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  •  franco8
      franco8
Re: Anarchia
#91
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 6/12/2005
Da
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Citazione:

Intanto bisognerebbe chiedersi: che interesse avresti nel farlo (in una società libera, intendo)?

Nessuno... Siamo d'accordo...
Forse l'esempio che avevo trovato non rende abbastanza l'idea. (anche se ricorda l'espropriazione dei latifondi)
Ma rende conto del fatto che il diritto alla proprietà privata si può forse considerare un diritto fondamentale, ma forse insieme ad un concetto di limite alla proprietà...
Con riferimento all'esempio, potremmo dire: ho diritto a possedere la terra, non tutta la terra, ma quella che mi serve, ....
In questo senso, quindi, occorre non generalizzare, ma fare opportune distinzioni tra i tipi di beni in ogetto.
Come la distinzione che fa florizel, giustamente.

Citazione:

E farebbe bene.

beh... claro que sì...

florizel
Citazione:

Lo sdoganamento di un "bene" dai meccanismi del sistema non ne implica necessariamente la privazione da parte di chi lo possiede, ed il suo utilizzo non sarebbe più un "fine",ma un mezzo.
...

Mi pare giusto. In effetti... se il possesso di un dato bene non è il fine, ma è solo un mezzo per il mio sostentamento e per il benessere comune (della comunità - non penso allo stato -)... Se io non utilizzo quel dato bene (perché non ne necessito) , se il bene non risponde più a quel fine... Il mio diritto di proprietà, in un certo senso, si "svuota"...
... non so è quello che volevi dire tu...ma (almeno nella mia testa) il discorso "fila"
_________________
.... ....io non mi definisco affatto volentieri ateo, non più di quanto io sia a-MickeyMouse.
..
(detto, fatto)
Inviato il: 21/4/2006 15:17
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  •  florizel
      florizel
Re: Anarchia
#92
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 7/7/2005
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franco8Citazione:
Se io non utilizzo quel dato bene (perché non ne necessito) , se il bene non risponde più a quel fine... Il mio diritto di proprietà, in un certo senso, si "svuota"...


Si,in parte riflette quello che intendevo anch'io...con una precisazione,comunque;
consideriamo questo: che non sarebbe solo il non-utilizzo a determinarne la possibilità dell'uso comune,ma anche l'entità del bene stesso.
Esempio:se il diritto alla proprietà riguarda un territorio estremamente ampio,o il possesso di molti e diversi beni estremamente cospicuo,tanto da impedire che chi ne fabbisogna possa fruirne,in questo caso è ovvio che si tratterebbe di un "fine",e non di un mezzo.

Ma,come giustamente sottolinea Pax,in una società "libera" si perderebbe il senso stesso dell'accumulo e quindi dello sfruttamento e della privazione altrui per il mantenimento di quelle proprietà.

Tutto questo ci riporta alla teoria secondo cui l'idea anarchica della società passa innanzitutto per l'acquisizione ed il riconoscimento individuale di alcuni valori,di cui il "senso dell'altro" e dell'interrelazione tra gli individui è il perno su cui costruire svariate ipotesi di esistenza.
_________________
"Continueremo a fare delle nostre vite poesie, fino a quando Libertà non verrà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi". Vittorio Arrigoni
Inviato il: 21/4/2006 16:08
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  •  shevek
      shevek
Re: Anarchia
#93
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 27/4/2005
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Salut y Libertad a todos...


A quanto pare il mio intervento/risposta ha suscitato un bel po' d'interventi: rispondo direttamente a Santa, ma credo che gli argomenti siano generali ed investano anche gli altri contributi.

OK: Santa dice "Mi sembra di capire che esistano due visuali "opposte" della utopia anarchica, la visione "collettiva" e quella "anarco-capitalista"."

A mio modo di vedere, per la contraddizione che nol consente, ha un senso solo la visione "anarcocomunista": il capitalismo implica la proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini qualcuno può impadronirsi di beni essenziali a chiunque ed impedirne l'accesso al resto della società - e ciò implica di fatto il potere politico, la coercizione statale. Senza di questa, nessuno accetterebbe una formazione economica che lo riducesse all'umiliazione ed alla fame.


Dice poi: "A me sembra che l'abolizione della proprietà privata, nella visione collettiva, sia essa stessa una imposizione, ovvero una maggioranza che "proibisce" al singolo di detenere una proprietà, e in questo un paradosso in termini con la stessa idea anarchica. La proprietà privata di beni e oggetti credo sia diritto inalienabile di ogni essere umano, mi pare. Negarla è una imposizione. Così come "proibire" la possibilità di un singolo l'accumulo di beni mi pare un'altra imposizione, ancora una volta una maggioranza che limita la libertà del singolo, paradosso in termini con l'ideale anarchico."

Andiamo con ordine. L'abolizione di cui l'Anarchia parla è l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini quella proprietà che priva la stragrande maggioranza degli esseri umani del possesso anche dei beni più elementari a tutto favore di una (sempre più infima) minoranza di privilegiati. D'altronde "rendere comune" - nel comunismo libertario - non significa affidare ogni proprietà allo Stato, ma davvero rendere tutto di tutti. Nessuna contraddizione, quindi. I beni di produzione sono a disposizione di chiunque li voglia utilizzare e, da questo punto di vista, non vengono tolti nemmeno al capitalista. Lui non può più toglierli ad altri


Dice anche: "Il suolo dovrebbe appartenere "a tutti e a nessuno", ma credo che difficilmente si possa sviluppare una civiltà secondo il nostro canone senza che sia garantito il diritto di prendere possesso di un terreno per costruire la propria abitazione e considerarlo "proprio" a tutti gli effetti. La situazione è complessa, da una parte abbiamo una comunità che impone al singolo di non detenere proprietà, dall'altra un singolo che nel momento in cui detiene questa proprietà in nome di una convenzione sociale non scritta "sottrae" questa proprietà alla comunità restante. Ma nel secondo caso il problema non si pone nel momento in cui vi è proprietà sufficiente per tutti."

Ho risposto in parte prima. La comunità anarcocomunista non imporrebbe al singolo di non detenere proprietà, gli darebbe in proprietà il mondo. Il problema sono i singoli beni di consumo. Se uno desidera avere una villa faraonica in ogni parte del mondo, provi a mettersi d'accordo con gli altri che, presumibilmente, potrebbero avere desideri simili. Molto probabilmente, la soluzione sarebbe quella di costruire le migliori case possibili ed utilizzarle a turno nei periodi di riposo (cosa che tra l'altro si fa già oggi).


Infine, la questione dell'accumulazione dei beni. Se tutti hanno diritto a tutti, "accumulare" potrebbe solo significare privare altri di beni che servono ad altri nel momento in cui a te non servono...


