Re: Io mi rendo conto...

Inviato da  Skabrego il 3/2/2009 11:42:07
Ciao Edo (abbi fiducia i dischi arriveranno!).


Citazione:
il fronte musulmano è frammentato


E se non esistesse nessun fronte mussulmano?
Tanto meno uno "arabo"?
Possiamo considerare l'idea che il pan-arabismo è stato un fallimento?
La Lega Araba? Gli "azionisti" principali sono sempre Egitto e Arabia.
Forse, a pensarci bene l'idea stessa di fronte arabo è un po' il frutto della propaganda di questi anni: il pericolo islamico, gli stati islamici, la rete del terrore,ecc...

La storia insegna che non si sentono proprio uniti

Comunque...

Guerra in Medio Oriente: chi sfrutta la legittima causa palestinese
Scritto da Elisa Arduini
La guerra in corso tra Hamas e Israele non è un semplice conflitto locale, è a tutti gli effetti un conflitto regionale i cui attori non sempre sono ben individuabili. E' molto riduttivo sostenere che il tutto si limita ad una disputa tra il gruppo islamico palestinese e Gerusalemme, perché gli interessi in gioco sono di portata molto maggiore e coinvolgono ben altre realtà le quali sfruttano indiscriminatamente la legittima causa palestinese.
Prima di tutti c'è l'Iran. Teheran negli ultimi mesi ha rifornito di armi Hamas esattamente, anche se in misura minore, come ha fatto con Hezbollah in Libano. I Mullah non hanno mai inviato a Gaza un solo pacco di aiuti umanitari nonostante siano in prima fila nel denunciare l'isolamento della Striscia. Solo nei primi giorni di conflitto hanno inviato attraverso l'Egitto un carico di aiuti umanitari. Per il resto utilizzano il popolo palestinese come arma di propaganda contro Israele e Hamas come arma sacrificabile da scagliare all'occorrenza contro Gerusalemme. Dietro la rinuncia alla tregua di Hamas c'è Teheran.
Insieme all'Iran, ma molto più defilata, c'è la Siria. Damasco prima dell'inizio del conflitto stava trattando con Gerusalemme per la restituzione delle alture del Golan, una trattativa che era arrivata a buon punto. Tuttavia la Siria ha sempre tenuto i piedi su due staffe usando l'alleanza con Teheran e quindi con gli Hezbollah libanesi come una vera e propria arma di ricatto nei confronti di Israele. A Damasco c'è la sede dell'ufficio politico di Hamas presieduto da Khaled Meshal e sempre dalla Siria arrivano molti dei finanziamenti in denaro al movimento estremista islamico, versamenti che finiscono puntualmente nelle tasche dei leader di Hamas o nelle tasche dei miliziani delle Brigate Ezzedin al Qassam, ma in nessun caso vanno in progetti di sviluppo destinati a migliorare le condizioni di vita del popolo palestinese. Damasco usa quindi Hamas come arma di pressione su Gerusalemme. Neanche la Siria ha mai inviato un solo pacco di aiuti umanitari alla Striscia di Gaza.
Uno degli attori più nascosti è senza dubbio l'Arabia Saudita. Per molto tempo Riyad ha finanziato a grandi mani Hamas. Solo negli ultimi tempi, quando cioè gli arabi hanno preso coscienza che il baricentro di Hamas si stava spostando verso gli sciiti iraniani, ha chiuso in parte i cordoni della borsa. Per molti mesi lo sceicco saudita e ideologo di Al-Qaeda, Safar al Hawali, ha cercato attraverso il figlio Abdallah di raccogliere fondi per Hamas nei paesi arabi, il tutto in configurazione anti-iraniana e, naturalmente, anti-israeliana. Non ha raccolto molto ma quel poco che ha racimolato (si parla comunque di milioni di dollari) sono andati nelle tasche dei leader di Hamas. In nessun caso quei soldi sono stati usati per lenire le sofferenze della popolazione di Gaza. Dall'Arabia, a differenza di Iran e Siria, ogni tanto sono arrivate partite di aiuti umanitari che hanno raggiunto Gaza attraverso l'Egitto, ma sono state solo una goccia nel mare.
