Makk, gran belle argomentazioni.
E' un piacere.
Tralascio di farlo a ogni quote e lo dico subito: fondamentalmente sono d'accordo su tutto quello che dici nell'ultimo post.
Dal punto di vista logico le tue argomentazioni non fanno una grinza che è una.
Ho anche apprezzato la definizione di “volontà inconscia” che mi attribuisci.
Ne ho capito il senso, ed è un piacevole cambiamento rispetto al consueto “sei uno stupido servo del Sistema”.
(C'è ancora una certa parte di “stupido”, ma almeno è scomparsa la parte del “servo”.
)
Credo che questa sia l'unica parte nella quale dissento.
Nei ragionamenti che faccio c'è abbastanza poco di inconscio. Li faccio deliberatamente.
La tua (bella) risposta purtroppo risponde solo in parte alle esigenze per cui è nato questo thread.
Provo a spiegarlo.
(Utilizzo i quote solo come memento, e inoltre qua e là sarò costretto a ripetere un sacco di cose che ho già detto, soprattutto in apertura. Però per non essere ossessivo ne metterò anche qualcuna nuova)
Citazione:
Non ho apprezzato molto il tuo post precedente. [quello sulla lotta in azienda n.d.Makk]
[...]Quindi se le premesse sono queste non è che parto molto con il piede giusto.
Scusa!?
Se fai delle domande e uno cerca di risponderti la cosa che ti dovrebbe premere è sforzarti di capire quello che il tipo cerca di comunicarti.
Mi pare che il "gradire" o meno le premesse sia poco pertinente.
Concordo che da parte tua è un po' partire col piede sbagliato. Sempre se il tuo obbiettivo è ottenere una mia spiegazione.
Se l'obiettivo non è comprendere la mia posizione allora stai carpendo la mia buona fede nel mio cercare di spiegarti una cosa che tanto ritieni irricevibile a priori.
Io continuo a porre per assodato che tu voglia *davvero* capire la posizione di chi la pensa altrimenti da te, quindi questo "non apprezzare" lo prendo (potrei sbagliare) come un "non hai usato un esempio calzante".
Tuttavia non ho letto del *perché* sarebbe poco calzante.
Sui tuoi commenti al fatto che sarebbe una metafora (lo è, ma dubito che sia una metafora delle stesse cose per me e per te) e che ti ricorda la marcia dei 40.000 (problema tuo, a me ricorda il complessivo storico del sindacato italiano con "cagarella da Thatcher") ne potrei parlare più avanti, casomai, su tua richiesta.
Per ora lo trovo OT. In Topic sarebbe capire *cosa*, con quell'esempio, ti sta dicendo questo particolare astensionista, nel suo rispondere al tuo accorato appello col quale "vuoi capire".
Spiegazione doverosa.
Nella tua metafora parlavi di un gruppo di operai che venivano comunque licenziati dopo uno sciopero di 40 giorni. Ne davi una lettura alternativa: secondo te quella non era una sconfitta, era l'inizio di un processo di disseminazione della consapevolezza e quindi la base di un'evoluzione sociale futura.
Questa roba è avvenuta realmente, con lo sciopero dei 35 giorni della FIAT.
Non ha troppa importanza analizzare la questione nel dettaglio, il perché e il percome questa roba è nata, si è sviluppata e poi si è conclusa. Ci sono numerosissime chiavi di lettura e moltissime interpretazioni. Ne ho linkata solo una, probabilmente neppure la migliore, assieme alla cronistoria.
Di sicuro concordano tutte su una cosa: quello è stato il punto di svolta delle relazioni industriali in Italia.
Fino a quel momento le condizioni del lavoro dipendente erano migliorate con una certa costanza. Magari in modo discontinuo, però il saldo era sempre positivo.
Da quel momento in poi hanno iniziato inesorabilmente a peggiorare.
Si è tentata la prova di forza, caricando la cosa di un valore simbolico sproporzionato.
E bene o male chi l'ha tentata ha
perso.
Non c'è altro modo di dirlo.
La conseguenza non è stata la disseminazione di consapevolezza. E' stata l'inizio della controffensiva da parte del padronato.
