Re: Anarchia

Inviato da  Ashoka il 24/4/2006 19:50:52
Che bel forum :) a parte forse gli ultimi giorni. Mi spiace di non aver avuto tempo per parteciparci più attivamente. (post lunghissimo.. al solito il dono della sintesi.. )

Inizierò subito in modo odioso :)

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Il termine anarchia fu utilizzato da Aristotele per indicare un periodo di Atene, intorno al 589-587 a.c. in cui fu impossibile eleggere gli Arconti. Questo per l “indagare le cose a partire dalle parole”.
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Ma veniamo a quello che è il concetto chiave degli ultimi interventi: la proprietà

La domanda che pongo (anche a me stesso, dal momento che una risposta chiara non ce l'ho) è: il concetto di proprietà è anteriore a quello di violenza (e di dominio)?

Una risposta affermativa a questa domanda implica che all'interno di un gruppo di persone che decide di vivere assieme si possano mutualmente riconoscere vincoli di proprietà (il martello è tuo perché l'hai costruito tu) all'interno di una completa libertà (non vi è nessuna autorità a sancire/difendere/(eventualmente usurpare) il concetto di proprietà ma sono gli stessi partecipanti alla comune a riconoscerlo mutualmente e volontariamente).

In questo tipo di comunità viene promossa la piena affermazione individuale e l'efficienza della produzione. Ognuno tende a sviluppare le proprie inclinazioni al meglio per produrre di più e garantirsi, attraverso gli scambi, tutto ciò di cui ha bisogno.

Ed attraverso gli scambi di beni (baratto) si individua e si seleziona (non imposizione o convenzione forzata dunque) un tipo di merce la quale ha il pregio di essere accettata da tutti come controparte degli scambi:

se Tizio ha una bottiglia d'acqua e per cederla vuole un panino io non sarò quindi costretto a scambiare le mie merci sino ad ottenere il panino che lui desidera ma potrò dare a Tizio un altro tipo di merce (la moneta) in quantità sufficiente a garantirgli l'acquisto del panino. Tizio accetterà lo cambio perché sa che con la moneta può andare alla bancarella dei panini e comprarsi quello che preferisce.

Quindi in questo caso la moneta è una merce selezionata dal mercato (e non prodotta convenzionalmente)

Sono stati posti alcuni problemi a questo punto di vista.

Pausania Citazione:
Bisogna tornare alle basi delle teorie economiche socialiste: un operaio produce 100, il capitalista guadagna 98, l'operio prende 2. In realtà quel 100 prodotto appartiene all'operaio ed il capitalista ruba senza alcun diritto, se non quello della forza, il guadagno dell'operaio. Il punto sta tutto qui: se si parte dall'assioma “ad ognuno secondo il suo lavoro, ad ognuno secondo il bisogno”, non si pone tanto in discussione la proprietà privata, ma chi è proprietario. Chi lavora ha parte dei guadagni, chi non lavora no.


Gli economisti Austriaci fanno notare una cosa di cui i socialisti non tengono conto: il fattore tempo.
Se la produzione del bene X richiede un anno ed il capitalista (sfruttatore!) riceverà 120 (vengono i calcoli + facili!) dalla sua vendita non si può sostenere che l'operaio dovrebbe ottenere 10 al mese nei 12 mesi durante i quali lavora alla produzione del bene.

Infatti, poiché preferiamo consumare un bene oggi piuttosto che tra un anno i 120 ottenuti scaglionati durante i 12 mesi avrebbero un valore superiore ai 120 ricevuti dal capitalista alla vendita del bene.

Il margine del capitalista è quindi determinato da questo anticipare il risultato economico del lavoro dell'operaio in aggiunta alla messa a disposizione dei mezzi di produzione che il capitalista stesso ha acquistato.

L'operaio d'altro canto, in questa società descritta, ha la facoltà di acquistare i mezzi di produzione dal produttore stesso (che sarà felicissimo di venderglieli) e lavorare per un anno aspettando di ricevere i 120 che gli competono alla fine.



Shevek Citazione:
A mio modo di vedere, per la contraddizione che nol consente, ha un senso solo la visione "anarcocomunista": il capitalismo implica la proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini qualcuno può impadronirsi di beni essenziali a chiunque ed impedirne l'accesso al resto della società - e ciò implica di fatto il potere politico, la coercizione statale. Senza di questa, nessuno accetterebbe una formazione economica che lo riducesse all'umiliazione ed alla fame.


Quelli che sono mezzi di produzione per un dato bene sono essi stessi prodotti e quindi acquistabili liberamente. Nel tipo di società descritta sopra il capitalista che offrisse un salario troppo basso per il lavoro prestato verrebbe messo fuori mercato da chi invece lo fa, realizzando quindi una perdita netta (il costo dei mezzi di produzione)


Sempre Pausania Citazione:
Per quanto riguardo la legge naturale che tutti dovremmo seguire senza alcuna imposizione, quale sarebbe mai?


I giuristi romani (indipendenti e non statali) avevano un'idea precisa di legge.
Consisteva nell'analisi e nell'interpretazione del comportamento umano all'insorgere del problema riscontrato. Non era quindi una decisione dall'alto del delegato esperto in materia ma uno studio delle soluzioni che si erano trovate in passato e della serie di proposte alternative, errori, tentativi che avevano generato la soluzione poi adottata come principio.

Un problema che non ho visto proporre invece (il topic e' molto vasto) è quello della cosiddetta uguaglianza di opportunità che intendo come:

la libertà per ogni nato di determinare da sé la propria vita

Il fatto che un figlio di contadini poverissimi possa sviluppare ad esempio le sue inclinazioni scientifiche e diventare uno scienziato.

Ed in questo caso entra in gioco la solidarietà, ovviamente volontaria di chi vive assieme e che nella storia è sempre stata più forte là dove meno delegata ad uno Stato ed ai privilegi che esso concede.

E' da ricordare inoltre che il valore dei beni è fortemente soggettivo e spesso ragionare in termini specificamente economici e deterministici per descrivere la socialità è fuorviante. A volte un sorriso vale più di molte ricchezze e il dare è esso stesso appagante. Ma sono valutazioni personali e come tali sono anche nostra responsabilità

Non vedo quindi nessun motivo per cui siano i cittadini stessi a garantirsi la mutua assistenza in caso di bisogno, ad offrire l'odiato (da alcuni) accumulo a chi ne ha bisogno. Ma non nel senso che qualcuno decide per tutti cosa dare a chi quanto piuttosto come somma di individui che superano il complesso del “Se lo facessero gli altri lo farei anche io” e partecipano, volontariamente al sostegno di chi è in difficoltà.

Vi è qualche differenza sostanziale con il principio “Da ciascuno secondo le possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni” ?

Sì, il mezzo per arrivarci

Ashoka

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