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  Il rifiuto dell’autorità

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  •  franco8
      franco8
Re: Il rifiuto dell’autorità
#391
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 6/12/2005
Da
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0)
Citazione:
Franco8, stai provando a confondermi, eh? Ma non mi freghi mica. Sono fuuurrrbo, io (e anche “fico”, lo sai).

Bah! confuso lo sono io, se metto insieme le tue diverse risposte...
Boh... sulla fuuurbaaggggine non ho più tanto questa impressione...

1)
Citazione:
La gerarchia è istintivamente riconosciuta da moltissimi gruppi animali, fra cui l’uomo. (Se qualcuno ha intenzione di confutare tale affermazione lo prego di postare sufficienti dati a sostegno, grazie. In caso contrario, mi limiterò ad ignorare l’obiezione e a declassare l’interlocutore. )

1.1
Non si tratta di confutare l'affermazione, quanto di confutare (o prima ancora di capire, per quanto mi riguarda) quali conclusioni ne possiamo trarre)
Ne dobbiamo trarre, tanto per fare un esempio estremo, che è lecito e naturale avere una classe politica che guadagna quello che guadagna la nostra?...
1.2
Di istinti ne abbiamo tanti. Prima di tutto ne abbiamo diversi e anche contrapposti. Seconda cosa gli istinti non determinano univocamente il nostro comportamento... (Uomo animale culturale)
Sono le "scale di valori" di cui hai a più riprese parlato, che poi contribuiscono a definire quelle gerarchie, ad essere invece determinate dalle culture ...
Citazione:

La scala gerarchica è dunque connaturata nei gruppi umani.

...
Citazione:

E la forfora e l’alitosi?

...Che fai ti "autodeclassi" ?

2.1
Perfino in certi casi negli animali, ma ancor di più fra gli uomini non c'è un unica "gerarchia": c'è chi è il più saggio, c'è chi è il più autorevole e decisionista nei momenti di crisi , c'è chi è il più competente in un dato campo ecc ecc.
Il risultato è che, in un gruppo l'auotorevolezza e il peso nelle decisioni viene riconosciuto a persone diverse nelle diverse situazioni.
2.2
Ignora pure tutte le obiezioni che vuoi... Nessuno ti obbliga. Ma di certo gli altri non deducono da ciò una "insufficienza dei dati a sostegno", ma altro...
Cominciamo a fare la lista delle "obiezioni" ignorate?

Citazione:

Gruppo umano -> gerarchia -> supremazia+subordinazione. Elementi inscindibili.

Mah!
3.1
S'è detto e ridetto, mi pare, che i problemi nascono , ad esempio, quando tale supremazia non è riconosciuta dai "subordinati" ma semplicemente subita...
S'è risposto, mi pare che ciascuno non sceglie dove e quando nascere... (Ma ciò porta comunque a situazioni problematiche non "risolte"... vedi differenze tra "società" e "Società" di cui si parlava tempo addietro )
3.2
Ma una cosa è la "gerarchia" che deriva dalll'interazione diretta e dalla conoscenza diretta fra le persone (quella comparabile alle gerarchie nei gruppi animali)
Altra cosa (niente affatto "naturale" ma esclusivamente "culturale", credo) è l'autorità delle istituzioni. (Autorità di Enti o Entità... in un certo senso.. "mai visti nè conosciuti"...- se mi passate l'espressione -)

4)
Citazione:

4) Ci rassegnamo e, un po’ umiliati dalla nostra natura così imperfetta e rozza e iniqua, cerchiamo di far funzionare comunque le cose limitando i danni

4.1
Appunto "limitare i danni" equivale (o potrebbe essere in ipotesi) a "tendere" verso quella situazione in cui tutti siano "custodi" di sè stessi... e in cui non esistano imposizioni forzate.

Citazione:

I custodi stessi, naturalmente, che non saranno probabilmente un gruppo monolitico, non possono essere intesi automaticamente come un’unità indivisa; quindi ognuno di essi sarà sottoposto al controllo degli altri.


Quello che hai descritto è un gruppo di pari "grado". Non avere superiori , essere sullo stesso "piano", non significa essere tutti uguali o non avere anche autorevolezze diverse o competenze diverse in campi diversi... ma che non esiste un unica "scala" di riferimento....

4.2
Bisonga vedere poi che significa "rassegnarci alla nostra natura" (ammesso di capire cosa sia questa "nostra natura")
Nasciamo "nudi", essendo connaturata alla nostra natura la mancanza di pelliccia, eppure andiamo in giro vestiti, mi pare...
O dovremmo "rassegnarci alla nostra "natura" e andare in giro nudi?
_________________
.... ....io non mi definisco affatto volentieri ateo, non più di quanto io sia a-MickeyMouse.
..
(detto, fatto)
Inviato il: 20/4/2007 11:37
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#392
Mi sento vacillare
Iscritto il: 10/1/2007
Da
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Premessa: Franco8, io vedo che continui a dibattere e questo mi fa piacere, perché voglio pensare che tu sia in una posizione ‘aperta’ riguardo all’argomento. Penso che però, con un po’ più di riflessione su quello che scrivo certe questioni che poni potresti risolvertele fra te e te. Parto dal fondo.

Franco8
Citazione:
4.2 Bisogna vedere poi che significa "rassegnarci alla nostra natura" (ammesso di capire cosa sia questa "nostra natura")

Francamente, “capire cosa sia la nostra natura” la considero impresa piuttosto improba e probabilmente oltre le nostre forze (dei qui presenti ma anche di chiunque altro); io personalmente mi accontento di constatare la nostra natura. Ad esempio, io constato che l’affettività fa parte della natura umana, così come la socialità, così come il senso del possesso e della gerarchia. Non ci penso proprio ad attaccarci un mio giudizio o valutazione. Però cerco di tenerne conto, quando penso e quando agisco. Non mi sembra un approccio né forzoso né complicato. Se tu dalla osservazione di te stesso e dei tuoi simili ritieni di potere negare gli aspetti che ho indicato come intrinseci alla natura dell’uomo, benissimo; non capisco come potresti, ma benissimo lo stesso. Certo, il dibattito finirebbe qui.

Citazione:
Nasciamo "nudi", essendo connaturata alla nostra natura la mancanza di pelliccia, eppure andiamo in giro vestiti, mi pare...
O dovremmo "rassegnarci alla nostra "natura" e andare in giro nudi?

Franco8, il livello di questa osservazione... vabbé.
Per conservare l’analogia diciamo che il corpo umano è tutto quanto è connaturato all’uomo di importante (fra cui il “senso della gerarchia” che dico io) e i vestiti sono il “sistema sociale”; quello che io sostengo è che nel pensare e nel fare il vestito (qualunque vestito) puoi variare su molte cose (tessuto, colore, foggia, ecc.; perdona la banalità degli esempi) ma devi comunque rispettare la morfologia del corpo che vuoi abbigliare. Ora, si potrebbe anche ritenere che “sarebbe più giusto” che i pantaloni abbiano cinque gambe e produrre in serie tale modello, per carità (mi viene in mente - gargarismo saponato... conteggio di riflessione... fatto! - l’Anarchia, chissà perché); ma non sarebbero pantaloni per l’uomo, che di gambe ne aveva e ne ha sempre solo due. Spero di non dovere tornare su questo punto.

Citazione:
Non si tratta di confutare l'affermazione, quanto di confutare (o prima ancora di capire, per quanto mi riguarda) quali conclusioni ne possiamo trarre)

Che il “senso della gerarchia” nell’uomo sta lì anche se qualcuno strilla a squarciagola “No! No! No! Non è vero! Non mi piace! Non lo voglio!”. C’é. Sta lì. Da sempre. Per sempre. Nei secoli dei secoli, Amen.

Citazione:
Ne dobbiamo trarre, tanto per fare un esempio estremo, che è lecito e naturale avere una classe politica che guadagna quello che guadagna la nostra?...

A Fra’... Ma secondo te, io ho mai sostenuto anche solo implicitamente una cosa del genere? Va bene l’interpretazione, però… Va la, va.

Citazione:
Di istinti ne abbiamo tanti. Prima di tutto ne abbiamo diversi e anche contrapposti. Seconda cosa gli istinti non determinano univocamente il nostro comportamento... (Uomo animale culturale)
Sono le "scale di valori" di cui hai a più riprese parlato, che poi contribuiscono a definire quelle gerarchie, ad essere invece determinate dalle culture ...

Franco8, il senso è abbastanza semplice: la cultura umana si innesta sulla parte istintuale, la argina, le da una direzione piuttosto che un’altra, la “canalizza” diciamo… NON LA ANNULLA AFFATTO!!! L’istinto sta sempre lì, sotto il ‘pelo dell’acqua’, sempre pronto a riemergere ad ogni ‘distrazione’. E’ primario. E’ strutturale. E’ in-dis-trut-ti-bi-le. Non “ce l’abbiamo”, “lo siamo”.

Citazione:
Perfino in certi casi negli animali, ma ancor di più fra gli uomini non c'è un unica "gerarchia": c'è chi è il più saggio, c'è chi è il più autorevole e decisionista nei momenti di crisi , c'è chi è il più competente in un dato campo ecc ecc.

Ma c’è sempre una gerarchia. Ipotizzare un contesto sociale senza gerarchia é... un’astrazione?... un’utopia?... una (ehm) cazzata?

Citazione:
Il risultato è che, in un gruppo l'auotorevolezza e il peso nelle decisioni viene riconosciuto a persone diverse nelle diverse situazioni.

Ma a qualcuno viene riconosciuto, volta per volta. Lo stai dicendo tu. E io concordo. E scommetterei anche che c’è più di uno che, in un gruppo, non occupa MAI il ruolo di “punto di riferimento”; perché non ne è all’altezza?