Che ha mosso da là e dopo 30 anni ancora non si è fermata.
(Fra parentesi l'altro, grande punto di svolta è stato il rinnovo del ccnl metalmeccanico del 1990, che ha seguito dinamiche simili. Il resto sono state solo conseguenze di questi due episodi, dall'accordo di moderazione salariale del 1993 alla legge cd. “Biagi”)
Un po' come la battaglia di Kursk, che per i tedeschi doveva segnare la definitiva sconfitta dei sovietici. Invece persero la battaglia, così invece di segnare il crollo di Mosca segnò l'inizio di una controffensiva che si fermò solo a Berlino.
Non è che sia un esempio sbagliato.
Anzi, dal mio punto di vista lo trovo persino TROPPO calzante.
La cosa è applicabile anche alla metafora del voto.
Si parla sempre un sacco delle spinte ideali che possono portare al cambiamento. Tutti però tralasciano di mettere sempre l'unica istruzione realmente utile: quando si dà il via a una prova di forza bisogna essere dannatamente certi di VINCERLA, perché in questi casi le conseguenze non si limitano MAI alla singola sconfitta.
Citazione:
Io dico che nel porre le domande tu non tieni conto del fatto che l'astensionista potrebbe avere degli obbiettivi (un sistema diverso) rispetto ai quali il voto può non essere un mezzo di conseguimento.
Mi replichi "no, su questo non c'è problema, lo accetto" e poi dici:
La domanda però resta: in che modo il tuo non voto ti avvicina al sistema che preferisci tu?
No, la domanda non resta. La domanda cade.
...
Il tuo rifiuto della possibilità che il dualismo voto/non-voto sia irrilevante è rifiuto di prendere in considerazione altri sistemi.
Credo che sia evidente che l'unico “sistema” - dei tanti che vengono citati – che riceve un danno dal non-voto è la democrazia.
Non lo Stato (purtroppo), né soprattutto la “pessima” democrazia. Proprio la democrazia come concetto.
Ci sono persone che hanno abbracciato questo fine ideologico e che esprimono chiaramente questa loro posizione.
Rappresentatività, delega e persino il concetto di maggioranza: tutta roba da oltrepassare senza rimpianti.
Io non condivido questa opinione, ma la rispetto.
E' evidente che su questo piano il confronto (o lo scontro) assume un'altra dimensione. Diventa proprio un confronto ideologico.
Che può essere più o meno appassionante ma che di sicuro non rientra fra gli scopi che mi ero prefisso, visto che fin dall'inizio la cosa che volevo approfondire era proprio il concetto di strategia dell'astensione.
In altre parole: non mi interessa il PERCHE' uno non vada a votare. Quello è un problema suo.
Mi interessa solo sapere come pensa di UTILIZZARE questo non-voto per ottenere i SUOI fini.
Tutto qui.
Questa roba però non si può applicare a tutti.
Citazione:
La domanda "in che modo il non-voto mi avvicina al sistema di mio gradimento" è identicamente mal posta.
Grazie per aver scelto dei termini così garbati.
E' altrettanto evidente che se questa domanda viene posta ha chi ha deliberatamente e coscientemente abbracciato la causa del superamento della democrazia stessa, più che mal posta quella è proprio una domanda quasi del tutto
cretina.
Qui la roba assume un colore così tanto diverso che è chiaro che tocca fare un passo indietro.
I temi semmai diventano altri, e quella del voto/non voto è solo una sfumatura molto pallida in tutto il quadro.
Parlare di questa roba con chi si propone il superamento della democrazia è un po' come aprire una discussione su quale sia il taglio migliore del maiale, e chiedere a qualche vegetariano di parteciparvi.
Difficile che provi interesse. Soprattutto è difficile che ci sia una sintonia sugli argomenti.
Solo che di queste persone non è che ce ne siano tante.
Andando così a memoria questa roba può essere riferita a
PikeBishop, a
Paxtibi, a
florizel. Poteva essere riferita a
Pausania, forse anche a
Carloooo.
E può essere riferita, forse, anche a te.
