Re: LA DROGA

Inviato da  Mrexani il 8/10/2014 22:47:05
<<-II primo viaggio-
Due anni dopo, all'inizio di febbraio del 1951, si presentò la grande avventura, un viaggio con 1'LSD insieme a Ernst Júnger. In quegli anni esistevano solo documentazioni psichiatriche di test con LSD; Questo esperimento era il primo a uscire fuori dall'ambito medico; il mio interesse in esso era quindi molto alto, in quanto mi offriva l'opportunità di osservare gli effetti della sostanza su una personalità artistica, senza interferenze terapeutiche. Ciò avvenne qualche anno prima che Aldous Huxley, entro lo stesso contesto, sperimentasse la mescalina, su cui avrebbe poi riferito nei suoi due libri «Le porte della percezione» e «Paradiso e inferno». Per disporre di un intervento medico in caso di necessità, invitai l'amico farmacologo Heribert Konzett a partecipare all'iniziativa. Il viaggio ebbe inizio alle dieci di mattina, nel salotto della nostra casa a Bottmingen. Non potendo prevedere il tipo di reazione in un uomo molto sensibile quale Ernst Júnger, scegliemmo una piccola dose, pari a 0,05 mg. L'esperimento non ci permise quindi di raggiungere le grandi profondità.
L'intensificazione dell'esperienza estetica segnò la fase iniziale. Le rose rosso-violette si rivestirono di una luminosità senza precedenti, da cui si irradiava uno splendore ricco di significato. Un'armonia celestiale, di musica divina, fuoriusciva dalle note del concerto per flauto e arpa di Mozart. Stupefatti, contemplavamo la nebbiolina di fumo che si innalzava con la stessa agilità del pensiero da un bastoncino d'incenso giapponese. Ormai prossimi all'apice dell'inebriamento, la conversazione si spense. Distesi comodamente sulle poltrone, immagini fantastiche cominciarono a scorrere davanti ai nostri occhi chiusi. Junger gioì dello sfòggio dei colori di mandala orientali; io ero in viaggio presso le tribù berbere del Nord Africa e contemplavo le carovane colorate e le oasi lussureggianti. Konzett, i cui lineamenti del volto mi apparivano trasfigurati, simili a quelli del Budda, sentì la carezza del soffio dell'eternità, e visse la liberazione dal passato e dal futuro, la beatitudine attraverso la pienezza dell'esserci ora.
Al ritorno dallo stato alterato di coscienza la sensibilità al freddo era aumentata. Come tutti i viaggiatori infreddoliti, ci avvolgemmo con coperte, pronti all'atterraggio. Ci riconsegnammo alla realtà familiare, festeggiando con un'ottima cena, dove scorse copiosamente del Burgundy.
Questa escursione aveva manifestato la comunanza e il parallelismo delle nostre esperienze, vissute in modo intimamente gioioso. Tutti e tre ci eravamo avvicinati alla porta che si apre sulla conoscenza mistica dell'essere; ma solo avvicinati, perché la porta non si era dischiusa. La dose scelta per quella seduta era stata troppo piccola. Disconoscendone il motivo, Júnger, che aveva già esplorato profondítà più abissali con un'alta dose di mescalina, commentò: «In fin dei conti, rispetto alla tigre mescalina, il suo LSD è solo un gattino». Dopo prove successive con quantità maggiori di LSD, cambiò opinione.
Lo spettacolo del bastoncino d'incenso ricompare, elaborato in forma letteraria, nel racconto di Júnger Besuch auf Godenholm («Visita a Godenholm»), dove si parla anche di altre esperienze estatiche indotte dalle droghe:
[...] Schwarzenberg bruciò un bastoncino d'incenso per purificare l'aria, come era solito fare in certe occasioni. Un filo blu si innalzò dall'estremità del bastoncino. Moltner lo osservò, all'inizio con stupore, poi ne fu rapito, come se i suoi occhi avessero ricevuto un nuovo potere. In virtù di esso, si disvelava ora il gioco di quel fumo fragrante, che alzandosi dall'esile asticciola, si ramificava poi a formare una fragile corona. Era come se l'avesse creato la sua immaginazione - un pallido intreccio di gigli di mare nelle profondità, che oscillano appena per l'urto dei frangenti. Il tempo era operante nella creazione - l'aveva racchiusa, avvolta, accerchiata, come se monete immaginarie si accumulassero velocemente una sopra l'altra. L'esuberanza dello spazio si rivelava nell'organizzazione delle fibre e nelle nervature, che si allungavano e si estendevano in altezza, in un immenso numero di filamenti.
In quel momento un soffio di aria sfiorò la visione, e dolcemente la fece attorcigliare intorno al sostegno, alla maniera di una danzatrice. Moltner lanciò un urlo di meraviglia. I raggi e i tralicci del fiore miracoloso si spostarono su nuovi livelli, su nuove superfici. Miriadi di molecole si sottomisero all'armonia. Qui le leggi non agivano più sotto il velo dell'apparenza; la materia appariva così delicata e leggera da rispecchiarle nella loro evidenza. Com'era tutto semplice e convincente! I numeri, le masse e i pesi sgusciavano fuori dalla materia. Si erano liberati delle vesti. Nessuna dea poteva confidarsi con gli iniziati in maniera più audace e aperta. Le piramidi con i loro volumi non pervenivano a questa rivelazione. Era puro splendore pitagorico...
