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   Scienza e Tecnologia
  Biomimetica e Blue economy

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  •  Al2012
      Al2012
Biomimetica e Blue economy
#1
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 25/10/2005
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La Biomimetica è lo studio consapevole dei processi biologici e biomeccanici della natura, come fonte di ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane.
La natura viene vista come Modello, Misura e come Guida della progettazione degli artefatti tecnici.
così cita wikipedia.

In altre parole abbiamo molto da imparare osservando come la natura affronta i problemi e quali sono le soluzioni e le strategia che altri esseri viventi adottano per ottenere il massimo del risultato con il minimo impiego di energia.

Il nostro atteggiamento nei confronti della natura deve cambiare.
Questo cambiamento dovrebbe introdurci in un’era basata non su ciò che possiamo estrarre dalla natura, ma su ciò che possiamo imparare da essa

Dal punto di vista della sostenibilità le “tecnologie” della natura sono di gran lunga superiori alle tecnologie umane, dobbiamo imparare ad osservare la natura con occhi diversi per poter apprendere in che modo possiamo e dobbiamo modificare la nostra società, il nostro sistema economico e il nostro sistema di produzione ed, aggiungerei, la nostra scala di valori.

Come tutti i sistemi viventi anche il “sistema umanità” è “nidificato” all’interno di altri sistemi di vita ed il nostro benessere dipende dalla nostra capacità nel restare armonicamente inseriti entro questa rete vitale, non possiamo sentirci superiori od estranei ad essa.

La biologa Janine Benyus nel 1997 ha scritto un libro “Biomimesi: Innovazione ispirata dalla natura” ovvero come trovare soluzioni pratiche per progettare seguendo le strategie dei progetti della natura, cercando ispirazione da trasferire alla nostra tecnologia.
Questo non significa utilizzare esseri, microrganismi o parti naturali a nostro beneficio, ma imparare osservando la natura, prendendo spunti e idee da implementare nella nostra tecnologia.
(Per esempio come è avvenuto con l’invenzione del velcro )

Dopo la pubblicazione del suo libro la biologa Benyus incominciò a ricevere telefonate da progettisti che cercavano soluzioni, come potete leggere in questa sua intervista rilasciata alla CNN...

Ora vi lascio il link ad un video in cui potete ascoltare la biologa (attivate la traduzione in italiano)

Janine Benyus condivide i progetti della natura
http://www.ted.com/talks/janine_benyus_shares_nature_s_designs.html

°°°

Trascrivo alcune parti del discorso sul finale del video …..

Non arriverò a 12.
Ma quello che farò è dirvi la cosa più importante, oltre tutti questi adattamenti, è il fatto che questi organismi hanno trovato un modo per fare le cose fantastiche che fanno mentre si prendono cura del posto che si prenderà cura della loro discendenza.
Quando sono coinvolti nei preliminari, stanno pensando a qualcosa di molto, molto importante, che è far sì che il loro materiale genetico rimanga, per altre 10.000 generazioni da adesso.
E ciò significa trovare un modo per fare ciò che fanno senza distruggere il posto che si prenderà cura della loro discendenza.
Questa è la più grande sfida di progettazione.
Per fortuna, ci sono milioni di milioni di geni che vogliono farci dono delle loro migliori idee.
Buona fortuna a chi converserà con loro.


(…)

Questa è la dodicesime.
Vita ...e questo è il trucco segreto; questo è il trucco magico... la vita crea condizioni favorevoli alla vita.
Crea terreni, pulisce l'aria, pulisce l'acqua, miscela il cocktail di gas dei quali voi e io abbiamo bisogno per vivere.
E lo fa mentre si trova nella fase dei preliminari e mentre va incontro alle proprie necessità.
Quindi non è mutualmente esclusivo.
Dobbiamo trovare un modo per andare incontro alle nostre necessità, mentre rendiamo questo posto un Eden.


°°°

E’ vero che l’adattamento evolutivo naturale non è dovuto ad un ragionamento, come quello che possiamo fare noi o che noi definiamo consciamente razionale.
La natura ha le sue leggi selettive, che a noi possono sembrare, a livello individuale e di specie, brutali ed ingiuste, ma che a livello generale permettono che la vita continui a manifestarsi in varianti sempre più evolute e complesse, e noi siamo una prova di questa evoluzione verso la complessità.
Non è la sorte della singola manifestazione ad aver peso, ma la possibilità che possa esserci un ambiente che sia favorevole all’evoluzione della coscienza che è parte fondamentale di quel fenomeno magico che definiamo vita.

