Citazione:
Quanto ad Audisio, non ho l’impressione che abbia minimizzato sui pogrom; piuttosto mi sembra che le vostre posizioni convergano almeno su una cosa: se LUI individua parte di responsabilità per crimini come i pogrom in tutti i tedeschi, ed allo stesso modo parte di responsabilità per la nakba negli “ebrei” come estensione del sionismo; e se TE sostieni che il senso di insicurezza, coltivato forzosamente o meno, continua a far si che la farsa sionismo=ebraismo continui a mietere vittime, entrambi state affermando tacitamente (volenti o nolenti) che il sionismo, finora, è l’unico che abbia avuto la meglio sulla vera identità di quei popoli. Perfino sul popolo tedesco.
Un po' tirata per i capelli.
Le "normali" troiate che i regimi fanno ai loro popoli è costruirgli un orizzonte di realtà fittizio in cui credere.
Il senso di insicurezza dell'ebreo non fa parte dello schema: non è né provocato ad arte né immotivato, cioè né costruito né fittizio.
Ovvero:
1. "sti benedetti progrom" "de cui" - secondo Audisio - "parlo sempre"ci sono stati.
2. "Ma i progrom sono tali solo se sono coinvolti gli ebrei?".Sì. E' un termine tecnico. Come ad es. "pickpig": era la caccia a cavallo con la lancia contro un uomo appiedato, come se fosse un cinghiale. Pratica usata in sudafrica contro i prigionieri boeri (pare nata dalla assonanza boer=boero e boar=cinghiale). Non ha senso chiedere se le torture di Abu Ghraib si possano chiamare pickpig o se sia un termine esclusivo per la guerra anglo-boera.
3. "i poveri ebrei perseguitati" (virgolette sarcastiche nell'originale).Bene, sì. Lo sono stati. Aspetto prove del contrario.
4. "Questa è storia, il resto sò chiacchiere..."Questo è negare la storia.
Chiarito questo sulle somiglianze fra ciò che pensiamo io e Audisio.
Non è che ci sia *stretta* correlazione fra il senso di insicurezza e l'azione/situazione nazista (né sionista).
E non ha neanche direttamente a che vedere con l'eguaglianza ebraismo=sionismo, che esiste solo per lo stato di israele.
I paralleli ci sono, ovviamente: anche Hitler tentò con successo di costruire un'identità razza<->destino della nazione. Inventando una razza ariana. E anche quella ebraica è molto più una comunità etnico-religiosa che una razza.
Quindi se "l'ebreo" è una realtà culturale, "l'israeliano" è un'esagerazione chiamarlo "cultura", più che altro è un'indicazione storico-geografica.
Meglio: lo è ma è una cultura decisamente rudimentale, più o meno come "la mentalità della frontiera" del far west (che in realtà era un'attitudine di massima, mai realmente evolutasi in una cultura ma purtroppo cristallizatosi all'interno la cultura statunitense in termini - fra l'altro - di individualismo e delirio di onnipotenza).
La cultura "vera" non è quella israeliana ma quella ebraica: cosmopolita e millenaria.
Vero invece che le persecuzioni (e l'olocausto in testa) sono state sfruttate abbondantemente per deviare la paranoia da cacciata incanalandola in una ansia di mettere in sicurezza lo stato di Israele, "eternamente minacciato".
C'è chi vede questa "confusione" come un errore potenzialmente letale, e proprio per Israele.
Cioè come il motivo per cui lo stato di Israele può finire per essere visto come la fonte
volontaria di eterno conflitto. E quindi indurre il resto del mondo a vedere la fine di Israele come l'unica soluzione possibile.
Per quanto irrealistica possa apparire oggi, ricordiamoci del famoso sondaggio "antisemita" della commissione europea di pochi anni fa, nel quale 60% degli europei consderavano Isreale la più grande minaccia per la pace mondiale.
Ma questo pericolo (che non è l'assimilazione sionismo=ebraismo ma l'asservimento dell'ansia di sicurezza personale trasferito sull'ansia di sicurezza "statale") è visto meglio da chi Israele lo vive che da chi ne parla da turista (travaglio o saviano o simili).
Per esempio Rabkin (sull'opposizione ebraica al sionismo) che suggerisce come Israele sia più un rischio che un vantaggio per gli ebrei. In realtà (e proprio vista la loro storia) concentrare milioni di loro in un posto geograficamente molto ristretto non fa che aumentare il peso psicologico del terrore di una nuova "soluzione finale". Una nuova Varsavia.
Israele pacifica lo potrebbe alleviare, ma un'Israele guerrafondaia è un incubo in continuo peggioramento.
Anche in "Sconfiggere Hitler" di Burg (diplomatico israeliano di alto livello) si condanna senza mezzi termini come Israele sia ostaggio di una minoranza estremistica che vuole esasperare il lato razziale dell'ebraismo. Colpevolmente ossessionati dalla shoah, diventano insensibili alle sofferenze altrui perché le proprie sono sempre incommensurabili e di valenza superiore. Quindi stanno spingendo Israele verso la xenofobia, il nazionalismo, la crudeltà, l'espansionismo territoriale. Suggerisce (senza dirlo nero su bianco ma…) che c'è di fatto un rischio di nazismo in Israele.