Di sicuro ne dimentico qualcuno; ma non così tanti.
Di sicuro non dimentico nessuno fra quelli che hanno partecipato a questa discussione.
Per tutti gli altri la domanda invece resta estremamente attuale.(Ne parlerò meglio dopo: le righe che seguono comunque non sono rivolte a loro)
I motivi per cui la domanda è solo QUASI completamente cretina, e non PIENAMENTE cretina, li ho già detti un paio di volte.
In qualche modo infatti, anche se in modo diverso, quella domanda si applica anche a chi rifiuta il concetto stesso di voto – ovviamente a condizione che sia un
giocatore razionale.
Li riassumo:
1) Lo Stato è un'entità molto forte; la democrazia è un'entità fragile.
Basta modificare un paio di norme per renderla una cosa solo di facciata; a volte ne basta anche soltanto una.
Abbattere la democrazia (il non voto colpisce quella) non necessariamente porterà all'abbattimento dello Stato. Col piffero che “la democrazia è
coessenziale al concetto di stato”: proviamo a chiederlo a un cinese o a un saudita o a un nordcoreano se lo è.
Di conseguenza abbattere la democrazia non porterà nemmeno a un modello sociale anarchico. Perché si abbatte solo la democrazia, ma lo Stato resta in piedi. MOLTO più probabilmente porterà a uno Stato con una forma di governo peggiore.
E allora ricomincia la rava: dopo il crollo della democrazia e l'arrivo di una tirannide, ora tocca lottare per abbattere il Tiranno per poter arrivare finalmente... alla democrazia.
(Questa roba non la ipotizzo io: la dice la Storia)
Non è che così siano stati fatti tanti passi avanti verso il superamento della democrazia.
E nel frattempo ci siamo dovuti sciroppare anni parecchio, ma parecchio, ma parecchio brutti.
In questo stato di cose, con una consapevolezza dei fini così ridotta (ovviamente il discorso vale per chi condivide quei fini) il superamento della democrazia non è solo un salto nel buio.
Magari fosse una cosa così facile come un banale salto nel buio.
2) Sempre sulla consapevolezza. Ammettiamo che il “salto nel buio” abbia incredibilmente avuto successo. Se il problema che viene posto è il semplice superamento della democrazia e dello Stato attraverso il non-voto, senza badare prima a creare delle coscienze che sappiano gestire con intelligenza il fatto di non avere più regole di nessun tipo a cui rispondere, l'esito sarà catastrofico.
Letteralmente.
Non esistono evidenze che parlino del contrario.
“Ehi, non ho più nessuno mi controlla!
Ora posso fare tutto quello che voglio!”.
Data la società in cui viviamo, non senti anche tu un brivido di puro terrore scorrerti lungo la schiena?
Per quanto mi riguarda io lo sento persino a pensare di affrontare con questi presupposti anche solo la prossima riunione di condominio.
Bene o male la democrazia è la forma di governo che impone le regole più blande, e oltretutto è l'unica che permette di cambiarle. Nessun problema se qualcuno è convinto che anche quelle poche regole siano di troppo, ci mancherebbe. Il più delle volte fanno girare la minchia anche a me.
Però, come dicevo prima a
florizel, considerata la “consapevolezza” che si vede in giro, non voglio dovermi trovare a cronometrare il tempo che il Grande Sogno si trasforma in una banale guerra fra bande.
Non è che questa sia una roba trascurabile. Visto che il nuovo sistema così ottenuto è un sistema particolarmente precario, l'effetto atteso è che il
vecchio sistema si ripresenterà più vivace e più stronzo che mai.
3) Oggi viviamo in una democrazia.
Magari domani vivremo in una fantastica società anarchica, ma oggi viviamo in una democrazia. Meglio: viviamo in uno
Stato democratico.
Non ci dimentichiamo infatti che “Stato” e “democrazia” sono due cose parecchio diverse. Il primo vive benissimo anche senza la seconda.
Anzi, vive addirittura meglio.
Lo Stato e il Governo ci impongono norme e comportamenti ai quali dobbiamo sottostare. Non esiste alcun modo per sottrarsi a questa cosa a meno di non commettere un reato – per esempio l'evasione fiscale.
