Re: Il rifiuto dell’autorità

Inviato da  NERONE il 31/3/2007 1:34:12
Nel tempo l’uomo ha differenziato i bisogni primari da quelli secondari. Nutrirsi e difendersi dai pericoli è una necessità primaria.


Quando non è piu’ l’individuo che si procura il cibo da solo e non si difende da solo , ma all’interno di un gruppo sociale si iniziano a distinguere dei compiti ed il lavoro viene suddiviso , avviene che diversi ruoli dipendono gli uni dagli altri. Questo , in un regime egualitario , dovrebbe garantire ad ognuno lo stesso livello di benessere.
In realtà gli squilibri ci sono e sono ben evidenti. Ci sono delle occupazioni che vengono sopravalutate ed altre sminuite creando forti disparità tra gli individui in base al lavoro e all’occupazione esercitati.
Non è la contrapposizione scienziato-netturbino o il valore dell’Uomo scienziato e dell’Uomo netturbino che crea la disparità nella oramai famosa piramide gerarchica. E’ la sopravalutazione e la conseguente sottovalutazione dei vari mestieri, lavori, occupazione.

E sono stati questi squilibri sociali che nel corso della storia hanno portato alla costituzione di vertici sociali che regolavano i rapporti di scambio tra le varie categorie lavorative. Delle vere e proprie élites che nel tempo sono diventate caste sacerdotali, proprietari terrieri ,banchieri , eserciti.
Questi si sono assicurati un benessere superiore aumentando nel tempo la loro superiorità.
La storia ci ha raccontato che spesso il popolo, esasperato, ha cercato di rendere piu’ equa la vita con sommosse , proteste, rivoluzioni. Ma la crescita costante della popolazione e l’arricchimento di pochi a discapito di altri ha indotto la gente a riunirsi in grandi citta’ , dove perlomeno si sentiva piu’ protetta e forse dove sperava di avere piu’ possibilita’.

Ora non è piu’ il tempo del mito del "Grande Saggio" proveniente dall'antica Mesopotamia che narra di come gli dèi decisero di disfarsi degli uomini, "diventati troppo numerosi", prima attraverso le malattie e poi con una potente inondazione. La distruzione della moltitudine, difficile da gestire, sembrava il metodo migliore per ricominciare mantenendo in vita solo i vertici, considerati gli unici degni di popolare la Terra che già guidavano. In realtà, nelle crisi e nei rivolgimenti tutti ci rimettono qualcosa, e lo stesso mito ci descrive gli dèi che accorrevano affamati e piangenti "come cani" al banchetto preparato dal corrispondente sumero del biblico Noè.

La moltitudine degli uomini, raccolti in gruppi sociali, ha dovuto darsi delle regole e creare una scala sociale di autorita’.

Ecco che quell’autorita’ di cui parla Prealbe, quella della tradizione , e tutto cio’ che costituisce il passato, la storia, quindi, dell’uomo, perde valore. Valore che si chiama appunto famiglia, anziani ,saggi…….autorità riconosciute non per istituzione ma per tradizione . Si è perso il valore di quelle persone che emanano/che hanno autorevolezza per quello che dicono, per come lo dicono ma, io credo, soprattutto per come si comportano.
Si sa che ogni “io” si sviluppa solo rapportandosi con un “tu”, ma credo che mai come in questo momento ci sia paura di rapportarsi perche’ questo vuole dire “denudare” noi stessi di fronte agli altri e ciò ci rende vulnerabili.

Questa vulnerabilità fa nascere la paura dell’altro e questo timore rende l’uomo –individuo solo- nella moltitudine della societa’. In questo crescente individualismo non si riesce piu’ a cogliere gli “obiettivi da raggiungere” (di cui si parlava) della societa’, non c’e’ condivisione dell’autorita’ perche’ la si vede distante e piu’ in sintonia con il potere che con il cittadino.
Infine : cosa porta al rifiuto dell’autorita’? La perdita della speranza.




PS : noiosi voi? Ho vinto io!

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