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  "11 SETTEMBRE 2001, LE VERITA' NASCOSTE"

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"11 SETTEMBRE 2001, LE VERITA' NASCOSTE"
#1
So tutto
Iscritto il: 22/8/2008
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E' ormai oltre un anno che l'argomento 11 settembre ha suscitato la mia curiosità. Mi chiamo Edoardo, ho 18 anni e scrivo da Pescara. Durante quest'ultimo anno ho cercato in ogni modo possibile di informarmi su questo tema, leggendo tutti i libri e non solo che trovavo in libreria a sostegno sia della versione ufficiale che a riprova della sua falsità.
Anche per stimolare l'interesse nelle persone a me vicine e coetanee ho deciso di scrivere la mia, o meglio di buttare giù uno scritto, un documento, con cui cercare di stimolare negli altri la stessa voglia di verità che aveva colpito me mesi prima..
Il risultato è stato questo scritto, e lo pubblico qui così che se siete realmente interessati potrete dargli un'occhiata..
Non pretendo che sia un granchè, ma so solo che c'ho messo tutto l'impegno possibile..
Grazie per l'ascolto, e nel caso siete interessati buona lettura, sono una sessantina di pagine. Sfortunatamente le immagini non credo si siano caricate, quindi questo è solo il testo. Chi è interessato alla lettura del documento materialmente (e ovviamente gratis!! ) può contattarmi via mail o sul mio blog. Cordiali saluti!!

Edoardo

"11 SETTEMBRE 2001. LE VERITA' NASCOSTE"


CAPITOLO 1.

E’ difficile per tutti.

Quello che stiamo per trattare è un argomento molto complesso e denso di conseguenze.
Non si tratta di un evento morto, passato, di un qualcosa che non ha relazione con il presente, ma al contrario di un avvenimento in stretto legame con molto di ciò che avviene oggi in tutto il mondo.
Non dobbiamo mai dimenticare, quando parliamo dell’11 Settembre 2001, che esso ha condizionato e condiziona tuttora le decisioni prese da molte autorità e istituzioni.
Stiamo combattendo due guerre generate da questo evento, che hanno prodotto la morte di migliaia di soldati della nostra coalizione Occidentale, e di svariate migliaia in più di cittadini Iracheni e Afghani. Sono state approvate leggi che altrimenti non avrebbero mai visto la luce, sono stati compiuti pesanti crimini nel nome delle vittime di quella terribile giornata.
L’11 Settembre non è finito con la polverizzazione totale del World Trade Center di New York, né con le briciole del volo precipitato in Pennsylvania o con le immagini della facciata crollata del Pentagono.
Questo evento è stato e continua ad essere come un macabro velo che oscura la ragione di fronte alle nostre scelte non solo di politica estera. È come una cicatrice. Se noi ci scottiamo un giorno al fornello, la cicatrice rimarrà e continuerà a bruciare per molto tempo e a condizionare le nostre azioni prima che non ci facciamo più caso, e nel frattempo fasciandoci la mano ferita useremo l’altra.
Così è per l’11 Settembre, che ha di fatto creato una profonda ferita nel cuore non solo degli USA ma dell’ Occidente intero, noi compresi.
L’11 settembre 2001 il nostro modo di vivere la storia e gli equilibri geopolitici di tutto il mondo entrarono in una nuova fase.
La politica estera di ogni singolo Stato Occidentale risente ancora dei condizionamenti provocati dagli eventi di quella tragica mattina di fine estate.
Tutti ricorderanno per sempre quella data in cui 19 uomini armati di taglierini, addestrati e spinti all’odio dallo Sceicco del terrore Saudita Osama Bin Laden - autore di altri terribili attentati alle ambasciate Americane in Tanzania e Kenya soltanto pochi anni prima - si imbarcarono su quattro aerei passeggeri di collegamento tra metropoli della costa est Americana ed altre della costa Ovest.
Nessuno oserà dimenticare costoro che per mezzo di taglierini e finte bombe fabbricate con oggetti di fortuna insospettabili ai controlli prima dell’imbarco presero il controllo di questi quattro voli e li portarono alla morte. Al martirio.
Lo schema fu simile per ciascun volo. Cinque terroristi per ciascun aereo, tranne per il quarto su cui se ne imbarcarono solamente in quattro. Appena terminata la manovra di decollo e fatto arrivare l’aereo ad una quota sufficiente, essi fecero irruzione nella cabina di pilotaggio. Una volta uccisi i piloti il più addestrato al volo di ciascun gruppo si occupava dei comandi e con estrema freddezza portava inesorabilmente il velivolo contro l’obiettivo. I primi tre aerei centrarono il loro bersaglio, mentre il quarto finì esplose sui campi della Pennsylvania, nei pressi della cittadina di Shanksville.
Ufficialmente quest’ultima fase della missione non andò a compimento grazie a un manipolo di passeggeri i quali, intuito il piano suicida dei dirottatori, sacrificarono la loro vita ribellandosi e facendo così precipitare l’aereo in luogo scarsamente abitato nel tentativo di riprenderne i comandi.
Non è chiaro se siano stati i passeggeri a far precipitare l’aereo senza neanche provare a farlo atterrare o i dirottatori in un atto di vendetta estrema. Come spesso accade però la verità si trova nel mezzo, e probabilmente i passeggeri avevano almeno l’intenzione di provare a prendere il controllo della cabina, ma il pilota dirottatore non si arrese e la lotta per il possesso della cloche risultò una perdita di tempo fatale, visto che l’aereo già volava a bassa quota, essendo diretto verso la vicina Washington.
Tra i passeggeri vi era un ex pilota di aerei minori, ed è possibile che essi volessero almeno provare a far assumere a questo il controllo della cabina di pilotaggio prima dell’irreparabile. Tuttavia come ci dicono i fatti, pare ovvio che non vi siano riusciti.
Ma la tragedia non era destinata a concludersi con lo schianto degli aerei contro i rispettivi obiettivi, e della caduta del quarto aereo.
Il dramma maggiore arrivò nei minuti successivi.
Ormai metà del mondo stava seguendo incollata ai teleschermi ciò che stava avvenendo. Ciò è una peculiarità dell’11 Settembre, è la conseguenza del progresso portata all’estremo nel suo rapporto con la storia.
Ancor più che ai tempi dello sbarco sulla Luna, ancor più che nel caso dell’assassinio di Kennedy, per la prima volta nella storia dell’umanità abbiamo assistito tutti, rigorosamente in diretta, al cambiare della storia.
Non è stato come sentire un telegiornale la sera, non è stato come leggere un libro di storia, non è stato come leggerlo tra i titoli di un quotidiano.
In un certo senso eravamo presenti tutti noi. Penso sinceramente che nessuno di voi si sia dimenticato quelle immagini, quel primo pomeriggio così denso qui in Italia, come in ogni altra parte del mondo.
Ricordo che mi trovavo a casa dei miei nonni. Loro stavano riposando, io invece ero in cucina a guardare la tv. Guardavo dei cartoni animati, innocenti e allegri cartoni animati. Avevo 11 anni.
Ricordo che la casa era così silenziosa, quando all’improvviso i cartoni animati smisero e lo schermo si fece buio per un attimo. Dopo un istante la casa intera risuonò della sigla dell’edizione speciale del telegiornale, una sigla che io essendo bambino non avevo ancora mai sentito. La giornalista parlava con voce meno sicura del solito, ora che ci penso mi sembra che fosse meno truccata, come colta alla sprovvista, con la fronte aggrottata forse non ancora si rendeva conto che quella che stava annunciando in diretta nazionale sarebbe stata probabilmente la notizia più importante e sconvolgente della sua carriera, quella che alcuni giornalisti aspettano per anni e che a volte pare non arrivare mai, ma che alla fine giunge sempre quando meno te l’aspetti. Come per ricordarti che l’uomo non ha mai il completo controllo della propria vita, che la drammaticità c’è eccome, e guai a scordarsene quando ti coglie all’improvviso.
Ero piccolo ma già conoscevo le torri gemelle, ne avevo già sentito molto parlare e le avevo già viste in diversi film. Stavolta facevano un effetto diverso, erano diverse da come eravamo abituati a vederle, fumanti e colpite. Stavolta la realtà stava rapidamente superando qualsiasi trama di qualsiasi film. Sapete, quei film catastrofici in cui viene distrutta sempre qualche metropoli Statunitense, sembrava di vederne uno, e forse se non avessi visto subito che era il telegiornale per un attimo avrei pensato anch’io che si trattava di un qualche polpettone sulla fine del mondo, coi palazzi mezzi crollati e le più terribili sciagure.
Purtroppo non era un film. Così come la crisi di Cuba, come l’incendio del Reichstag, come Hiroshima e Nagasaki si trattava di un evento di un’enorme portata, di quelli che possono cambiare la storia in dieci minuti. Quelli che mai ti saresti aspettato, ma che una volta che decidi di vedere le cose da una diversa angolazione invece ti rendi conto che erano prevedibili eccome, magari non per il comune uomo della strada, ma per governi e agenzie di intelligence eccome.
Guardi il mondo con occhi disillusi e ti rendi conto che ogni evento ha le due facce della medaglia. Ci sono sempre. E così ti accorgi che i comunisti si erano impadroniti del governo di Cuba con una rivoluzione, ma poi capisci che anche gli Stati Uniti ne hanno fatte di cose poco etiche per cercare di spodestarli e istituire un’altra dittatura, filoamericana, come quelle del Sudamerica. Così dopo vent’anni di propaganda della dittatura ci si rese finalmente conto che a dare fuoco al parlamento negli anni del Terzo Reich non furono i poveri Ebrei, perseguitati in ogni dove, ma in realtà gli uomini dello stesso Hitler.