Noi, esseri umani, siamo una parte di questa manifestazione ed abbiamo raggiunto la capacità di essere coscienti del nostro essere individuale sia come singolo che come specie.
Siamo all’apice della evoluzione su questo pianeta, forse non è la prima volta che si manifesta questo livello di coscienza e chissà, anche se in modo differente, stiamo commettendo gli stessi errori di chi, eventualmente, ci ha preceduto ……

Forse un errore potrebbe essere quello di considerare questa nostra coscienza evoluta come manifestazione di superiorità, che ci da l’illusione di poter dominare e sfruttare tutto quello che ci circonda, seguendo i bisogni egoistici della nostra esistenza.
Ci consideriamo “specie padrone” della terra e che tutto ci appartiene ed è a nostro uso e consumo, come sotto insieme da sfruttare a nostro piacimento.

La nostra coscienza evoluta non ci rende superiori, ma soltanto responsabili delle nostre azioni e del nostro percorso evolutivo, che, in un certo senso, non è più teleguidato, ma responsabilmente e coscientemente libero.


°°°

Ora vi lascio il link (n.b. selezionate i sottotitoli in italiano) ad un altro al video, che ha stimolato l’apertura di questo topic e la ricerca sulla biomimetica.

°°°
Come possono gli architetti creare un nuovo mondo di bellezza sostenibile?
Al TEDSalon di Londra, Michael Pawlyn descrive tre modi in cui l'esempio della natura potrebbe trasformare l'architettura e la società: radicale efficienza delle risorse, sistemi a ciclo chiuso (closed loop), ed energia dal sole.


Michael Pawlyn: Usare la genialità della natura in architettura
http://www.ted.com/talks/michael_pawlyn_using_nature_s_genius_in_architecture.html

°°°

Davvero il Progetto Foresta del Sahara è un modello di come ottenere cibo senza produrre carbonio, abbondante energia rinnovabile in alcune delle zone più aride del pianeta ed invertire il processo di desertificazione in alcune aree.

Dunque torniamo alle grandi sfide cui accennavo all'inizio: aumento radicale di efficienza delle risorse, cicli chiusi ed economia basata sul sole.

Tutto questo non solo è possibile, ma è cruciale.

E sono convinto che lo studio di come la natura risolve i problemi ci fornirà la maggior parte delle soluzioni.
Ma forse più di tutto, quello che ci dà questo modo di pensare è un modo veramente positivo di parlare di design della sostenibilità.
Troppe discussioni sull'ambiente usano toni estremamente negativi.
Ma qui si tratta di sinergie e abbondanza e ottimizzazione.
E questo è un punto importante.

Antoine de Saint-Exupéry una volta disse, "Se vuoi costruire una flottiglia di navi, non ti metti a parlare di carpenteria. No, dovete generare nelle persone il desiderio di scoprire lidi lontani."

Ecco il nostro compito, e allora siamo positivi e cerchiamo di andare avanti in quello che potrebbe diventare il periodo più eccitante per l'innovazione che abbiamo mai avuto.
Grazie.


Questa è la trascrizione del finale del video.

E’ incredibile quante cose ho ancora da comprendere, stavo per scrivere “dobbiamo ancora comprendere”, ma penso che sia più giusto usare la prima persona singolare, perché forse c’è chi crede di aver già compreso tutto.
Come quei pazzi che governano il mondo e che parlano a nome del popolo, che sanno quello che è giusto per il popolo.

Quanta energia e risorse sprecate e sacrificate sull’altare di un becero egoismo.
Non siamo sapienti, ma solo tecnologicamente idioti.


Di seguito uno estratto dal libro “La scienza della vita” di F. Capra, che questo filmato mi ha riportato alla mente per alcuni concetti che avevo appreso nella lettura del libro …


°°°
Principi dell’ecologia:

Reti

A tutti i livelli del mondo naturale, troviamo dei sistemi viventi nidificati all’interno di altri sistemi viventi – delle reti all’interno di altre reti.
Lo scopo dei loro confini non quello di porre delle separazioni, ma è soltanto quello di segnare delle identità.
Attraverso i loro confini, tutti i sistemi viventi comunicano l’uno con l’altro e condividono le risorse.

Cicli
Per restare in vita, tutti gli organismi viventi devono continuamente attingere a flussi di materia ed energia dall’’ambiente che li circonda; inoltre, tutti gli organismi viventi producono ininterrottamente dei rifiuti.
Tuttavia, considerando nel suo complesso, un ecosistema non produce alcun rifiuto, poiché ciò che una specie elimina diventa il nutrimento per un’altra.
In questo modo, la materia circola costantemente attraverso la rete della vita.

Energia solare
L’energia solare, trasformata in energia chimica dalla fotosintesi delle piante verdi, alimenta i cicli ecologici.

