Re: L'angolo della letteratura

Inviato da  doktorenko il 21/1/2015 17:12:34
SUL MONTE DEGLI OLIVI

L'inverno, tristo ospite, abita nella mia casa, le mie mani sono livide a causa delle sue amichevoli strette di mano. Io lo onoro, questo triste ospite, ma ben volentieri lo lascio solo. Volentieri io gli sfuggo: e, se si corre bene, gli si sfugge! Con caldi piedi e caldi pensieri io fuggo là, dove non giunge il vento, verso l'angolo solatìo del mio oliveto. Là rido del mio rigido ospite e gli sono anche grato, perché a casa mi distrugge le mosche e fa tacere tanti piccoli rumori. Non sopporta che una mosca ronzi, peggio se due; fa solitarie le strade, tanto che persino il chiaro di luna ha paura di entrarvi.

È un duro ospite, ma io lo onoro, e non prego, come gli effeminati, il panciuto idolo del fuoco. Preferisco battere ancora un po' i denti, piuttosto che pregare un idolo! Così vuole il mio carattere. E in particolar modo io sono contrario a tutti gli ardenti, fumanti, tetri idoli del fuoco.

Colui che amo; io lo amo più d'inverno che d'estate; più beffardamente e più coraggiosamente io derido i miei nemici, ora che l'inverno sta in casa mia. Proprio con coraggio, persino quando io vado quatto quatto a letto: anche allora la mia felicità nascosta ride e fa baldoria, e ride anche il mio sogno bugiardo. Io un basso adulatore? Mai in vita mia ho strisciato davanti ai potenti; e se ho mentito, ho mentito per amore. Perciò sono allegro anche nel mio letto invernale. Un simile letto mi riscalda meglio di uno ricco, poiché io sono geloso della mia povertà. E nell'inverno questa mi è più fedele che mai.

Inizio ogni giorno con una malignità; beffeggio l'inverno con un bagno freddo: e il mio rigido amico di casa brontola. Mi piace anche solleticarlo con un candelotto di cera: perché infine lasci uscire il cielo fuori dal grigio crepuscolo. Io sono particolarmente maligno proprio al mattino: nell'ora mattutina, quando il secchio stride nel pozzo e i cavalli nitriscono con calore per le grigie strade. Impaziente attendo che il luminoso cielo infine si discopra, il cielo invernale dalla candida barba, il vecchio dalla testa bianca... il cielo invernale, il taciturno, che spesso tiene segreto anche il suo sole! Ho forse imparato da lui i lunghi luminosi silenzi? O lui, li ha imparati da me? O ognuno di noi se li è inventati da sé?

L'origine di tutte le cose buone è molteplice; tutte le cose buone e coraggiose balzano per gioia alla ribalta della vita: come potrebbero farlo una volta sola! Anche un lungo silenzio è una cosa buona e coraggiosa, e come il cielo invernale guardare da volti luminosi e chiari occhi tondi: come lui nascondere il proprio sole e la propria inflessibile volontà solare. In realtà, io ho bene appreso quest'arte e questo coraggio invernale! La mia più cara malizia e arte è questa, che il mio silenzio ha imparato a non tradirsi con il silenzio. Con un tintinnio di parole e di dadi io vinco d'astuzia quelli che mi attendono al varco solennemente: a tutte queste rigide spie sono costretti a sfuggire la mia volontà e il mio fine. Perché nessuno possa vedere nel fondo della mia anima e nella mia suprema volontà, ho inventato il mio lungo luminoso silenzio.

Ho incontrato più di un prudente: che velava il suo volto e intorbidiva la sua acqua, perché nessuno lo vedesse dentro. Ma proprio a lui si attaccarono i più scaltri e diffidenti e gli schiacciatori di noci: proprio da lui cavarono fuori il suo più falso pesce! Ma i limpidi, i coraggiosi, i trasparenti, sono per me i più scaltri taciturni: così profondo è il loro fondo che anche l'acqua più limpida non lo tradisce.

O tu, silenzioso cielo invernale dalla barba bianca, tu, testa bianca dagli occhi tondi che mi stai guardando! O celeste immagine della mia anima e della sua temerarietà! Non dovrò nascondermi, come uno che ha inghiottito l'oro, affinché non mi si squarci l'anima? Non dovrò camminare sui trampoli, perché non si accorgano delle mie lunghe gambe, tutti questi invidiosi e piagnucoloni che mi stanno intorno? Queste anime affumicate, calducce, logore, ammuffite, inasprite; come potrebbe la loro invidia sopportare la mia felicità! Così io mostro loro soltanto il ghiaccio e l'inverno delle mie vette; e non come il mio monte si cinge ancora di tanto sole! Essi odono fischiare soltanto le mie bufere invernali: e non si accorgono che io navigo anche su caldi mari, come i nostalgici, grevi, caldi venti del sud.

Hanno pietà delle mie disgrazie e del mio destino: ma la mia parola suona: 'Lasciate il destino venire a me: esso è innocente come un bambino!' Come potrebbero sopportare la mia felicità, se io non circondassi la mia felicità di disgrazie e di travagli invernali e di cappucci di pelle d'orso e di veli di nevosi cieli? ...se io stesso non avessi pietà della loro compassione: della compassione di questi invidiosi e piagnucoloni! se davanti a loro non gemessi e battessi i denti per il freddo, e non mi lasciassi pazientemente avvolgere nella loro compassione! In ciò sta il saggio coraggio e la benevolenza della mia anima, che essa non nasconde il suo inverno e le sue bufere di gelo; e neppure i suoi geloni.

Per uno la solitudine è fuga di malato; per l'altro è fuga dagli ammalati. Mi ascoltino pure gemere e battere i denti per il freddo dell'inverno, tutti questi miseri invidiosi furfanti che stanno intorno a me! Con questi gemiti e brividi sfuggo alle loro stanze riscaldate. Mi compatiscano e sospirino pure per i miei geloni: 'Nel ghiaccio della conoscenza morrà assiderato!' dicono.

Intanto io cammino in lungo e in largo, con i piedi caldi, sul mio monte degli olivi: nell'angolo solatìo del mio oliveto, io canto e mi beffo di ogni compassione.

Così cantò Zarathustra.

Friedrich Nietzsche

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