Shevek
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"Il potere è l'immondizia nella storia degli umani" - F. Guccini
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Inviato il: 21/4/2006 19:14
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  •  fiammifero
      fiammifero
Re: Anarchia
#94
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 28/2/2005
Da ROMA
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Una cosa non mi è chiara: il principio di proprietà e di accumolo nasce per la necessità di avvantaggiare la propria prole,nipoti e pronipoti,praticamente con il concetto di famiglia ossia " i miei sacrifici,i mie accumuli di ricchezza vanno al mio sangue visto che non me li posso portare dietro "
Quindi "l'esproprio" è una sorta di punizione della sterilità ,all'ingordigia ed all'avarizia?
Provocazione,ma mica tanto se penso che i sacrifici dei miei genitori mi hanno permesso di dare un acconto per comprarmi casa,mentre quelli che si sono spesi e mangiato tutto facendo le cicale,hanno comunque lo stato che provvede a loro.(case popolari,sussidi etc).
Come conciliare il tutto?
Il senso dell'altro,quale estraneo a legami di sangue,come lo si acquisisce?
Non mi linciate se sposto il concetto terra terra
_________________
Citazione:
le cose di cui ci sentiamo assolutamente certi non sono mai vere (Oscar Wilde)
Inviato il: 21/4/2006 19:16
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  •  shevek
      shevek
Re: Anarchia
#95
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 27/4/2005
Da Napoli
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Salut y Libertad, Fiammi!

Non ti lincio affatto, mettere le cose"terra terra" permette di andare alle fondamenta dei problemi...


Dici: "il principio di proprietà e di accumolo nasce per la necessità di avvantaggiare la propria prole,nipoti e pronipoti,praticamente con il concetto di famiglia ossia " i miei sacrifici,i mie accumuli di ricchezza vanno al mio sangue visto che non me li posso portare dietro " Quindi "l'esproprio" è una sorta di punizione della sterilità,all'ingordigia ed all'avarizia?"

Ancora una volta, la confusione è tra la proprietà dei beni utili alla vita e la proprietà dei mezzi di produzione. Espropriare questi ultimi, in un'ottica anarchica, significa dare TUTTO A TUTTI - non togliere qualcosa a qualcuno. Nemmeno Bill Gates può sognarsi di promettere tanto in eredità ai suoi parenti... Per ciò che concerne, invece, i beni utili alla vita, questi sono momentanei e di piccola portata - il problema non è certo se io mi prendo o no il letto di mio nonno buonanima! Se uno, invece, ha accumulato mezzi di produzione, vuol dire che ha sfruttato selvaggiamente il lavoro altrui: i "sacrifici" sono stati solo in minima parte suoi e, se vuoi, rivendicarne l'eredità ai propri parenti in esclusiva è certamente "ingordigia".


Dici anche: "i sacrifici dei miei genitori mi hanno permesso di dare un acconto per comprarmi casa, mentre quelli che si sono spesi e mangiato tutto facendo le cicale, hanno comunque lo stato che provvede a loro.(case popolari,sussidi etc)."

La casa è un bene di consumo,non un mezzo di produzione: in una società anarchica, salvo gli inabili, chi non lavora non mangia, a meno di trovare qualche persona di buon cuore che spontaneamente gli offra in qualche modo assistenza. Il problema che tu poni può esistere IN QUESTO TIPO DI SOCIETA'...


Dici infine: "Il senso dell'altro,quale estraneo a legami di sangue,come lo si acquisisce?"

Ti rispondo con una battuta: i primi fratelli erano Caino ed Abele. Insomma, i legami di sangue, per ciò che concerne i meccanismi di solidarietà sociale, significano ben poco - è un puro "dover essere". L'acquisisci con le relazioni sociali quotidiane: più sono egualitarie e fondate sul principio di reciprocità, più acquisisci un senso dell'altro POSITIVO. Anche Hitler aveva un senso dell'alterità degli ebrei...



Shevek
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Inviato il: 22/4/2006 11:24
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Re: Anarchia
#96
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 13/10/2004
Da Sud Europa
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Salud y Libertad Shevek

il capitalismo implica la proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini qualcuno può impadronirsi di beni essenziali a chiunque ed impedirne l'accesso al resto della società - e ciò implica di fatto il potere politico, la coercizione statale.[...]

L'abolizione di cui l'Anarchia parla è l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini quella proprietà che priva la stragrande maggioranza degli esseri umani del possesso anche dei beni più elementari a tutto favore di una (sempre più infima) minoranza di privilegiati.[...]

La confusione è tra la proprietà dei beni utili alla vita e la proprietà dei mezzi di produzione. Espropriare questi ultimi, in un'ottica anarchica, significa dare TUTTO A TUTTI - non togliere qualcosa a qualcuno.


Ho evidenziato alcune tue considerazioni, ma nel discorso generale ci sono due aspetti che non mi convincono.
Innanzitutto parole quali “abolizione” ed “espropriazione” continuano a rimandare al concetto di “imposizione”, e per avere una imposizione occorre anche colui che impone.
Ma per definizione questo è compito di un governo, assente nell’ideale anarchico.

Quindi “abolizione” ed “espropriazione” sono in contrasto con il concetto stesso di anarchia.

In secondo luogo, mi spaventa la collettivizzazione dei mezzi di produzione.

Essendo realisti, dobbiamo constatare che gli uomini sono diversi tra loro, ed hanno diverse inclinazioni.
C’è chi ha spirito avventuroso, chi sperimenta, chi investe, chi crea, chi sa dirigere, e c’è anche chi è sereno nello svolgere un lavoro in cui esegue delle indicazioni, c’è anche chi è portato ad eseguire un lavoro manuale ma non ad assumersi responsabilità.

Per costruire un palazzo serve un architetto, un ingegnere, qualche geometra , dei capisquadra e qualche decina di muratori.
Una squadra di soli muratori non tirerebbe mai su un palazzo, così come non potrebbero farlo cento architetti.

La diversità tra gli uomini e la loro cooperazione è il segreto della edificazione.

La collettivizzazione a mio parere fa violenza a questa naturale diversità, e il “divieto” dell’accumulo diventa una imposizione che bloccherebbe sul nascere ogni naturale spinta “imprenditoriale”, chiamiamola così, che alla fine dei conti è il principio della edificazione.

Le mie sono delle semplici constatazioni, di uno che studia il pensiero anarchico dall’esterno; personalmente il mio riferimento rimane la scolastica alto medioevale e l’analisi della definizione della "Legge Naturale", che una volta accettata (riscoperta)dalla comunità renderebbe inutile ogni ricerca su di una eventuale “organizzazione sociale ideale”.

Detto questo, ad uno sguardo esterno, l’ideale anarchico a livello di coerenza mi sembra molto più vicino alla visione “capitalista” della scuola austriaca che a quella “collettivista”, che continua a sembrarmi una contraddizione in termini.

Blessed be
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-o- Ama e fa' ciò che vuoi -o-
Inviato il: 22/4/2006 12:01
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Re: Anarchia
#97
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 25/6/2004
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Buongiorno, ho saltato qualche decina di post per evitare il voltastomaco. Qualcuno ha già sparato la stronzata dell'abolizione del denaro, oppure sono ancora in tempo a farmi due risate?

