"Over there" ovvero propaganda

Inviato da  UncasO il 1/12/2005 14:54:46
Il meccanismo è studiato e consolidato, per convincere lo spettatore che la fiction corrisponde più o meno alla realtà rimanendo credibili basta associarla ad una cosa vera ma “scomoda”, una realtà consolidata nella mente dello spettatore ma solitamente taciuta dai media, così facendo si passa per imparziale tutto l'insieme.

Questo è quello che fanno i produttori di “Over there” la prima serie televisiva su una guerra ancora in atto, giunta a tempo di record anche sugli schermi italiani grazie al satellitare Sky. Come per la maggioranza del cinema di guerra prodotto negli USA anche questa fiction segue schemi ben consolidati a mio modo di vedere riconducibili alla propaganda.

Alcuni esempi.
La prima puntata finisce così: il soldato "intellettualoide", che rappresenta un cardine della linea decisa dagli autori, espone i suoi dubbi sulla guerra in corso e chi vi partecipa alla sua donna a casa, la camera indugia sullo schermo del portatile con la videomail mentre sullo sfondo la donna “cavalca” un altro uomo. Uno dei luoghi comuni made in USA più cari all' estabilishment repubblicano, il vecchio pacifista = poco virile. Altra scena chiave: l' attacco alla moschea, il cosiddetto battesimo del fuoco per gli spettatori. Il rozzo sergente urlatore riceve l'ordine di avanzare di alcuni metri esponendosi inutilmente al fuoco nemico mentre la sua squadra è appostata fuori da un luogo di culto che pullula di nemici. I marines non possono attaccare perchè “C'è un giornalista di Al Jazeera lì dentro e capoccioni non danno l'ok per l'attacco”. Quello che passa è che l'informazione in guerra serve solo a mettere a rischio la vita dei soldati, per rendere più “realistico” questo evidente momento di propaganda basta contrapporvi l'assurdità degli ordini che arrivano dall'alto.

Nella seconda puntata il meccanismo si ripete e il protagonista è sempre il soldato intellettualoide, l'indegno erede del disillusionista Joker di full Metal Jacket. Durante un turno ad un posto di blocco un'auto con due persone a bordo non si ferma e accelera puntando i soldati, seguendo le regole d'ingaggio la crivellano di colpi e la lasciano lì in attesa degli artificieri. La macchina successiva si ferma e dopo aver controllato i documenti li fanno passare senza controllare il bagagliaio, evidentemente ancora sconvolti da quanto appena successo. Passa un giorno e l'auto è ancora lì con i cadaveri all'interno, nel frattempo arriva il rimpiazzo che aspettavano, un ragazzo di origini arabe che subito viene insultato dagli altri commilitoni. Il nostro amico marine intellettualoide ovviamente non ha pregiudizi e fa amicizia, espone il suo dubbio abbastanza surreale che le persone uccise il giorno prima siano solo civili con i fari rotti che si sono spaventati vedendo gli spari ed hanno accelerato. Il commilitone arabo a questo punto, basandosi esclusivamente su come sono abbigliate le vittime, afferma che quasi sicuramente si tratta di siriani, ricchi figli di papà giunti in Iraq per unirsi ai rivoltosi. Infatti fanno saltare il bagagliaio e scoprono che si trattava di un'autobomba. Due piccioni con una fava, il soldato falsamente razionale fa una figuraccia e allo stesso tempo l'arabo marine dimostra di essere un ragazzo intelligente e preparato. La notte successiva la scena si ripete, la prima auto non si ferma e viene neutralizzata, la seconda, una coppia di mezza età, mostra i documenti e sta per passare, ma suona un telefonino nel bagagliaio e salta fuori il terrorista nascosto. Muoiono tutti ovviamente. L'episodio si conclude con la superflua spiegazione che si trattava di una tattica dei guerriglieri per sfuggire all'accerchiamento utilizzando la popolazione come scudo umano.

Voilà, in una sola puntata i buoni, che son pure un pò razzisti per renderli credibili, hanno sconfitto i cattivi rappresentati da terroristi che usano civili iraqeni come scudi umani per sfuggire ad un accerchiamento. Una situazione plausibile, ma smaccatamente favorevole all'occupazione ed all'idea che non esista una resistenza, ma solo una guerriglia di insorti ai quali non interessa il bene delle popolazioni locali. Attendiamo la prossima puntata dove, se la serie non fosse controllata dall'ufficio operazioni psicologiche dell'esercito, mostreranno anche quello che succede in altri casi dove dei civili ci lasciano la pelle perchè un marine voleva "essere il primo del mio palazzo a fare centro dentro qualcuno".

Visto che non ho studiato psicologia né tantomeno le tecniche di propaganda quello che ho scritto è frutto di un ragionamento personale, mi chiedevo se qualcuno con più conoscenze nel settore può confermare o smentire le mie idee.

Grazie.

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