Questi comportamenti sono suscettibili di variazioni sia positive che negative. Saranno positive se governerà una maggioranza che spinge la società in una direzione a noi gradita, per quanto vaga sia la direzione. Saranno negative se chi governa spinge nella direzione contraria.
La cosa viene gestita tramite il voto.
Questa è una cosa con cui dobbiamo
necessariamente fare i conti.
E' “anarchico” fare i conti con questa roba?
Non lo so.
Però il problema si pone lo stesso.
"In che modo il non-voto mi avvicina al sistema di mio gradimento" è una domanda stupida se affronta il problema di un sistema sociale anarchico già esistente, o anche del solo ideale anarchico.
Lo è molto di meno se si parla di come affrontare un progetto di cambiamento.
Per esempio fra le altre cose implica l'esistenza di un
progetto. Cosa non del tutto scontata.
Di sicuro implica il problema di come gestire la fase transitoria di cambiamento.
Che poi sono i punti che dicevo prima: avviare il cambiamento; essere sicuri che proceda nella direzione voluta; essere sicuri che ci sia un livello di maturità collettiva tale da renderlo irreversibile, in modo tale da evitare la reazione del sistema.
In particolare occorre prestare la massima attenzione a come vanno le cose, visto che sappiamo molto bene che se ci si sforza di far andare le cose
il peggio possibile la risposta che verrà dalla gente non sarà la richiesta dell'Anarchia.
Inevitabilmente, e sempre, quando le cose vanno male c'è la richiesta dell'”Uomo Forte” che le rimetta a posto. (E Lui mica si fa pregare più di tanto per Arrivare..)
Non voglio creare un tormentone su una cosa che tutto sommato conosco poco.
Però a quanto pare gli anarchici islandesi hanno scelto la via della gestione del cambiamento.
Non hanno modificato i loro fini, ma hanno previsto tempi lunghi; e allora sono entrati nelle Istituzioni per iniziare fin da subito a cambiare le cose.
Non so se questo li renda meno “anarchici”.
Probabilmente no.
Lascio per ultima una vaga considerazione mia che si muove in questa direzione, e che rende la domanda ancora meno sciocca.
In quanto opinione ognuno può scegliere se condividerla o no.
Proviamo a ordinare grossolanamente in modo decrescente le varie declinazioni dello Stato su una scala di autorità.
Stato Assoluto (dittatura)
Stato Costituzionale – dove la Costituzione offre protezione solo all'aristocrazia
Stato Parlamentare – inizia un minimo di spartizione del potere.
Stato Parlamentare Costituzionale – l'ombrello della Costituzione si estende al popolo
Stato Parlamentare Costituzionale a suffragio diffuso – si allarga anche la spartizione del potere
Stato Parlamentare Costituzionale a suffragio universale. - *come dicono le mappe, “voi siete qui”. Per il momento.
Stato Parlamentare Costituzionale a suffragio universale e a bassa ingerenza sociale
Stato Parlamentare Costituzionale a suffragio universale e a ingerenza sociale minima.
...
...
Anarchia.
Questa “classifica” inizia dalla dittatura, che è il sistema che garantisce l'autorità statale massima, e termina all'anarchia, che è quella che offre l'autorità (non) statale minima.
In realtà guardando alla partenza ci sono molte più scalature di dittatura: noi parliamo di altezze, ma si può scendere anche sotto il livello del mare.
Fra Kim Il Sung (che quando trovava un presunto dissidente gli sterminava la famiglia fino al settimo grado di parentela, animali domestici compresi) e il dittatore Salazar (che al massimo ai dissidenti gli proibiva di giocare a tennis, creando per il suo “lassismo” non poco imbarazzo nella comunità internazionale dei dittatori) c'è la sua porca differenza, passando pure per la media caratura dittatoriale di Pinochet.
Questa differenza non è roba da poco.
Per semplicità teniamone una e basta.
Allo stesso modo i possibili sviluppi che oggi possiamo immaginare del sistema politico sono strettamente legati allo sviluppo della coscienza sociale.