(sì?)
Inviato il: 22/4/2006 14:10
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  •  nessuno
      nessuno
Re: Anarchia
#98
Mi sento vacillare
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Citazione:
mi spaventa la collettivizzazione dei mezzi di produzione.


Non sei l'unico ad essere spaventato.

In attesa che Shevek dica la sua, provo a dire la mia. Non penso che in una società anarchica i mezzi di produzione siano "collettivizzati". Perlomeno non nel senso staliniano del termine. Esiste una differenza tra la proprietà "pubblica" e la "collettivizziazione". Sei un appassionato di storia e conosci bene il Medioevo, quindi potresti capirmi se ti dico che faccio riferimento alla proprietà collettiva dei "commons", o "beni comuni", distrutta dalle "enclosures" del periodo Cromwelliano. Sono quelli che, oggi, vanno sotto il nome di "usi civici" e che, pur costituendo un patrimonio immenso, sono ormai negletti e abbandonati, al punto che el comunità stesse non sono in grado di utilizzarli e di difenderli.

Comunque, per quanto riguarda architetti e muratori (non "liberi") si potrebbe dare un'occhiata a quanto è successo nel breve periodo della rivoluzione ungherese del '56. Lo so, non era una rivoluzione anarchica, ma io rifuggo dalle definizioni esatte e penso che la costruzione di uan società anarchica debba tenere conto ed appropriarsi delle esperienze buone, da qualunque tipo di società provengano.

Mi riservo di rispondere poi in merito alla divisione sociale e della divisione del lavoro propria della cosiddetta "legge naturale" che tu citi. Per me, nell'uomo, di "naturale" c'è poco o nulla, ma è un discorso lungo.

Buona vita

Guglielmo
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"Quieremos organizar lo entusiasmo, no la obediencia" - Buenaventura Durruti
Inviato il: 22/4/2006 14:16
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  •  Zelan
      Zelan
Re: Anarchia
#99
Ho qualche dubbio
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Linucs Citazione:
Buongiorno, ho saltato qualche decina di post per evitare il voltastomaco.


Ecco il fautore dell'alternativa sociale (oh... nome infelice!) all'Anarchia (unico sistema sociale non ancora messo in atto) che ci proporrà la sua valida alternativa per migliorare la tanto criticata democrazia attuale, facendo probabilmente riferimento a sistemi organizzativi già usati (e devastanti: oligarchia, tirannia, totalitarismi vari, aristocrazia, assolutismo, democrazia... se ne salva qualcuno? La monarchia illuminata? Oh, giusto, affidiamoci tutti nelle mani del Dio in terra... o magari affidiamoci nelle mani di Dio in persona, istituiamo una bella teocrazia, e lasciamo che siano i capi religiosi a guidarci verso nuove mete di civiltà... )
Inviato il: 23/4/2006 17:09
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  •  Zelan
      Zelan
Re: Anarchia
#100
Ho qualche dubbio
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florizel Citazione:
Sono d'accordo con la diffusione,ma essa dovrebbe scaturire dall'esperienza del vivere e prefigurare quello che ci si pone come obiettivo.
Altrimenti è il solito dogma calato dall'alto.


Non ho mai parlato d'imposizione.
Il mio dubbio è su come vivere davvero "anarchicamente" in un'organizzazione sociale non anarchica. Tu come lo vedi possibile?

florizel Citazione:
Contrapporsi al sistema senza avere idea di quello che si vuole costruire,spesso fa il suo stesso gioco,che poi è quello che conduce ad assumere l'idea che lo stato siamo noi.


Proprio per questo vedo pericoloso sparare a zero su un sistema politico, o sociale, senza avere un'alternativa valida. Teniamo però in conto che, anche se di fatto la democrazia non applica il principio de "lo stato siamo noi", l'anarchia in un certo senso si basa anche su quello. L'affermazione della libertà dell'individuo come punto cardine coincide con la sua autoaffermazione di "potere politico" (non in termini correnti, ovviamente, solo dal punto di vista organizzativo).
Inviato il: 23/4/2006 17:13
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  •  florizel
      florizel
Re: Anarchia
#101
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SantaruinaCitazione:
parole quali “abolizione” ed “espropriazione” continuano a rimandare al concetto di “imposizione”, e per avere una imposizione occorre anche colui che impone.


Ciao,Santa.
Propongo di riflettere più dettagliatamente su “abolizione” ed “espropriazione”.
Nel sistema attuale,esse sono dinamiche ordinarie,imposte dai detentori o proprietari dei mezzi di produzione:credo che possiamo definire “abolizione del diritto alla propria esistenza” i decenni di vita regalati alla produzione in cambio di un salario col quale spesso si stenta a vivere,o le difficoltà a procurarsi i mezzi di sussistenza quali abitazione,ecc.
E possiamo definire “espropriazione di risorse” lo sfruttamento selvaggio di ambiente e beni a vantaggio del capitale e ai danni di intere comunità e popoli.
In questo caso, riusciamo ad assumerne i contorni ed il significato per esperienza vissuta,per esserne a contatto come con qualcosa di già “noto”,e dato per scontato.
Ma queste,sono appunto delle “imposizioni”.
Nell’ideale anarchico,questi termini stanno ad indicare la sottrazione di un potere dalle mani di pochi e la ripresa dei mezzi di sussistenza nelle mani dei diretti interessati.
Non solo:Il “lavoro” per la necessità ed il sostentamento proprio e degli altri è cosa diversa dalla produzione delle merci come “fine”,eppure questo tipo di dinamica riusciamo ad accettarla molto più prontamente che non l’ipotesi di una qualche forma di “liberazione” dal circolo vizioso del “produci,consuma e crepa”.

Nel link della discussione che segnali,affermi questo:

Io credo che una Legge Morale, non relativa, esista, e che ogni uomo , da qualche parte, la porti dentro di sé.

Ti chiedo,e mi chiedo:possiamo definire “Legge Morale” quella che consente agli individui di riscattare il proprio tempo di vita e le proprie energie sottraendole alle leggi economiche e politiche del capitale,senza per questo ripiegare su un altro tipo di “sistema” gerarchico?
E’ possibile una Legge Morale in cui tutti possano riconoscersi e dare il proprio contributo in considerazione delle proprie peculiarità?

Citazione:
La diversità tra gli uomini e la loro cooperazione è il segreto della edificazione.
La collettivizzazione a mio parere fa violenza a questa naturale diversità, e il “divieto” dell’accumulo diventa una imposizione che bloccherebbe sul nascere ogni naturale spinta “imprenditoriale”, chiamiamola così, che alla fine dei conti è il principio della edificazione.