Sodalizi
Gli scambi di energia e di risorse all’interno di un ecosistema sono sostenuti da diffuse forme di cooperazione.
La vita non ha preso possesso del pianeta attraverso la lotta, bensì attraverso la cooperazione, i sodalizi e il lavoro di squadra.

Diversità
La stabilità e la capacità di recupero degli ecosistemi dipendono dalla ricchezza e dalla complessità delle loro reti ecologiche.
Quanto più è grande la loro biodiversità, tanto più forti saranno le loro capacità di recupero.

Equilibrio dinamico
Un ecosistema è una rete flessibile, in costante fluttuazione.
La sua flessibilità è una conseguenza delle catene di retroazioni che esso racchiude e che mantengono il sistema in uno stato di equilibrio dinamico.
Nemmeno una singola variabile si trova agli estremi della propria scala di valori, ma tutte oscillano attorno ai propri valori ottimali.


°°°
Adesso cerco di introdurre il concetto di “Blue economy” di Gunter Pauli … trascrivendo un altro pezzo dallo stesso libro ….

°°°

Il raggruppamento ecologico delle industrie

Il primo principio dell’ecologia ci dice che “rifiuto=cibo”.
Oggi, uno dei più grandi punti di contrasto fra l’economia e l’ecologia deriva dal fatto che gli ecosistemi della natura sono ciclici, mentre i nostri sistemi industriali sono lineari.
In natura, la materia circola continuamente, e pertanto gli ecosistemi – presi nel loro complesso – non generano alcun rifiuto.
Le attività umane, al contrario, prendono le risorse naturali, le trasformano in prodotti più materiali di rifiuto, e vendono i prodotti ai consumatori che, a loro volta, scarteranno ulteriori rifiuti dopo aver usato i prodotti.

Il principio “rifiuto=cibo” significa che tutti i prodotti e i materiali lavorati dall’industria – così come i rifiuti nei processi di manifattura – devono, in ultima analisi, servire da nutrimento per qualcosa di nuovo.
Un’organizzazione ecologica sostenibile sarà così incorporata in una “ecologia di organizzazione” nella quale ciò che ogni organizzazione scarta serva come risorsa per un’altra.
In un sistema industriale sostenibile di questo genere, il prodotto totale di ciascuna organizzazione – cioè la somma dei suoi prodotti e dei suoi materiali di rifiuto – verrebbe cioè visto (e di fatto trattato) come un insieme di risorse che devono circolare attraverso il sistema stesso.

Di fatto, un’organizzazione chiamata Ricerca e Iniziative per le Zero Emissioni ( ZERI Zero Emissions Research and Initiatives ) fondata dall’imprenditore economico Guter Pauli nei primi anni Novanta, ha già iniziato a mettere in piedi dei simili raggruppamenti ecologici di industrie in molte parti del mondo.
Pauli ha introdotto la nozione di raggruppamento industriale facendosi promotore del principio di zero emissioni e ponendolo al centro del concetto ZERI. Zero emissioni significa zero rifiuti.
Prendendo la natura come proprio modello e guida, ZERI si propone lo scopo di eliminare l’idea stessa dei rifiuti.(…)


°°°

Alcuni esempi di come le nostre attività creino rifiuti non utilizzando gli scarti di alcune lavorazioni:
- per fabbricare la carta usiamo solo 20/25 per cento del legno tagliato
- i produttori di birra estraggono solo 8 per cento degli elementi nutritivi dell’orzo o nel riso per la fermentazione
- l’olio di palma è solo il 4 per cento della biomassa complessiva del palmizio
- i chicchi di caffè sono solo il 3,7 per cento della pianta.

In merito alle piantagioni d caffè ZERI ha progettato un raggruppamento di impresa per risolvere la crisi delle piantagioni in Columbia dovuta alla caduta dei prezzi del caffè sul mercato mondiale.
I coltivatori usavano solo 3,7 per cento della pianta per produrre reddito, il resto era considerato scarto e produceva solo rifiuti ed inquinamento (fumo, acque di scarico e composti saturi di caffeina).
Le ricerche eseguite dal gruppo di ZERI hanno rilevato che la biomassa della pianta di caffè può essere usato con profitto per coltivare funghi tropicali, nutrire il bestiame, preparare fertilizzanti organici e produrre energia.

Così facendo quello che era un rifiuto di una lavorazione che non produceva alcun redito ora può essere utilizzato per creare valore aggiunto.
Semplificando, quello che resta dalla raccolta dei chicchi di caffè viene impiegato per coltivare funghi shiitake (il nome botanico è Lentinus endodes, sono anche noti come funghi delle querce o funghi della foresta nera) che hanno un alto valore commerciale.
I resti dei funghi, che sono ricchi di proteine, servono per nutrire i lombrichi, i bovini e i suini.
I lombrichi servono per il nutrimento del pollame e il letame dei bovini e dei suini serve per produrre biogas, e concime che viene utilizzato per le piantagioni di caffè e gli orti mentre l’energia ricavata dal biogas viene utilizzata nella produzione dei funghi.