Citazione:
Ignora pure tutte le obiezioni che vuoi... Nessuno ti obbliga. Ma di certo gli altri non deducono da ciò una "insufficienza dei dati a sostegno", ma altro...
Cominciamo a fare la lista?

A Fra’... QUI sei tedioso. Sinceramente. Se hai l’impressione che mi stia sottraendo al dibattito... ne hai facoltà. Non cercherò di convincerti del contrario.

Citazione:
S'è detto e ridetto, mi pare, che i problemi nascono, ad esempio, quando tale supremazia non è riconosciuta dai "subordinati" ma semplicemente subita...

Si. Certo. La situazione avrà diversi sbocchi: uno è che la situazione rimanga esattamente com’è, un altro è che muti (in tutti i modi possibili). Ma, qualunque cosa succeda, di cosa potremo essere ragionevolmente certi, dato che il contesto sarà rimasto “umano”? Che l’uomo continuerà ad esprimere sé stesso. E siccome si porta dentro il senso gerarchico...

Citazione:
S'è risposto, mi pare che ciascuno non sceglie dove e quando nascere... (Ma ciò porta comunque a situazioni problematiche non "risolte"... vedi differenze tra "società" e "Società" di cui si parlava tempo addietro )

Ma resta il fatto che (si nasca di qui, di la, di su o di giù) se si nasce in un gruppo sociale umano (ieri, oggi o domani) si avrà a che fare con la gerarchia perché... perché… perché… Esatto!!! Perché è dentro di noi!
(Si, si, anche dentro di te, Franco8. Sotto sotto sei un perverso anche tu, non negare. Brutto lurido gerarchico UOMO! )

Citazione:
Ma una cosa è la "gerarchia" che deriva dalll'interazione diretta e dalla conoscenza diretta fra le persone (quella più vicina agli animali)
Altra cosa (niente affatto "naturale" ma esclusivamente "culturale", credo) è l'autorità delle istituzioni.

Guarda, Franco8, da come la metti tu sembra che la prima sia accettabile e la seconda no. Ciò mi fa sperare che ’sta “cosa” della gerarchia la possiamo considerare “sdoganata”. Se è così, offro da bere a tutto il 3D per festeggiare e rinuncio a fare puntualizzazioni su quello che dici. Caso mai ci torniamo sopra prima del secondo giro di pinte.

Citazione:
Appunto "limitare i danni" equivale (o potrebbe essere in ipotesi) a "tendere" verso quella situazione in cui tutti siano "custodi" di sè stessi... e in cui non esistano imposizioni forzate.

Franco8, “migliorare” la situazione è un conto; “rifondare” l’uomo è un altro paio di maniche. Mi sembra un obiettivo un po’... presuntuoso, ecco.
Bada bene: io sono convinto che tramite un’adeguata azione sociale e culturale si possano fare grandi cose nel senso che dici tu, ma l’egualitarismo... che tutti possano raggiungere lo stesso livello di maturazione… la stessa “qualità”, per riprendere un tema già introdotto nel 3D… temo proprio che sia altrettanto illusorio che negare il “senso gerarchico” presente nell’uomo.

Citazione:
Quello che hai descritto è un gruppo di pari "grado". Non avere superiori non significa essere tutti uguali o non avere anche autorevolezza diversa o competenze diverse in campo diversi o in altro.

Questa non l’ho capita bene, mi dispiace.


Prealbe
Inviato il: 20/4/2007 21:03
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#393
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 7/7/2005
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Citazione:
se si nasce in un gruppo sociale umano (ieri, oggi o domani) si avrà a che fare con la gerarchia

Ergo, OGNI gruppo sociale umano sarebbe gerarchicamente organizzato.

Logica perfetta.
Citazione:
Ipotizzare un contesto sociale senza gerarchia é... un’astrazione?... un’utopia?... una (ehm) cazzata?

Poi se ci invii qualche link contenente la dimostrazione scientifica di questo tuo dogma che non ti fa dormire la notte, noi pure siamo contenti.
Citazione:
E scommetterei anche che c’è più di uno che, in un gruppo, non occupa MAI il ruolo di “punto di riferimento”; perché non ne è all’altezza?

Non puoi fottere il prossimo sempre con la stessa faccia, l'autorità ha esigenza di assicurarsi il dominio attraverso un'intercambiabilità che deve procedere parallelamente alle possibilità di "comprensione" delle cose da parte di chi la SUBISCE. Un po' lo stesso criterio che è alla base dei governi "dell'alternanza", non so se mi spiego...
Citazione:
che tutti possano raggiungere lo stesso livello di maturazione… la stessa “qualità”

E perchè mai si dovrebbe essere TUTTI UGUALI?
E perchè MAI "diversità" di qualità o di maturazione implicherebbe "- buono" o "+buono"? O addirittura stabilirebbe una "gerarchia"?
prealbe, stai affermando dei "dogmi", non dando una spiegazione delle cose.
_________________
"Continueremo a fare delle nostre vite poesie, fino a quando Libertà non verrà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi". Vittorio Arrigoni
Inviato il: 21/4/2007 23:17
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#394
Mi sento vacillare
Iscritto il: 10/1/2007
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Florizel!!!

Bentornata!!!

Tutto bene? Ti trovo nella consueta forma argomentativa smagliante. Mi fa sinceramente piacere.

Solo... vedevo che hai utilizzato il vocabolo "logica"... ecco, non so... vuoi magari approfondire meglio con un buon dizionario e poi riprovare da capo?

A presto.


Prealbe
Inviato il: 21/4/2007 23:28
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  •  arturo
      arturo
Re: Il rifiuto dell’autorità
#395
Ho qualche dubbio
Iscritto il: 1/3/2007
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Sono svariati giorni che seguo questa appassionante discussione.

Non sono intervenuto perché avrei rischiato ( aggiungendo probabilmente solo qualche inutile riflessione) di spezzare l’incantesimo del magnifico “duetto” Francotto/Prealbe

Ma visto che altri utenti ora si sono intromessi ne approfitto per esprimere a Francotto tutta la mia ammirazione per l’incessante e coraggiosa tenacia con la quale si (di)batte per difendere le sue posizioni e a Prealbe tutto il mio apprezzameno per l’olimpico distacco, la LINEARE ( e difficilmente confutabile) LOGICA unita ad un sorprendente elegante umorismo strumenti con i quali rende possibile affrontare e discutere con leggerezza un tema che leggero non è
Inviato il: 22/4/2007 0:43
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#396
Sono certo di non sapere
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"vedevo che hai utilizzato il vocabolo "logica"... ecco, non so... vuoi magari approfondire meglio con un buon dizionario e poi riprovare da capo?"

Nel giochino di venirti dietro e postarti il link col significato di "LOGICA" non ci casco, e ora tu dovresti essere così gentile dai spiegare cosa ci trovi di ILLOGICO in quello che ho scritto, così andiamo avanti col ragionamento e non col dogma. Va bene?
Grazie.
E' possibile che la mia "forma argomentativa" non sia smagliante quanto la tua, o è possibile che sia solo DIVERSA dalla tua, ma questo non mi impedisce assolutamente di farti notare che il tono con cui ti rivolgi agli utenti contunua ad essere offensivo, e del tutto gratuitamente.
Citazione:
Ora, si potrebbe anche ritenere che “sarebbe più giusto” che i pantaloni abbiano cinque gambe e produrre in serie tale modello, per carità (mi viene in mente - gargarismo saponato... conteggio di riflessione... fatto! - l’Anarchia, chissà perché); ma non sarebbero pantaloni per l’uomo, che di gambe ne aveva e ne ha sempre solo due. Spero di non dovere tornare su questo punto.

Torniamoci, invece.
Dunque, stai dando per scontato che la "normalità" di un paio di pantaloni "a due gambe" corrisponda alla "normalità" delle gerarchie: è il passaggio intermedio che, leggo e straleggo, mi sfugge.
E cioè, mi sfugge COME ed IN BASE A COSA tu abbia stabilito che la gerarchia sia la "normalità".
Ed in base a cosa determini che la "cultura", innestandosi sulla parte istintuale dell'individuo, debba necessariamente "canalizzarla", ed in più sottintendendo con ciò che la destinazione ovvia non può essere che la "gerarchia".

Mi hai aperto un mondo: finora pensavo che la "cultura" (certo, non quella caterva di "tendenze" passeggere e transitorie a sfondo consumistico calata dall'alto) fosse ESPRESSIONE dell'interezza degli individui, compresa la parte istintuale, ed ora guarda cosa si scopre... che essa stia lì ad "arginarla"...
Citazione:
se si nasce in un gruppo sociale umano (ieri, oggi o domani) si avrà a che fare con la gerarchia perché... perché… perché… Esatto!!! Perché è dentro di noi!

L'intera storia umana dimostra che dentro di noi è un luogo TROPPO VASTO per contenere solo il "senso" della gerarchia, anzi pare che da quando questa si è imposta lo abbia fatto con metodi coercitivi più o meno nocivi.
Altro che "connaturato".
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Inviato il: 22/4/2007 3:32
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#397
Sono certo di non sapere
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"Non sono intervenuto perché avrei rischiato (aggiungendo probabilmente solo qualche inutile riflessione) di spezzare l’incantesimo del magnifico “duetto” Francotto/Prealbe"

Eh, ma questi sono i rischi che si corrono, su un sito aperto a tutti, ed all'interno di forum "non riservati".