E' la proprietà privata che fa violenza a questa "diversità",nel momento in cui per esprimerla si deve passare attraverso una logica concorrenziale spietata che non permette a tutti di mettere in campo la propria creatività e specificità.
Anche qui,per collettivizzazione non si intende l’omologazione,ma solo opportunità identiche per tutti.
L’edificazione non è un concetto sbagliato di per sé,ma è distorto nel momento in cui prevede introiti di pochi a danno di molti.

Ancora dalla Faq:
l’anarchismo riconosce le differenze d’abilità ed il bisogno dell’individualità, ma non permette che queste differenze diventino il potere.

Ti abbraccio.
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Inviato il: 23/4/2006 21:30
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  •  florizel
      florizel
Re: Anarchia
#102
Sono certo di non sapere
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LinucsCitazione:
Qualcuno ha già sparato la stronzata dell'abolizione del denaro, oppure sono ancora in tempo a farmi due risate?


Ciao,Linucs.
Tu cosa proponi,per evitare che si arrivi a questa stronzata senza doversi rassegnare agli orrori ed ai voltastomaco che il denaro (ed il suo accumulo)
produce?

Un abbraccio a Badombe.
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Inviato il: 23/4/2006 21:36
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  •  fiammifero
      fiammifero
Re: Anarchia
#103
Sono certo di non sapere
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Certo che ne hai ricevute di batoste e di cadute dal seggiolone

Linucs,ti prego continua,che voglio continuare a ridere
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Citazione:
le cose di cui ci sentiamo assolutamente certi non sono mai vere (Oscar Wilde)
Inviato il: 23/4/2006 22:39
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  •  Pausania
      Pausania
Re: Anarchia
#104
Sono certo di non sapere
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Vorrei chiedere una cosa, visto che sono nuovo al forum: si tratta di parlare dell'anarchia come pensiero politico e movimento storico (nel senso di “calato in un contesto reale”) oppure di quello che si prospetta per gli sviluppi del movimento anarchico? La questione per me è di non poco conto, in quanto gli esiti sono opposti. Nel primo caso di tratterebbe in primo luogo di evitare i giudizi senza appello – ed anche alcune sciocche facezie – e di tracciare, per quanto possibile e per quanto arduo, i contorni di quello che è stato un pensiero fondamentale (ancorché dimenticato) della storia europea; con la conseguenza che non si necessita l'adesione al pensiero anarchico per discuterne serenamente. Nel secondo si tratta invece di cercare di elaborare nuove prospettive e teorie, con la conseguenza, che poi sarebbe invece il presupposto, di aderire al pensiero anarchico.
Dico questo perché è essenziale per la discussione: quando si parla di collettivizzazione dei mezzi di produzione, sul piano della storia del pensiero, questo è un dato acquisito: il pensiero anarchico (ad esclusione di quello di origine americana) si fonda sul principio della collettivizzazione, come peraltro tutto il pensiero socialista; con in più la disarticolazione contemporanea (e non come conseguenza necessaria ed automatica, come sosteneva Marx) dell'apparato statale. La lotta va condotta insomma su due piani: economico e politico (non solo economico).
Perlatro gli anarchici sono sempre stati contrari anche alla ereditarietà dei beni: questo perché ognuno deve essere uguale agli altri e l'accumulazione in linea familiare ovviamente si mette di traverso a questa uguaglianza.
Il problema “proprietà privata” in realtà è un non problema: chiaramente esiste un diritto ad possedere, altrimenti come si potrebbe sostenere che il capitalismo ruba al proletariato? Bisogna tornare alle basi delle teorie economiche socialiste: un operaio produce 100, il capitalista guadagna 98, l'operio prende 2. In realtà quel 100 prodotto appartiene all'operaio ed il capitalista ruba senza alcun diritto, se non quello della forza, il guadagno dell'operaio. Il punto sta tutto qui: se si parte dall'assioma “ad ognuno secondo il suo lavoro, ad ognuno secondo il bisogno”, non si pone tanto in discussione la proprietà privata, ma chi è proprietario. Chi lavora ha parte dei guadagni, chi non lavora no.
Alcune precisazione a mio avviso vanno fatte: la collettivizzazione non ha nulla a che spartire con lo stalinismo: in URSS non c'era alcuna collettivizzazione, ma una “statalizzazione”, cioè al potere del capitalista si è sostituito il potere del burocrate, ma la situazione del lavoratore non è mutata affatto.
Che l'esproprio sia un fatto proprio ed esclusivo dello Stato e che quindi non faccia parte di una organizzazione anarchica non è vero: l'esproprio è punto saliente, altrimenti in che modo si passerebbe dalla società capitalista a quella socialista senza espropriare? È giusto affermare che l'anarchia non vuole imporre alcunché, ma ciò è vero all'interno di una società già socialista; non può valere come regola assoluta, perché sennò non potrà mai essere fattiva: se l'espropriazione è imposizione, l'anarchia rifugge l'imposizione, quindi l'anarchia rifugge l'espropriazione è un modo molto complicato per affermare in linea di principio che l'anarchia non può toccare il sistema sociale vigente. Cioè si dice che non cambierà mai nulla (o si è riformisti, vedete voi).
Per quanto riguardo la legge naturale che tutti dovremmo seguire senza alcuna imposizione, quale sarebbe mai? Quella che ci spinge a lapidare le adultere? O magari quella umanissima e naturalissima predisposizione che ci spinge a diffidare di chi parla o si presenta in maniera diversa dal quelle che noi abbiamo interiorizzato come naturali?
Inviato il: 23/4/2006 23:09
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Re: Anarchia
#105
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/4/2005
Da Atene
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Cosa centrino il collettivismo, l'abolizione di denaro e libertà, la "proprietà collettiva dei mezzi di produzione" (questa poi è davvero divertente!) con l'anarchia, lo sapete solo voi.

E chi scrive gli opuscoli dell'ONU, ovviamente.

Inviato il: 24/4/2006 15:53
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  •  Pausania
      Pausania
Re: Anarchia
#106
Sono certo di non sapere
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Beh Paxtibi, se con "voi" intendi Bakunin, Cafiero, Malatesta, Kropotkin, quelli della Catalogna, allora sì, solo noi e quelli dell'ONU (almeno quelli dell'ONU che hanno letto i sopracitati).
Ma se tu hai altre fonti ti preghiamo di farcele pervenire al più presto, sì da uscire immantinente dallo stato di ignoranza cui siamo soggetti...
Inviato il: 24/4/2006 16:12
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Re: Anarchia
#107
Sono certo di non sapere
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Anarchia ha l'a privativo, significa semplicemente negazione, rifiuto dell'autorità. Non è un'ideologia, non vi sono quindi "testi sacri" o "profeti anarchici" a cui rifarsi.

Come uomo libero mi prendo la libertà – appunto – di mettere in dubbio anche quello che è stato scritto da autori sedicenti anarchici.

E non è forse vero che la proprietà collettiva dei mezzi di produzione sottintende la presenza di un qualche tipo di direzione per assicurarne il funzionamento?

