Re: NO TAV INSEGNA.

Inviato da  florizel il 4/7/2011 23:27:47
@ eco3:

prima di rispondere al tuo commento vorrei riflettere su alcuni stralci che hai riportato da "Politica dell'azione nonviolenta".
Mi preme farlo perché in alcuni passaggi riscontro come ci siano delle cose che oggi sembrano lasciate in sospeso, evidentemente perché il contesto politico ed internazionale in cui Sharp ha steso la sua opera era altro da quello attuale.

Questo stralcio, ad esempio:

La maggior parte dei più comuni mezzi di repressione di cui egli dispone sono stati concepiti per combattere forme violente di disobbedienza e di ribellione.

E’ necessario tener conto del fatto che le strategie repressive necessitano di cambiare, e di procedere parallelamente all’insieme delle misure “coercitive” (anche mediatiche e propagandistiche) che il sistema mette in atto a sua tutela.
E sono cambiate, pertanto.
Sono cambiate anche le motivazioni (e le “cause” da difendere) per cui lo stato schiera il suo braccio armato contro le popolazioni civili.

E qualcosa è cambiato anche al di là dell’utile gioco della mera frontalità: negli ultimi anni abbiamo visto cariche partite dal nulla, nemmeno il lancio di una pietra, verso iniziative non violente ed azioni dimostrative pacifiche. Ricordo le cariche “immotivate” di Chiaiano contro le discariche, e la conseguenza (ma anche l’obiettivo) è stata quella di suscitare reazioni violentiste.

Inutile aggiungere che questo genere di reazioni è esattamente quello che ci si aspetta, affinché la società civile scenda sullo stesso terreno delle forze dell’ordine.
E qui sono pure d’accordo con te sulla necessità di tenersi distanti, in primis concettualmente, da forme di lotte che rendono “simili” all’avversario.
Ma non è per caso che facevo la differenza tra un’azione diretta verso un luogo “simbolo” (come può esserlo un palazzo istituzionale) ed uno che invece viene militarizzato per procedere a modifiche irreversibili, come il presidio della Maddalena: la “collisione” è inevitabile se si tratta di “conquistare” contingentemente un’area. Venaus non è stata priva di “violenza”.

Come scrive LuisPiz in Home, si tratta di valutare l’eventualità di contrapporre una violenza difensiva.

Per esempio, la repressione dell'avversario sarà probabilmente più limitata di quella che sarebbe stata contro una ribellione violenta, in parte perché una repressione estremamente brutale contro un gruppo nonviolentoè più difficile da giustificare

C’è anche qui un elemento diverso di cui non si tiene conto: se fino agli anni ’90 l’uso monopolistico della violenza da parte dello stato era soggetta a margini di “giustificabilità” in relazione alla percezione che la società civile aveva dello “stato”, oggi tale parametro è saltato: è palesemente chiaro che le forze dell’ordine difendono interessi economici di imprese colluse che operano con la copertura dello stato.
Ed è chiaro pure che la stessa società civile stia transitando verso consapevolezze che per il momento sembrano sbaragliarla: in Val di Susa questo processo di conoscenza è stato accellerato dalle necessità di comprensione e dall'esigenza di svelare cosa si cela dietro la sbandierata "modernità" della TAV.

Chi si impegna nelle mobilitazioni, quindi, sa che il limite tra "legittimo" e "non legittimo" è stato superato innanzitutto dalle stesse istituzioni.

Fermo restando che una “tattica” sembra non dover mai tramontare, e che torna sempre utile: “Tu l'hai ucciso, col tuo sasso”.
E le “molotov” alla Diaz, messe dagli stessi agenti.

Devo dire che anche io sono fermamente convinta che usare le stesse armi dell’avversario ci rende simili a lui, ma allo stato attuale (e nella contingenza della necessità di riprendersi un’aerea) non saprei davvero dire quale strada sia la più efficace. Strategicamente, soprattutto.

Anche io sono fedele all’idea che fine e mezzo debbano necessariamente coincidere, ma non riesco ad immaginare, oggi, uno sbocco del tutto scevro dalla violenza, seppur difensiva.

Citazione:
Il comitato NO-TAV ha studiato forme di protesta da attuare, anche da singole persone, su tutto il territorio nazionale? Sarebbe un modo per consentire a chi lo volesse di partecipare più concretamente di quanto possa fare me l'invio di messaggi di solidarietà sull'internet.
Intendo forme di protesta, fino ad arrivare alla disobbedienza sociale


Me lo sono chiesta anche io: perché non sono stati organizzati banchetti informativi in tutte le città, e promosso iniziative di boicottaggio, ad esempio?

E soprattutto: perché il movimento sta accettando di far sfilare nei suoi momenti di mobilitazione personaggi fortemente coinvolti nei giochi politici ed istituzionali come Grillo, Ferrero, ecc.?

Mi rendo conto di non essere stata esaustiva in relazione all'ampiezza dell'argomento. Ma se ci saranno altri commenti credo che si toccheranno altri punti.

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