Non perché immagino che lo Stato si ritirerà spontaneamente all'aumento della coscienza sociale. Più semplicemente al momento che ci saranno idee sociali sempre più profonde e più condivise, le persone affronteranno con sempre maggiore insofferenza l'ingerenza statale – che per definizione serve proprio a “costringere” le persone a seguire una consapevolezza sociale imposta.
Esempio ipotetico: se nessuno ruba, MAI, perché c'è una coscienza diffusa sul rispetto della proprietà privata, allora chi ruba molto probabilmente lo fa per bisogno.
E in questo caso applicare d'ufficio le leggi contro il furto incontrerà l'avversione della comunità, che magari ha già elaborato i suoi meccanismi per risolvere quella situazione.
Se invece chi ruba lo fa per avidità allora grazie alla sua comune coscienza sociale la comunità provvederà da sola a “punirlo”; e di nuovo l'ingerenza statale verrà percepita come ingerenza indebita (“ci abbiamo già pensato noi: anche senza neppure dircelo l'un l'altro nessuno vuol più fare affari con lui, e si sta rendendo ben conto della minchiata che ha fatto. Ha difficoltà persino a comprare la legna per il caminetto. Prigione?? Che cazzo c'entra ora la prigione? Che cazzo vogliono
i carabinieri, adesso?”)
Fondamentalmente l'”evoluzione” dello Stato in direzione non autoritaria segue il crescere della coscienza sociale.
Se nell'anno Mille avessimo detto a un contadino che il suo Conte era uguale a lui e che il diritto di nascita era una trappola per citrulli, ci avrebbe guardato con gli occhi sbarrati e avrebbe chiamato le guardie. Quelle del Conte.
Se oggi diciamo a qualcuno che il “suo” conte è SUPERIORE a lui per diritto di nascita, ci becchiamo una risata in faccia e/o un calcio nel culo.
Oggi re e conti incontrerebbero qualche difficoltà a tornare al potere in virtù del loro “diritto di sangue”.
L'Illuminismo (e non solo lui) non è passato invano.
Se ci si mette a riguardare un po' la Storia però ci si accorge di un fenomeno abbastanza curioso: non è possibile spostarsi in avanti su questa scala se non di
un gradino alla volta.
Almeno non in modo stabile.
Personalmente non conosco eccezioni di rilievo a questa “regola” empirica.
Per passare da un livello alto di autorità dello stato a un livello molto più basso, occorre fare TUTTA la gradazione intermedia. E bisogna anche dare a ogni gradino il tempo di sedimentare nelle coscienze, che poi è il requisito principale.
In compenso possiamo fare salti all'indietro grandi a piacere.
Anzi: di solito in caso di bisogno si riparte sempre dal Via, cioè dalla dittatura, saltando tutti i fastidiosi gradini intermedi.
Esempione.
In linea di massima fino al 13 luglio 1789 in Francia c'erano il feudalesimo e una monarchia assoluta, temperata molto lievemente da una struttura parlamentare strettamente basata sulle classi sociali (primo, secondo e terzo stato)
Il giorno dopo scoppia la Rivoluzione. Dopo 4 anni viene ghigliottinato il re e proclamata la “repubblica”. Dal feudalesimo a una teorica “repubblica parlamentare”: un salto mica da ridere.
Non a caso solo 11 anni dopo che il re era stato decapitato, e in nome della stessa Rivoluzione Regicida, Napoleone si autoproclama Imperatore.
Cazzo, tanta fatica per niente.
In quel periodo i valori sociali della rivoluzione francese, opportunamente modificati, dilagano in tutta Europa, trasportati dalla bandiera napoleonica.
Sia nell'Impero che negli Stati vassalli.
Dopo appena altri 11 anni inizia con grande entusiasmo la restaurazione europea del Vecchio Ordine e la completa abiura dei valori sociali illuministi.
Fra l'inizio della rivoluzione francese e l'inizio del Congresso di Vienna sono passati esattamente 25 anni e 3 mesi.
(La monarchia francese invece esisteva da una mezza millenniata.)
Cazzo, di nuovo, tanta fatica per niente.