Così come è vero che serviva dare una lezione all’imperatore Hiroito nel 1945, ma che gli Stati Uniti decisero di farlo nel più barbaro e devastante dei modi, quando ormai in fondo la guerra stava già volgendo al termine. E così scopri che chi pilotò l’Enola Gay, l’aereo che sganciò la bomba atomica sul Giappone, soffre di incubi raccapriccianti ogni notte ancora oggi se è ancora vivo. Se così si può dire, come del resto è giusto che sia, sinceramente.
Napoleone, il grande imperatore francese, costituiva la duplice figura di difensore dell’orgoglio e della potenza transalpina, ma al tempo stesso fu il più grande nemico della rivoluzione francese. Fu colui che le diede il colpo di grazia e che portò via anche l’ultima possibilità di restituire alla Francia una vera democrazia, la cui possibilità le era già stata sottratta dal Direttorio.
Egli contiene in sé entrambe le facce della medaglia: come qualunque evento o personaggio storico presentò anch’egli un lato popolare, conosciuto, ma anche uno oscuro e nascosto.
Allo stesso modo ogni delitto, anche quello compiuto nella maniera più accorta e attenta possibile, lascia sempre delle tracce, qualcosa che possa far insospettire un detective e dargli un punto di partenza per una buona pista che lo conduca al colpevole.
Nessun delitto è perfetto.
Questa è l’ottica che dobbiamo assumere nell’esaminare gli eventi dell’11 Settembre 2001. Quello che bisogna capire è che i tremendi attentati di quella mattina non sono stati probabilmente oggetto di una accurata e imparziale indagine, come invece sarebbe dovuto accadere. Il lettore a questo punto si renderà conto di trovarsi di fronte ad un paradosso, chiedendosi “Ma come? Il più grande omicidio di massa della storia d’America del dopo guerra e non è stato investigato come si deve? Non è possibile!”.
Parrebbe proprio di no.
Riflettiamo un po’ e mettiamo in piedi un rapido ragionamento. Secondo la versione ufficiale, nonostante i ripetuti avvertimenti ricevuti dalle potenze estere, le principali agenzie di intelligence statunitensi (come la Cia e soprattutto l’Fbi in quanto i terroristi erano già sul suolo Americano da tempo ed è quest’ultima che opera, in teoria, entro i confini) non furono in grado di catturare o almeno indagare nessuno dei futuri 19 terroristi. A malapena ne ritennero alcuni sospetti, ecco tutto. O almeno questo è quello che ci dice la versione ufficiale dei fatti patrocinata dal governo Usa. Si tratta pertanto di una ricostruzione dei fatti basata sull’incompetenza. Le agenzie, secondo il governo e la sua versione dei fatti, furono colte completamente di sorpresa. Dormivano.
Ma allora quelle stesse agenzie, così annichilite e impreparate, come furono poi in grado di fornire immediatamente nome, cognome e cittadinanza dei 19 terroristi pochissimi giorni dopo gli attentati? Non era un compito semplice come può sembrare, infatti i loro nomi non erano in nessuna delle liste dei passeggeri imbarcati sui quattro aerei dirottati quel giorno diramate dalle compagnie aeree. Strano, non trovate? Bè, questa è solo la prima delle mille stranezze con cui ci scontreremo esaminando oggettivamente gli attentati dell’11 Settembre 2001.
Quando tutto accadde, sette anni orsono, l’impeto di sgomento e cordoglio generati dalla strage oscurarono ciò che invece avveniva in realtà. Questi sentimenti di foga e shock ci impedirono di guardare con oggettività ciò che avveniva. Con tutte quelle cose nell’aria e col rischio di una terza guerra mondiale mai così palpabile dopo la crisi di Cuba nessuno si rese conto di molte cose che non quadravano e che stavano accadendo sotto gli occhi di tutti.
Sull’onda del governo Usa, tutti si fiondarono sull’ipotesi che il mandante degli attentati fosse Osama Bin Laden, uno sceicco saudita figlio di un ricchissimo imprenditore edile, da un po’ di anni in latitanza e dedito a terrorismo e guerriglia armata.
Poco importa poi se il video in cui egli rivendica la paternità della strage sia in realtà probabilmente falso, in quanto colui che appare nel video dicendo di essere lo sceicco Bin Laden ha in realtà una carnagione ben più scura e appare molto più in carne del vero Osama, il quale ovviamente vivendo di spostamenti continui da caverna a caverna per sfuggire alle mani dei cacciatori di taglie non può essere soprappeso, ma al contrario presenta in tutti gli altri video in cui appare una corporatura assai smunta e trasandata.
Poco importa se il personaggio del video, identificato dal governo USA come il fanatico islamico Bin Laden, indossa nel video un anello pacchiano in oro, mentre la dottrina islamica vieta categoricamente agli uomini di indossare monili in oro.
Poco importa se secondo un’altra traduzione dall’arabo fatta da un’università tedesca gli uomini riconosciuti come Bin Laden, un altro sceicco e i loro complici presenti nel video non rivendicano gli attentati ma semplicemente chiacchierano raccontando ciò che è successo, mentre leggendo i sottotitoli forniti dal governo USA essi rivendicano con chiarezza l’attentato.
Poco importa se nel video Bin Laden mangia e gesticola con la mano destra, quando secondo l’identikit fornito dall’FBI sul proprio sito egli è mancino.
Ma allora, nel seguire queste indagini, cosa è importato?
Questo è solo un esempio di quanto esili siano in realtà le prove materiali, concrete, che il governo Americano ha per accusare Osama Bin Laden di essere il mandante dell’11 Settembre. Altre prove sarebbero un versamento di migliaia di dollari sul conto di uno dei dirottatori suicidi da parte di un luogotenente di Al Qaeda, la quale è tuttavia celebre per essere in realtà la legione araba della Cia.
Ma in realtà quello che i media e molti altri hanno spacciato per un “luogotenente di Al Qaeda”, finanziatore della strage, altri non era che un alto ufficiale dei servizi segreti Pachistani, l’ISI, il quale ha versato poco prima dell’attentato un saldo di 100'000 $ sul conto del futuro kamikaze Mohammed Atta, colui che poco dopo avrebbe portato il primo aereo a schiantarsi contro il WTC.
Quello che pochi sanno, è che spesso e volentieri la CIA e l’ISI hanno lavorato a braccetto.
Nei primi anni ’80, ai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, i servizi segreti angloamericani diedero il via ad una imponente azione di addestramento della guerriglia locale contro il nemico sovietico e di incoraggiamento dell’estremismo islamico e religioso in generale.
Gli Usa puntualmente sostennero e finanziarono segretamente la guerriglia locale, facendo nascere inoltre molte cellule terroristiche, tra le quali è possibile che vi si trovasse anche la nostra Al Qaeda.
Solitamente su questo punto gli opinionisti si dividono, essendovi chi sostiene che a quel punto, dopo la ritirata sovietica, gli Americani abbiano perso il controllo delle cellule terroristiche, rivoltatesi contro di lei, e chi come me sospetta fortemente che in realtà le agenzie d’intelligence Americane e enti pseudo-governativi non abbiano mai perso il contatto con esse, ma che abbiano invece continuato a controllarle, per mezzo di agenti ben infiltrati in luoghi chiave.
Non vi sono in sintesi altre prove concrete di pubblico dominio in possesso degli Usa per affermare con certezza che sia Bin Laden il grande artefice degli attentati dell’11 Settembre.
Vi aspettavate di più, vero?
Il governo Usa ha sempre dichiarato di avere un gran numero di prove a favore di ciò che sosteneva, e all’inizio, pochi giorni dopo l’irreparabile, alcuni rappresentanti dell’amministrazione Bush dissero che sarebbero state tutte diffuse. Purtroppo l’attesa è stata disillusa: il governo Americano non ha mai mostrato queste prove, apportando sempre la scusa che fossero “troppo segrete e che potevano compromettere le indagini”. Queste prove sarebbero così segrete che nemmeno alla “Commissione Indipendente sull’11 Settembre”, l’organismo incaricato allora di indagare sull’accaduto, fu permesso di vederle. Neanche ai capi di Stato stranieri che si accingevano ad entrare in guerra come alleati degli Stati Uniti fu permesso di visionarle. Ormai sono sette anni che aspettiamo queste prove, ma sono così segrete che non sono mai state mostrate a nessuno, così segrete che con ogni probabilità semplicemente non esistono.
La commissione d’inchiesta menzionata precedentemente fu anch’essa un fallimento, se non un vero e proprio insabbiamento. Essa al termine dell’indagine stilò 571 pagine di rapporto, che avrebbero dovuto svelare ogni arcano e dubbio su ciò che avvenne quel giorno di terrore, ma fu il contrario.
Per farvi capire la serietà con cui la commissione, presieduta dai politici Kean e Hamilton, basterà fare alcuni chiari esempi.
In tutta la sua lunghezza, il rapporto non menziona praticamente mai l’edificio numero 7 del World Trade Center, uno di quelli crollati quella mattina e che costituisce uno dei più grandi punti di domanda nell’ambito dell’11 Settembre, e anche quando lo menziona ne parla brevemente e senza soffermarsi più di tanto. La commissione non sembra affatto interessata a sapere cosa ha indotto l’edificio numero 7 a crollare.
La stessa noncuranza è il filo conduttore dell’intero resoconto dell’indagine, il quale spesso e volentieri si limita a dare per scontata ogni conclusione a cui era arrivato prima di lei il NIST, l’ente incaricato dal governo di studiare le dinamiche e le cause dei crolli degli edifici collassati quella mattina.
