un ebreo», dice al primo incontro tra le parti. Melzer e Meyer, spiega, appartengono a un' antica tradizione, già analizzata a fondo dal filosofo Theodor Lessing in un classico lavoro pubblicato nel 1930, Der juedische Selbsthass. Dopotutto, conclude Broder, ci sono tedeschi che odiano la Germania e i tedeschi. Melzer prova a difendersi, spiega di essere «un ebreo orgoglioso» e di «amare Israele», ma non la sua politica. A bruciargli di più è il paragone con Hitler, «la forma più grave di offesa, una catastrofe per ogni ebreo». Ieri, il verdetto. Investiti di un dilemma più adatto al dibattito intellettuale che non alla giustizia, i magistrati di Francoforte non hanno trovato nulla di meglio che confezionare una sentenza cerchiobottista. Che Broder ha accolto con sarcasmo, solo parzialmente giustificato visto che è stato lui a portare la vicenda in tribunale: «Resta uno strano gusto, quello di vedere gli eredi della ditta Freisler, decidere cosa sia antisemita e cosa no». Roland Freisler fu il più fanatico dei giuristi nazisti, l' uomo che guidò dal 1942 il Tribunale del Popolo, responsabile di migliaia di sommarie sentenze di morte. L' affaire è sicuramente destinato ad avere un seguito. E a dividere la comunità ebraica in Germania, già sottoposta negli ultimi mesi a fortissime tensioni. Rifiorita e cresciuta oltre ogni aspettativa nei 16 anni seguiti alla caduta del Muro, conta oggi più di 200 mila persone. Ma la maggior parte dei nuovi immigrati ebrei nella Repubblica federale viene dalla Russia e dalle ex Repubbliche sovietiche, parla poco o male il tedesco e soprattutto si porta dietro il buco nero di una tradizione ebraica smarrita o quasi sotto la dittatura comunista. Esempio clamoroso, quello di Berlino, dove due terzi dei 12 mila ebrei della capitale sono di origine russa o ex sovietica: da mesi la comunità è lacerata da una lotta per il potere (e i fondi) senza esclusione di colpi fra vecchi e nuovi membri, che ha fatto scattare anche un' indagine giudiziaria per malversazione e falso in bilancio.

Valentino Paolo


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