C'è stata una spinta eccessiva verso la libertà, e la reazione ha seguito il processo elastico sproporzionato della Legge Kesserling: un tedesco, dieci partigiani.
Sulla base di questo ci scontriamo con una delle tante minchiate che vengono diffuse con tanta allegrezza.
Si dice che è il “Potere” (qualunque cosa sia, da Rothschild al NWO. Comunque è una roba legata al potere economico) a governare lo Stato dietro le quinte.
Tendenzialmente sono d'accordo.
Poi si dice che lo Stato sceglie a suo piacimento il sistema politico più funzionale al Potere.
Qui inizio a essere in disaccordo.
Infine si dice che il sistema politico più funzionale al Potere è la
democrazia, che è
coessenziale al concetto di Potere.
E questa è una grande, spaventosa, incredibile, enorme...
CAZZATA!
OGNI VOLTA che la società ha spinto troppo verso forme di governo più consapevoli e meno autoritarie, la reazione del Potere è stata quella di ricacciarla il prima possibile verso la forma di governo più autoritaria possibile.
Il Potere vive TROPPO meglio dove lo Stato è autoritario.
Quanto meno invece lo Stato è autoritario, quanto più il Potere è a disagio.
E su questa roba non ci son cazzi che tengano.(Giratela pure come volete e liberate i clowns: son pronto a sbellicarmi dalle risate a ogni tentativo di dimostrazione del contrario. Sul serio. Sarà divertentissimo controbattere alle obiezioni a questa roba eventualmente portate avanti dai vari no-voters, utilizzando proprio le argomentazioni usate normalmente.. dai no-voters stessi)
Di sicuro il Potere ha bisogno dello Stato per prosperare.
In realtà va avanti benissimo anche senza uno Stato, però dopo un po' si è reso conto che se c'è uno Stato fa affari migliori.
Entrambi però farebbero volentieri a meno della democrazia. Sia lo Stato che il Potere.
Quanto più è EVOLUTA la democrazia, ovvero quanto più le persone hanno maturato una precisa coscienza sociale, tanto più ne farebbero volentieri a meno.
Il Potere ha una vasta gamma di forme di governo fra le quali scegliere; e sono praticamente tutte delle forme di governo più comode e confortevoli (per il potere
himself) della democrazia.
Chiedetelo pure a Dennis Verdini.
Mandiamo un attimo in culo il Potere, che si limita a circoscrivere la questione solo in negativo, e affrontiamo la contraddizione che tutto questo implica.
Da una parte abbiamo l'anarchia, che è il sistema sociale che più di ogni altro richiede un alto grado di consapevolezza individuale.
Per alcuni sistemi sociali la consapevolezza è solo un fastidio; per altri, tipo la democrazia, è un più o meno “gradito” optional. Per l'anarchia la consapevolezza è un prerequisito essenziale.
Dall'altra parte abbiamo la constatazione di una
evoluzione sociale che costringe lo Stato a ridurre la sua autorità ogni volta che la consapevolezza sociale aumenta.
E sia la perdita d'autorità dello Stato che l'aumento della consapevolezza seguono una scala continua e progressiva, dove è impossibile saltare i gradini. Bisogna farli TUTTI, dal primo in poi, muovendosi un gradino alla volta.
Se (e solo se) si accettano questi presupposti ci troviamo di fronte a un apparente paradosso: i più convinti sostenitori di una BUONA democrazia
dovrebbero essere proprio gli anarchici.
Con lo scopo di aumentare quanto più in fretta possibile la consapevolezza e trasformare la democrazia “buona” in una democrazia “migliore”; poi aumentarla di nuovo per trasformarla in una “migliore” ancora; e poi di nuovo per ottenerne una “ottima”; e poi di nuovo ancora per potere, finalmente, raggiungere quel grado di maturazione di valori condivisi che permette di mandare in culo tranquillamente anche lo Stato, che noi ci troviamo benissimo a gestirci da soli, grazie.
E sempre per lo stesso motivo mi aspetterei che fossero in prima linea ogni volta che la democrazia subisce una battuta d'arresto.