Nessun altro spettacolo lo aveva affascinato con così tanta magica seduzione...
Una profonda esperienza nel campo estetico, qui descritta nell'esempio della contemplazione di una nebbiolina di fumo blu, è caratteristica della fase iniziale dell'inebriamento da LSD, prima che si manifestino ben più profonde alterazioni di coscienza.
L'anno seguente visitai saltuariamente Ernst Júnger a Wilflingen, dove si era trasferito da Ravensburg; altre volte ci incontrammo in Svizzera, nella mia casa di Bottmingen, vicino a Basilea, oppure a Búndnerland. Grazie alla condivisa esperienza con l'LSD, i nostri rapporti si erano fatti più stretti. Le droghe e le problematiche che vi erano associate costituivano il soggetto principale delle nostre conversazioni e del nostro carteggio; nel frattempo, evitammo nuove sperimentazioni.
Ci scambiammo anche del materiale bibliografico. Ernst Júnger mi offrì in omaggio la rara e preziosa monografia di Ernst Freihernn von Bibra, Die Narkotischen Genussmittel und der Mensch («L'uomo e le sostanze narcotiche»), stampato a Norimberga nel 1855. Questa opera è un classico della letteratura sulle droghe e un documento pionieristico di prim'ordine, in special modo per i riferimenti alla storia dei narcotici che vi sono contenuti. Von Bibra include nel termine Narkotische Genussmittel non soltanto sostanze come l'oppio e la Datura stramonio, ma anche il caffè, il tabacco, il khat, che non rientrano nell'accezione corrente di narcotici, non certo più di droghe quali la cocaina, l'Amanita muscaria e 1'hashish, di cui nel libro egli accenna.
Degne di nota, e ancora oggi di attualità, sono le opinioni generali sulle droghe espresse da Von Bibra più di un secolo fa:
[...] L'individuo che fumando troppo hashish si precipita furiosamente per le strade e aggredisce chiunque incontri, cade nell'oblio rispetto al numero di coloro che dopo il pranzo trascorrono ore tranquille e serene, fumandone una dose moderata; e il numero di coloro che riescono a sopportare le più dure fatiche grazie alla coca, e che magari sono stati salvati dalla morte per fame sempre in virtù della coca, di gran lunga supera i pochi «coqueros» che hanno compromesso la loro salute per un uso immoderato. Allo stesso modo, solo un'ipocrisia mal riposta può condannare il calice di conforto del vecchio padre Noè, per via di pochi ubriaconi che non conoscono i limiti e la moderazione. Di volta in volta, tenevo al corrente Jiinger su episodi attuali e alquanto curiosi che interessavano l'ambito delle droghe, come in questa mia lettera del settembre 1955:
[...] La settimana scorsa sono arrivati i primi 200 grammi di una nuova sostanza di cui desidero intraprendere le ricerche. Si tratta dei semi di una mimosa (Piptadenia peregrina Benth.), utilizzati come stimolanti dagli indiani dell'Orinoco. I semi vengono macinati, messi a fermentare e poi mischiati con la polvere dei gusci bruciati di lumaca. La polvere viene infine sniffata dagli indiani per mezzo di un osso d'uccello incavato e forcuto, come già riferiva Alexander von Humboldt in Reise nach den Aequinoctial-Gegenden des Neuen Kontinents («Viaggio nelle regioni equinoziali del nuovo contínente», libro 8, capitolo 24). È soprattutto la tribù guerriera degli Otomacos che fa ancora oggi uso estensivo di questa droga, chiamata niopo, yupa, nopo oppure cojoba. Nella monografia di P.J. Gumilla, S.J. (El Orinoco ilustrado, 1741) si legge: «Gli Otomacos fiutavano la polvere prima di andare a combattere contro i Caribes - sono sempre esistite guerre selvagge tra queste due tribù... Questa droga li privava completamente della ragione, e allora con furia brutale afferravano le loro armi. E se le donne non riuscivano a trattenerli e a legarli saldamente, essi provocavano ogni giorno terribili devastazioni. È una dissolutezza raccapricciante... Altre miti e docili tribù, che pure fiutavano lo yupa, non si facevano possedere dalla violenza come gli Otomacos, i quali, danneggiandosi con questa sostanza, diventavano spietati e si gettavano nel combattimento con furia animalesca».
Sarei curioso di sapere che effetto provocherebbe il niopo su gente come noi. Se un giorno dovesse accadere di sperimentare questa sostanza, per nessun motivo dovremmo mandar via le nostre mogli, 63 come facemmo in occasione di quel sogno di inizio di primavera (mi riferisco all'esperimento con 1'LSD del febbraio 1951); potrebbero legarci ben stretti in caso d'emergenza.
L'analisi chimica di questa sostanza portò all'isolamento dei principi attivi, i quali, come gli alcaloidi dell'ergot e la psilocibina, appartengono al gruppo degli alcaloidi indolici. Tuttavia non procedemmo alla loro ulteriore investigazione, in quanto questi composti avevano già ricevuto ampia descrizione nella letteratura scientifica.
Gli effetti bizzarri qui menzionati pare sopraggiungano solo quando la polvere è sniffata e sembra anche siano associati alla struttura psichica degli indios in questione.
[LSD.Il mio bambino difficile-Albert Hoffman]>>

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