Ovviamente, mi associo all'apprezzamento per franco8 per la sua incessante e coraggiosa tenacia, nonchè per la sua IMMENSA pazienza.
_________________
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Inviato il: 22/4/2007 3:38
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#398
Mi sento vacillare
Iscritto il: 10/1/2007
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Florizel, Florizel...

Ci sono dei casi in cui l’ironia, escludendo il deliberato ignorare o l’aperto insulto per manifesto e reiterato abuso del “Dove vai?” “Porto pesci.”, rimane l’unica strada possibile. E’ un modo “soft” (se decidessi di essere offensivo, dammi retta, ti accorgeresti della differenza ) per invitare la controparte a riflettere un po’ meglio (se possibile) prima di mettere mano alla tastiera.

Io continuo a trovare i tuoi post sostanzialmente privi di aggancio con quanto vado scrivendo; l’ho già spiegato in precedenza. A distanza di 19 pagine di 3D, non posso che confermare la cosa. Mi spiace. Sarei ben contento di avere un interlocutore in più, ma il dialogo deve rispettare certi presupposti, se no diventa qualcosa di surreale.

Non importa, non è mica detto che io e te si debba per forza comunicare. Ok?

Da parte mia mi posso impegnare a risponderti non appena colga un segnale di attinenza con le mie argomentazioni, d’accordo? Tu, però, per favore, fai uno sforzo in questa direzione, va bene? Prova a contenere la tua veemenza a favore dell’analisi.

Grazie.


Prealbe
Inviato il: 22/4/2007 12:19
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#399
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 7/7/2005
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Citazione:
Ci sono dei casi in cui l’ironia, escludendo il deliberato ignorare o l’aperto insulto per manifesto e reiterato abuso del “Dove vai?” “Porto pesci.”, rimane l’unica strada possibile. E’ un modo “soft” (se decidessi di essere offensivo, dammi retta, ti accorgeresti della differenza ) per invitare la controparte a riflettere un po’ meglio (se possibile) prima di mettere mano alla tastiera.

Ribadisco: rileggi, cortesemente, quel cazzo di post e cerca di dare una risposta. Cosa ci trovi di ILLOGICO in quello che ho scritto?

Quanto all'offensivo, chiarisco un concetto che sembra sfuggirti, e che ti è stato illustrato altre volte, in questo thread: si può offendere il proprio interlocutore anche senza usare termini espliciti o dichiaratamente "diretti", e questo lo sai.
Io continuo a trovare i tuoi post sostanzialmente dogmatici, e te ne ho spiegato la ragione.
Mentre tu continui ad ignorarla, adducendo come motivo il "non coglierne il senso".
Fino a prova contraria, nessuno può impedirmi di considerare "surreali" i presupposti di partenza delle tue argomentazioni, cioè quegli stessi DOGMATISMI che ti invito a chiarire.

Pretendere che si seguano i parametri discorsivi che tu stabilisci, eludendo una riflessione sui concetti "a monte" che costituiscono l'intera struttura delle tue asserzioni, non mi pare un segnale di dialogo costruttivo.

Ti invito a rifletterci.
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Inviato il: 22/4/2007 12:49
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Re: Il rifiuto dell’autorità
#400
Sono certo di non sapere
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Da
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Ipotizzare un contesto sociale senza gerarchia é... un’astrazione?... un’utopia?... una (ehm) cazzata?

Err. Umm. E chi lo ipotizza?
Inviato il: 22/4/2007 12:56
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  •  arturo
      arturo
Re: Il rifiuto dell’autorità
#401
Ho qualche dubbio
Iscritto il: 1/3/2007
Da
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Rispondo a Florizel che dice :

@ Eh, ma questi sono i rischi che si corrono, su un sito aperto a tutti, ed all'interno di forum "non riservati".@

E’ vero. Ognuno è libero d’ intervenire

Ma, personalmente, per farlo non mi avvalgo nè mi basta l’autorizzazione esterna del sito.

Purtroppo sono condizionato da una autoriazzazione interna a me stesso che mi spinge all’autocritica e di conseguenza all’autocensura o all’autolimitazione secondo una scala di valori soggettiva che peraltro, nella misura in cui ( non c’è verso che riesca a nascondere di essere un vegliardo e anche rompiscatole, per giunta !) dovesse essere condivisa da un considerevole numero di persone, potrebbe in un certo senso definirsi relativamente oggettiva

Non che sia necessariamente obbligato ad obbedire a questa seccantissima (oltrchè saccentissima) "forza" interiore : mi capita sovente di non raccogliere l' ’avvertimento autodifensivo e di autoregolazione proveniente forse da una mia conclamata malformazione genetica

Sta di fatto che ogni volta che dico o scrivo qualche sciocchezza e qualcuno me lo fa notare portando indiscutibile argomentazione a mio carico , a meno di non essere completamente cretino ( o peggio in malafede) mi trovo costretto ad ammettere l’errore e a ritirarmi in buon ordine

Al contrario se nessuno dovesse sottolineare le eventuali mie incongruenze e/o castronerie, sia perché non le riconosce sia perché le condivide, mi troverei in grande imbarazzo.
Infatti non saprei se dovermene rallegrare o preoccupare

Spero di essermi fatto capire : le mie deboli forze non mi permettono di fare di più
Nel caso non ci fossi riuscito me ne scuso in anticipo non solo con lei, Florizel, ma anche con gli altri
------

aggiungo che, a proposito di questo mio ultimo intervento, non ho avuto “dal mio’interno" un chiaro segnale di via libera …diciamo che il semaforo era acceso sul giallo

In sintesi
ATTENZIONE ! : comportamento “ a rischio"
Inviato il: 22/4/2007 14:24
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#402
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 7/7/2005
Da dove potrei stare meglio.
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Citazione:
Purtroppo sono condizionato da una autoriazzazione interna a me stesso che mi spinge all’autocritica e di conseguenza all’autocensura o all’autolimitazione secondo una scala di valori soggettiva

Mi permetta di farLe notare, arturo, che INTANTO, come Lei stesso sottolinea a pie' del Suo post, l'autorizzazione interna a Se stesso ha introdotto argomentazioni non esattamente "in topic", cosa sulla quale si può (almeno per quanto mi riguarda) sorvolare.

Al di là delle considerazioni su eventuali quanto opinabili e SOGGETTIVI giudizi circa ciò che sia "sciocchezza" e quello che non lo sia, mi preme intervenire sull'oggetto CENTRALE di discussione di questo forum: la gerarchia come inevitabile destino dell'essere umano.

Argomento che non è stato correlato da plausibili ragionamenti che ne confermino la veridicità, ma sostenuto da posizioni dogmatiche e da contorsioni dialettiche vòlte a dirottare il confronto su basi date per scontate in maniera definitiva quanto arbitraria.

Ecco: la mia "forza interiore" mi IMPONE di intervenire su quella che ritengo una distorsione di base passibile di inficiare qualunque speculazione discorsiva.

In ogni caso, grazie infinite per i Suoi amabili consigli, ma (come avrà senz'altro capito) senza questo tipo di "approccio", talvolta sperticato e senz'altro irriverente quanto vuole, e parecchio "comune" a gran parte degli utenti che frequentano qusto sito, Luogocomune sarebbe stato solo un riflesso della solita pappetta al gusto di "ovvietà", elargita sistematicamente e con lo scopo di rendere scontato quello che invece non lo è AFFATTO.

Spero di essermi fatta capire, ma se non dovessi esserci riuscita, ho una considerevole dose di forze ancora a disposizione.
_________________
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Inviato il: 22/4/2007 15:19
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  •  NERONE
      NERONE
Re: Il rifiuto dell’autorità
#403
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Iscritto il: 13/9/2004
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Purtroppo sono condizionato da una autoriazzazione interna a me stesso che mi spinge all’autocritica e di conseguenza all’autocensura o all’autolimitazione secondo una scala di valori soggettiva che peraltro, nella misura in cui ( non c’è verso che riesca a nascondere di essere un vegliardo e anche rompiscatole, per giunta !) dovesse essere condivisa da un considerevole numero di persone, potrebbe in un certo senso definirsi relativamente oggettiva

forse Arturo voleva dire che quando non si è del tutto certi di non proclamare cazzate, nel dubbio...astenersi......forse era Ot la sua considerazione, ma secondo me , nemmeno tanto.
Sull'ironia ho una mia idea personalissima : si dovrebbe dichiarare patrimonio dell'umanita', ma credo non si possa ancora fare perche' a qualcuno è ancora semisconosciuta.
Sulle offese, stenderei un velo pietoso...prealbe è stato tutto tranne che offensivo, ma a sua volta non ha avuto lo stesso trattamento. Si puo' dissentire su cio' che dice, e magari accusarlo di usare troppa ironia, ma che abbia usato l'offesa, anche indiretta, non mi pare proprio...a meno che ..qualcuno non si senta offeso di suo.
Per il resto, se ognuno cercasse di scrivere come mangia, magari ci si sentirebbe meno offesi e piu' compresi...sempre nell'ambito di un confronto su un forum eh?

Considero il ragionare di Prealbe tutt'altro che dogmatico, direi che è anche ( e fin troppo) realistico, forse puo' sembrare duro e disilluso, ma certamente scevro da dogmi. Parla dell'uomo, nella sua piu' totale bestialita'...se questo è un dogma...aime'..molto meglio usare l'ironia.
Inviato il: 22/4/2007 15:31
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#404
Sono certo di non sapere
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Citazione:
forse Arturo voleva dire che quando non si è del tutto certi di non proclamare cazzate, nel dubbio...astenersi

Spero che anche tu possa condividere con noi questo concetto, anche in assenza di “autorità” preposte a ricordartelo.
Per il resto, sarebbe opportuno che ti soffermassi sulla SOSTANZA della discussione.

