Re: Le telefonate del Volo 93: una nuova ipotesi

Inviato da  wells il 19/11/2007 15:58:52
Prosegue l’articolo in questione:

A questo si aggiungono le approssimazioni con le quali i giornalisti riportano le dichiarazioni delle persone che intervistano.

Questo potrà anche essere esatto, specie se si considera che nel 98 per cento dei casi si tratta di organi di stampa che sostengono la versione ufficiale.
Curioso è contestare l’attendibilità delle fonti giornalistiche, contrapponendo fonti giornalistiche.
Come fa l’autore dell’articolo quando tenta di smontare le versioni della Burnett, citando via via:

– Post Gazette del 13 settembre 2001;
– CNN, 19 settembre 2001;
– Post Gazette del 22 settembre 2001;
– Post Gazette del 28 ottobre 2001
– USA Today, 10 settembre 2002;
– Toronto Sun, 16 settembre 2001;
– San Francisco Chronicle del 17 settembre 2001;
– Telegraph del 13 settembre 2001:

Più che contestare le dichiarazioni della Burnett, in pratica si contestano dei resoconti giornalistici.
Poi la conclusione:

Si noti pure che in nessuna delle interviste citate sinora, la Burnett ha parlato di aver visto l'identificativo telefonico (caller ID) del marito comparire sul proprio telefono.
Di questo particolare si parla invece in questo articolo di Greg Gordon del Sacramento Bee Washington Bureau dell'11 settembre 2002 (...):


[traduzione] Furono interrotti da un'altra chiamata. Il dispositivo di identificazione del chiamante mostrò a Deena che si trattava di Tom. Questa volta lui le disse che i terroristi si trovavano nella cabina di comando dell'aereo. "L'uomo che hanno accoltellato è morto" disse [Tom]. Qui la Burnett colloca nella seconda telefonata il momento in cui "vide" l'identificativo telefonico del marito.

Ma non si capisce perché prendersi tutto questo disturbo, visto che la Burnett dà la sua versione e la firma nel suo libro:

I looked at the caller ID and indeed it was Tom’s cell phone number.

E non ha mai cambiato versione, né tantomeno ha parlato una sola volta di telefonate ricevute da un airfone.
L’affermazione finale dell’articolista è abbastanza raggelante:

La nostra conclusione su questo argomento è che probabilmente Deena Burnett ricevette le prime tre telefonate dagli Airphone di bordo. Nella prima telefonata apparve l'ID della chiamata da bordo, e la donna, rispondendo alla chiamata, seppe che si trattava del marito. Nella seconda e nella terza fu visualizzato lo stesso ID, che questa volta la donna ricollegò subito al marito, prima ancora di rispondere. Queste tre telefonate sono avvenute negli orari indicati negli atti del processo Moussaoui e corrispondono a quelle ricostruite dalla donna.

In pratica, si accusa la Burnett di confondere suo marito con un aereo.




E questo è molto curioso. Perché se qualcuno ribadisce le affermazioni di Deena Burnett, da lei ripetute centinaia di volte, molesta i parenti delle vittime, che andrebbero lasciati in pace.
Se altri si accaniscono nello smentire le affermazioni della Burnett, accusandola in buona sostanza di prendere fischi per fiaschi, se non proprio di mentire, allora sono dalla parte dei parenti delle vittime.
Per Deena Burnett non succede niente di tutto questo.
E smontare la sua versione è impresa tutt’altro che facile, tanto che nessuno, a livello ufficiale, si è mai sognato di provarci.
Come già detto [#5], Deena Burnett è un’assistente di volo, con lunga pratica, e dimostra di saper padroneggiare la situazione con straordinario sangue freddo.
La scena di quella mattina, a casa sua, non è affatto quella descritta, con una donna che deve affrontare una situazione così drammatica da sola.
Un agente di polizia è con lei fin dalla seconda telefonata, l’Fbi è in ascolto.
E con lei ci sono i suoi familiari:

When Tom hung up, Deena called Beverly and gave her the news. Tom Sr, standing nearby, yelled out “NO! NO!” Martha and Mary Margaret [sorelle di Tom Burnett] rushed to the house. (Fonte)

Tutti vittima, evidentemente, di una specie di allucinazione collettiva.
Una cosa invece da tener presente è che Deena Burnett non ha alcuna ragione al mondo di mentire.
Le autorità americane (Cia e Fbi in particolare) non solo possono avere ragione di mentire (ad esempio per salvarsi il sedere, o quanto meno per evitarsi figure di m***), ma è provato che hanno mentito in decine di casi.
Quello delle chiamate di Barbara Olson e di Beamer, restando solo all’ambito delle telefonate, è uno dei più lampanti.

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