Via, non fatemi amareggiare in questi giorni di festa, non più del dovuto, almeno...
Inviato il: 24/4/2006 16:19
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  •  Pausania
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Re: Anarchia
#108
Sono certo di non sapere
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Chiedo venia. Ho sempre creduto che l'essenza di un pensiero risiedesse nelle formulazioni di chi quel pensiero ha creato. Tardi, ma non troppo, invece scopro che un pensiero si costituisce del significato che io voglio attribuire al nome che convenzionalmente si attribuisce a quel pensiero.
E ancor più fortunato sono stato nello scoprire che quelli che la propaganda demo-pluto-giudaico-massonica mi ha insegnato a credere anarchici in realtà sono solo sedicenti tali.
Insomma: a significa privazione, collettivizzazione significa direzione, quindi se qualcuno teorizza il collettivismo è un sedicente anarchico. Perchè la vera anarchia è....
Inviato il: 24/4/2006 16:38
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Re: Anarchia
#109
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Ho sempre creduto che l'essenza di un pensiero risiedesse nelle formulazioni di chi quel pensiero ha creato.

Uh? Chi ha creato la libertà???

E ancor più fortunato sono stato nello scoprire che quelli che la propaganda demo-pluto-giudaico-massonica mi ha insegnato a credere anarchici in realtà sono solo sedicenti tali.

Ah sì? Hai delle prove? Mi interesserebbe conoscerle.

collettivizzazione significa direzione, quindi se qualcuno teorizza il collettivismo è un sedicente anarchico.

Secondo me sì, ma tu sei liberissimo di pensarla diversamente, ci mancherebbe. Vuoi che ti dica quanto me ne può fregare o ci arrivi da solo?
Inviato il: 24/4/2006 16:45
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  •  Pausania
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Re: Anarchia
#110
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Francamente nemmeno a me interessa più che tanto quello che io penso, perlomeno non in questo contesto. Il fatto è che, come ho già avuto modo di scrivere in precedenza, buona parte della storia del pensiero anarchico parla di collettivizzazione e altre cose del genere. Io non posso farci niente a riguardo, ma ciò non significa in alcun modo che io ritenga giusto o sbagliato questo. Che poi si possa muovere una critica a un pensiero o ad un teoria è cosa altra, ma non si può dire che gli "altri" non sono anarchici perché non la pensano come me.
Tra le varie firme che appaiono in questo sito ve n'è una molto pregnante: "indaga le parole a partire dalle cose e non le cose a partire dalle parole". C'è una corrente di pensiero che si chiama "anarchia", ma potrebbe chiamarsi "Pippo" e sarebbe lo stesso. Possiamo attribuire un significato arbitrario alla parola e metterci a fare la conta di chi è dentro e chi fuori in base ai nostri personali parametri, oppure prendere atto che quel pensiero si chiama così punto e basta e ragiornarci attorno in base alla sostanza (le teorie) e non all'accidente (il nome che si è trovato ad avere).
Perchè allora io potrei ragionare così: anarchia < alfa privativo + arché = mancanza di guida militare (questo è il senso strettamente etimologico). Quindi semplicemente assenza di esercito. Di conseguenza cadrebbe anche l'idea di anarchia come opposizione alla autorità, in quanto autorità deriva dal latino e pertiene un ambito semantico diverso dal greco arché. Oppure, se accettiamo l'uguaglianza anarchia=mancanza di autorità, allora il primo anarchico fu Epicuro che si era ribellato alla autorità dei pensatori precedenti.
Naturalmente questi sono esercizi di vuota retorica, che spiegano le cose a partire dalle parole.
Grazie infine per la delicatezza con cui partecipi alla discussione:
Citazione:
Vuoi che ti dica quanto me ne può fregare o ci arrivi da solo?

Non che ne sia offeso, sia mai, stupito un pochino sì...
Inviato il: 24/4/2006 17:12
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Re: Anarchia
#111
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PaxtibiCitazione:
non vi sono quindi "testi sacri" o "profeti anarchici" a cui rifarsi.

Guarda,in linea teorica potrei anche essere d'accordo,ma solo nel senso che i testi dei teorici dell'anarchia non devono in nessun caso diventare dei dogmi a loro volta.

Fortunatamente,l'anarchia non è un'ideologia,semmai una fonte ideale a cui ispirarsi,e sarebbe davvero poco "anarchico" non lasciarsi il beneficio del dubbio anche riguardo a quei testi.

D'altra parte,Pax,potremmo e dovremmo forse adottare lo stesso criterio per qualunque altra cosa leggiamo,che appartenga a teorici di diverso pensiero, a "giornalisti di razza" o semplicemente a chi scrive ed esprime una sua opinione,visto che la libertà non è un'opzione e nessuno l'ha inventata.

Eppure,se esacerbassimo la cosa a tali livelli di "amareggiamento",ben pochi si sentirebbero liberi di esprimersi senza una perenne spada di Damocle che pende sul capo.

Citazione:
la proprietà collettiva dei mezzi di produzione sottintende la presenza di un qualche tipo di direzione per assicurarne il funzionamento?


Però,è pur vero che nonostante i mezzi di produzione necessitino di una qualche direzione,essa sarebbe tale solo in virtù del loro funzionamernto,non del loro possesso da parte di uno o di pochi.
Riguardo all'ONU,sono d'accordo con te,ma se per caso dovesse esserci tra noi qualcuno che ha probabilmente la "colpa" di non aver seguito i dotti dibattiti relativi all'argomento,forse ci sono modi diversi di approcciare la discussione.

La "a" privativa di "anarchia" non implica la privazione del rispetto per le opinioni altrui,almeno credo.Così come non implica automaticamente il lasciar cadere ogni discussione che a qualcuno possa non piacere.
Anche se il tono autoritario lo giustificherebbe ampiamente.

Quindi,anarchia non è strafottenza,e nemmeno tracotanza.
_________________
"Continueremo a fare delle nostre vite poesie, fino a quando Libertà non verrà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi". Vittorio Arrigoni
Inviato il: 24/4/2006 17:17
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Re: Anarchia
#112
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Salud y libertad a tutti

riprendo da dove eravamo rimasti.

Ciao Nessuno

Non penso che in una società anarchica i mezzi di produzione siano "collettivizzati". Perlomeno non nel senso staliniano del termine. Esiste una differenza tra la proprietà "pubblica" e la "collettivizziazione". Sei un appassionato di storia e conosci bene il Medioevo, quindi potresti capirmi se ti dico che faccio riferimento alla proprietà collettiva dei "commons", o "beni comuni", distrutta dalle "enclosures" del periodo Cromwelliano. Sono quelli che, oggi, vanno sotto il nome di "usi civici" e che, pur costituendo un patrimonio immenso, sono ormai negletti e abbandonati, al punto che el comunità stesse non sono in grado di utilizzarli e di difenderli.

Il fatto è che i “beni comuni”, che citi a proposito, il patrimonio demaniale tuttora esistente, dal momento che antiche legislazioni medioevali non sono state mai abolite, era composto da “terreno libero”, boschi, prati, distese, di cui ognuno poteva usufruire, di tutti e di nessuno.