Innanzitutto, ci terrei a sottolineare che si sta dando una discussione su qualcosa di GIA’ dato per scontato.
Post n° 1 di questo forum:

prealbeCitazione:
L’aspetto dell’organizzazione sociale che è attualmente più fortemente soggetto ad un viscerale rifiuto e ad una avversione radicale è, senza dubbio alcuno, l’idea di autorità (...) Ciò dipende dall’affermazione di una visione dell’essere umano non più soggetto ad una scala di valori ‘oggettiva’ e condivisa

Si potrebbe capire, di grazia, per quale ragione gli individui non potrebbero condividere una visione della vita e dell’essere umano che NON aderisce al concetto di “gerarchia”?
Citazione:
A me appare viceversa come una forma spesso spietata di ‘abbandono a se stessi’ del proprio prossimo, un crudele ‘politically correct’ del vivere, nell’assurda convinzione che il ‘rispetto dell’altro’ si concretizzi nella ‘non interferenza’ con le sue scelte

E si potrebbe spiegare, sempre molto cortesemente, come fa a coincidere la “delega” delle proprie vite alle autorità con il contrario dell’abbandono a se stessi del proprio prossimo, cioè con la CURA diretta dell’altro da sé?
Grazie.

A dimostrazione del fatto che prealbe NON INTENDE mettere in discussione il suo dogma, né gradisce che lo si faccia.
Post 366:

prealbe Citazione:
Perché il "concetto dell'autorità" in un contesto umano é quanto di più concreto ci sia

franco8
Citazione:
Ma questo... Lo devo prendere alla lettera?!

Giustamente.

Post 367, prealbe:
Citazione:
Franco8, se me lo chiedi così, mi fai preoccupare. Che c’è, un errore di ortografia? Comunque, se l’ho scritto... dimmi cosa ti suscita. Parliamone.

L’ironia non compensa la superficialità con cui si liquida la domanda di franco8 e di altri utenti.
Mi spiace.

Post 376:
franco8 Citazione:
Visto che le regole le i limiti le fissa l'autorità stessa come può auto-limitarsi?

Altra sacrosanta domanda più volte posta, come l’altra: “chi controlla i controllori?”, a cui è stato risposto con semplicistici postulati:
prealbeCitazione:
Perché non è necessariamente composta da malati di mente con personalità narcisistico/paranoico/ossessiva?
Perché può trattarsi di esseri umani (come me e te) che interpretano il loro ruolo non come semplice fonte di ingiustificati privilegi?
Perché magari condividono essi stessi la scala di valori della società?

Queste tre affermazioni sono palesemente smentibili, mediante la semplice osservazione del comportamento delle “autorità”.
Come è stato fatto in svariati post di questo “fortunato” thread, tale solo per offrire uno sterminato numero di fallacie che nessun “essere pensante” si sognerebbe di accettare come “verità indiscusse”.
NERONE
Citazione:
si è liberi quando si ha la consapevolezza di non esserlo. Accettare con consapevolezza il fatto di non essere liberi, ci libera dalla falsità di credere di esserlo....

E questa “perla”, se si sostiene la NECESSITA’ dell’autorità come elemento a garanzia della libertà , è tutto un programma, per altro perfettamente corente con le fallacie di cui sopra.

Buona continuazione.
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"Continueremo a fare delle nostre vite poesie, fino a quando Libertà non verrà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi". Vittorio Arrigoni
Inviato il: 22/4/2007 16:59
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  •  arturo
      arturo
Re: Il rifiuto dell’autorità
#405
Ho qualche dubbio
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@Mi permetta di farLe notare, arturo, che INTANTO, come Lei stesso sottolinea a pie' del Suo post, l'autorizzazione interna a Se stesso ha introdotto argomentazioni non esattamente "in topic", cosa sulla quale si può (almeno per quanto mi riguarda) sorvolare@

Carissima Florizel
A dir il vero l’argomento della discussione mi sembra riguardi L’AUTORITA’ e dunque non mi pare di essere andato fuori tema da questo punto di vista.

Semmai il mio timore si riferiva all’eventualità d’interrompere il gustoso ( ma proprio per questo assai intelligente ed intrigante) scambio di vedute tra i due maggiori protagonisti di questo forum, interferendo con interventi non all’altezza ( come appunto i miei ma non per questo necessariamente fuori luogo) del contraddittorio succitato

La ringrazio comunque dell’ l’indulgenza dimostrata nei miei confronti che l’ha benevolmente portata a “sorvolare” su di una mia eventuale ipotetica trasgressione delle regole

D’ora in poi mi limiterò a leggere le vostre argomentazioni così come, diligentemente in silenzio, ho fatto finora
Inviato il: 22/4/2007 17:59
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#406
Sono certo di non sapere
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Citazione:
A dir il vero l’argomento della discussione mi sembra riguardi L’AUTORITA’ e dunque non mi pare di essere andato fuori tema da questo punto di vista.

Certamente no, se solo mi indicasse in quale riga del Suo post , il 401, ne fa accenno.
Citazione:
La ringrazio comunque dell’ l’indulgenza dimostrata nei miei confronti che l’ha benevolmente portata a “sorvolare” su di una mia eventuale ipotetica trasgressione delle regole

Gentilissimo arturo, Le stavo semplicemente facendo notare che se Lei sceglie di seguire l’autorizzazione “interiore” per esprimere o meno considerazioni circa un dato argomento, non vedo perché altri debbano porsi la stessa problematica, considerando che i forum son qui per essere discussi.
Il resto sono solo Sue elaborazioni, mi creda. L’altezza, o il livello, degli interventi fortunatamente non dipende unicamente dalla pomposità aulica con cui vengono esposti, ma soprattutto dai loro contenuti, e principalmente su un sito che, ripeto, non si accontenta delle ovvietà.
Ci siamo chiariti o resteranno dei fraintesi tanto incolmabili da generare altri equivoci?
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Inviato il: 22/4/2007 18:56
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#407
Mi sento vacillare
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Florizel
Citazione:
Ribadisco: rileggi, cortesemente, quel cazzo di post e cerca di dare una risposta. Cosa ci trovi di ILLOGICO in quello che ho scritto?

Tutto. Mi spiace. Non posso salvare neanche la firma, visto che l’hai omessa.

Citazione:
Quanto all'offensivo, chiarisco un concetto che sembra sfuggirti, e che ti è stato illustrato altre volte, in questo thread: si può offendere il proprio interlocutore anche senza usare termini espliciti o dichiaratamente "diretti", e questo lo sai.

Se è per questo, ci si può offendere anche se qualcuno ci dice “Buongiorno.” o “Buonasera.” oppure non ci dice niente ma ci guarda in un modo che non ci è gradito; ma fargli carico del nostro offenderci, anziché ipotizzare un nostro eccesso di suscettibilità, mi sembra un pelino azzardato. Io, ad esempio, trovo offensiva praticamente ogni tua sillaba, nei confronti dell’interlocutore come dell’intelligenza. Ma sono certo che non c’è intenzione, quindi sorvolo e passo oltre. Ti suggerisco di fare altrettanto. Si vive più sereni.

Citazione:
Io continuo a trovare i tuoi post sostanzialmente dogmatici, e te ne ho spiegato la ragione.
Mentre tu continui ad ignorarla, adducendo come motivo il "non coglierne il senso".

E’ proprio così. Sicuramente limite mio, come ho già detto in passato.

Citazione:
Fino a prova contraria, nessuno può impedirmi di considerare "surreali" i presupposti di partenza delle tue argomentazioni, cioè quegli stessi DOGMATISMI che ti invito a chiarire.

E’ vero, nessuno può impedirtelo.

Citazione:
Pretendere che si seguano i parametri discorsivi che tu stabilisci, eludendo una riflessione sui concetti "a monte" che costituiscono l'intera struttura delle tue asserzioni, non mi pare un segnale di dialogo costruttivo.

Interessante. Pensa che io invece avevo l’impressione di avere argomentato, qua e la.

Citazione:
Ti invito a rifletterci.

Sarà mia cura.


Prealbe
Inviato il: 23/4/2007 11:44
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  •  franco8
      franco8
Re: Il rifiuto dell’autorità
#408
Dubito ormai di tutto
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prealbeCitazione:
Premessa: Franco8, io vedo che continui a dibattere e questo mi fa piacere, perché voglio pensare che tu sia in una posizione ‘aperta’ riguardo all’argomento.

Mi dispiace sinceramente di non poter dire propriamente la stessa cosa di te...
(Per le ragioni abbondantemente spiegate in precedenza)...
Accontentiamoci di provare a riflettere sui contenuti...

prealbeCitazione:

Francamente, “capire cosa sia la nostra natura” la considero impresa piuttosto improba e probabilmente oltre le nostre forze (dei qui presenti ma anche di chiunque altro); io personalmente mi accontento di constatare la nostra natura.
....

"capire quale sia", "constatare", "conoscere",... magari mi sono espresso male, ma il senso mi pareva chiaro... "capire quale sia" mi pare un passo che precede il "rassegnarsi"...
(Esempio stupido: so che devo morire, sono rassegnato - non posso far nulla per evitarlo - Ma di certo non mi suicido, nè son contento di morire...).

Tu hai spiegato con ciò che cosa intendi in questo caso per "rassegnarci alla nostra natura"?

prealbeCitazione:

citazione-
Il risultato è che, in un gruppo l'auotorevolezza e il peso nelle decisioni viene riconosciuto a persone diverse nelle diverse situazioni.

Ma a qualcuno viene riconosciuto, volta per volta. Lo stai dicendo tu. E io concordo. E scommetterei anche che c’è più di uno che, in un gruppo, non occupa MAI il ruolo di “punto di riferimento”; perché non ne è all’altezza?


