Re: Anarchia

Inviato da  Santaruina il 22/4/2006 12:01:44
Salud y Libertad Shevek

il capitalismo implica la proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini qualcuno può impadronirsi di beni essenziali a chiunque ed impedirne l'accesso al resto della società - e ciò implica di fatto il potere politico, la coercizione statale.[...]

L'abolizione di cui l'Anarchia parla è l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini quella proprietà che priva la stragrande maggioranza degli esseri umani del possesso anche dei beni più elementari a tutto favore di una (sempre più infima) minoranza di privilegiati.[...]

La confusione è tra la proprietà dei beni utili alla vita e la proprietà dei mezzi di produzione. Espropriare questi ultimi, in un'ottica anarchica, significa dare TUTTO A TUTTI - non togliere qualcosa a qualcuno.


Ho evidenziato alcune tue considerazioni, ma nel discorso generale ci sono due aspetti che non mi convincono.
Innanzitutto parole quali “abolizione” ed “espropriazione” continuano a rimandare al concetto di “imposizione”, e per avere una imposizione occorre anche colui che impone.
Ma per definizione questo è compito di un governo, assente nell’ideale anarchico.

Quindi “abolizione” ed “espropriazione” sono in contrasto con il concetto stesso di anarchia.

In secondo luogo, mi spaventa la collettivizzazione dei mezzi di produzione.

Essendo realisti, dobbiamo constatare che gli uomini sono diversi tra loro, ed hanno diverse inclinazioni.
C’è chi ha spirito avventuroso, chi sperimenta, chi investe, chi crea, chi sa dirigere, e c’è anche chi è sereno nello svolgere un lavoro in cui esegue delle indicazioni, c’è anche chi è portato ad eseguire un lavoro manuale ma non ad assumersi responsabilità.

Per costruire un palazzo serve un architetto, un ingegnere, qualche geometra , dei capisquadra e qualche decina di muratori.
Una squadra di soli muratori non tirerebbe mai su un palazzo, così come non potrebbero farlo cento architetti.

La diversità tra gli uomini e la loro cooperazione è il segreto della edificazione.

La collettivizzazione a mio parere fa violenza a questa naturale diversità, e il “divieto” dell’accumulo diventa una imposizione che bloccherebbe sul nascere ogni naturale spinta “imprenditoriale”, chiamiamola così, che alla fine dei conti è il principio della edificazione.

Le mie sono delle semplici constatazioni, di uno che studia il pensiero anarchico dall’esterno; personalmente il mio riferimento rimane la scolastica alto medioevale e l’analisi della definizione della "Legge Naturale", che una volta accettata (riscoperta)dalla comunità renderebbe inutile ogni ricerca su di una eventuale “organizzazione sociale ideale”.

Detto questo, ad uno sguardo esterno, l’ideale anarchico a livello di coerenza mi sembra molto più vicino alla visione “capitalista” della scuola austriaca che a quella “collettivista”, che continua a sembrarmi una contraddizione in termini.

Blessed be

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