In definitiva questo ci riporta indietro tutti di qualche casella nella scala di autorità dello Stato.
E invece no.
Infatti, tanto per fare un esempio che si muove in questa direzione, mi stupisco un po' quando sento un anarchico che gioisce per l'abolizione dell'ora di educazione civica.
In che modo questo lo aiuta a far maturare una consapevolezza maggiore?
Mi sarei aspettato al contrario che chiedesse di
raddoppiare le ore di educazione
civica; e magari chiedesse anche di unirci una decina d'ore aggiuntive di educazione
civile.
Ma vabbè, i gusti son gusti.
In ogni caso queste considerazioni sia chiaro che non valgono per tutti.
Visto che il non voto danneggia esclusivamente la democrazia questa roba che dicevo vale solo per gli Anarchici, cioè per quelli che hanno aderito a un sistema ideologico che prevede il superamento della democrazia
in ogni sua parte.
E anche fra questi tocca scegliere gli interlocutori che sono
giocatori razionali, cioè quelli che scelgono le proprie "mosse" in funzione di quanto sono utili al raggiungimento concreto dei loro ideali.
In questo caso i presupposti sono sufficientemente simili da rendere il confronto possibile.
Poi ci sono anche quelli che del raggiungimento di qualunque cosa se ne sbattono proprio la minchia, e che sono contrari al voto solo perché nel Manuale dell'Anarchia c'è scritto bello grosso che “Tu Sarai Contrario Al Voto”.
E si limitano a obbedire.
Per loro l'unico confronto possibile è con quelli che sul Manuale del Qualunquista ci hanno scritto altrettanto bello grosso “Tu Non Voterai Per Non Essere
Complice”.
Ma
complice di cosa, poi?
A leggere le cose che girano, le idee non sembrano essere troppo chiare.
Citazione:
2] se rifiuto la demrapp (al momento non è rilevante se si tratta di rifiuto in toto o solo di quella italiana)
E invece credo che per la maggior parte delle persone “no-voters” questa cosa sia rilevante. E non poco.
Per rifiutare la democrazia in toto, sarebbe utile almeno sapere cos'è.
Mi pare proprio il requisito minimo.
Tolti gli interventi “anarchici”, che fanno parte proprio di una diversa categoria ideologica (e fra questi includo arbitrariamente anche Makk e il suo post), la maggior parte dei discorsi seguono preziose falsarighe del tipo “a me la democrazia fa schifo
in toto perché non è una democrazia diretta”, oppure “a me la democrazia fa schifo
in toto perché tanto son tutti ladri”, o robe così.
O robe ancora più scintillanti, del tipo “a me la democrazia fa schifo
in toto perché ha permesso che governasse Berluscono”.
Fantastico, no?
E che fine hanno fatto il rifiuto assoluto della rappresentatività, del concetto di delega, del principio di maggioranza, e del fatto che questo rifiuto vale INDIPENDENTEMENTE da quanto buona sia la democrazia di cui si sta parlando?
Fattelo spiegare, piccino: tu non stai per niente rifiutando la democrazia
in toto.
Tu stai semplicemente rifiutando una PESSIMA democrazia.
E grazie al cazzo: sono assolutamente d'accordo con te.
Almeno in linea di massima. La roba viene ulteriormente complicata dal fatto che più o meno tutti sopra alla democrazia ci appiccicano una serie di robe idiote abbastanza a caso, e poi considerano “pessima democrazia” quella che non rispetta le robe idiote che ci hanno appiccicato sopra loro.
Ma visto che non hai nessun pregiudizio nei confronti delle cose che definiscono la democrazia, e quindi in linea di massima l'idea del voto per te in genere è accettabile, la domanda resta in attesa di risposta:
“In che modo il non andare a votare ti avvicina ai tuoi obiettivi?”.
Così come resta in attesa di risposta il suo spaventoso corollario:
“Mi spieghi che non è vero che il tuo non-voto FAVORISCE proprio quella parte del “sistema” che tu dici di voler combattere?”
Rilassatevi ragazzi. Frenate il vostro entusiasmo.
Makk ha dato una risposta fantastica: solo che l'argomento non riguarda voi.