Il punto è un'altro. Il "riconoscimento" che può avvenire di volta in volta (cui avevo accennato io) e anche il concetto di "gerarchia naturale" cui fai riferimento tu (come abbiamo detto) è comunque del tutto diverso dall "autorità" delle "mega-strutture" che vorrebbero "legittimarsi" basandosi su questo presunto "senso della gerachia".... (non si basano assolutamnete sulla "qualità" delle persone)

Si ripete costantemente la stessa storia : non solo pretendi che un qualcosa sia un "dato di fatto" non negabile, ma ne sembri dedurre altre cose che non sono affatto deducibili da questa ..

Le differenze, poi, sono molteplici (ormai dovrebbe essere più che chiaro).
Tanto per fare un esempio terra-terra :
Supponiamo che in un gruppo "naturale" ci sia quello che non è "all'altezza"... il gregario che segue sempre gli altri... Supponiamo invece che un giorno gli girino le scatole, oppure ha una illuminazione... e gli sembra insensato un qualcosa che gli hanno "ordinato" di fare...
Il capo/punto-di-riferimento, a meno che non sia un po' coglionaccio, non gli dirà:
"stai zitto e ubbidisci perché sei una nullità e devi solo fare quello che ti dico...!"
E non avrà alcun mezzo per "costringere" il tipo in questione... Che fa? Manda la polizia? Andrà dagli altri è dirà: "guardate! Mi ha disubbidito!.."
Sempre che non siano un'organizzazione di neo-nazisti, gli altri gli direbbero: "'Mbe'!? E tu chi sei?!..."
E quindi, tranne che il "ribelle" in questione non sia un serio pericolo per gli altri (anzi, in tal caso è più probabile che lo sia il "capo"), si prenderebbe solo un bel po di pernacchie...

Quindi non è il bambino che strilla a squarciagola “No! No! No! Non è vero! Non mi piace! Non lo voglio!”. (Perché vuole il cioccolato e non accetta il fatto che troppo cioccolato gli fa male al pancino... Una volta l'esperienza e la maturazione.. hanno fatto il loro..Cosa c'entra l'autorità!?)
Ma è la persona adulta e responsabile che dice semplicemente: "E No! Scusa tanto! Ma che diritto hai?"
(a meno che tu non voglia ammettere che quel qualcuno che non è "all'altezza" non possa mai diventare adulto e responsabile) (PRE-giudizio)

Quindi... siamo sempre lì: "gerarchia naturale" boh! Vabbè ...Ma bisognebbe vedere anche cosa se ne potrebbe dedurre...

prealbeCitazione:

Franco8, il senso è abbastanza semplice: la cultura umana si innesta sulla parte istintuale, la argina, le da una direzione piuttosto che un’altra, la “canalizza” diciamo… NON LA ANNULLA AFFATTO!!! L’istinto sta sempre lì, sotto il ‘pelo dell’acqua’, sempre pronto a riemergere ad ogni ‘distrazione’. E’ primario. E’ strutturale. E’ in-dis-trut-ti-bi-le. Non “ce l’abbiamo”, “lo siamo”.

/Anche se non sono proprio d'accordo su tutto) No. Non lo annulla. (Chi mai ha detto questo?!)
Il punto è che il risultato di quel che "siamo" è SEMPRE il combinarsi delle due cose (cultura/apprendimento e natura/instinti ecc)... Cosìcchè la "natura umana" è assolutamente una astrazione... impossibile a "constatarsi"

-----------

Se arturo (e anche NERONE) motivassero un po' di più (con dei contenuti) gli apprezzamenti alla "LINEARE LOGICA" di prealbe, mi farebbe piacere...
(anche qui.. lo dico per loro)

-----------
prealbeCitazione:

citazione-
Quello che hai descritto è un gruppo di pari "grado". Non avere superiori non significa essere tutti uguali o non avere anche autorevolezza diversa o competenze diverse in campo diversi o in altro.

Questa non l’ho capita bene, mi dispiace.

Non avere superiori non significa essere tutti uguali.
Non significa non avere anche autorevolezza diversa o competenze diverse in campo diversi.

Puoi rileggerti la tua al numero 386:
prealbeCitazione:

I custodi stessi, naturalmente, che non saranno probabilmente un gruppo monolitico, non possono essere intesi automaticamente come un’unità indivisa; quindi ognuno di essi sarà sottoposto al controllo degli altri.

e tutto il resto.

I "custodi" non hanno "superiori". Hai considerato la cosa?
_________________
.... ....io non mi definisco affatto volentieri ateo, non più di quanto io sia a-MickeyMouse.
..
(detto, fatto)
Inviato il: 23/4/2007 12:48
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#409
Mi sento vacillare
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Una sola considerazione a caldo. Poi rispondo anche al resto.

Franco8
Citazione:
Il punto è che il risultato di quel che "siamo" è SEMPRE il combinarsi delle due cose (cultura/apprendimento e natura/instinti ecc)...Cosìcchè la "natura umana" è assolutamente una astrazione... impossibile a "constatarsi"

Scusami, Franco8, questa (la conclusione) è una fesseria macroscopica. Sarebbe (forse) sostenibile se avessimo un solo contesto socioculturale da esaminare; ma così non è, purtroppo per la tua teoria. Abbiamo invece una quantità assai ampia di contesti culturali estremamente diversificati tra loro in cui, tra le enormi differenze, troviamo tuttavia degli elementi assolutamente costanti (tra cui, ma guarda un po’, il senso della gerarchia); a me la logica dice che tali minimi comuni denominatori ci parlano precisamente della natura umana. Tu vuoi invece per caso invocare la coincidenza fortuita?

A parte il fatto che se ci mettiamo a postulare l’inconoscibilità assoluta della natura umana mi domando che senso abbia di pretendere di dire alcunché di ragionato in merito ad argomenti che abbiano al loro centro precisamente l’essere umano.

Uffa!


Prealbe
Inviato il: 23/4/2007 14:37
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  •  florizel
      florizel
Re: Il rifiuto dell’autorità
#410
Sono certo di non sapere
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Citazione:
Io, ad esempio, trovo offensiva praticamente ogni tua sillaba, nei confronti dell’interlocutore come dell’intelligenza.

Ora, prealbe, ci chiariamo: stai affermando che io sarei una stupida, fammi capire?
Sono 21 pagine di thread che ti si sta pregando di spiegare IN BASE A COSA tu dia per scontato che la gerarchia è connaturata all'individuo e quindi inevitabile, ti si sta facendo (molto educatamente, anche TROPPO) notare che QUELLO E' UN TUO DOGMA non estendibile ed applicabile alla realtà, e non rispondendo tu te ne stai strafottendo dell'intelligenza di altri utenti, se proprio non vuoi considerare la mia.
E mentre te ne strafotti, non perdi occasione di minimizzare gli interventi altrui (non solo i miei, ti sia chiaro) con qualche parolina di ostentata superiorità che, francamente, risulterebbe patetica se non ti servisse a deviare altrove la discussione.

Giusto per chiarire un aspetto già toccato in precedenza:
Citazione:
troviamo tuttavia degli elementi assolutamente costanti (tra cui, ma guarda un po’, il senso della gerarchia)

Stai tirando delle somme approssimative, poichè la "costante" non implica l'omogeneità, ed è su questo che ti si sta invitando a riflettere: se la gerarchia è un aspetto interiore all'individuo, lo è ANCHE la tendenza a liberarsene. Questo ci dice qualcosa, no? Potrebbe dirci che l'individuo è in perenne lotta tra la "sicurezza" della delega e la LIBERTA' delle scelte dirette, ad esempio.
O potrebbe dirci che le "autorità" tendono a comprimere la seconda, e ad alimentare la prima (laddove si sono verificate esperienze sociali ed umane in tal senso) per scopi la cui ovvietà può sfuggire solo a chi non ha ancora "capito" , e molto chiari invece ai fanatici degli "ordinamenti sociali gerarchizzati".

Trovo l'esempio di franco8 estremamente calzante, a questo proposito:
Citazione:
so che devo morire, sono rassegnato - non posso far nulla per evitarlo - Ma di certo non mi suicido, nè son contento di morire...

Come trovo sensata anche questa sua osservazione
Citazione:
Non significa non avere anche autorevolezza diversa o competenze diverse in campo diversi.