Spesso poi il rapporto si sofferma in lunghe digressioni tutto sommato di scarsa rilevanza nei confronti dell’indagine.
Inoltre i membri della commissione d’inchiesta non ebbero mai il permesso di andare di persona a ground zero, a Washington o in Pennsylvania ad esaminare di persona le prove e le scene del crimine. Pur essendo incaricati di portare avanti un’indagine sull’evento più importante dall’inizio del nuovo millennio, essi non andarono mai di persona ad analizzare le macerie, i resti, i corpi delle vittime. In poche parole essi si comportarono come un detective che deve indagare su un importante omicidio, avvenuto sotto gli occhi di tutti, ma che non esce mai dal suo studio per indagare la scena del crimine e cercare prove di persona, dichiarandosi però sicuro di sapere chi è il colpevole.
A mio modesto parere questo è un fatto assai grave.
E’ importante inoltre sottolineare che, eccetto ai soccorritori e agli operai incaricati dello sgombero delle macerie, a praticamente nessuno fu permesso di visitare i luoghi incriminati.
Una piccola eccezione fu costituita da un piccolissimo gruppo di esperti inviati a Ground Zero dalla FEMA, l’ente federale per la gestione delle emergenze: la BPAT.
Questa “piccola squadra di detective” subì ogni genere di limitazione. Doveva essere una squadra di investigazione sul più grande crimine del ventunesimo secolo, e le fu attribuito un budget inferiore a quello della commissione che indagò sullo scandalo di Monica Lewinsky, amante dell’ex Presidente Bill Clinton. Io credo che non ci siano parole per una cosa simile, e la ritengo a dir poco oltraggiosa.
Ma il meglio doveva ancora arrivare; infatti la squadra di esperti ricevette il permesso di visitare ed esaminare il luogo della tragedia nell’Ottobre del 2001, cioè pressappoco un mese dopo gli attacchi.
Il fatto sconvolgente è che quando fu permesso agli esperti di entrare gran parte delle macerie degli edifici era già stata rimossa. Il sindaco Giuliani infatti non si preoccupò di aspettare prima di dare il via alla rimozione delle macerie.
E’ assurdo, oltre che inammissibile, che il sindaco di New York si sia permesso di dare inizio allo sgombero delle macerie già meno di un mese dopo la tragedia, quando il 24 Settembre 2001 il numero dei dispersi era ancora di 6453 unità. Come è possibile che gli sia stato concesso di toccare anche una singola trave d’acciaio quando era passato così poco tempo e le operazioni di riconoscimento e ritrovamento delle vittime erano ancora in pieno svolgimento?
Un altro aspetto gravissimo di questa vicenda è che in tal modo, iniziando la rimozione la scena del crimine fu completamente manomessa.
Quando gli investigatori arrivarono finalmente a Ground Zero purtroppo il danno era già stato ampiamente fatto. Ad essi non fu consentito di soffermarsi dove volevano o di girare liberamente per le macerie, e al contrario dovettero accontentarsi di una specie di giretto turistico nelle macerie.
Fu calcolato inoltre che dopo nei sei mesi successivi all’11 settembre a ground zero l’80% delle macerie ferrose era già stato compromesso o portato via. I detective scoprirono poi con grande sorpresa di avere meno autorità degli addetti alla pulizia, in quanto quando chiesero loro di fermare la rimozione delle macerie essi gli risposero semplicemente che non avevano l’autorità per farlo. Per la cronaca, la società che si occupò di eliminare i ruderi fu la “Controlled Demolitions inc.”, la stessa che si occupò di demolire ciò che restava dell’edificio federare di Oklahoma City, fatto saltare in aria nel 1995.
La completezza delle macerie era fondamentale per poter studiare bene la risposta della struttura portante d’acciaio delle torri agli urti ricevuti e per capire in via definitiva se al loro interno si erano mai sviluppate temperature così alte da provocare la fusione dell’acciaio. Ma di questo parleremo in maniera più approfondita in seguito.
Dei milioni di frammenti e travi rimasti delle torri se ne salvarono dal riciclo soltanto
Ritornando ai nostri esperti in gita turistica a Ground Zero, è opportuno ricordare che fu negato loro anche di visionare molte carte progettuali, e quelle poche che essi riuscirono ad esaminare furono loro concesse con molte riserve.
Nel frattempo con questa burocrazia si perdeva del tempo prezioso, mentre gli operai lavoravano giorno e notte a New York per portare via le macerie. Questi rottami metallici, queste travi vennero poi vendute alla Cina e ad altri paesi Asiatici, i quali si affrettarono a riciclarli per riutilizzarli nell’industria siderurgica. Pertanto praticamente tutto quello che rimaneva delle Twin Towers fu cancellato per sempre. Il cemento e l’amianto degli edifici si polverizzarono al momento del crollo, ricoprendo l’estremità meridionale dell’isola di Manhattan di una polvere grigia finissima, facendo assumere all’intera area un aspetto quasi lunare. Sono moltissime le persone che in quei giorni prestando soccorso nel luogo del crollo respirarono queste sostanze tossiche e cancerogene che ora, se sono ancora vive, ne pagano le atroci conseguenze. L’acciaio che costituiva il resto della struttura portante e che era sopravvissuto al crollo fu quindi portato in Asia per essere fuso e riciclato, e non potè mai essere studiato né esaminato per determinare le cause del crollo, che al di là di quello che si possa pensare sono tutt’altro che chiare.
E’ sospetto oltre che inquietante il fatto che l’allora sindaco di New York Rudolph Giuliani abbia avuto così tanta fretta nel cominciare lo smaltimento delle macerie ferrose del World Trade Center, visto che tra l’altro non erano esse ad essere tossiche, ma la polvere che si era depositata ovunque, e che quindi singolarmente non potevano comportare ampi rischi per la salute della cittadinanza.
Una strana coincidenza volle che casualmente il mandato del sindaco terminasse a Dicembre 2001, e che quindi forse egli avesse fretta di cancellare la scena del crimine prima che col termine del mandato non gli fosse più possibile farlo.
Quello che dobbiamo domandarci è cosa c’era di tanto pericoloso e sospetto in quelle macerie? Per quale motivo esse dovevano sparire il più velocemente possibile, prima che qualunque esperto o investigatore potesse vederle e esaminarle?
E’ evidente che qualcosa in esse doveva rimanere nascosto, ed essere eliminato il prima possibile.
In sostanza, negli Stati Uniti non furono condotte vere e proprie indagini per scoprire ciò che fosse avvenuto in realtà, per il semplice motivo che tutti accettarono come dogma che il mandante fosse Osama Bin Laden.
Quindi sul più grande delitto della storia d’America si è indagato meno che mai. La giustizia non ha mai messo in dubbio ciò che le veniva detto di credere dalle autorità, e col passare del tempo l’ondata di patriottismo che sommerse il popolo Americano non rese di certo la vita facile a chi voleva opporsi razionalmente alla versione dei fatti data dal governo.
Così come molte altre persone addirittura si indignano, quando si imbattono in chi dubita sulla veridicità della versione ufficiale. Esse sostengono che queste persone che dubitano non hanno rispetto per le vittime, che “simili teorie complottiste non dovranno essere accettate” (parola di Bush!).
C’è un pregiudizio di fondo, ancora oggi, che riguarda chi osa mettere in dubbio la ricostruzione dei fatti ufficiale dell’11 Settembre. Chi va contro il governo USA va contro l’America: chi sospetta è un antiamericano. Niente di più sbagliato! Se usiamo la testa, risulterà ovvio che chi vuole indagare per trovare i veri mandanti di questo atroce delitto, alla luce dell’insufficienza e della corruzione delle indagini ufficiali, è in realtà il più grande amico del popolo Americano.
Il governo ha sempre detto di avere prove decisive della colpevolezza di Bin Laden, Al Qaeda e il regime dei Talebani dietro l’11 Settembre, ma passano gli anni e visto che queste prove non ci sono mai state mostrate io ritengo sinceramente che sia più che lecito dubitare della loro esistenza, e quindi della legittimità delle due guerre che ne sono scaturite fino ad oggi.
Il primo ad esporsi e a notare le incongruenze di questi attentati, specie di quello al Pentagono, fu già nei primi mesi del 2002 Thierry Meyssan, politico e giornalista Francese, che scrisse “L’incredibile menzogna, nessun aereo è caduto sul Pentagono”, e il “Pentagate”, in cui rafforzava le proprie tesi.
Dopo incerte previsioni il libro andò letteralmente a ruba in tutto il mondo, venne stampato in decine di lingue e divenne un best seller, iniziando così a scalfire il muro del silenzio alzato dai mass media e dalle autorità a difesa delle debolezze della versione ufficiale, che trova uno dei suoi maggiori talloni d’Achille nella ricostruzione dei fatti al Pentagono.
Meyssan ricevette inviti in ogni parte del mondo per esporre le sue scoperte, tranne che in Occidente, dove il muro era ben più solido e dove bastava sospettare sulla versione ufficiale che si veniva subito guardati come infami. Meyssan ricevette molte minacce di morte, e spesso ignoti tentarono di “spingerlo” a ritrattare le proprie tesi, inutilmente.
Tra le altre cose il governo a stelle e striscie dichiarò Meyssan “persona non grata” negli Stati Uniti, una prova di quanto temesse già da allora la risonanza delle tesi dell’attivista transalpino.
Ma ormai era troppo tardi, l’incendio del dubbio era divampato e si era creata una breccia considerevole nel muro della versione ufficiale e di chi la sosteneva.