Da un sistema lineare prodotto / scarto si è passati ad un sistema chiuso in cui il raggruppamento di più lavorazioni permette l’utilizzo del rifiuto creando valore aggiunto (pollame, funghi, verdura, carne).
I risultati sono positivi sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista di maggior occupazione creando nuovi posti di lavoro nella comunità.

Un’altra caratteristica dei raggruppamenti creati da ZERI è che la tecnologia viene utilizzata localmente e su piccola scala. I luoghi di produzione sono vicini a quelli di consumo riducendo i costi di trasporto.
Non si cerca di massimizzare la propria produzione per non squilibrare il sistema, mentre si cerca di ottimizzare i processi produttivi di ciascun componente al fine di massificare la produttività e la sostenibilità ecologica in una sinergia ben equilibrata che va a benefici dell’intero raggruppamento.

Spero d’aver stimolato almeno un po’ di curiosità ….

Blue economy
di Paola Fraschini - Gunter Pauli - 03/11/2010
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=35549

Cosa c'entrano balene, libellule, zebre e pomodori con l’economia?
In che modo possono aiutarci a uscire dalla crisi in cui siamo sprofondati?
Una crisi della civiltà, dei modi di produrre e consumare. In natura non esistono disoccupati e neppure rifiuti.
Tutti svolgono un compito e gli scarti degli uni diventano materia prima per altri, in un sistema “a cascata” in cui niente viene sprecato.
Lo spiega bene Gunter Pauli, imprenditore ed economista, autore di Blue economy (in libreria dal 20 ottobre), un volume sorprendente in cui sono raccontate le migliori 100 innovazioni ispirate dalla natura che possono cambiare il mondo e creare posti di lavoro. Parliamone con lui...



Segue il link iniziale ad un video in lingua inglese….

Gunter Pauli (1 of 8) The Blue Economy
1 http://www.youtube.com/watch?v=9Q3qRsFLtuI&feature=related
_________________
“Capire … significa trasformare quello che è"
Inviato il: 5/4/2011 1:11
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Re: Biomimetica e Blue economy
#2
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 25/10/2005
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Davvero il Progetto Foresta del Sahara è un modello di come ottenere cibo senza produrre carbonio, abbondante energia rinnovabile in alcune delle zone più aride del pianeta ed invertire il processo di desertificazione in alcune aree.



Grazie ad un accordo firmato tra i governi di Giordania e Norvegia, prenderà presto il via il primo progetto pilota su larga scala destinato alla conversione di distese desertiche in aree coltivabili, permettendo così al gruppo norvegese fautore del Sahara Forest Project (SFP) di testare direttamente sul campo le proprie tecnologie.
Il centro, la cui costruzione in prossimità della città di Aqaba, sul Mar Rosso, prenderà il via nel 2012 e si estenderà per circa una ventina di ettari. La sua piena operatività è prevista per il 2015.

La filosofia del progetto SFP si basa su un approccio olistico, che mira alla creazione di un microcosmo sostenibile basato su un preciso equilibrio tra inputs e outputs: introducendo nel sistema acqua salata proveniente dal mare e radiazione solare (elementi di cui il nostro Pianeta abbonda), oltre che nutrienti per le coltivazioni, sarà possibile ottenere la produzione di acqua potabile e vapor acqueo, insieme a cibo (derivato dalla crescita di colture), elettricità e combustibili biologici.


(tratto da Un oasi nel deserto per il futuro del pianeta)

°°°

Questo progetto per sviluppare un sistema pilota interesserà un area di 200.000 mq e sono previsti tre stadi di sviluppo:
Studi di approfondimento per tutto il 2011
La costruzione di un centro di dimostrazione che dovrebbe iniziare nel 2012
Sviluppo su scala commerciale a partire dal 2015.

Ovvero compresi gli studi di approfondimento in 4 anni il centro potrebbe incominciare a dare risultati commerciali, mentre i benefici di una opportunità di lavoro, per la creazione del centro, saranno già disponibili a partire dal prossimo anno ed il risultato finale sarà quello di trasformare un area di arido deserto in terra fertile con produzione di cibo, biomassa sostenibile, energia da fonti rinnovabili e acqua dolce e opportunità di lavoro in una attività che non produce inquinamento

Il Sahara Forest Project si è anche assicurata i diritti per ulteriori 2.000.000 mq per la successiva espansione.
_________________
“Capire … significa trasformare quello che è"
Inviato il: 9/4/2011 0:15
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