Re: L'angolo della letteratura

Inviato da  doktorenko il 3/11/2015 17:02:48
Cominciamo oggi il secondo capitolo del nostro trattato. Dopo il linguaggio pedagogico delle cose, che tanta e così definitiva influenza ha avuto nel farti come sei, pas­siamo al linguaggio pedagogico dei tuoi coetanei: i quali, in questo momento della tua vita (quindici anni) sono i tuoi più importanti educatori.

Essi esautorano ai tuoi occhi sia la famiglia che la scuola. Riducono a ombre boccheggianti padri e maestri. E non hanno affatto biso­gno di un grande sforzo per ottenere questo risultato. Anzi, non ne sono nemmeno coscienti. È sufficiente per loro - per distruggere il valore di ogni altra fonte educa­tiva - semplicemente esserci: esserci così come sono.

Essi hanno in mano un'arma potentissima: l'intimida­zione e il ricatto. Cosa, questa, antica come il mondo. Il conformismo degli adulti è tra i ragazzi già maturo, fero­ce, completo. Essi sanno raffinatamente come far soffri­re i loro coetanei: e lo sanno molto meglio degli adulti perché la loro volontà di far soffrire è gratuita: è una violenza allo stato puro. Scoprono tale volontà come un diritto.

Vi investono tutta la loro vitalità intatta, e anche, naturalmente, la loro innocenza. La loro pressione peda­gogica su te non conosce né persuasione, né compren­sione, né alcuna forma di pietà, o di umanità. Solo nel momento in cui i tuoi compagni divengono amici sco­prono forse persuasione, comprensione, pietà, umanità: ma gli amici sono quattro o cinque, al massimo. Gli altri sono lupi: e adoperano te come cavia su cui sperimenta­re la loro violenza e nei cui confronti verificare la bontà del loro conformismo.

Il loro conformismo è acquisito di peso dal mondo degli adulti. Lo schema è identico. Ma tuttavia essi han­no sempre qualcosa di nuovo, rispetto agli adulti. Essi, cioè, vivono esistenzialmente valori nuovi rispetto a quelli vissuti, e codificati, dagli adulti. È in ciò che con­siste la loro forza. È attraverso quel qualcosa di nuovo che essi, col loro modo di essere e di comportarsi (poi­ché si tratta di puro «vissuto»), vanificano il conformi­smo pedagogico degli adulti e si impongono come i veri reciproci maestri.

La loro «novità» non detta, e neanche pensata, ma solo vissuta, andando oltre il mondo degli adulti, lo contesta anche quando lo accetta totalmente (come accade nelle società repressive o addirittura fasci­ste). Tu sei schiacciato da tale «novità»: ed è questa «no­vità» - che tu temi di vivere imperfettamente, mentre la vedi vissuta perfettamente dai tuoi compagni - che co­stituisce il nucleo della tua ansia di apprendere.

Essa non può esserti insegnata dagli adulti (me compreso), e quindi tu, pur ascoltando gli adulti, pur mettendoci tut­ta la buona volontà ad assimilare il sapere dei padri - in realtà hai in cuore una sola assillante avidità: quella di condividere con i tuoi compagni, apprendendola da lo­ro ossessivamente ogni giorno, questa novità. Insomma i tuoi compagni sono i depositati e i portatori di quei va­lori che sono gli unici che ti interessano. Anche se essi non sono che leggerissime, quasi impercettibili varianti dei valori dei padri.

Ci sono dei momenti storici - come quello che stiamo vivendo - in cui però i ragazzi credono anche di sapere quali sono i nuovi valori che essi vivono, oppure credo­no di sapere qual è il nuovo modo con cui essi vivono valori già istituiti. In questi momenti la forza di intimi­dazione e di ricatto dei giovani coetanei è ancora più violenta. Essi aggiungono, dentro lo schema del confor­mismo assimilato - come ai tempi delle orde - dall'ordine sociale paterno, una nuova dose di conformismo: quello della rivolta e dell'opposizione.

Il caso di una società esplicitamente repressiva o fa­scista non è dunque il nostro. Noi viviamo almeno no­minalmente un periodo di democrazia parlamentare, di benessere e di tolleranza. Il «più» che vivono i ragazzi non è dunque un «più» fascista, un «più» di dedizione all'autorità: o almeno non è solo questo: c'è anche un «più» di disobbedienza, di anarchia, o di dedizione alla rivoluzione operaia.

Al tempo del fascismo, quando ero adolescente io, i miei compagni mi davano quotidiana­mente lezione non solo di come essere virili e volgari, ma anche di come essere teppisticamente lealisti all'au­torità fascista. Oggi a te, i tuoi compagni impartiscono «repressive» lezioni non solo di attaccamento all'auto­rità, non solo di attaccamento all'autorità nel suo aspet­to eversivo (fascista), ma anche - e certo soprattutto - di spirito rivoluzionario, comunista o extraparlamentare.

Contemporaneamente, tutti quanti, ti danno ogni giorno una tremenda lezione di come comportarsi e pensare in una società consumistica.

Come vedi siamo nella fossa dei serpenti. I casi sono infiniti e sempre ambigui. Non è facile aiutarti nella tua lotta di complessato e di debole contro tutti gli altri, for­ti in quanto singolarmente campioni della maggioranza. Tuttavia io cercherò, appunto, di aiutarti, anche se la via che ti indicherò sarà più difficile. Naturalmente dovre­mo restare per molto tempo su questo capitolo che ri­guarda i ragazzi tuoi coetanei, cercando di riordinare il groviglio in cui essi si affollano intorno a te, e da cui tu tuttavia deduci un unico e ben chiaro modo di essere.

15 maggio 1975
Lettere luterane di Pier Paolo Pasolini

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