Re: Anarchia

Inviato da  florizel il 28/2/2008 14:54:18
sick-boy

Citazione:
vedo tale modello come società coese fatte di individui responsabili senza la necessità di alcuno stato centrale, costituzioni ecc.. Tale modello è quanto di più lontano dalla realtà esista, ma passando ad un piano pragmatico non vedo come, anche in un tempo infinito, esso si possa realizzare essendo la tendenza dello Stato moderno contraria (la pervasività cui si accennava).


Invece io ritengo che sia proprio quella pervasività a generare una potenziale radicalizzazione della spinta a liberarsene. Questo, rende la necessità dell’anarchia più tangibile di quanto noi stessi possiamo immaginare.

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prealbe,
se mi consenti un’osservazione di carattere “personale” (che non vuole essere un attacco) credo che potrebbe venire utile al corretto proseguimento della discussione: sai cos’è che a me, dei tuoi ragionamenti, irrita più di ogni altra cosa? Il fatto che per convalidare le tue tesi spesso mistifichi le cose o ne spacci un loro aspetto parziale assurgendolo a punto centrale. Qualche esempio:

Citazione:
l’anarchia mette al centro della propria costruzione teorica il concetto di libertà individuale (con i corollari noti), di cui fa il bene assoluto che prevale su ogni altro principio.


Il primo periodo della tua affermazione “l’anarchia mette al centro della propria costruzione teorica il concetto di libertà individuale” corrisponde al vero, ma acquista una valenza DEL TUTTO negativa se aggiungi qualcosa che isola questa tesi dal contesto dialettico in cui si inserisce: “di cui fa il bene assoluto che prevale su ogni altro principio” .

Questo NON E’ VERO, o almeno non lo è nel momento in cui il principio anarchico ritiene che in nessun contesto sociale può esserci libertà individuale per il singolo se questa non è garantita a tutti gli individui.
Posta come la poni te, si percepisce piuttosto che, in una comunità anarchica, la libertà individuale debba automaticamente incidere in negativo su quella del gruppo.

Questa è una distorsione che conduce a ritenere necessaria un’autorità che gestisca possibili prevaricazioni, mentre sappiamo (perché è sotto i nostri occhi) che è proprio la struttura statalista che comporta la creazione di privilegi di “alcuni” sui “moltissimi”, ed il ricorso alla repressione per il mantenimento di quel potere.

Citazione:
A me pare piuttosto che l’uomo tenda a vincolarsi intimamente con ciò che lo circonda (persone e cose, quest’ultime sia concrete sia astratte) fino a percepirsi lui per primo come parte di un insieme


E’ esatto, a mio avviso. Ora spiega, se ritieni, perché questo NON POSSA ESSERE POSSIBILE in un contesto a-statale, prima ancora che anarchico. Se la tua tesi fosse vera, l’umanità si sarebbe già estinta da decine di millenni.

Citazione:
così come vedo che nei rapporti umani l’asimmetria (di cui la gerarchia è una logica e giusta conseguenza) è la norma assoluta, e non subita e accettata ma proprio riconosciuta come perfettamente naturale (come tra l’altro è).


Ancora un’altra tesi data per assunto unificando arbitrariamente il concetto di asimmetria e quello di gerarchia. Se la prima, considerata dal punto di vista antropologico, garantisce il rispetto dei “ruoli”, che possono essere anche quelli che, riflessi nel sociale, esprimono la particolarità di OGNI individuo, la seconda implica una “forzata istituzionalizzazione” di determinate caratteristiche di uno o pochi altri individui, che in un contesto sociale implicano necessariamente sopraffazione.

Citazione:
Intanto che un contesto sociale non si forma con la ricetta della libera adesione


Quindi, se un gruppo di persone, unite dallo stesso intento, decide liberamente di fondare una comunità in cui vivere insieme, quello NON E’ un contesto sociale?

Citazione:
Ipotizzare che tutto ciò produca una spontanea armonia fra le parti senza la minima necessità di alcuna “pezza d’appoggio” impersonale e super partes (o percepita come tale) quali le leggi


Altra distorsione: enfatizzando il concetto di “legge”, essenzialmente legato a quello di “stato”, sorvoli sul fatto che esistono anche delle “regole” scelte dai componenti di un qualsivoglia gruppo o comunità. Nel primo caso, in un contesto gestito da un’autorità statuale, è facilmente dimostrabile la funzione improntata al “divieto”, oltre che alla non-applicazione in termini di “impunità” garantita (per legge, appunto) ad “alcuni” individui e non ad altri. Quindi, norme statiche fondamentalmente calate dall’alto, fatte da alcuni per TUTTI.

Nel secondo caso, quello delle regole, prescindi di principio che esse possano essere stabilite dai diretti interessati non per “vietare”, ma per favorire tutte le attività umane che consentano di dare dignità alla vita di ciascuno, assicurando in questo modo sia la libertà individuale che quella della comunità. Piuttosto che negarla, quest’ultimo concetto sembrerebbe garantire molto più efficacemente la “natura umana”. O no?

Citazione:
E infatti si vedono ipotizzare fantasiosi “superamenti di sé stesso” da parte dell’uomo (che evidentemente così com’è non va bene; quindi deve cambiare, questo rozzo bipede, per adeguarsi ai superiori princìpi dell’anarchia...).


Bravo, decontestualizza ancora le frasi degli utenti, che andiamo bene…
Quando la sottoscritta ha parlato di “autosuperamento”, intendeva affermare che SE il “potere” (subito o esercitato) è parte costitutiva dell’individuo, è quanto mai necessario considerare i suoi effetti nefasti e la sua origine, per se stessi e per gli altri. In questo senso, se estendiamo questo aspetto ad un contesto sociale, prenderne coscienza E’ di fatto una sorta di autosuperamento.

Citazione:
continuo a dire che un gruppo sociale, per essere tale e funzionare, deve basarsi su una interpretazione delle cose sostanzialmente univoca e condivisa dai suoi membri.


Ma quando tale interpretazione è ottenuta con l’uso della forza di imposizione e con una sorta di assuefazione statica a delle norme, o con l’adeguamento della vita degli individui a quelle norme e NON il contrario (ossia l’adeguamento delle regole alle esigenze degli individui) un gruppo sociale PUO’ funzionare? Non è forse inopinabile che è esattamente nel primo caso che si verifica una semplicistica ed automatica, quanto impositiva, condivisione di un territorio da parte di un certo numero di individui?

Citazione:
il contesto di LC è piuttosto affollato di anarchici.


Magari…

PS: continuo ad avere la sensazione che qualcosa, nella parola “Anarchia”, provochi in te dei conflitti che prescindono il semplice ambito “dialettico”. Se si può fare qualcosa per contribuire al tuo “autosuperamento”, fai un fischio.

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