Re: Darwin e l

Inviato da  Badger il 13/8/2008 14:41:16
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Stefano ha scritto:
Non ho intenzione di polemizzare, volevo solo puntualizzare che buttare ogni volta in burletta con supponenza posizioni scientifiche interessanti, serie, fondate, solo perché non le avete trovate trovate nel manuale di biologia (foss'anche per la ragione di non dare respiro ai creazionisti) è quanto meno poco desiderabile; e fornire alcuni spunti di lettura, assai interessanti.

Nemmeno io intendo polemizzare, però ritengo piuttosto fastidioso seguitare ad indicare i biologi evoluzionisti come dogmatici attaccati ad un “credo”: hanno o non hanno continuato a modificare la loro teoria nel corso di 150 anni, attingendo anche da altre discipline? Quindi finiamola con questa storia. D'altra parte nessuno può sostenere senza una bella dose di ingenuità che il mondo accademico sia pieno di cavalieri senza macchia e senza paura. Ma dove si è mai scritta una cosa del genere?
Che nuove idee e prospettive sull'evoluzione giungano anche da altri campi della scienza è un bene, e proprio la biologia evoluzionistica è forse uno dei più grandi esempi di sintesi tra discipline diverse, nonostante tuttora, secondo gli addetti ai lavori, restino molte incomunicabilità. Quindi, di nuovo, cosa si sta criticando? Non mi sto opponendo a che si avanzino teorie o visioni non ortodosse; semplicemente resto infastidito quando vedo che si vuole demolire il concetto di selezione naturale portando argomenti e osservazioni che o fanno della retorica, o travisano il concetto (almeno per quello che ho letto, incluso Fodor, che fa un bel po' di confusione – e vedo che la mia modesta opinione in merito è in buona compagnia). Le idee che emergono da quanto si legge nell'articolo erano già nel novero delle cose che l'evoluzionismo moderno sta discutendo ed elaborando e che in parte ha persino inglobato. Per esser chiari: se si vuole sostenere che la selezione naturale deve essere ridimensionata nel suo ruolo, è già stato fatto e lo si sta facendo, quindi la discussione è pleonastica. Se invece si vuole sostenere che la selezione naturale non esiste proprio, ci vogliono delle prove a sostegno di quanto si congettura.

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Mah. Mi pare che a qualcuno qui tutto torna fin dall'inizio, con una facilità di giudizio ben fuori del comune. Anzi, ha anche la palla di cristallo per vedere nel futuro. Però nega che l'articolo quotato parla di quel che parla, critica una teoria scientifica sulla base della sua miscomprensione di essa, e si ripara dietro la citazione di un vecchio bacucco fanatico che ha fatto il suo tempo da almeno vent'anni.

Nel mio precedente post (# 1386), che prego di rileggersi bene, c'è scritto che non avrei saputo commentare granché su De Faria, non avendo letto il suo testo; i miei commenti, come avevo scritto, erano basati su come, nell'articolo, veniva presentato ciò che sostiene (perché di questo avevo disponibilità). Quindi, per favore, non mi si attribuiscano cose che non intendevo dire.
Ho peraltro preso l'esempio citato dell'esperimento su Galeopsis ed ho contestato quanto c'era scritto, argomentando, visto che si metteva in discussione l'intervento della selezione naturale. Lì si dice che un evento di ibridazione tra due individui di specie diverse ha portato ad un individuo di una terza specie conosciuta. Benissimo. Significherebbe che per semplice raddoppio del corredo cromosomico è possibile, almeno in questo caso, avere individui che noi poi attribuiremmo ad un'altra specie. Questo potrebbe inficiare l'universalità del gradualismo... che però è già stato superato da un pezzo. Ma come fa a confutare la selezione naturale? L'esperimento, per come viene presentato, non lo dimostra affatto, dunque l'inferenza che viene fatta è errata. Intanto, bisogna vedere se una tale ibridazione è possibile in natura (nei documenti proposti visibili su internet non si riportano metodi e procedure, presumo l'esperimento sia stato condotto in laboratorio). Ad ogni modo, si vorrà dare atto che se quanto sperimentato può davvero accadere in natura, bisognerebbe che gli individui con doppio corredo cromosomico (o, generalizzando, con qualsiasi altra novità esplosiva che si sia originata anche senza coinvolgere mutazioni genetiche casuali) sopravvivessero e trasmettessero il loro doppio corredo cromosomico (o quel che è) alla discendenza, fino ad arrivare ad una popolazione geneticamente separata dall'originale che possa definirsi specie. Un paio di individui non fanno una specie! Quale altro meccanismo, se non la selezione naturale, spiega la sopravvivenza e la capacità riproduttiva differenziale tra gli individui? Su questo non ho ricevuto nessuna replica, ne attendo una.
Il “come” un carattere si sviluppa non è la stessa cosa del “perché” si sviluppa. Cause prossime e cause remote, differenza fondamentale. Nelle “teorie della forma” degli scienziati - chiamiamoli “non ortodossi” - io vedo molte descrizioni sul come e nessuna sul perché. Forse nelle opere complete se ne parla, ma è strano che non sia stato proposto, visto che è un tantinello fondamentale come cosa. Inoltre, se l'esempio portato per spiegare ciò che sostiene uno di questi scienziati, che dunque dovrebbe essere indicativo della portata intellettuale della sua teoria, contiene inferenze errate, mi si permetta ma ci trovo parecchio da ridire. Sarà questione di “incompletezza” del testo o di vero e proprio errore?
La visione di De Faria parrebbe questa (cito dall'intervista): “No prediction seems to be possible at present concerning biological transformation. Darwin could not tell, and no one can tell today what species will come after humans, sparrows or lilies. Since I always abhorred abstract models and "arm-chair theories", which abound in the literature, I looked for a physico-chemical mechanism that may not "explain" evolution but may elucidate its origin and dynamics.”
Che nessuno sia in grado di predire l'evoluzione è un'ovvietà, una tale affermazione fa mettere in dubbio che si sia capito cosa dice la teoria.