Spero tu voglia tornarci.
_________________
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Inviato il: 23/4/2007 15:25
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  •  arturo
      arturo
Re: Il rifiuto dell’autorità
#411
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( ARTURO, chiamato in causa, risponde interrompendo la regola del silenzio solo per pochi minuti.. Ne garantisce comunque la sua immediata ripresa)
____

Mi sembra d aver capito che Prealbe abbia iniziato la conversazione affermando che l’esigenza di riconoscere un’ autorità trascendente se stesso ( determinata dalla scala gerarchica naturale ) è una qualità connaturata nell’essere umano e pertanto IMPOSSIBILE da rifiutare

Probabilmente però devo aver capito male perché se fosse stata questa la tesi non ci sarebbe dovuto essere il contraddittorio che ne è seguito ( o perlomeno non avrebbe dovuto svolgersi come si è svolto) in quanto l’affermazione è inconfutabile

Non perché sia “il dogma” di qualche teoria filosofica ma perché è la natura stessa dell’uomo che lo conferma

Come è naturale il sentimento dell’amore altrettanto lo è quello di protezione

Può darsi però che si sia confuso il concetto di autorità“ trascendente” con quello di autorità “fatta uomo”

Ossa il concetto di AUTORITA’con quello di POTERE

Due cose ben distinte e separate che tuttavia dovrebbero convivere equilibratamente ed insieme concorrere a regolare e ad accompagnare la vita sociale degli individui

La prima infatti s’identifica con la parte “buona” del Potere, ossia con il suo aspetto protettivo e dialetticamente comunicativo . Si occupa e si preoccupa essenzialmente dell’Uomo e dei suoi diritti, non solo del cittadino ( Il Potere autorevole)

Il secondo è determinato dal diritto giuridico.
Se non è controbilanciato, sostenuto e in sostanza legittimato da una valida Autorità, il Potere che ne deriva si fonderà sulla forza e si trasformerà in coercizione e prevaricazione

In quest’ultimo caso il suo rifiuto ( del Potere privo di Autorità)) non solo è possibile ma spesso è doveroso e legittimo

Al contrario il rifiuto e l’ ostilità verso l’Autorità, unico baluardo di difesa che dovrebbe impedire l’ instaurazione dellla sovranità del Potere inteso nel suo senso negativo sarebbe una scelta incoerente e dissennata ( oltrechè ovviamente impossibile in quanto contronatura) .
Inviato il: 23/4/2007 15:41
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  •  franco8
      franco8
Re: Il rifiuto dell’autorità
#412
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Citazione:

Citazione:

)...Cosìcchè la "natura umana" è assolutamente una astrazione... impossibile a "constatarsi"

Scusami, Franco8, questa (la conclusione) è una fesseria macroscopica.

Potrebbe sembrare se non fosse una risposta alla tua "contatazione", semplicemente è da leggere in relazione a questa.
Non è generalizzabile, ma è valida nel campo che stiamo considerando dei rapporti interpersonali e sociali (di questo si parlava)

Citazione:

A parte il fatto che se ci mettiamo a postulare l’inconoscibilità assoluta della natura umana mi domando che senso abbia di pretendere di dire alcunché di ragionato in merito ad argomenti che abbiano al loro centro precisamente l’essere umano.

Appunto, stai "assolutizzando" la mia risposta che non pretendeva di essere assoluta.
Non capisco poi se ti sfugga o no la differeza tra "dire qualcosa di ragionato" e "fissare dei dogmi indiscutibili".

Sei tu, infatti, che pretendi di stabilire (anzi di "constatare" con assoluta certezza) degli attributi tanto vincolanti e tanto "complessi" alla natura umana...
Costatazioni che ti servono semplicemente per bollare come "utopistici", irrealistici o altro, qualsiasi discorso che metta in dubbio queste tue affermazioni.

Ma non si tratta di "postulare inconoscibilità assoluta", ma ricordare che qualsiasi "constatazione" di sorta (soprattutto nel campo delle interrelazione sociali, interpersonli ecc) non può prescindere da quell'osservazione:
il risultato di quel che "siamo" è SEMPRE il combinarsi delle due cose cultura/apprendimento e natura/instinti ecc)...

Citazione:

Sarebbe (forse) sostenibile se avessimo un solo contesto socioculturale da esaminare...

Importa poco quanti contesti prendi in esame, è il metodo che non è valido.
Trovare degli "elementi assolutamente costanti" (ammesso che sia vero) non sarà mai sufficiente in generale (nel senso che dipende da caso a caso) a dire che quegli elementi sono necessari sempre e comunque.
Perché l'argomento logico (a prescindere quindi da natura/cultura) si riduce a:
"Siccome quella data cosa c'è sempre stata, allora ci deve essere sempre"
..argomento che in questo campo è poco applicabile.
-------------
#371
prealbeCitazione:
Diciamo che nel contesto umano "l'assoluto" (qualunque "assoluto") se non considerato come ciò che é, cioé un'astrazione, fa più male che bene. Vale per la libertà come per la giustizia come per qualsiasi altra idea.

E l'autorità.. l'eccezione che conferma la regola?
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..
(detto, fatto)
Inviato il: 23/4/2007 15:41
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  •  NERONE
      NERONE
Re: Il rifiuto dell’autorità
#413
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Prealbe chiede : Nerone risponde.

Qualche centinaio di post fa avevo cercato di dare una mia interpretazione del concetto di autorità/libertà/gerarchia partendo dalle origini dell’uomo, poichè secondo me autorità libertà e gerarchia nascono insieme/ e /con la nascita dell’uomo, o meglio , dell’uomo/sociale.
Mi piace la storia, ed è nella storia che spesso vado a ricercare le risposte alle mie domande .
Ed una domanda che mi sono posto è questa :
la storia degli uomini ci ha sempre offerto una grande varietà di sistemi di rappresentanza, di concezioni dell'autorità, di strutture sociali, di istituzioni politiche allora per quale motivo per millenni, nessun popoìo è andato a cercare, fuori dal proprio àmbito, modelli da imitare ed ha continuato ad organizzarsi in conformità alle proprie esigenze, alle proprie inclinazioni, ai propri valori? Forse perche’ gli uomini ed i popoli non sono uguali e cio’ che puo’ essere valido per un popolo puo’ non esserlo per un altro?
Si è detto in questo 3D che l’uomo puo’ esistere solo in quanto uomo/sociale : il gruppo è la condizione per la sopravvivenza dell'uomo, rappresenta quindi, oltre ad un fatto oggettivo, un fatto positivo, la risultante di un'esigenza, anzi, di un gran numero di esigenze.
Il gruppo sociale per sopravvivere deve avere compatezza al suo interno e indirizzare all’esterno la sua aggressività : e questa regola ha fatto si che oggi noi si “esista”, pensiamo infatti cosa sarebbe accaduto se l’aggressività dell’uomo si fosse rivolta all’interno del gruppo stesso : noi non esisteremo.
Se non si vogliamo percorrere delle strade che conducono all'utopia, cioè al nulla, è necessario comprendere la realtà, conoscere la storia l'uomo e le leggi che hanno regolato per tanti millenni le società ed hanno consentito alla specie umana di sopravvivere sino ai nostri giorni.
La società nasce dunque come necessità inderogabile e, immediatamente, si struttura in maniera gerarchica ed originale: gerarchica in risposta all'esigenza di funzionalità, per rispondere alle specifiche caratteristiche di ogni popolo.
L'autorità nasce al tempo stesso come propensione naturale di alcuni uomini a comandare e dalla generale accettazione della scala gerarchica che si viene a creare.
Questa è una esigenza dell’uomo , niente di piu’.
Le società nascono dunque come organicamente utili a sé stesse , dove i diversi ruoli sono compenetrati , con accettazione quindi, delle diversità . Il contadino aveva bisogno del soldato che difendesse i suoi campi, ma anche il soldato, per nutrirsi, aveva bisogno del contadino e cosi’ via.
La gerarchia non era altro che il modo organico in cui si strutturava il gruppo sociale, oggi magari la chiamiamo classe , ceto o categoria, ma resta comunque una organica suddivisione dei ruoli(spiacente, ma è ancora cosi’).
Onde evitare “confusioni”, devo precisare che non cè nessun riferimento alle gerarchie politico/partitiche/statalistiche in quello che ho cercato di dire, ma solo il perché secondo me e non solo, la gerarchia e l’autorità hanno fatto parte dell’uomo/sociale per millenni ed hanno permesso la continuità dell’esistenza stessa dell’uomo.
Ci puo’ piacere o non ci puo’ piacere, questo è evidente. Poi come ci infiliamo il concetto di libertà in tutto questo è abbastanza complesso. Sarà che mi rifaccio forse troppo alla filosofia, ma per come la vedo io, la libertà non esiste , e dato che il concetto di libertà non è tanto semplice e direi che a volte è anche insopportabile, mi rassegno al fatto che non ci sia ritenedo questa mia rassegnazione una notevole dose di libertà (lo so lo so, è una contraddizione…ma la penso cosi’ che ci volete fare!)….magari mi rassegno fischiettando qualcosa dei Ricchi e Poveri …
Inviato il: 23/4/2007 15:44
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Re: Il rifiuto dell’autorità
#414
Sono certo di non sapere
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Verità e nichilismo: le mistificazioni della Randazzo su ComedonChisciotte.

Particolarmente pertinente lo stralcio:
Come riesce il gruppo dominante a metterci una divisa emotiva, psichica o ideologica? Attraverso le mistificazioni, cioè le mezze verità, le falsificazioni o le trappole emotive. Per secoli ci ha raccontato la filosofia che ha voluto, ci ha detto che la scienza è verità inoppugnabile o che esiste una realtà "oggettiva" a cui riferirsi. Questa realtà ce la indicavano le autorità religiose o, per chi non aveva fede, gli "esperti scienziati". Per intraprendere il percorso di cui ho già parlato, occorre innanzitutto chiedersi come questo gruppo di persone manipola la nostra mente, facendoci acquisire concetti di base propri della loro mentalità e non della nostra.

Ad esempio, il termine "idealista" indica nella nostra tradizione filosofica l'essere sganciati dalla realtà, come se il pensiero in sé non possedesse alcuna vera realtà, o non fosse esso stesso una realtà. Ora, dato che l'attività di pensiero è fondamentale per gli esseri umani, costituendone l'essenza, ritengo che essa debba essere considerata realtà in sé. Anche se non sempre ciò che si ritiene in teoria ha una valenza euristica o produce effetti concreti, è anche vero che nessuna realtà è divenuta tale senza esser prima stata creata dal pensiero. Di conseguenza, distinguere fra realtà cosiddetta "concreta" e realtà "teorica", nel senso imposto dall'élite, significa separare nettamente l'idea prodotta dal pensiero, intesa come non realizzabile, e la realtà "concreta", considerata vera perché già realizzata.

