Re: L'angolo della letteratura

Inviato da  doktorenko il 3/4/2015 12:03:58
«Ecco, tutti i quadri che ci sono qui» disse, «li ha comprati mio padre buon'anima alle aste pubbliche per un rublo o due, era un appassionato. Li ha esaminati tutti un esperto e ha detto che non valgono nulla, ma questo quadro qui, ecco, questo sopra alla porta, comprato anch'esso per due rubli, questo, ha detto, non è una crosta. Un tale ha cercato di acquistarlo da mio padre, e gli aveva offerto trecentocinquanta rubli, e Savel'ev, Ivan Dmitric , un mercante grande appassionato di quadri, è arrivato fino a quattrocento, e la settimana scorsa ne ha offerti cinquecento a mio fratello Semën Semënyè. Me lo sono tenuto.»

«Ma questa... questa è una copia di Hans Holbein» disse il principe che aveva fatto in tempo a esaminare il quadro. «E anche se non sono un grande intenditore, mi sembra che sia una copia eccellente. Questo quadro l'ho visto all'estero, e non riesco a dimenticarlo. Ma... perché tu...»

A un tratto Rogozin aveva lasciato il quadro ed era andato avanti. Naturalmente la distrazione e quel particolare stato d'animo facilmente irritabile che s'era manifestato così repentinamente in Rogozin avrebbero potuto giustificare quel gesto improvviso, e tuttavia parve strano al principe che fosse stata interrotta tanto bruscamente una conversazione che non era stato lui a iniziare, e che Rogozin non gli avesse nemmeno risposto.

«Dimmi un po', Lev Nikolaevic, era un pezzo che te lo volevo chiedere, tu credi in Dio o no?» riprese a dire d'un tratto Rogozin, dopo aver fatto alcuni passi.

«Hai uno strano modo di chiedere le cose, e... di guardare!» osservò involontariamente il principe.

«Mi piace guardare quel quadro» mormorò Rogozin dopo un breve silenzio, come se avesse dimenticato nuovamente la sua domanda.

«Quel quadro!» esclamò d'un tratto il principe preso da un pensiero improvviso. «Quel quadro! Ma quel quadro potrebbe anche far perdere la fede a qualcuno!»

«Si perde anche quella» confermò inaspettatamente Rogozin. Erano ormai giunti alla porta d'ingresso.

«Come!» fece il principe fermandosi d'improvviso. «Ma che dici! Io scherzavo, mentre tu parli così seriamente! E perché mi hai chiesto se credo in Dio?»

«Ma niente, così. Volevo chiedertelo da prima. Infatti al giorno d'oggi sono molti quelli che non credono. Ed è vero, tu che sei stato all'estero, quello che mi ha detto uno che pareva ubriaco, che qui da noi in Russia c'è più gente che non crede in Dio che in tutti gli altri paesi? "Per noi" diceva, "è più facile che per loro, perché noi siamo andati più avanti"...»

Rogozin sorrise sarcastico. Dopo aver fatto quella domanda spalancò improvvisamente la porta e, tenendo la mano sulla maniglia, attese che il principe uscisse. Il principe ne fu stupito ma uscì, e l'altro uscì dietro di lui sul pianerottolo e si chiuse la porta alle spalle. Stavano l'uno davanti all'altro con l'aria d'aver dimenticato dove erano e cosa dovevano fare.

«Allora addio» disse il principe porgendogli la mano.

«Addio» rispose Rogozin stringendo forte ma del tutto macchinalmente la mano che il principe gli aveva teso. Il principe scese un gradino e si voltò.

«Per quanto riguarda la fede» cominciò sorridendo (evidentemente non voleva lasciare Rogozin in quella maniera) e animandosi anche a un improvviso ricordo, «per quel che riguarda la fede, la settimana scorsa ho fatto quattro diversi incontri in due giorni: una mattina, mentre viaggiavo su una nuova linea ferroviaria, ho conversato quattro ore con un certo S. che avevo appena conosciuto. Avevo già sentito parlare molto di lui in passato, fra l'altro me ne avevano parlato come di un ateo. È un uomo davvero molto colto, e io ero molto contento di poter parlare con un vero scienziato. Inoltre è una persona di rara educazione, cosicché parlava con me proprio come con uno del tutto pari a lui per cultura e intelligenza. Non crede in Dio. Mi ha colpito una cosa: per tutto il tempo aveva l'aria di non parlare di quello, e mi aveva colpito proprio perché anche prima, per quanti miscredenti avessi incontrati, e per quanti libri del genere avessi letto, mi era sempre sembrato che parlassero e scrivessero nei libri cose del tutto diverse, anche se apparentemente pareva parlassero di quello. Io glielo dissi, ma evidentemente glielo dissi in modo poco chiaro, o non seppi esprimermi, perché non capì nulla...

La sera mi fermai per passare la notte in un albergo del capoluogo, e in quell'albergo c'era appena stato un omicidio la notte prima, e tutti ne parlavano quando io arrivai. Due contadini piuttosto anziani e non ubriachi, che si conoscevano già da molto tempo, due amici, avevano preso il tè, e volevano andare a dormire insieme nella stessa camera. Negli ultimi due giorni, però, uno di loro aveva notato che l'altro teneva un orologio d'argento appeso a un cordoncino giallo con delle perline, che, evidentemente, non gli aveva mai visto prima. Quell'uomo non era un ladro, era anzi onesto, e, per un contadino, tutt'altro che povero, ma quell'orologio gli era piaciuto a tal punto, e a tal punto l'aveva affascinato, che alla fine non resistette più, prese un coltello e, quando l'amico gli voltò le spalle, gli s'accostò cauto da dietro calcolò il colpo, alzò gli occhi al cielo, si fece il segno della croce e, recitando fra sé un'amara preghiera: "Signore, perdonami per amore di Cristo!" sgozzò l'amico in un colpo solo, come un montone, e gli tolse l'orologio.»

Rogozin si sbellicava dalle risate. Sghignazzava come in preda a un accesso. Era persino strano osservare quella risata dopo lo stato d'animo tetro di prima.

«Questa mi piace! No, questa è la migliore!» strillava convulsamente, quasi soffocando. «Uno non crede affatto in Dio, mentre l'altro ci crede a tal punto che scanna la gente pregando... No, principe, fratello mio, una cosa così non si può inventare! Ah-ah-ah! No, questa è la migliore!...»

L'idiota, Dostoevskij

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