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Vuoi una risposta a Dawkins? La trovi persino in Huxley, Evolution. The Modern Sinthesys, 2nd edition 1962:
«La dimostrazione sulla carta che un carattere fatto così e così era o poteva essere adattivo, veniva considerata da molti scrittori come una prova sufficiente che esso dovesse la sua origine alla selezione naturale. Gli studi sulla evoluzione divennero sempre più dei puri trattati di casistica e di adattamenti reali o supposti. Il darwinismo dell’ultima parte del secolo diciannovesimo giunse a ricordare la scuola di Teologia naturale della prima parte dello stesso secolo. Paley redivivus, si potrebbe dire, ma filosoficamente capovolto, con la Selezione Naturale al posto dell’Artefice Divino, come Deus ex machina. C’era poco contatto tra speculazione evolutiva e fatti concreti della citologia e dell’eredità, o con la effettiva sperimentazione.» (trad. It. Evoluzione. La sintesi moderna, , Ubaldini, Roma 1966, p. 49)

Come ribattuto anche da altri, la frase di J. Huxley (il padre dell'espressione “Sintesi Evoluzionistica”!) è evidentemente riferita ad un certo contesto storico-scientifico e ad una certa interpretazione del potere della selezione naturale: non vendiamo per carne ciò che è pesce. Che vi sia stato un ultradarwinismo ortodosso, che attribuiva un potere totale alla selezione, è ben noto; in tempi relativamente recenti ha preso il nome di adattazionismo. Ma è stato criticato e ormai superato da tempo (vedasi anche il saggio “I pennacchi di San Marco” di Lewontin e Gould, disponibile su questo forum al post #1320). La selezione naturale è stata ridimensionata nel suo ruolo, come ho sottolineato parecchie volte; l'esistenza di correlazioni fra vari caratteri, ossia di caratteri che sono semplicemente “collaterali” ma non adattativi in quanto legati ad altri, è stata anch'essa già appurata, e non confuta la teoria. Un carattere negativo per l'organismo sarebbe eliminato in partenza: per rimanere all'esempio citato in “Why Pigs Don’t Have Wings” di Fodor, se la coda delle volpi mansuete fosse stata lunga sei metri e pesante dieci chili avrebbe potuto diffondersi in una popolazione? No, ovviamente. Si potrebbe obiettare che una coda di tal fatta non sarebbe comunque possibile, per motivi strutturali e di biologia dello sviluppo, al di là della selezione: è vero, e infatti è una esagerazione voluta; ma si riesce a dire che tutte le caratteristiche degli organismi sono così perché non potevano essere altrimenti e basta? Lo trovo francamente speculativo. Come spiegare allora la “pinna” nelle balene, il becco di un colibrì, le operaie sterili nelle formiche, la stereoscopia del lemure, il mimetismo batesiano...? Come spiegare la regressione di caratteri non più utili, tipo l'assenza di occhi e pigmentazione negli animali di grotta, se non che essi non sono più sottoposti a pressione selettiva? La selezione naturale resta il meccanismo centrale che spiega perché qualcosa riesce ad evolversi o meno, anche perché c'è il piccolo e disturbante fatto che di riscontri ce ne sono innumerevoli.

Ad ogni modo, non si dubiti che sarò ben lieto di approfondire le letture proposte, ma spero vi sia molto di più e di diverso da quanto traspare dalle sintesi proposte.

Saluti

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