Ovviamente, l'élite punta a farci credere che l'unica realtà possibile sia quella che essa stessa ha creato, nascondendo che tale realtà è soltanto una parte di ciò che potrebbe essere. Per dirla in modo più chiaro, all'interno di questa logica, se si viene tacciati di essere "idealisti" o "utopisti", e questo viene a significare "non sei concreto" o "non accetti la realtà concreta", ciò potrebbe essere lusinghiero, poiché la realtà concreta che l'élite oggi ha costruito è una realtà criminale, e se si sceglie di adattarvisi solo per sentirsi "concreti" si diventa complici di crimini orrendi. Meglio passare per "idealisti".

Per demistificare, occorre dire che il sistema che attualmente ci viene indicato come verità concretamente possibile è basato sull'inganno. Dunque, la "concretezza" è oggi soltanto una truffa. Infatti, essa è piena di contraddizioni e paradossi. Pensiamo, ad esempio, al fatto che ci vorrebbero far credere che tutto è relativo, però al tempo stesso ci inducono a credere che la scienza è assoluta; oppure, ci fanno credere che la realtà più superficiale degli esseri umani è la vera (percezione, istinto, ecc.), ma allo stesso tempo ci trattano come animali, perché sanno che se gli esseri umani derogano alle proprie prerogative di autoconoscenza diventano uguali a qualsiasi gregge animale. Avete dubbi sul fatto che ci trattino alla stessa stregua di un gregge animale?

Pensiamo ai giornali o ai telegiornali che ci dicono parecchie falsità, perché lo fanno se non per metterci in una gabbia emotiva e psichica? Nella Storia ciò è avvenuto anche concretamente, nel senso che molte persone, specie in Vietnam, sono state rinchiuse nelle gabbie per animali. Diversi giornali raccontarono questi fatti agghiaccianti, ad esempio, il New York Times del 13 agosto 1973 scriveva: “Vo Thi Bach Tuyer venne picchiata e sospesa per i piedi sotto una luce abbagliante. Poi fu rinchiusa in una cella minuscola (gabbia per tigri), mezzo allagata, con i topi e gli insetti che si arrampicavano sul suo corpo”.

Si trattava, non a caso, di persone che avversavano il potere dell'élite, e il metterli in gabbia (come il torturarli) acquisiva il valore di metterli in schiavitù fisicamente, dato che non erano riusciti a metterli in gabbia psichicamente o emotivamente. Perché tanta ferocia? Perché le persone che oggi dominano sanno che il momento in cui la maggior parte degli esseri umani non avrà più bisogno di affidarsi ad un potere esterno coinciderà con la loro scomparsa. Più il momento si avvicina e più sfoderano tutte le loro capacità di ingannare e di brutalizzare. Ma il loro potere ha dei limiti, e per capire questi limiti occorre sapere su cosa esso si basa. Come abbiamo avuto modo di spiegare, delegare la propria esistenza conferisce un potere a qualcun'altro, e dato che ciò impedisce una reale crescita interiore, colui che si approprierà di questo potere è malvagio, in quanto basa il suo dominio sulla mancata crescita degli altri.

La sete di potere e l'avidità inducono queste persone ad approfittare della delega emotiva che viene loro concessa per accrescere le possibilità che tale potere si perpetui nel tempo, e giunga a produrre effetti su ogni aspetto dell'esistenza umana, persino sui settori che dovrebbero attuare la liberazione, come la religione, la cultura o l'arte. Su cosa si basa tale delega emotiva? Si basa sulla paura della propria emotività, ovvero degli aspetti di se stessi percepiti come negativi o da nascondere. Infatti, sin da piccoli subiamo condizionamenti che ci inducono, anche in maniera del tutto subliminale, a ritenere di essere nullità oppure "sbagliati" se seguiamo spontaneamente le nostre emozioni. E' un aspetto fondamentale del sistema quello di inviarci impulsi che ci inducono a sentirci inadeguati, ad avere scarsa autostima oppure a credere che c'è qualcosa in noi che non va. Ciò non è affatto sorprendente se pensiamo che l'intero sistema è improntato alla distruttività, ed essa viene diretta da noi stessi contro noi stessi, esprimendo il grado con cui noi introiettiamo la realtà esterna ritenendola più forte e più vera della nostra realtà interna.

Il sistema non potrebbe reggersi senza questa introiezione distruttiva. Dunque la paura è paura di noi stessi, ovvero degli aspetti che crediamo spaventosi, perché ci hanno indotti a crederlo. Per ovviare a questa paura ci appoggiamo a ciò che ci arriva dall'esterno, producendo in una certa misura (chi più, chi meno) una sorta di ottundimento emotivo, o di identificazione con la realtà esterna e la relativa rinuncia allo sviluppo e all'utilizzo di risorse interne. In altre parole, attuiamo una sorta di "congelamento" delle nostre vere risorse interiori, a favore di un sistema che in ogni aspetto plasmerà la nostra vita, e ci farà diventare ciò che ritiene opportuno, al fine di autoperpetuarsi. Va da sé che non ritiene affatto opportuno che molti di noi inizino a chiedersi chi sono veramente, cosa vogliono e, soprattutto, come cambiare i propri vissuti emotivi in modo da renderli meno distruttivi e più motivati alla vita e all'autorealizzazione.

L'élite si prodiga a cooptare tutto quello che potrebbe indirizzare verso questa strada, cioè la scontentezza, la rabbia o la frustrazione, ed ecco che spuntano i vari "guru", i "capi carismatici" o coloro che denunciano il sistema ma si guardano bene dall'indicare su cosa esso si basa realmente. Gran parte delle filosofie, delle religioni o dei numerosi sistemi pseudo-spirituali sono frutto di questi tentativi di impedire un vero percorso di crescita interiore, che può essere soltanto libero, cioè sganciato dalle autorità esterne. Infatti, se la realtà è unica, significa che la verità è dentro di noi come all'esterno, e che cercarla all'esterno senza prima averla trovata all'interno significa ritornare allo stato gregario di prima. Trovare se stessi non esclude di certo il formare gruppi o società organizzate sotto tutti i punti di vista, ma certamente esclude l'assetto attuale, in cui è un gruppo ristretto a dettare legge, e ad imporre ciò che la maggior parte delle persone riconosce come sbagliato e deplorevole. In altre parole, dalla realtà dei singoli si potrà creare spontaneamente una realtà collettiva, ed essa non potrà essere, in una società di persone libere, frutto di un atto di dominio o di sopraffazione.
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Inviato il: 23/4/2007 16:35
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#415
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Florizel
Citazione:
Ora, prealbe, ci chiariamo: stai affermando che io sarei una stupida, fammi capire?

Naturalmente, no. Non mi permetterei mai. Non sto parlando di te (non ci conosciamo, ricordi?) ma di quello che scrivi. Ormai ho fatto mio il principio di LC: "Qui si discutono le idee e non le persone". Tra l’altro, come ho chiaramente espresso, è la mia valutazione soggettiva. Nei tuoi post trovo più veemenza che intelligenza, mi sembra siano più trascinati dall’esigenza di proclamare che di analizzare, e se la logica ti contraddice, beh, peggio per lei; più che ragionamenti, manifesti propagandistici dai toni roboanti di chi è convinto di avere trovato la “chiave” della società perfetta. Ma è la mia personalissima impressione. E non pretendo di avere ragione.


Prealbe
Inviato il: 23/4/2007 16:35
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  •  prealbe
      prealbe
Re: Il rifiuto dell’autorità
#416
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PikeBishop
Citazione:
Verità e nichilismo: le mistificazioni della Randazzo su ComedonChisciotte.

Particolarmente pertinente lo stralcio:
Come riesce il gruppo dominante……………………

Una teoria davvero interessante; si sostiene per caso anche su altro che non siano le parole che la compongono?


Prealbe

P.S. Poi si mette in discussione la religione, eh? Vuoi mettere con la concretezza delle tesi(?!?) riportate?
Inviato il: 23/4/2007 16:53
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Re: Il rifiuto dell’autorità
#417
Sono certo di non sapere
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Citazione:
i sostiene per caso anche su altro che non siano le parole che la compongono?

Appunto che invece non si basa neanche le parole che lo compongono.
Citazione:
Vuoi mettere con la concretezza delle tesi(?!?) riportate?

Quali tesi? Non si e' vista alcuna concretezza i centinaia di post solipsistici, e dira che e' stata troppo gentilmente richiesta ripetutamente.
Ma e' come avere a che fare con i "most active", l'onere della prova compete sempre agli altri.

E' quel che tristemente capita quando qualcuno che sia a legend in his own mind voglia misurarsi con questioni che non conprende pienamente, e il sistema mentale automatico, che dovrebbe essere utilizzato per altri scopi, come andare in biclicletta senza mani masticando chewing gum, viene usato per pseudo ragionamenti politico/filosofici.

Paghi caro l'affitto di questo spazio? Perche' se non paghi, lascialo usare anche ad altri o perlomeno non impiastrare i muri con gli slogans.
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Inviato il: 23/4/2007 17:07
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  •  prealbe
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Re: Il rifiuto dell’autorità
#418
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Perfetto, Franco8, allora:
Citazione:
non si tratta di "postulare inconoscibilità assoluta"

ci si limita a dire che:

Citazione:
Importa poco quanti contesti prendi in esame, è il metodo che non è valido.
Trovare degli "elementi assolutamente costanti" (ammesso che sia vero) non sarà mai sufficiente in generale (nel senso che dipende da caso a caso) a dire che quegli elementi sono necessari sempre e comunque.

In effetti la differenza concettuale è spiccata.
Non è un problema di “inconoscibilità assoluta”, è solo che per quante situazioni tu possa conoscere e analizzare, e anche se tutte ti dicono la stessa cosa, comunque non ne puoi trarre conclusioni valide in generale. Giusto. Non ci avevo pensato. Così è molto meno limitante.