Con l’ausilio di internet e della forza di volontà dei primi sospettosi le incongruenze vennero presto a galla e iniziarono a diffondersi in tutto il mondo, anche in Occidente.
Negli anni successivi si vennero così a creare libere associazioni di persone, spesso esperti autorevoli, che mettevano apertamente in dubbio quello che ci era stato inculcato in mente dai media nei giorni successivi a quella terribile strage.
Ci sono molte persone in giro, male informate e che evidentemente si basano su pregiudizi, che ritengono che le teorie “cospirazioniste”, o comunque dubbiose sull’11 Settembre siano un’offesa ai martiri di quella data.
Evidentemente questi individui non sanno che tra i primi a sostenere la falsità della versione ufficiale vi sono proprio le famiglie delle vittime dell’11 Settembre, che vogliono giustamente che vengano trovati i veri assassini dei loro cari.
Il governo ha sempre eluso le domande poste da questi attivisti, a cui non ha mai pertanto voluto dare risposta.
Dopo Meyssan fu la volta di nuove scoperte e tesi sostenute da esperti e scrittori anche di una certa levatura, come il professor Steven E. Jones, ex docente di Fisica alla Brigham Young University, dove fu sollevato dal suo incarico dopo aver preso posizione sull’11 Settembre, il quale esaminò le stranezze nel crollo delle Twin Towers e si disse convinto che esse fossero state demolite per mezzo di una demolizione controllata.
David Ray Griffin, docente di teologia e filosofia all’Università di Dayton è, come Steven E. Jones e molti altri un esponente del gruppo degli “Esperti per la verita sull’11 Settembre”, parte del movimento per la verità sull’11 Settembre costituita da esperti e scrittori. In particolare il professor Griffin è autore dei libri: “La nuova Pearl Harbour, domande fastidiose sul rapporto tra l’amministrazione Bush e l’11 Settembre”, “Il rapporto della Commissione sull’11 Settembre: omissioni e distorsioni”, “L’11 Settembre e l’impero Americano”, “Smontando i debunkers dell’11 Settembre, una risposta a Popular Mechanics e ad altri difensori della versione ufficiale”, e molti altri. E’ opportuno ricordare che i debunkers sono coloro che tentano di dimostrare a loro volta la veridicità della versione ufficiale e le difficoltà delle teorie complottiste. Ne parleremo meglio in seguito.
Un altro dei principali esperti che ritengono falsa la versione ufficiale è Webster Griffin Tarpley, un grande pensatore, uno storico e un giornalista, grande esperto di terrorismo e spionaggio, il quale visse anche in Italia negli anni del terrorismo e che ha scoperto il fondamentale ruolo delle esercitazioni delle agenzie USA in ciò che accadde l’11 di Settembre.
Il suo libro più celebre sull’argomento è senz’altro “La fabbrica del terrore made in USA, origini e obiettivi dell’11 Settembre”, che il sottoscritto consiglia caldamente.
Della questione in Italia invece si sono occupati molto sulla sponda “complottista” Giulietto Chiesa, ex parlamentare europeo nonché autore del libro “Zero,perché la versione ufficiale sull’11 Settembre è un falso”, da cui è stato tratto un omonimo film. Un altro personaggio chiave nel mondo Italiano del dibattito sull’11 Settembre è Massimo Mazzucco, gestore del sito Luogocomune.it, nonché regista del film “Inganno Globale”, e di “La verità di cristallo”.
Nell’angolo opposto del ring, cioè dalla parte di chi sostiene la versione ufficiale, troviamo e Paolo Attivissimo, ex conduttore radiofonico, sedicente investigatore critico di bufale e leggende metropolitane, che conduce la sua battaglia specialmente attraverso internet sul suo sito undicisettembre.blogspot.com, ma che ultimamente ha partecipato attivamente alla stesura del libro “11 Settembre, la cospirazione impossibile, che fa un’analisi assai critica delle cosiddette teorie complottiste sull’11 Settembre, a parere degli autori poco probabili se non impossibili. Parleremo anche di lui.
Questa è una breve panoramica degli “schieramenti” in atto in questo dibattito dall’enorme portata storica.
Ma è ora che parliamo di noi.
Questo libro propone una visione disillusa e oggettiva dei fatti dell’11 Settembre 2001, e intende mostrare con la massima chiarezza tutti i punti oscuri e le contraddizioni della versione ufficiale, di cui metteremo a serio rischio la sopravvivenza nelle prossime pagine.
Il mio intento sarà quello di spiegare tutti i dubbi su questo argomento, con la maggiore semplicità possibile, cercando di raggiungere un pubblico di tutte le età, volendo coinvolgere anche i lettori più giovani, in quanto riteniamo che sia molto importante che chi era piccolo allora, chi è giovane oggi, chi avrà un giorno le redini del futuro sappia di cosa si parla e possa farsi una propria opinione.
Non pretendo di rivaleggiare con i miei illustri predecessori che ho illustrato prima e che sicuramente saranno più saggi del sottoscritto, né intendo negare di essere modesto rispetto a loro. Tuttavia mi auguro di riuscire a stimolare in voi l’interesse verso questo argomento, in quanto il vero scopo di questo libro è indurre voi lettori, voi persone qualunque come me ad informarvi realmente sull’11 Settembre 2001, a intraprendere una vostra personale ricerca della verità, con i mezzi che ognuno di noi ha a disposizione, in quanto al giorno d’oggi troppo spesso siamo succubi di ciò che ci dicono i mass media. Abbiamo la brutta abitudine di pendere dalle loro labbra.
“Cogito ergo sum” diceva il vecchio Cartesio, abile nel sottolineare l’importanza del pensiero nella vita dell’uomo. E quando un evento viene imposto per quello che in realtà non è, quando la logica ci porta in direzioni diverse da quelle ortodosse propinate dalle autorità, quando un atroce sospetto si infiltra nei nostri pensieri rendendoli improvvisamente più cupi, quando usando la ragione ci rendiamo conto che la realtà è molto più complessa e scomoda di quello che può sembrare, allora siamo autorizzati a dubitare. Possiamo definire ciò la “libertà del dubbio”.
Questa libertà non è rispettata al giorno d’oggi. Basta discostarsi anche solo di poco dalla massa per venire attaccati e umiliati, anche se non è scritto da nessuna parte che noi o la massa abbiamo ragione. Tuttavia nel mondo che ci circonda agli occhi di tutti la massa è nel giusto, la minoranza che dubita no. Questo è il messaggio che le autorità e i media ci fanno recepire, in quanto al giorno d’oggi la quantità è purtroppo molto più importante della qualità.
Sono convinto che anche in questo stia la causa della moria di ideali e pensiero originali che ha finora caratterizzato il ventunesimo secolo. E’ andato irrimediabilmente perduto tutto il lato positivo dell’anticonformismo, e si è finito con l’etichettare il concetto guardando soltanto al lato negativo, e a pensarlo solo come stravaganza, come stranezza. Al giorno d’oggi chi è anticonformista, chi va contro la massa o le autorità politiche e statali è semplicemente un disertore, qualcuno che non si riconosce parte del sistema. E spesso non tardano ad arrivare le critiche e le offese, spesso si viene fraintesi da chi vuole inquadrarci solo nella nostra ostinazione. Sovente mi è capitato di essere tacciato di “antiamericanismo” dalle persone che leggevano i miei articoli o con cui dibattevo sui forum di mezza Italia sull’11 Settembre. Niente di più sbagliato. Io amo l’America, e penso che gli Stati Uniti siano un paese magnifico, in cui ho anche molti parenti, alcuni dei quali vivevano anche a New York quel terribile giorno, e quindi lungi da me essere antiamericano. Ma le così non vanno sempre bene, anche in un paese tanto grande e glorioso.
La gente ha paura di quello che non capisce, e spesso il tuo avventurarti in mondi oscuri dove la verità è pura utopia genera incomprensione, perché le persone hanno paura di perdere il filo logico della loro esistenza, di affacciarsi su un incubo e scoprire che non c’è modo di svegliarsi. Così è per l’11 Settembre.
Le persone hanno paura a vedere le cose sotto una luce diversa. Ma a volte non accade così, e le persone che ti sono vicino si stringono attorno a te e ti incoraggiano, e improvvisamente, anche se col tuo pensiero stai andando contro tutto ciò in cui credono, tutti sono comunque al tuo fianco, e allora capisci che non è quello il momento di cedere, che non è più il momento di arrendersi. Devi andare avanti. Ed è più o meno così che sono andate nel mio caso le cose, ed è per questo che devo ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuto, perché senza di loro non sarei qui.
Questo libro è dedicato anche a loro.
Ma adesso basta parlare di noi.
Leggere questo libro significa sporgersi sull’orlo di un precipizio, significa guardare le cose in maniera totalmente disillusa e razionale. Bisogna abbandonare ogni sorta di pregiudizio o dogma che avevate in mente sulla politica che ci circonda, dovete eliminare ogni preconcetto dalla vostra mente. Altrimenti si rischierà di cadere in fraintendimenti e deviazioni dal reale messaggio che questo scritto intende lanciare.
Mettetevi comodi.
































CAPITOLO 2.

L’attacco al World Trade Center

La mattina di quel giorno maledetto più di metà degli Americani dormiva ignara di quello che stava succedendo sulla costa Est del loro Paese, complice il fuso orario.