Ma si trattava di distese naturali, di un terreno creato a beneficio degli uomini da Dio, nell’ottica medioevale.
Nessuno aveva diritto esclusivo su di esso, ma tutti, specialmente i più miseri, ne potevano beneficiare.

Nel caso dei mezzi di produzioni abbiamo invece un lavoro umano che vi sta dietro, di tempo e risorse investite.
Colui o coloro che partecipano a questa costruzione ne saranno i legittimi “proprietari”
Non riesco ancora a capire come possa un qualsivoglia “ente” decretare l’esproprio, la “collettivizzazione” senza compiere un atto autoritario, incompatibile con l’ideale anarchico.
_________

Ciao Flo

Propongo di riflettere più dettagliatamente su “abolizione” ed “espropriazione”.
[...]
Nell’ideale anarchico,questi termini stanno ad indicare la sottrazione di un potere dalle mani di pochi e la ripresa dei mezzi di sussistenza nelle mani dei diretti interessati.


C’è ancora quella parola, sottrazione, che presuppone un’azione coordinata, con un qualche “organo” che la decide e che la porta a termine.


E' la proprietà privata che fa violenza a questa "diversità",nel momento in cui per esprimerla si deve passare attraverso una logica concorrenziale spietata che non permette a tutti di mettere in campo la propria creatività e specificità.
Anche qui,per collettivizzazione non si intende l’omologazione,ma solo opportunità identiche per tutti.
L’edificazione non è un concetto sbagliato di per sé,ma è distorto nel momento in cui prevede introiti di pochi a danno di molti.


Opportunità identiche per tutti credo sia un concetto non incompatibile con la proprietà privata, così come diverse qualità potranno rendere diversi frutti.
A me pare che tutto quello che impedisca lo svilupparsi di queste diverse opportunità sia una violenza, mentre la disparità che oggi osserviamo è da imputare a degli organi governativi espressione di pochi privilegiati che convogliano la ricchezza creata a proprio beneficio.
In assenza di un potere di tal genere non ne occorrerebbe uno preposto a “collettivizzare” e ad impedire “l’accumulo”, ma semplicemente ognuno raccoglierebbe i suoi frutti.

Penso.
Un abbraccio anche a te, Flo.
______________

Detto questo, ed essendo l’argomento vasto, credo che ci siano tre grandi possibilità di trattazione al suo interno.

1- L’anarchia come ideale utopico, come esercizio letterario di definizione di “società il più possibile perfetta”

2-Esempi storici, anche per brevi periodi, in cui una organizzazione anarchica ha trovato attuazione (es° in Grecia dopo la guerra di indipendenza e prima del rafforzamento del potere centrale)

3- Possibilità di raggiungere oggi, nel XXI secolo, una organizzazione che ricalchi gli ideali dell’anarchia, senza usare mezzi che all’anarchia sono estranei, quali poteri rivoluzionari, movimenti di massa guidati da leader carismatici, sovversioni violente popolari.

Il terzo punto è forse quello che ci interesserebbe da più vicino.

Blessed be
_________________
-o- Ama e fa' ciò che vuoi -o-
Inviato il: 24/4/2006 17:27
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Re: Anarchia
#113
Sono certo di non sapere
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Perchè allora io potrei ragionare così: anarchia < alfa privativo + arché = mancanza di guida militare (questo è il senso strettamente etimologico)

Ma...

Arché è termine greco che significa "principio", "comando", "potere". Nella filosofia presocratica designa il principio unico a cui tutte le cose sono "asservite" ed entro cui ogni cosa vive la sua dimensione. L'arché è l'identità del diverso, inteso come principio unico ed eterno (incorruttibile) di cui ogni cosa è costituita, pur nella diversità di ciascuna sostanza terrena.

... non capisco dove hai trovato la guida militare.

C'è una corrente di pensiero che si chiama "anarchia", ma potrebbe chiamarsi "Pippo" e sarebbe lo stesso.

Ah beh, se era di pippe che stavate parlando, fate pure...

Possiamo attribuire un significato arbitrario alla parola e metterci a fare la conta di chi è dentro e chi fuori in base ai nostri personali parametri

Le parole hanno un significato, non è questione di parametri personali. Tu puoi dire di essere libero anche incatenato, ma in realtà non lo sei.

ragiornarci attorno in base alla sostanza (le teorie)

Le teorie sono la sostanza? Mi sono perso.

Oppure, se accettiamo l'uguaglianza anarchia=mancanza di autorità, allora il primo anarchico fu Epicuro che si era ribellato alla autorità dei pensatori precedenti.

Eh sì, perché l'autorità è un pensiero, non un soggetto.

Non che ne sia offeso, sia mai, stupito un pochino sì...

Speravo che anche tu te ne potessi fregare, di quel che penso io.
____________________________

Eppure,se esacerbassimo la cosa a tali livelli di "amareggiamento",ben pochi si sentirebbero liberi di esprimersi senza una perenne spada di Damocle che pende sul capo.

Eh?

Però,è pur vero che nonostante i mezzi di produzione necessitino di una qualche direzione,essa sarebbe tale solo in virtù del loro funzionamernto,non del loro possesso da parte di uno o di pochi.

Eh? #2

Riguardo all'ONU,sono d'accordo con te,ma se per caso dovesse esserci tra noi qualcuno che ha probabilmente la "colpa" di non aver seguito i dotti dibattiti relativi all'argomento,forse ci sono modi diversi di approcciare la discussione

Non vorrai mica che mi metta a "spiegare", vero?

La "a" privativa di "anarchia" non implica la privazione del rispetto per le opinioni altrui,almeno credo.

Il rispetto si guadagna, l'interesse non è dovuto, la partecipazione non è un dovere.
Vale per tutti, spero.

Così come non implica automaticamente il lasciar cadere ogni discussione che a qualcuno possa non piacere.

Per carità!

Anche se il tono autoritario lo giustificherebbe ampiamente.

Non mi pare di aver emesso alcuna legge speciale... non ancora, almeno.
Inviato il: 24/4/2006 17:34
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  •  nessuno
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Re: Anarchia
#114
Mi sento vacillare
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Citazione:
Non riesco ancora a capire come possa un qualsivoglia “ente” decretare l’esproprio, la “collettivizzazione” senza compiere un atto autoritario, incompatibile con l’ideale anarchico.


Beh, ci si può anche mettere d'accordo. Non credo che la violenza sia un obbligo nella costruzione del mondo.

Citazione:
Ma si trattava di distese naturali, di un terreno creato a beneficio degli uomini da Dio, nell’ottica medioevale... Nel caso dei mezzi di produzioni abbiamo invece un lavoro umano che vi sta dietro, di tempo e risorse investite.
Colui o coloro che partecipano a questa costruzione ne saranno i legittimi “proprietari"


Ma, per le possibilità dell'epoca, i beni comuni erano per l'appunto mezzi di produzione. E anche lì vi era molto lavoro umano, tempo e risorse investite...