Citazione:
Perché l'argomento logico (a prescindere quindi da natura/cultura) si riduce a:
"Siccome quella data cosa c'è sempre stata, allora ci deve essere sempre"

Beh, si, effettivamente qualcosa di simile. Più o meno il senso è che se c’è sempre stata, un po’ dipenderà dall’essere umano in sé stesso. Troppo riduttivo, eh?

Citazione:
..argomento che in questo campo è poco applicabile.

Certo, certo.
Perché?


Prealbe
Inviato il: 23/4/2007 17:21
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  •  NERONE
      NERONE
Re: Il rifiuto dell’autorità
#419
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Avevo dimenticato , nel mio post precedente , di parlare del –potere-

Dice Arturo :

Ossa il concetto di AUTORITA’con quello di POTERE

Due cose ben distinte e separate che dovrebbero convivere equilibratamente ed insieme concorrere a regolare e ad accompagnare la vita sociale degli individui

Credo sia “maledettamente” vero. Avete notato che con il diminuire dell’autorità (intesa come l’ha intesa Arturo) aumenta il potere ?
Forse non appare cosi’ evidente, oppure non lo percepiamo , eppure nella società contemporanea c’e’ stata una notevole diminuzione dell’autorità, ad iniziare da quella del padre verso il figlio, e il conseguente rifiuto del figlio per tutto cio’ che è imposizione, ma anche è soprattutto nell’allergia diffusa alle regole civili che spesso sfociano nella violenza (violenza negli stadi? ….mah).
Questo implica che nella società ci sia ormai un diffuso potere, nel senso negativo del termine.
Tutti abbiamo potere : lo ha l’impiegato dietro ad uno sportello, lo ha il direttore di banca che ti nega il mutuo, lo ha il giudice cosi’ come lo ha il ladro, lo ha la televisione, lo ha la pubblicità , lo ha Internet, lo ha la moda , lo ha il cinema ,lo ha l’industriale come l’operaio, lo ha il calciatore come il tifoso. Tutti lo vogliono questo potere : il potere di fare cio’ che si vuole, il potere di avere cio’ che si desidera, ma nel contempo c’è il rifiuto del Potere (quello che molti scrivono con la p maiuscola per distinguerlo ) dell’Autorità (altra maiuscola , volutamente inserita) , e cosi’ mentre rifiutiamo il Potere siamo avvolti e divorati dal potere, quello piu’ viscido e strisciante, quello che non contestiamo, quello che proteggiamo con tutte le nostre forze. Se non si fosse capito, il potere di cui parlo è il potere dell’industria del consumo altrimenti detta “consumismo” alla quale la moderna società occidentale ha dato delega di amministrare la cosa pubblica, mentre il Potere dell’Autorità (quello definito la madre di tutti i mali sociali) è diventato o sta diventando un perfetto alibi a cui attribuire tutti i disagi sociali. Sbarazziamocene del tutto di questo Potere dell’Autorità, cosi’ il potere dell’industria del consumo avra’ nelle sue mani il Potere + il potere ….ma a pensarci bene….non è che tutto questo sia ….pre…meditato? Mah.
Inviato il: 23/4/2007 18:57
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  •  NERONE
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Re: Il rifiuto dell’autorità
#420
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E visto che mi ci trovo, appioppo pure io un fragoroso copia/incolla....alla bontà di chi vorra' leggerlo....

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RIMOSSO

La Redazione (Abulafia)
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Che il dovere morale parli dentro di noi con la stessa perentorietà con cui ci sovrasta il cielo stellato, secondo la nota formula kantiana, è idea che riflette una concezione straordinariamente ottimista dell’umanità, quella per cui basta dare ascolto a se stessi per comportarsi, nel complicato dai e prendi dei rapporti con gli altri, nel più virtuoso dei modi possibili, affermando la libertà propria senza ledere quella altrui. L’ipotesi contraria, quella per cui il dovere, dovunque abbia origine, ci viene presentato dal di fuori come legge da rispettare, asseverata dalla minaccia di adeguate punizioni per chi non vi si adegua, nasce da una considerazione forse un po’ più pessimista, ma certo largamente diffusa. Non è facilissima da giustificare sul piano teologico e religioso, visto che il mito della caduta, comunque formulato, convince solo fino a un certo punto; crea parecchi problemi ai filosofi, che tendono, all’uso socratico, a identificare virtù e conoscenza e fanno fatica a concepire un soggetto alieno da entrambe, ma trova tante conferme nella vita pratica che non c’è società umana che non l’abbia, più o meno esplicitamente, adottata.
Di solito le due teorie vengono fatte (un po’ forzosamente) convivere. Si ammette che siamo tutti perfettamente capaci di distinguere il bene dal male, ma si aggiunge, o si sottintende, che nulla impedisce che questa capacità venga, per così dire, rafforzata dalla consapevolezza che a chi non farà la scelta “giusta” toccherà una certa dose di salutari legnate. La scelta giusta, naturalmente, è quella che ogni società si aspetta dai suoi membri in base ai parametri di comportamento che ha definiti (e da cui, tra parentesi, dipende anche il numero delle legnate da infliggere ai riottosi) e questo, a rigore, porrebbe il problema dei criteri che vengono impiegati per quella definizione, ma solo pochi, per fortuna, si arrampicano a questo livello dialettico. Cosa sia “giusto” o “sbagliato”, di solito, sono convinti di saperlo tutti.
La legge morale dentro di me, dunque, e la legge della comunità (dello stato, nel nostro caso) fuori, e al di sopra, di me. Da questa difficile dualità sembra non si possa sfuggire. Naturalmente i due ambiti sono diversi e molto diversamente articolati. Io sono solo io e posso cercare soltanto di non entrare in contraddizione con me stesso, mentre la comunità organizzata ha meno problemi di coerenza e dispone, per far rispettare i propri parametri, di un imponente apparato di strumenti dissuasivi. Finché i due imperativi concordano, tutto fila abbastanza bene (anche i peccatori o i delinquenti, di solito, sono convinti di essere tali e di meritare una punizione, anche se non proprio quella che gli si vuole infliggere), ma è quando non corrispondono, nel senso che la società organizzata vuole che io faccia qualcosa che preferirei non fare, o viceversa, che cominciano i guai. Perché in questi casi, ahimè, il mio dovere non può che essere quello di cambiare la legge che sento ingiusta con tutti gli strumenti di cui riesco a disporre, senza badare al fatto che alcuni di quegli strumenti sono rigorosamente vietati dalla legge stessa.
I codici e le costituzioni vigenti tendono a escludere, se non esplicitamente la rivoluzione, tutte le attività che a essa preludono e conducono. E allora? Se la mia libertà si limita a quella di accettare le normative che mi vengono sottoposte, più o meno forzosamente, dal di fuori, della legge morale dentro di me, con tutto il rispetto per Immanuel Kant, posso benissimo fare a meno. Mi può portare, in realtà, più problemi che vantaggi.
Il fatto è che nulla esclude che le due leggi siano, almeno in certe circostanze, inconciliabili, il che significa che di una delle due, in quelle circostanze, bisogna saper fare a meno. Ed è sempre piuttosto difficile, si sa, che a cedere il passo sia la norma dello stato. Lo stato può sempre contare su ogni sorta di apparati giustificativi: le sue leggi ci sono state portata direttamente dalla vetta del Sinai, con accompagnamento di tuoni e fulmini, o nascono da un consenso che si presenta (o asserisce) come talmente ampio da trascendere ogni interesse personale o di gruppo. Oggi non si parla volentieri di “stato etico”, si tende anzi a relegarne il concetto nella storia del pensiero politico, ma ciò non toglie che tutti gli stati, quale che sia la dottrina in base a cui si giustificano, siano inguaribilmente etici, almeno nella misura in cui propongono una norma obbligata di comportamento e la considerano “giusta”. E forse bisogna rassegnarsi al fatto che l’unica possibilità di assicurare a tutti una pacifica convivenza sia quella di richiedere loro la rinuncia ai propri eventuali convincimenti in contrario con quella norma (come a dire alla propria libertà), presupponendo, o sperando, che il sistema cui gli si chiede di aderire non sia troppo determinato da interessi diversi da quello generale. Sì, se c’è una cosa di cui i ceti dominanti sono convinti è che il loro interesse coincida con quello di tutti, ma la storia ci insegna che, in questo, ogni tanto si sbagliano.
L’altra ipotesi, quella di una società di liberi che agiscono soltanto in base al proprio convincimento, senza che questo leda l’opportunità degli altri di fare altrettanto, coincide con la teoria anarchica ed è, naturalmente, un’utopia. È in grado, come teoria, di risolvere quasi tutte le contraddizioni che abbiamo passato in rassegna, ma ha il difetto di non essere mai stata applicata e (forse) di non essere affatto applicabile. Da un certo punto di vista, questo è un vero peccato, del quale possiamo consolarci solo riflettendo su come il suo imperativo di fondo, l’accettazione del dovere etico e sociale per scelta, non per imposizione, sia condiviso, più o meno in buona fede, da tutti i sistemi politici storicamente noti. Un’altra contraddizione, certo, ma forse più apparente che reale. L’anarchismo, dopo tutto, non è un sistema: è una tensione, che alligna, in un modo o nell’altro, in ciascuno di noi e ci aiuta spesso a conciliare l’inconciliabile. Se non proprio il fine della storia, come credono i suoi ostinati seguaci, può rappresentare l’unica speranza che la storia ci offre.
Carlo Oliva
Inviato il: 23/4/2007 22:21
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