Erano più di dieci anni che la guerra fredda era finita, e dopo la questione balcanica di fine anni ’90 l’inizio del nuovo millennio lasciava intravedere un barlume di speranza e di pace per gli anni seguenti. Poteva essere un nuovo secolo di gloria, e invece siamo stati catapultati nel “nuovo secolo Americano”, nella guerra infinita al terrorismo che ha visto la nascita del cosiddetto scontro di civiltà, la rischiosa espansione della N.A.T.O. nell’Est Europeo e il suo altrettanto pericoloso passaggio da alleanza militare difensiva a offensiva (avvenuto nel 1999).
Ma torniamo a New York.
E’ la mattina dell’11 Settembre 2001, gli impiegati stanno ricominciando a lavorare a ritmi serrati dopo la pausa estiva, i pendolari e i lavoratori sono ormai arrivati tutti ai loro uffici di Manhattan, e si stanno apprestando a cominciare le loro mansioni quotidiane.
Nella punta meridionale dell’isola di Manhattan vi era in particolare un complesso di palazzi e uffici straordinariamente importante, che costituiva il vero e proprio centro economico e direzionale della città: il World Trade Center, il cuore economico della grande mela.
Spesso si commette l’errore di identificare il WTC solo con le due torri, ma in realtà il complesso era composto da una piazza centrale, circondata da sei edifici, a cui fu però aggiunto nella metà del 2001 un settimo, il WTC 7, il quale sorgeva di fronte alla torre Nord, leggermente al di fuori del quadrilatero costituito dagli altri sei edifici, organizzati intorno ad una piazza monumentale.
Gli edifici del WTC 1 e 2 erano i celebri colossi gemelli di 110 piani. Si trattava di edifici dalla forma semplice, ma che trasmettevano una grande idea di forza e enormità. Di base quadrata di 63 metri di lato, le torri si slanciavano prepotentemente nel cielo fino a perdita d’occhio, e la vicinanza tra le colonne esterne da lontano dava l’impressione che non ci fossero finestre, e che fossero ancora più enormi e possenti. Erano indubbiamente un simbolo di forza.
La loro storia ha origine all’inizio degli anni ’60.
Sono anni di grande sviluppo per l’America, ormai delineatasi superpotenza mondiale insieme all’Unione Sovietica.
New York cresce in fretta, e l’isola di Manhattan è un continuo cantiere. Sorgono così molti grattacieli nell’area di Midtown, la sua parte centrale. Tuttavia mentre lo skyline della città cresce al suo Nord e Centro, la punta meridionale dell’isola più celebre del mondo è ancora modesta e spopolata in quanto a edifici di pregio architettonico.
David Rockfeller si fa allora portavoce di un gruppo di finanzieri che auspicano la nascita di un grande complesso finanziario e direzionale in quella zona. Detto fatto: il progetto viene presentato da uno studio di architetti giapponesi e nel 1966 i lavori sono già al via.
La spesa è faraonica, 335 milioni di dollari, ma il risultato non lo è da meno, e dopo sette anni vede la luce l’allora più imponente e esteso complesso di edifici direzionali. Anzi, il più grande complesso edilizio al mondo, senza ombra di dubbio. Per un breve lasso di tempo i grattacieli mantengono anche il record di palazzi più alti del globo, dall’alto dei loro 417 metri.
Tuttavia il record è destinato a durare solo pochi mesi, e viene loro usurpato dalla Sears Tower di Chicago, più alta di 14 metri. Poco male, a limitare i danni arriva presto un imponente antenna televisiva sulla cima della torre Nord Newyorkese, che rilancia la sua altezza a ben 526 metri!
Le Twin Towers ospitavano gli uffici di numerosissime aziende, agenzie e compagnie finanziarie.
Solo per citarne qualcuna, nella torre Nord avevano i loro uffici: la Zimamerican Israeli Shipping Company, la Bank of America, la Dun & Bradstreet, la Cantor Fitgerald International, la Lehman Brothers, la Dai Ichi Kangyo Trust Company of New York, i servizi finanziari dell’ambasciata francese, la Sidley Austin, l’International Trade Center, la Marsh USA (la quale ne occupava otto piani, di cui sette colpiti in pieno dal volo American Airlines 11 l’11 Settembre 2001), la Blue Star Line North America, la Crèdit Agricole, nonché moltissime emittenti televisive.
Alcuni tra gli inquilini della torre Sud erano invece: la Verizon, agenzia che si occupava di telecomunicazioni, la Sun Microsystems, la Oppenheimer Funds, la Morgan Stanley, i cui uffici occupavano addirittura 19 piani, la Fuji Bank, la Euro Brokers, la compagnia assicurativa AON, la Fiduciary Trust, la Brunette & Woods, nonché alcuni uffici governativi, come anche per la torre Nord.
Queste liste di aziende possono solo dare una minima idea di quante aziende trovassero ospitalità nelle torri del più grande complesso finanziario che esistesse al mondo. Si può solo avere idea di quante persone vi lavorassero, di quante vite si intrecciassero lì ogni giorno.
I piani 7-8, 41-42, 75-76 e 108-109 erano piani di servizio, cioè ospitavano i motori degli ascensori, e altre attrezzature meccaniche. Se osserviamo una qualsiasi foto del World Trade Center vedremo chiaramente delle bande scure orizzontali abbastanza larghe da essere ben distinguibili ogni 34 piani; quelli erano i piani di servizio. 44° e 78° piano ospitavano invece i due skylobby. Uno
skylobby è un piano adibito allo scambio di ascensori.
E’ semplice, se abbiamo un edificio assai popolato e alto 110 piani, semplici ascensori che salgono e scendono dal primo fino all’ultimo piano sarebbero assai sconvenienti dato il gran numero di persone che lavorano nel palazzo e hanno necessità di utilizzarli continuamente. Per risolvere il problema e per evitare intasamenti l’unica soluzione è un sistema di ascensori doppio: uno che percorra l’edificio in tutta la sua lunghezza ma facendo poche fermate, e un altro sistema di ascensori locali che si spostano tra i piani a cui si spostano gli ascensori principali. Facciamo l’esempio delle torri: in esse vi erano 23 ascensori espressi, che percorrevano la torre in tutta la sua altezza, i quali però fermavano solo in tre piani: il piano terra, la prima e la seconda skylobby, posizionati a decine di piani di distanza. Scendendo dall’ascensore in uno di questi livelli si prendeva un altro ascensore locale, che percorreva i piani tra le due skylobby.
Nell’illustrazione a destra si può notare la struttura e la percorrenza dei vari ascensori all’interno degli edifici.
Questo era un modo assai ingegnoso, sviluppato dalla ditta produttrice di ascensori Otis per ridurre le file e aumentare la disponibilità di ascensori nelle torri, in totale 97 per ciascuno dei due grattacieli gemelli.
E’ necessario ricordare però che le trombe degli ascensori erano collocate nella parte centrale dei due edifici, della cui struttura parleremo in seguito.
Differentemente dalle torri che dominavano il complesso gli edifici numero 3,4,5 e 6 erano molto meno slanciati e contenevano altre attività.
Il WTC 3, alto 22 piani, era sede del Marriot World Trade Center Hotel ed era situato tra le due torri.
Il WTC 4 con i suoi nove piani era prevalentemente occupato dalla Deutsche Bank, che ne occupava tre piani, e dal New York Board Of Trade, che aveva i suoi uffici in altrettanti livelli. Al piano terra dell’edificio vi era il centro commerciale del World Trade Center.
Il WTC 5 era anch’esso alto nove piani, e sorgeva sopra la stazione della metropolitana della WTC Plaza, la piazza centrale e gli edifici del complesso circostanti. Al suo interno il WTC 5 ospitava le rappresentanze di numerose aziende, tra cui la Credit Suisse First Boston, che ne occupava tre piani, e la Morgan Stanley, che era anch’essa affittuaria di tre piani nel palazzo.
Il WTC 6, alto otto piani, era occupato interamente dalla dogana e da sedi di uffici governativi, tra cui il cosiddetto “Ufficio per l’alcool, il tabacco e le armi da fuoco”, l’ “Ufficio per il lavoro del governo degli Stati Uniti”, e il Dipartimento federale del commercio.
Un discorso a parte meriterà il WTC 7, l’ultimo aggiunto al complesso proprio nel 2001, alto 46 piani, che conteneva tra l’altro uffici di alcune agenzie di sicurezza Statunitensi, ma anche l’ultra sicuro ufficio per la gestione delle emergenze del sindaco, una sorta di bunker da cui l’allora sindaco Giuliani aveva i mezzi per dirigere le operazioni in caso di grave emergenza.
Quest’ultimo edificio, di base trapezoidale, era stato costruito nel 1987 ed era di proprietà del signor Larry A. Silverstein, un ricco magnate e imprenditore, proprietario della “Silverstein Properties”. Egli però ebbe da subito difficoltà nel trovare affittuari per il suo edificio di 47 piani, dato che l’infinita quantità di potenziali uffici offerta dagli enormi palazzi del vicino WTC copriva già abbondantemente il fabbisogno di spazi di cui si sentiva la necessità. Ma ad influire negativamente sull’acquisto di uffici nel futuro WTC 7 fu la pesante crisi dei mercati finanziari del 19 Ottobre 1987, una delle più gravi mai verificatesi.
Col passare degli anni però i mercati cominciarono a riprendersi, per fortuna di Silverstein, e ditte e agenzie ricominciarono ad interessarsi al suo grattacielo e ad affittarne piani interi. Tra queste ricordiamo tra cui la “Salomon Smith Barney”, la maggiore inquilina del grattacielo l’11 Settembre 2001. Vi erano inoltre come segnalato prima anche diversi uffici di agenzie governative, oltre al rifugio per le emergenze del sindaco.