Citazione:
Possibilità di raggiungere oggi, nel XXI secolo, una organizzazione che ricalchi gli ideali dell’anarchia, senza usare mezzi che all’anarchia sono estranei, quali poteri rivoluzionari, movimenti di massa guidati da leader carismatici, sovversioni violente popolari.


Questo è quanto mi interessa di più. Con due precisazioni:

1) Non confondiamo "rivoluzione" con "insurrezione". Non sono la stessa cosa. Capisco che l'iconografia e il modo di insegnare la storia ce li fanno spesso sovrapporre, ma si tratta di due cose differenti.

2) Non sovrapponiamo "rivoluzione", "insurrezione" e "violenza". Non sono né sinonimi né lontani parenti. La rivoluzione gandhiana fu compiuta senza violenza e senza insurrezione. Alcune insurrezioni violente non furono rivoluzioni. Molti episodi di violenza non hanno nulla a che vedere né con il primo né con il secondo termine della serie.

Eventualmente (anche se non si tratta di pensatori "anarchici") potrebbe essere utile leggersi i testi raccolti a questo link:

Gene Sharp: La politica dell'azione nonviolenta - traduzione italiana (3 voll). Edizioni Gruppo Abele. Qui in forma elettronica gratis

Buona vita

Guglielmo

P.S.: Pax, mi sembri un poco sopra le righe, a volte, nelle tue risposte. Posso condividere l'essenza di quel che dici, ma il modo in cui lo dici no.

_________________
"Quieremos organizar lo entusiasmo, no la obediencia" - Buenaventura Durruti
Inviato il: 24/4/2006 17:41
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Re: Anarchia
#115
Sono certo di non sapere
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Posso condividere l'essenza di quel che dici, ma il modo in cui lo dici no.

Pazienza. Io non condivido una virgola di ciò che hai appena scritto, me ne farò una ragione.

Fa' come ti pare (che è l'augurio più anarchico che ci sia. ), io farò come pare a me.
Inviato il: 24/4/2006 17:51
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  •  Pausania
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Re: Anarchia
#116
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Paxtibi, l'ultima cosa: il significato che tu mi porti di archè è quello filosofico, ma non è il significato. Comunque il mio era un ragionamento per assurdo, quindi vale poco tirarci fuori le critiche.

Citazione:
Le teorie sono la sostanza? Mi sono perso.

La sostanza del discorso, non la sostanza che trovi negli Analitici primi di Aristotele. Insomma il succo, il de quo, chiamalo come ti pare. Un po' di elasticità....

Citazione:
Eh sì, perché l'autorità è un pensiero, non un soggetto.

Ancora una volta: ragionamento per assurdo, non vale fare una critica del significato letterale

Citazione:
Ah beh, se era di pippe che stavate parlando, fate pure...

Non che freghi a nessuno (giustamente peraltro), ma di fronte a questi commenti, faccine o non faccine, sono seriamente tentato di abbandonare ogni tipo di discussione, leggere l'articolo di Massimo e nient'altro.
Inviato il: 24/4/2006 17:57
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  •  florizel
      florizel
Re: Anarchia
#117
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Non vorrai mica che mi metta a "spiegare", vero?

Pax,che tu ti metta a spiegare o meno,la cosa non cambia di una virgola:ritengo che il tuo atteggiamento sia tracotante,ultimamente.

E me ne dispiace molto. Non ho nessuna difficoltà ad affermare che i tuoi contributi sono preziosi,ma se questo implica l'arroganza che stai dimostrando negli ultimi tempi,pazienza,ci abitueremo anche a questo.

Il rispetto si guadagna
Certamente,e questo vale per tutti.
Che lo si guadagni non implica che qualcuno debba essere mandato affanculo prima ancora di aver intavolato una discussione solo perchè non la pensa esattamente come te.
Scusa,ma è quello che sento.

l'interesse non è dovuto

Nemmeno l'ingerenza,visto che l'interesse scarseggia.

la partecipazione non è un dovere

Idem come sopra.
Se ritieni che qualcuno abbia detto una stronzata,puoi anche non introdurti nella discussione,mi pare.
O,se lo fai,da te ci si aspetta l'argomentazione,non questo atteggiamento di superiorità,che di anarchico ha davvero molto poco.Soprattutto se rivolto verso persone che condividono anche con te l'impiego di energie e il piacere della discussione.

Non mi pare di aver emesso alcuna legge speciale... non ancora, almeno

Davvero molto divertente.
Quando la emetterai,faccelo sapere...Magari non è la Siberia,ma sai com'è,almeno sappiamo che abiti portarci dietro.
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Inviato il: 24/4/2006 18:07
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  •  fiammifero
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Re: Anarchia
#118
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Pax,se vieni al raduno,oltre che coprirti di baci per l'egregio lavoro che fai,ti regalerò dell'ottimo miele ,pare che tolga l'amaro in bocca
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Citazione:
le cose di cui ci sentiamo assolutamente certi non sono mai vere (Oscar Wilde)
Inviato il: 24/4/2006 19:12
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  •  Ashoka
      Ashoka
Re: Anarchia
#119
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Che bel forum :) a parte forse gli ultimi giorni. Mi spiace di non aver avuto tempo per parteciparci più attivamente. (post lunghissimo.. al solito il dono della sintesi.. )

Inizierò subito in modo odioso :)

***
Il termine anarchia fu utilizzato da Aristotele per indicare un periodo di Atene, intorno al 589-587 a.c. in cui fu impossibile eleggere gli Arconti. Questo per l “indagare le cose a partire dalle parole”.
***

Ma veniamo a quello che è il concetto chiave degli ultimi interventi: la proprietà

La domanda che pongo (anche a me stesso, dal momento che una risposta chiara non ce l'ho) è: il concetto di proprietà è anteriore a quello di violenza (e di dominio)?

Una risposta affermativa a questa domanda implica che all'interno di un gruppo di persone che decide di vivere assieme si possano mutualmente riconoscere vincoli di proprietà (il martello è tuo perché l'hai costruito tu) all'interno di una completa libertà (non vi è nessuna autorità a sancire/difendere/(eventualmente usurpare) il concetto di proprietà ma sono gli stessi partecipanti alla comune a riconoscerlo mutualmente e volontariamente).

In questo tipo di comunità viene promossa la piena affermazione individuale e l'efficienza della produzione. Ognuno tende a sviluppare le proprie inclinazioni al meglio per produrre di più e garantirsi, attraverso gli scambi, tutto ciò di cui ha bisogno.

Ed attraverso gli scambi di beni (baratto) si individua e si seleziona (non imposizione o convenzione forzata dunque) un tipo di merce la quale ha il pregio di essere accettata da tutti come controparte degli scambi:

se Tizio ha una bottiglia d'acqua e per cederla vuole un panino io non sarò quindi costretto a scambiare le mie merci sino ad ottenere il panino che lui desidera ma potrò dare a Tizio un altro tipo di merce (la moneta) in quantità sufficiente a garantirgli l'acquisto del panino. Tizio accetterà lo cambio perché sa che con la moneta può andare alla bancarella dei panini e comprarsi quello che preferisce.

