TRIPOLI - La giustizia libica ha condannato a morte le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese accusati di aver inoculato il virus dell'Aids a centinaia di bambini libici. Lo ha annunciato il tribunale. Il tribunale di Tripoli ha condannato a morte gli imputati con l'accusa di aver volontariamente inoculato il virus dell'aids a 426 bambini dell'ospedale di Bengasi, 52 dei quali sono morti. Il processo era iniziato lo scorso 11 maggio dopo che la Corte suprema aveva annullato il precedente. Le infermiere e il medico sono in carcere dal febbraio del 1999.
Subito dopo la lettura del verdetto di condanna a morte sono esplosi i festeggiamenti fuori dal tribunale di Tripoli. Al grido di "Allah Akbar" i parenti delle vittime con i ritratti dei bambini tra le mani stanno danzando e festeggiando. La loro richiesta di una condanna alla pena capitale degli imputati è stata accolta dalla giustizia libica.
Valya Chervenyashka, Snezana Dimitrova, Nasya Nenova, Valentina Siropulo, Kristiana Valceva e Ashraf Ahmad Jum'a sono in carcere da 7 anni a Tripoli, accusati di aver usato i bambini come cavie per sperimentare su di loro il virus dell'Aids prodotto in laboratorio. I sei erano stati già condannati a morte in prima istanza, ma poi nel dicembre scorso la Cortesuprema aveva ordinato un nuovo processo cominciato in maggio.
Sulla vicenda sono intervenuti famosi scienziati, che dallepagine delle più prestigiose riviste 'The Lancet', 'Science' e 'Nature' hanno lanciato appelli ma anche studi per tentaredi scagionare gli operatori sanitari, spiegando che si tratta piuttosto di un errore giudiziario e che il virus Hiv in quell'ospedale era già diffuso prima dell'epidemia del 1998.
Le perizie di esperti hanno ampiamente dimostrato che le infezioni sono solo la conseguenza delle pessime condizioni igienico-sanitarie della struttura ospedaliera, ma questi risultati non sono stati considerati dalla giustizia libica. Con la ricerca degli italiani pubblicata all'inizio del mese sulla rivista britannica 'Nature' c'è una prova molecolare in più.
Dei 426 bambini infettati molti sono ora in cura in Italia, come all'ospedale Bambino Gesù e all'Istituto Spallanzani di Roma e al Meyer di Firenze. Nei mesi scorsi ha preso il via anche un progetto di cooperazione europeo tra l'Italia e la Libia per la cura e la formazione del personale sanitario.
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