Era un ufficio assai ben equipaggiato, tanto che non pochi lo definirono un vero e proprio bunker, costruito soltanto due anni prima, ed era costato 13 milioni di dollari. Tuttavia Giuliani sorprendentemente l’11 Settembre 2001 preferì utilizzarne un altro, più lontano dal WTC. Fu tristemente, nonché stranamente, previdente nel decidere di non recarvisi, considerando che all’inizio degli attacchi nessuno ancora poteva immaginare che le torri non avrebbero retto e che lo stesso edificio 7 sarebbe crollato su sé stesso il pomeriggio seguente. Nel WTC 7 erano custoditi inoltre gli archivi relativi a numerosi scandali finanziari, tra cui quelli relativi al processo per il caso “Enron”, sicuramente uno dei più grandi casi di bancarotta della storia, irrimediabilmente perduti dopo le circostanze misteriose dell’11 Settembre che portarono al collasso dell’edificio che li ospitava.
Le torri in particolare essendo sede di moltissime società, ma anche di banche, agenzie finanziarie e compagnie assicurative erano quotidianamente visitate da decine di migliaia di persone al giorno, tra impiegati e turisti. Vi erano alberghi, sedi di ben quattro mercati azionari –vere e proprie borse-, un posto di polizia fisso, un pronto soccorso a parte, fermate della metropolitana e negozi a non finire. Nelle torri si trovavano inoltre anche eleganti punti di ristoro panoramici, il più famoso dei quali era il “Windows on the world”. Il “Windows on the world era situato al 107° piano della torre Nord, in cui spesso a quell’ora erano soliti fare colazione impiegati, ospiti e turisti.
Si trattava di uno dei più famosi ristoranti della città, nonostante non fosse il migliore in quanto a prelibatezza delle portate, ma era comunque elegante e piuttosto costoso. Tuttavia la vista che si poteva godere stando seduti a uno dei suoi tavoli era certamente indimenticabile, e quindi faceva senz’altro almeno in parte dimenticare il conto ai suoi clienti. Una curiosità, il ristorante aveva un rigido codice di prenotazione e vestiario. Si doveva entrare in giacca e cravatta per essere serviti, ma bisognava anche prenotare, altrimenti si veniva “condannati” a mangiare al bar del ristorante, la cui vista tutto sommato non era certamente peggiore.
Nel ristorante al momento dello schianto del volo American Airlines 11, avvenuto soltanto otto piani più in basso, erano presenti 160 persone, di cui 89 facenti parte dello staff del ristorante e 71 ospiti, che si trovavano lì probabilmente per partecipare ad una conferenza.
Si può soltanto immaginare quanto alto fosse il numero di persone presenti nelle torri quella soleggiata mattina di inizio Settembre. Si dice che nelle torri lavorassero oltre 50'000 persone ogni giorno, e che i visitatori al giorno fossero più di 30'000. Tuttavia, come dicevo precedentemente, a quell’ora erano presenti per fortuna pochi turisti ma sfortunatamente la quasi totalità dei lavoratori.
Dopo le otto di mattina, a New York City come in qualsiasi altra città terziaria del mondo, è il momento di affluenza dei lavoratori, all’inizio della giornata lavorativa.
Nonostante ciò, per fortuna non era ancora l’ora di massima affluenza nel complesso, che in quel momento ospitava “soltanto” la metà del numero di visitatori previsto quotidianamente.
L’ora di punta nel World Trade Center era più tardi, nella tarda mattinata, quando agli impiegati al lavoro si aggiungevano a frotte i turisti, i commercianti e i clienti del relativo centro commerciale, che come abbiamo visto occupava parte del WTC 4.
Ma torniamo in uffici pieni di scartoffie e computer, stavolta però non nelle torri.
Nelle vicinanze del complesso finanziario del WTC aveva la sua sede una ditta, specializzata in messaggistica istantanea, in servizi per la rete e attività simili: la Odigo, società israeliana che si occupa di informatica.
A causa della natura dei servizi offerti dall’azienda, spesso capita che impiegati lavorino fino a tardi, e che facciano il turno di notte. Così era accaduto quel giorno, e così la mattina dell’11 Settembre 2001, all’alba, i dipendenti sono già al lavoro.
All’improvviso accadde qualcosa di imprevisto, e due impiegati del “servizio ricerca e sviluppo e vendite internazionali” ricevettero sui loro computer un avvertimento agghiacciante via e-mail: qualcuno li avvisò che cose terribili stavano per accadere a New York, e che vi sarebbe stato un tremendo attacco al World Trade Center. Non c’era tempo da perdere, la mail diceva chiaramente che l’attentato sarebbe avvenuto di lì a poche ore, nell’arco della mattinata.
I dipendenti avvisarono immediatamente il direttore dell’azienda del contenuto del messaggio, che essendo di bandiera israeliana si affrettò ad informare i servizi di sicurezza del proprio paese natìo. Voci riportano che anche l’FBI venne allertata.
E poi? Nulla.
Per quello che ne sappiamo non venne approntata alcuna ulteriore misura di sicurezza al WTC, né l’FBI si interessò più di tanto al messaggio intimidatorio, forse non ritenendolo attendibile.
Questa notizia fu esaminata e pubblicata dal Washington Post il 26 Settembre 2001. Tuttavia da questo inquietante avvenimento nacquero vergognose leggende metropolitane che presero di mira soprattutto la nazionalità israeliana dell’azienda. Fu la scusa per alimentare gli ennesimi antisemitismi, che specie nel mondo arabo e gradualmente nel resto del globo cominciarono a circolare e a prendere sfortunatamente credito presso l’opinione pubblica. Si arrivò persino a dire che quel giorno quattromila impiegati ebrei che lavoravano nelle torri erano venuti a sapere in anticipo di ciò che stava per accadere e di conseguenza non si erano presentati al lavoro quel giorno nefasto. Niente di più falso. Questa è una semplice diceria razzista priva di fondamento, ventilata spesso da giornali mediorientali, vedi il quotidiano Haaretz, o da siti internet poco affidabili. Al contrario, tra le vittime del terribile attentato furono centinaia le vittime israeliane o di religione ebraica. Sarebbe opportuno riflettere a lungo sul perché vi sono persone sempre alla ricerca di una scusa per prendersela con una minoranza religiosa, con un popolo o una etnìa. Sarebbe opportuno riflettere su quanto sia facile al giorno d’oggi in una società solo apparentemente stabile e serena come la nostra ricadere nella trappola del razzismo, mai debellata con convinzione. La verità è che viviamo nell’ignoranza, nell’odio ingiustificato. E’ un mondo che si regge su strane regole il nostro, destinato in anticipo a cadere sotto lo stesso peso del suo odio, a soccombere in una guerra di idee sbagliate.
E’ inutile urlare in questo mondo, è inutile chiedere aiuto, perché non c’è nessuno che in realtà ci ascolti, a meno che non gli faccia comodo.
E’ il caso di un’ intera nazione che può essere oppressa da un regime teocratico e violento, di migliaia di persone innocenti che possono morire per difendere la libertà del proprio Paese, ma in questa storia la comunità internazionale tace.
A nessuno importa di quel Paese, che stranamente però richiama improvvisamente le attenzioni di tutti quando si decide di farvi passare un imponente oleodotto che permetta alle potenze Occidentali di evitare la strada della Russia nel trasporto di petrolio e combustibili fossili in genere verso gli insaziabili consumatori Europei e Statunitensi. Può accadere che una dittatura sanguinaria faccia il bello e il cattivo tempo in questo Paese per cinque anni, senza però che nessuno la fermi o soltanto si opponga, senza che nessuno ricordi al mondo che forse da qualche parte aleggiano ancora fantasmi chiamati “diritti umani” ma improvvisamente, quando fa comodo, tutti si riempiono di commozione e si rimboccano le mani per questo luogo di terrore e disperazione.
Questo Paese è l’Afghanistan, contemporaneamente terra di nessuno e terra di tutti, un Paese che non trova pace da…da sempre. Conteso, invaso, oppresso, il popolo Afgano è sempre stato dimenticato da tutto e da tutti, legato in fondo a un fiume, imponentemente costretto a vedere la propria terra rimanere instabile per garantire gli interessi altrui nell’area Sud-Asiatica.
Quante lacrime, quanto sangue abbiano visto scorrere le donne e i bambini Afgani non ci è dato saperlo, semplicemente perché la nostra mente intrisa di pseudo civiltà fatica ad immaginare come sia realmente la situazione in quel Paese. Fino al 10 Settembre 2001 le donne Afgane avevano il mesto primato nella classifica di quelle più maltrattate e dimenticate del globo.
Fino a quella data alle donne Afgane era fatto assoluto divieto di mostrarsi in pubblico, se non in compagnia di un parente stretto e ovviamente mai senza il burqa, un velo lungo dai colori spenti che le copre fino ai piedi, non potevano ricevere un qualsiasi tipo di istruzione, tantomeno praticare sport o presentarsi a feste o celebrazioni. Non potevano neanche indossare scarpe rumorose, mai e poi mai quelle col tacco, poiché sarebbero state troppo distinte, perché facendo rumore non sarebbero state sufficientemente invisibili mentre camminavano, quelle pochissime volte che potevano uscire. Nei decenni passati prese inoltre piede in questo Paese l’agghiacciante usanza di ricucire prima dell’adolescenza i genitali femminili, una pratica barbara e terrificante, che ha mietuto a furia di infezioni migliaia di vittime nel corso degli anni.
Questa era la situazione della donna sotto il regime Talebano, salito al potere nel 1996 e giunto alla sua fine (?) nell’ultimo bimestre del 2001.