Infine tra i principali attori della guerra tra Hamas e Israele c'è l'altro movimento palestinese, Al Fatah. Sconfitto in modo democratico alle ultime elezioni il movimento guidato dal Presidente Abu Mazen non ha mai digerito la sconfitta che di fatto gli toglieva dalle mani il giocattolo palestinese che tanti milioni di dollari aveva fruttato ai loro leader e che per anni aveva gonfiato i loro conti in Svizzera (si veda l'eredità lasciata da Yasser Arafat). Al Fatah ha soffiato sul fuoco per mesi chiedendo a più riprese un intervento israeliano a Gaza e arrivando nei primi giorni di guerra a giustificare l'intervento di Gerusalemme, nonostante le molte vittime civili. Negli ultimi mesi Fatah ha ricevuto aiuti dalla comunità internazionale per centinaia di milioni di dollari. Nemmeno un centesimo di questi aiuti è andato alla popolazione di Gaza e si dubita che sia finito in progetti di sviluppo per la Cisgiordania. Abu Mazen, in pratica, predica bene ma razzola male, chiede il rispetto del Diritto per la gente di Gaza ma è tra i principali attori della attuale situazione.
Come si può vedere da questi pochi e semplici dati, sono in tanti a sfruttare il popolo palestinese e le sue legittime rivendicazioni, non solo Israele. In tanti denunciano le violazioni dei Diritti dei palestinesi, in tanti urlano contro Israele, ma pur dichiarandosi amici del popolo palestinese in effetti lo sfruttano lasciando e, anzi, quasi preferendo, che rimanga perennemente nell'attuale situazione. E proprio da questa situazione che sbuca l'ultimo e forse più pericoloso attore della crisi mediorientale: l'estremismo religioso. L'estremismo da sempre succhia sangue dalle popolazioni allo stremo, dal malcontento e dalla povertà. Gaza è una vera e propria fucina di shahid (martiri) pronti a immolarsi per quella che loro credono una causa giusta mentre invece altro non è che l'ennesimo episodio di sfruttamento della giusta causa palestinese. L'estremismo religioso abbinato alle mire iraniane potrebbe diventare l'arma più letale contro Israele, il pericolo più grosso per un eventuale allargamento del conflitto.
Nella fantasia collettiva occidentale c'è l'immagine del bambino palestinese che scaglia il sasso contro i militari israeliani, una moderna trasposizione di Davide contro Golia. La realtà è un'altra e ben diversa. I primi a guadagnare sulle spalle del popolo palestinese sono quelli che si dichiarano loro amici, coloro cioè che usano quella immagine per la loro propaganda ma che non pensano affatto al futuro di quel bambino. Questo non giustifica in nessuna caso il comportamento di Israele o l'eccessivo uso della forza al quale si assiste in questi giorni, come non giustifica gli espropri di terra dei coloni, il muro e tutte le amenità alle quali è sottoposto il popolo palestinese della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Tuttavia è bene ricordare quando si chiedono i legittimi Diritti dei palestinesi chi ci sia, oltre a Israele, dietro alle sofferenze di questo popolo innocente.
Noi chiediamo giustizia per il popolo palestinese, una giustizia che però deve esulare dagli interessi delle potenze regionali che da quasi 60 anni sfruttano a loro piacimento le legittime rivendicazioni dei palestinesi. A Israele chiediamo di fermarsi per non fare gli interessi di chi da questo conflitto ha tutto da guadagnarci. Chiediamo che interrompa la costruzione di nuove colonie e quindi l'esproprio di terre palestinesi. Chiediamo l'immediata apertura di corridoi umanitari a Gaza che consenta un immediato soccorso alla popolazione innocente. Alla comunità internazionale chiediamo di predisporre un accurato controllo sui fondi elargiti alla Autorità Nazionale Palestinese e di accertasi che quei fondi finiscano finalmente in progetti di sviluppo per il popolo palestinese e non nei conti svizzeri dei leader di Fatah. Dopo 60 anni riteniamo che sia arrivato il momento di mettere i Diritti dei palestinesi in cima alla lista delle priorità e di smettere di usare quei sacrosanti Diritti per i proprio interessi personali o nazionali.
Elisa Arduini

P.S.: i kurdi sono 30 milioni di persone, sono stati uccisi col gas, vessati in ogni modo. Chiedono che venga riconosciuto il loro stato...chi li ricorda?

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