Giro di vite perché proprio adesso?
Maurizio Blondet
Non è solo David Irving, arrestato in Austria il 4 novembre per l'innominabile delitto di sfidare la verità ufficiale.
In questo momento si trova in carcere in Germania anche un meno conosciuto Ernst Zundel, la cui storia merita di essere conosciuta.
Zundel, nato tedesco, viveva in Canada dal 1958, dove ha lavorato una vita come artista grafico. Negli anni '80 ha cominciato a fare sue ricerche sull'olocausto, finendo per scrivere un libro dal titolo «Did six millions really die?», «Sono morti davvero in sei milioni?».
Denunciato nel 1985 da organizzazioni ebraiche per «pubblicazione di notizie false» e perseguito in vari processi, Zundel commise l'errore di portare a sua difesa testimonianze di esperti di camere a gas e di altri storici, e soprattutto di accettare confronti davanti ai giudici con sopravvissuti della shoah, che non furono in grado di reggere alle contestazioni dello storico improvvisato.
Così, nel 2003 Zundel è stato arrestato.
Non per le «false notizie» che avrebbe diffuso, bensì per «violazione delle norme sull'immigrazione»: altro errore, col suo passaporto canadese aveva fatto una visita in USA. Estradato in Canada, il pericolosissimo immigrante irregolare è stato tenuto per due anni in isolamento in un carcere di massima sicurezza.
Poi, deportato in Germania, è stato condannato dalla corte di Mannheim per il delitto di negazione dell'olocausto.
A 65 anni, Zundel ne sta scontando cinque di galera per i suoi scritti e pensieri proibiti.
Assai simile la storia di Germar Rudolph.
Chimico tedesco, Rudolph ha commesso l'errore di visitare nel 1989 i lager di Birkenau e Auschwitz alla ricerca di tracce di Zyklon B, il gas del genocidio.
Per di più, ha commesso l'errore di non trovarlo.
E ancor peggio: ha commesso l'errore di scrivere che quella storia delle camere a gas, scientificamente, non reggeva.
Condannato prontamente a 14 mesi per negazione dell'olocausto, Rudolph ha creduto di sfuggire alla cattura riparando negli Stati Uniti.
Nel novembre di quest'anno lo hanno arrestato a Chicago e consegnato alle autorità tedesche.
Siegfried Verbeke, cittadino belga, ha indagato sulla storia di Anna Frank e non gli è sembrata del tutto vera.
Accusato di negare l'olocausto l'agosto scorso, ad ottobre è stato estradato dall'Olanda in Germania (di entrambi i Paesi non è cittadino) è si è preso 14 mesi di galera.
Il caso Irving a novembre promette di non essere l'ultimo.
C'è evidentemente un giro di vite contro i revisionisti storici del Terzo Reich.
Ci si domanda perché.
Alcuni dicono: internet, fonte di informazione non controllabile del tutto, sta dando il panico alla nota lobby.
Altra possibilità: i superstiti dei lager, benché diano l'impressione di aumentare di numero di anno in anno, e alcuni abbiano superato, nonostante le immani sofferenze patite dai nazisti, felicemente il secolo di vita, stanno in realtà defungendo; spariscono «testimoni oculari» da esibire, dunque bisogna ricorrere ai rigori della psico-polizia per mantenere la verità ufficiale.
Terza possibilità: è quella che ha definito George Orwell: «chi controlla il passato, controlla il presente».
Un caso personale.
Tempo fa mi fu mandato un giornalista che collabora al Foglio e a Prima Comunicazione (mensile dei radicali) di nome Daniele Scalise, allo scopo di interrogarmi.
La sua domanda centrale era: Blondet, lei è un negazionista?
Precisamente, ecco la domanda: «considera l'olocausto una tragedia unica nel suo genere o solo uno dei tanti terribili episodi della storia dell'uomo? Ritiene che sia verosimile il numero dei morti - sei milioni almeno - uccisi nei campi?».
Ecco, vedete.
Già basterebbe rispondere che ci sono state altre tragedie nella storia, per essere bollati da negazionisti.
O esprimere un dubbio sui sei milioni «almeno», per macchiarsi del delitto di apologia di nazismo.
E' il passo preliminare per trovarsi estradati in Germania, o magari in Turchia (non è Europa?) grande amica di Israele, davanti a un giudice turco a rispondere delle mie idee sulla storia in turco, a difendermi da delitti previsti come tali dal codice turco, con la prospettiva sicura di finire - non so se mi spiego - nelle galere turche. In mano ai Dunmeh.
O magari anche in Polonia, della classe del neo-sionismo di destra: ad essere giudicati da magistrati polacchi che sono ancora quelli del comunismo.
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