Fino al 10 Settembre di quell’anno a nulla erano valsi gli appelli, a nulla erano servite le richieste d’aiuto e le denunce delle associazioni per la difesa dei diritti umani, ma curiosamente 24 ore dopo il mondo era disposto ad ascoltare.
Quando accadono simili disgrazie e ancor di più quando esse vengono reiterate per anni dovremmo sempre domandarci il perché, di chi sia la colpa, chi è che deve ritenersi responsabile per aver abbandonato l’Afghanistan a un destino tanto atroce.
La risposta non è la Russia, che vent’anni prima l’aveva invaso, né gli USA che vi avevano favorito l’avanzata dell’integralismo islamico, ma la risposta è: tutti.
L’intera comunità internazionale ha abbandonato l’Afghanistan al suo destino, l’ha sfruttato, spremuto e diviso fin quando era strategicamente utile, per poi gettarlo via come una spugna usata. E questa è solo la minore delle colpe, visto che è più che plausibile che sia stato volutamente lasciato al “suo” destino, per favorire interessi stranieri.
Ma torniamo ora ad esaminare cosa accadde nelle 24 ore successive a quel 10 Settembre di cui parlavamo. Correva l’anno 2001.
E’ una bella mattina di fine estate, c’è uno splendido sole. E’ una splendida giornata di sole a New York, ma il sole tramonterà presto quest’oggi.
Non sarà una giornata come le altre e per quasi 3000 sarà l’ultima.
Sono le 8.46 a.m. a Manhattan, nei tavolini fuori alle tavole calde e ai bar la gente sta tranquillamente facendo colazione, quando sempre più violento un rombo metallico e potente attraversa il cielo.
I Newyorkesi e soprattutto gli abitanti della principale isola della città non sono abituati a sentire il rumore dei motori di un aereo così da vicino. Infatti sull’isola lo spazio aereo è in larga parte chiuso a causa dell’altezza dei palazzi e dell’alta densità di popolazione residente.
Il rombo metallico si fa sempre più vicino, il rumore di fondo iniziale pian piano viene seguito da una lunga e sottile ombra che scorre sui tetti dei palazzi, finchè non si tramuta nel rumore di una tremenda collisione: l’aereo ha colpito un palazzo. Quale? Agli occhi dei passanti negli isolati adiacenti al punto d’impatto salta subito all’occhio una lunga e densa colonna di fumo, che fa capolino nell’azzurro di quella che per tutti avrebbe dovuto essere una splendida giornata di sole e che invece divenne più oscura e luttuosa di un incubo. Chi si trova già in ufficio in qualche alto palazzo riconosce subito il luogo da cui proviene l’alta colonna di fumo, chi si trova nelle strade sottostanti ne ha l’angosciante presentimento. L’aereo ha colpito la torre Nord del World Trade Center. Un gran numero di persone sopraggiunte in seguito non si rendono neanche conto che è stato un aereo a provocare lo squarcio largo e sottile tra il 93° e il 99° piano del grattacielo, piuttosto pensano alla detonazione di una bomba. Quelli che hanno intuito o che hanno sentito parlare di una collisione aerea pensano ad un incidente, uno strano però. Le circostanze sono sospette per trattarsi di un semplice incidente: il pilota aveva forse avuto un malore? E il copilota? Forse si erano guastati gli strumenti e il velivolo si era perso? Si ma come fare a non vedere la torre alta 417 metri del World Trade Center? E poi in pieno giorno, con una visibilità perfetta! Qualcosa non quadra decisamente.
Di conseguenza una gran folla si raduna in fretta nella piazza del WTC e nelle strade circostanti, si sa come accade in certe situazioni, quando accade una sciagura diverse persone fuggono dal luogo dell’incidente, ma molte di più si incuriosiscono e si accalcano nelle vicinanze per sapere cosa stia succedendo. Si sa, l’uomo è una bestia curiosa.
Tra i dubbi e lo sgomento generale dopo pochissimi minuti i primi soccorsi e le prime squadre di vigili del fuoco si fanno largo tra la folla che tenta di fuggire all’interno dell’edificio, ma le scale di sicurezza sono strette e accalcate, e si rivelano subito inadatte a subire un esodo di massa di quelle proporzioni. I pompieri non si lasciano intimorire, e intraprendono subito la risalita dell’edificio.
Contemporaneamente, gli inquilini della seconda torre, quella Sud, hanno assistito sconvolti alla tremenda esplosione avvenuta nei piani alti della torre di fronte a causa dell’impatto. Possono vedere più da vicino di chiunque altro il dramma che si sta consumando nella torre di fronte. Da lì esce fumo nero come la morte, si vedono fiamme e qualcuno che, evidentemente circondato dalle fiamme o dal fumo, ha preferito togliersi la vita gettandosi nel vuoto.
Un attimo per riprendersi dallo sgomento, e il panico si diffonde a macchia d’olio anche nella torre Sud. E’ una corsa alle scale di sicurezza, sono in centinaia a voler abbandonare l’edificio prendendo scale e ascensori, ma una volta giunti all’atrio gli addetti alla sicurezza invitano alla calma e all’ordine, e raccomandano alle persone in fuga dalla torre Sud di ritornare ai propri uffici, lì saranno al sicuro e non intralceranno le operazioni di evacuazione dell’edificio adiacente, colpito.
Purtroppo solo in seguto ci si rese conto di quanto questa comunicazione fosse sbagliata. Chissà quante vite in più si sarebbero potute salvare se l’evacuazione fosse stata completa e non ostacolata.
Nel frattempo arrivano a frotte le squadre di cameraman e operatori televisivi, una marea di giornalisti si riversa nelle strade sottostanti, tutti si chiedono cosa sia accaduto alla torre Nord, cosa l’abbia colpita e perché, se si sia trattato di un incidente o meno, se vi erano molte persone a bordo dell’aereo precipitato.
Il dubbio dura 17 minuti, poi tutto risulta fin troppo dannatamente evidente.
17 minuti dopo quello che sembrava ai più un incidente aereo sulla torre Nord si riavverte lo stesso rumore. Ad accompagnarlo la stessa ombra lunga e sottile, che si staglia ancora sui tetti dei palazzi, nelle strade, negli occhi delle persone che assistono così impotenti ad un nuovo impatto, stavolta contro la torre Sud. Sono le 9.03 e 11 secondi.
Il mondo intero tace per alcuni, lunghissimi, secondi.
Dev’essere un film, ma no, non lo è. Quante volte abbiamo visto immagini simili in televisione, quante volte al cinema abbiamo visto New York sotto attacco, forse così tante che un po’ alla volta ci eravamo convinti che nella realtà non sarebbe mai potuto accadere, era semplicemente impossibile.
Ma questa è la realtà, ed è stata sbattuta violentemente davanti agli occhi di tutto il mondo, per la prima volta da sempre milioni di persone hanno assistito in diretta allo scorrere del tempo. La storia era entrata in diretta nelle case di tutti, e quell’immagine era e sarà destinata a rimanere per sempre nella mente di tutti coloro che l’hanno vista, in un fotogramma televisivo abbiamo inconsapevolmente assistito alla morte di centinaia di persone.
In tutto il mondo la paura prende prepotentemente il posto del silenzio. Ognuno corre al telefono più vicino e chiama parenti e amici, per informarli di quello che sta accadendo e nel caso di chi si trova a New York di sincerarsi che stiano bene.
Ormai è chiaro a tutti che non si tratta di un incidente, ma di una precisa e sconvolgente azione concertata, di una portata mai vista, visto che non è destinata a finire lì, ma purtroppo sono in pochissimi a saperlo.
Trentaquattro minuti dopo fumo denso e nero si alza dal Pentagono, l’edificio simbolo della potenza militare Statunitense, e un’ora dopo il secondo schianto una quarta colonna di fumo si alza dal terreno circostante una vecchia miniera abbandonata nella campagna della Pennsylvenia.
Ma non è ancora finita. Una manciata di minuti prima di quest’ultimo evento le colonne portanti della torre Sud, la seconda ad essere stata colpita, cedono simultaneamente.
Sono le 9.59 e 4 secondi e l’edificio, 417 metri di acciaio, cemento armato e amianto crollano inesorabilmente, sollevando una grande nuvola di detriti e di polvere che si riversa nelle strade adiacenti.
Passa meno di mezz’ora, e la torre Nord segue il destino della prima e crolla, o meglio collassa su sé stessa. Nel frattempo più di cento persone che si trovavano ai piani più alti di entrambi gli edifici, messe alle strette da fuoco e fumo preferiscono togliersi la vita gettandosi nel vuoto. Vi è anche un soccorritore particolarmente sfortunato che muore colpito da un uomo gettatosi nel vuoto.
Sono le 10.28 e 31 secondi, l’incubo è iniziato da più di un’ora e quaranta minuti, e l’isola di Manhattan non si vede più, perché il crollo dei due edifici più alti della città l’ha ricoperta di una immensa nube di polveri grigie. I palazzi, le macchine, gli alberi, le persone, ogni cosa a Manhattan è ricoperta di una fine polvere grigiastra, composta dal cemento e l’amianto degli edifici sbriciolatosi, e in molti casi da ciò che rimane di chi si trovava all’interno delle torri prima dei crolli.
Siamo solo le dieci e trenta del mattino, ma il cielo è oscuro. Oggi il sole a New York è tramontato presto.
Nelle ore successive si verrà a sa
Inviato il: 22/8/2008 23:48
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Re: "11 SETTEMBRE 2001, LE VERITA' NASCOSTE"
#2
So tutto
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con più certezza che le colonne di fumo nero sollevatesi dal Pentagono e dalla miniera abbandonata in Pennsylvania erano0 state causate dallo schianto di altri due aerei, sfortunatamente tutti civili e con passeggeri a bordo.
