Sgarbi: il BELLO ci salverà

Inviato da  padegre il 2/2/2010 13:08:03
- Sgarbi: il BELLO ci salverà -
di Paolo De Gregorio, 1 febbraio 2010

L’ultimo numero de l’Espresso dedica due pagine al professionista delle sceneggiate televisive, da cui credo tragga la maggior parte del suo reddito, il professor Sgarbi, notoriamente uomo di grande cultura, che sfodera come una spada, trafiggendo i suoi interlocutori, con la complicità dei registi televisivi che manovrano le immagini in aperto comparaggio.
La rivoluzionaria tesi che il nostro coltissimo professore propugna con grande veemenza è che il BELLO è indispensabile per migliorare gli uomini e la società e va distinto dalla pseudo arte delle avanguardie e dalla falsa cultura (quella comunista) che produce merda.

Francamente non capisco da cosa tragga la convinzione che il “bello” migliora le persone.
Il Cardinale Scipione Borghese, colto collezionista di opere d’arte che raccolse nella splendida Galleria Borghese di Roma, pur essendo a contatto con la massima espressione del bello (Raffaello, Tiziano, Caravaggio, le sculture di Bernini, Canova…), era una carogna che ordinò delitti per impossessarsi di certi quadri che desiderava, invece di dedicarsi alla sua missione di aiuto ai poveri.
Tutta l’aristocrazia, la nobiltà e i preti, che per secoli sono stati gli unici fruitori del “bello”, hanno governato sfruttando ferocemente contadini e classi subalterne, fino al contemporaneo Callisto Tanzi, proprietario di quadri di Renoir, Van Gogh, Monet, Picasso e altri,il cui influsso non è servito a migliorare il loro padrone truffatore e mascalzone.
Lo stesso Sgarbi ha una casa museo e fruisce ogni giorno del “bello”, ciò non gli ha impedito di truffare lo Stato per assenteismo sul lavoro, di lavorare per la destra e Berlusconi, è un personaggio che senza la continua presenza in Tv non lascerebbe alcuna traccia di sé.

Francamente penso che le culture,in particolare quelle artistiche, letterarie,filosofiche, religiose, siano aria fritta, non meritano alcun rispetto né considerazione, e non sono certissimamente decisive per migliorare gli individui che vi si accostano.
Diversa è la conoscenza, quella scientifica, che ci ha cambiato la vita, svelandoci la natura intima della materia, l’origine delle malattie e i rimedi, ci ha illuminato con il pensiero razionale e fatto uscire dalle paure, dalle superstizioni e dai fanatismi religiosi.
Abbiamo subito, in politica e nei sistemi di comunicazione, le pippe ininfluenti e inutili di centinaia di intellettuali che parlano dell’aria fritta, con lo scopo evidente che non si parli dei problemi veri, e per questo sono resi visibili e ben foraggiati.
Fra questi mi ricordo di un certo Toni Negri, uno dell’ultrasinistra parolaia, un filosofo, che se non avevi letto tutto Spinoza ti guardava con sommo disprezzo,un rivoluzionario coltissimo a cui pubblicavano tutti i libri, e il cui peso nella politica e negli eventi è uguale a zero.

Un giorno gli scrissi che, secondo me, ciò che poteva cambiare le cose era sostenere la creazione di un sindacato unico dei lavoratori, autogestito da essi, per sottrarre la classe operaia agli intellettuali e ai giochetti dei partiti. Mi sembrava e mi sembra una evoluzione importante. Ancora aspetto la risposta.

Comunque c’è una trasmissione televisiva che dimostra geometricamente la volontà di far prevalere l’aria fritta sulla conoscenza: si chiama “che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio, dove assistiamo ad una passerella dei soliti noti che vanno a proporre i loro inutili libri, mentre l’unico che bisognerebbe far parlare è uno scienziato dell’ambiente, Luca Mercalli, che viene tenuto per un solo minuto e anche con un certo fastidio perché parla di cose serie. La “cultura” sconfigge la scienza 99 a 1.
Se poi vogliamo avventurarci sul sentiero culturale che percorre il mito del “bello”, eccolo trasferirsi nella estetica dei corpi femminili, sottoposti a qualunque tortura, o costosa operazione, pericolosa per la salute,pur di essere considerati belli, condizione indispensabile per il successo nei rapporti umani e di lavoro.
Alla fine il “bello” ci ucciderà!
Paolo De Gregorio

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