Re: Libero Arbitrio Confutato?

Inviato da  shevek il 31/1/2007 12:22:25
Salut y Libertad a todos...


Mi sembra che le obiezioni postate a favore di una qualche forma, più o meno ampia, di libero arbitrio non abbiano grossa consistenza. Tutti i giorni, quando usciamo da casa, prendiamo le scale o l'ascensore e non ci gettiamo dalla finestra (a meno che non vogliamo suicidarci, nel qual caso facciamo il contrario: nessuno ha mai tentato di suicidarsi scendendo le scale...). Siamo, infatti, perfettamente convinti dell'ineluttabilità del rapporto causa-effetto.

Quando, però, ragioniamo sui nostri comportamenti, ci sentiamo diversi, "liberi" di comportarci in un modo o nell'altro. Dov'è la differenza? Nella minore complessità della catena causale che dobbiamo ricostruire. Nel primo caso, basta ragionare sulla legge di caduta dei gravi e sulla resistenza dei materiali. Nel secondo caso, la complessità del nostro cervello da un lato, i limiti di una retroazione conoscitiva sullo stato della nostra coscienza dall'altro, ci impediscono di riconoscere facilmente il rapporto causa-effetto. Di qui il senso di "libertà" che proviamo.

La questione "responsabilità", allora, è molto complessa. Da un certo punto di vista, strettamente fisico, nessuno è responsabile delle sue azioni più di una pietra che cade. Da un altro punto di vista, invece, indubbiamente esistono azioni che si fondano sul raggiungimento di un bisogno specifico e che, per ottenerlo, riducono gli altri esseri umani a meri strumenti per l'ottenimento di esso; altre, invece, hanno valore in sé e mettono su di un piano di parità tutti gli esseri umani.

Chi attua quest'ultimo genere di comportamenti (che noi definiamo "morali" "eticamente corretti", ecc,), certo, dal primo punto di vista, non può godere di particolari riconoscimenti rispetto a chi si comporta diversamente. Si può (anzi, si DEVE, dal punto di vista morale) però instaurare una logica del "come se": si deve ragionare, insomma, come se fossimo liberi, completamente responsabili delle nostre azioni e, conseguentemente, valutare negativamente, p. e., chi violenta una donna e positivamente chi, correndo rischi, gli impedisce l'azione,


Shevek

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