Quindi in questo caso la moneta è una merce selezionata dal mercato (e non prodotta convenzionalmente)

Sono stati posti alcuni problemi a questo punto di vista.

Pausania Citazione:
Bisogna tornare alle basi delle teorie economiche socialiste: un operaio produce 100, il capitalista guadagna 98, l'operio prende 2. In realtà quel 100 prodotto appartiene all'operaio ed il capitalista ruba senza alcun diritto, se non quello della forza, il guadagno dell'operaio. Il punto sta tutto qui: se si parte dall'assioma “ad ognuno secondo il suo lavoro, ad ognuno secondo il bisogno”, non si pone tanto in discussione la proprietà privata, ma chi è proprietario. Chi lavora ha parte dei guadagni, chi non lavora no.


Gli economisti Austriaci fanno notare una cosa di cui i socialisti non tengono conto: il fattore tempo.
Se la produzione del bene X richiede un anno ed il capitalista (sfruttatore!) riceverà 120 (vengono i calcoli + facili!) dalla sua vendita non si può sostenere che l'operaio dovrebbe ottenere 10 al mese nei 12 mesi durante i quali lavora alla produzione del bene.

Infatti, poiché preferiamo consumare un bene oggi piuttosto che tra un anno i 120 ottenuti scaglionati durante i 12 mesi avrebbero un valore superiore ai 120 ricevuti dal capitalista alla vendita del bene.

Il margine del capitalista è quindi determinato da questo anticipare il risultato economico del lavoro dell'operaio in aggiunta alla messa a disposizione dei mezzi di produzione che il capitalista stesso ha acquistato.

L'operaio d'altro canto, in questa società descritta, ha la facoltà di acquistare i mezzi di produzione dal produttore stesso (che sarà felicissimo di venderglieli) e lavorare per un anno aspettando di ricevere i 120 che gli competono alla fine.



Shevek Citazione:
A mio modo di vedere, per la contraddizione che nol consente, ha un senso solo la visione "anarcocomunista": il capitalismo implica la proprietà privata dei mezzi di produzione - in altri termini qualcuno può impadronirsi di beni essenziali a chiunque ed impedirne l'accesso al resto della società - e ciò implica di fatto il potere politico, la coercizione statale. Senza di questa, nessuno accetterebbe una formazione economica che lo riducesse all'umiliazione ed alla fame.


Quelli che sono mezzi di produzione per un dato bene sono essi stessi prodotti e quindi acquistabili liberamente. Nel tipo di società descritta sopra il capitalista che offrisse un salario troppo basso per il lavoro prestato verrebbe messo fuori mercato da chi invece lo fa, realizzando quindi una perdita netta (il costo dei mezzi di produzione)


Sempre Pausania Citazione:
Per quanto riguardo la legge naturale che tutti dovremmo seguire senza alcuna imposizione, quale sarebbe mai?


I giuristi romani (indipendenti e non statali) avevano un'idea precisa di legge.
Consisteva nell'analisi e nell'interpretazione del comportamento umano all'insorgere del problema riscontrato. Non era quindi una decisione dall'alto del delegato esperto in materia ma uno studio delle soluzioni che si erano trovate in passato e della serie di proposte alternative, errori, tentativi che avevano generato la soluzione poi adottata come principio.

Un problema che non ho visto proporre invece (il topic e' molto vasto) è quello della cosiddetta uguaglianza di opportunità che intendo come:

la libertà per ogni nato di determinare da sé la propria vita

Il fatto che un figlio di contadini poverissimi possa sviluppare ad esempio le sue inclinazioni scientifiche e diventare uno scienziato.

Ed in questo caso entra in gioco la solidarietà, ovviamente volontaria di chi vive assieme e che nella storia è sempre stata più forte là dove meno delegata ad uno Stato ed ai privilegi che esso concede.

E' da ricordare inoltre che il valore dei beni è fortemente soggettivo e spesso ragionare in termini specificamente economici e deterministici per descrivere la socialità è fuorviante. A volte un sorriso vale più di molte ricchezze e il dare è esso stesso appagante. Ma sono valutazioni personali e come tali sono anche nostra responsabilità

Non vedo quindi nessun motivo per cui siano i cittadini stessi a garantirsi la mutua assistenza in caso di bisogno, ad offrire l'odiato (da alcuni) accumulo a chi ne ha bisogno. Ma non nel senso che qualcuno decide per tutti cosa dare a chi quanto piuttosto come somma di individui che superano il complesso del “Se lo facessero gli altri lo farei anche io” e partecipano, volontariamente al sostegno di chi è in difficoltà.

Vi è qualche differenza sostanziale con il principio “Da ciascuno secondo le possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni” ?

Sì, il mezzo per arrivarci

Ashoka
Inviato il: 24/4/2006 19:50
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Re: Anarchia
#120
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Ashoka, non ho capito molto bene la posizione degli economisti austriaci: cioè non ho capito dove sta l'inghippo. Potresti darmi qualche indicazione a proposito?

Citazione:
I giuristi romani (indipendenti e non statali) avevano un'idea precisa di legge.
Consisteva nell'analisi e nell'interpretazione del comportamento umano all'insorgere del problema riscontrato. Non era quindi una decisione dall'alto del delegato esperto in materia ma uno studio delle soluzioni che si erano trovate in passato e della serie di proposte alternative, errori, tentativi che avevano generato la soluzione poi adottata come principio.

Quindi non c'è nessuna legge naturale, cioè precedente e superiore all'intervento umano e quindi immutabile; c'è solo un procedimento empirico che porta via via a ricomporre i conflitti della società mano a mano che essi si presentano nella pratica, alla ricerca di un punto di equilibrio che si possa prefiguare come quanto più possibile equo (almeno in teoria). O no?

Citazione:
Il termine anarchia fu utilizzato da Aristotele per indicare un periodo di Atene, intorno al 589-587 a.c. in cui fu impossibile eleggere gli Arconti. Questo per l “indagare le cose a partire dalle parole”.

Questo per dimostrare che le parole non hanno significato univoco nel tempo e nei luoghi, ma mutevole a seconda dei contesti in cui viene usato.
"Democrazia era il termine con cui gli avversari del governo popolare [di Pericle ad Atene] definivano tale governo, intendendo metterne in luce proprio il carattere violento (kratos indica appunto la forza nel suo violento esplicarsi). Per gli avversari del sistema politico ruotante intorno all'assemblea popolare, democrazia era dunque un sistema liberticida."
L. CANFORA, La Democrazia. Storia di un'ideologia, Laterza, pp.12-13
Tanto per dire cosa valgono le parole a volte.

Inviato il: 24/4/2006 22:02
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