Successivamente all’impatto, la facciata del Ministero della Difesa Statunitense colpita crolla, mentre ufficialmente a causa dei danni provocatigli dal crollo delle torri del World Trade Center alle 17.20 del pomeriggio crolla anche l’edificio numero 7 del complesso finanziario Newyorkese.
Fortunatamente questi ultimi due crolli tardivi non provocarono ulteriori vittime.


e 17 minuti più tardi il mondo intero poteva vedere in diretta televisiva l’impatto del volo United Airlines 175 con la torre Sud.
Quest’ultima, dopo aver bruciato per 56 minuti, sarà in seguito la prima a crollare, seguita meno di mezz’ora dopo più tardi da quella Nord.
Gli aerei hanno impattato i grattacieli nei piani tra il 93° e il 99° per la torre Nord e tra il 77° e l’85° nella torre Sud, quindi ben al di sopra delle loro fondamenta.
Sentiamo cosa dice la versione ufficiale.
La versione ufficiale dei fatti ci dice candidamente che il primo aereo aveva colto tutti alla sprovvista, e i più pensarono a un incidente, fino a quando un quarto d’ora dopo con il secondo impatto divenne chiaro che si trattava di una azione concertata terroristica contro il WTC. Infatti dopo il primo schianto qualcuno, rimasto anonimo, si preoccupò di dare ordine attraverso i microfoni di far rientrare le persone che stavano evacuando la torre Sud subito dopo che la prima era stata colpita, dicendo loro che era tutto a posto e che era meglio se ritornavano ai loro uffici, dove sarebbero stati al sicuro. Non voglio dubitare della buona fede di chi fece questo annuncio, ma sia chiaro che se esso non fosse stato fatto un numero molto più alto di persone si sarebbe salvato, avendo iniziato l’evacuazione anche dei piani superiori almeno dieci minuti prima che la seconda torre fosse colpita.
Lo schianto dei Boeing 767 aveva indebolito la struttura interna; in seguito gli incendi, causati dal cherosene fuoriuscito dai serbatoi degli aeroplani colato nelle condutture degli ascensori e diffusosi in tutti i livelli della struttura, avrebbero provocato l’estensione di fiamme e danni a tutti i piani della torre.
Il calore provocato da questi incendi avrebbe poi sciolto o comunque indebolito i piloni portanti d’acciaio che sostenevano gli edifici, deformandoli al punto da causarne il crollo.
Ciò non è possibile per alcuni semplici motivi.
Le torri avevano una struttura portante doppia. All’esterno avevano una rete intrecciata di travi d’acciaio che le avvolgevano, molto compatte. Questa è la struttura lineare grigia che vediamo in tutte le foto: il rivestimento esterno delle torri, che era parte della doppia struttura portante. All’interno, nel cuore dell’edificio, vi erano le 47 colonne portanti anch’esse in acciaio e di grande diametro. Esse erano inoltre ricoperte di amianto ignifugo, che le proteggeva dal fuoco e dal calore.
Tenete bene a mene le cifre che enuncerò ora, perché ci torneranno molto utili.
La temperatura di fusione dell’acciaio è di gran lunga superiore ai 1000° centigradi, e per l’esattezza è di 1538°.
Infatti nella siderurgia gli operai sono costretti a utilizzare attrezzi come le torce di acetilene, le fornaci elettriche e le fiamme ossidriche per tagliare l’acciaio, che si piega solo ad altissime temperature. Se bastasse incendiare un po’ di cherosene per scioglierlo, che tra l’altro essendo un liquido una volta versato al posto di riscaldare il materiale lo raffredda, saremmo probabilmente testimoni di una rivoluzione nell’industria siderurgica!
Il Cherosene infatti, una volta incendiato, brucia a una temperatura massima di 7-800°, e solo in circostanze eccezionali, in quanto di solito incendiandolo non si arriva neanche a 400°.
La versione ufficiale sostiene appunto che il calore degli incendi causati dal cherosene dei due aerei sarebbe stato così infernale da arrivare a deformare l’acciaio dei piloni portanti, sciogliendoli pian piano, i quali poi non sarebbero più stati in grado di reggere il peso della struttura, con conseguenza il crollo dei due edifici.
Tuttavia ciò è impossibile in quanto gli incendi provocati dal cherosene non possono neanche lontanamente arrivare a temperature così alte, pertanto è chiaro che non possono aver neanche intaccato minimamente le colonne interne.
Invece qui abbiamo una immagine scattata 15 minuti dopo l’impatto del secondo aereo sulla torre Sud, ma questa non è una comune foto: si tratta di un’immagine termografica. Essa ci mostra chiaramente nell’infrarosso il calore e la temperatura dell’edificio. Osservatela bene, e dopo date un’occhiata alla scala dei valori a sinistra, sempre nell’immagine.

Come si può notare dalla scala dei valori, nella foto il viola indica luoghi in cui la temperatura è di 15-30°, l’arancione indica pressappoco dai 30° ai 50°, mentre il giallo temperature più alte, e il bianco temperature più alte di 120°.
Ebbene, come si può notare facilmente, non c’è una singola parte della torre in cui la temperatura arrivi neanche a 100°!!! Solo nel luogo d’impatto si arriva massimo a 60°-70°.
Inoltre, un’altra prova diretta della bassa temperatura nelle Twin Towers dopo gli impatti ci viene data dalle foto e dai filmati che riprendono le torri fumanti dopo gli schianti degli aerei. Infatti, ingrandendo video e foto, si vedono alcuni sopravvissuti che si affacciano alle finestre chiedendo aiuto e movendo le braccia per farsi notare, nei piani adiacenti a quelli colpiti, o addirittura proprio dallo squarcio provocato dall’urto degli aerei. E se le temperature non erano così alte lì, nel luogo dello squarcio e pochi minuti dopo che l’aereo aveva colpito la torre, è impossibile che potessero svilupparsi in seguito, o comunque non avrebbero mai potuto crescere esponenzialmente fino a giungere a quei 1538° per causare lo scioglimento dell’acciaio.
Inoltre, spesso su diversi forum mi è stata posta questa obiezione dai “debunkers”, e cioè da coloro che sostengono la versione ufficiale o che più precisamente cercano di smontare le tesi dei “complottisti”. Mi è stato detto: “ma infatti per rendere deboli e instabili le colonne portanti in acciaio non erano necessari 1500°, bastavano 800°, o 1000° per indebolirle notevolmente.”
Ciò è inesatto. Infatti la struttura delle torri era stata certificata dalla “Underwriters Laboratories” per poter resistere alla temperatura di 1100° per almeno 6 ore, e ricordiamo che l’acciaio era anche protetto da rivestimenti ignifughi.
Gli incendi causati dal carburante degli aerei e dall’impatto erano ormai in via di estinzione, e a bruciare nelle torri non vi erano materiali assai combustibili, ma al massimo fogli, computer e mobili.
Neanche una fuga di gas, tra l’altro non testimoniata e quindi puramente ipotizzabile, avrebbe potuto sviluppare temperature tanto alte in così breve tempo.
Un’altra testimonianza cruciale ci arriva da due uomini, la cui storia è diventata celebre: si tratta di Stanley Priamnath e Brian Clark.
Dopo l’impatto di American Airlines 11 con la prima torre, S. Priamnath, come molti altri, era rimasto nel suo ufficio credendosi al sicuro.
Infatti a tutti coloro che scappavano dalla torre Sud (la seconda ad essere colpita) dopo che la Nord era stata colpita, alcuni agenti all’uscita dell’edifico dicevano inspiegabilmente di tornare ai loro uffici, dove sarebbero stati al sicuro. Dicevano che non c’era alcun pericolo.
E così il signor Priamnath se ne stava seduto tranquillamente alla sua scrivania parlando con un suo collega al telefono, quando all’improvviso si rese conto guardando fuori alla finestra che c’era un altro, grosso aereo che veniva dritto verso di lui, fece appena in tempo a buttarsi sotto la sua scrivania.
Priamnath aveva il suo ufficio all’81° piano, e il volo United Airlines 175 squarciò la torre tra il 78° e l’84° piano. Quest’uomo si trovò mezzo allo schianto.
Miracolosamente rimasto illeso, Priamnath cerco una via d’uscita, e riuscì addirittura ad osservare da vicino parte dell’ala dell’aereo conficcata nella porta del suo ufficio.
Nel frattempo Brian Clark e altri pochi fortunati, che avevano il loro ufficio all’84° piano, riuscirono a farsi strada fino e Priamnath, e insieme intrapresero una lunga discesa per le scale che li portò fuori dall’edificio qualche minuto dopo.
Furono così tra i pochissimi che riuscirono a salvarsi tra quelli che si trovavano dai piani coinvolti nello schianto in su.
Egli ha testimoniato che da dove era riuscito a scappare lui, cioè dai piani immediatamente colpiti dall’aereo, c’erano si degli incendi, ma nulla di devastante, pochi focolai sparsi qua e là.
Infatti lui e gli altri superstiti scesero senza problemi nella torre tramite la scalinata A di sicurezza (le scale di sicurezza erano due, A e B, la quale era leggermente più larga della prima), senza alcun problema.
E le scale erano situate nella parte centrale della torre, assai vicine, se non adiacenti ai 47 piloni portanti d’acciaio della struttura interna.
Pertanto, se le scale erano praticabili e queste persone sono riuscite a scenderle in tutta la loro lunghezza senza risentire del calore, ciò significa chiaramente che anche i piloni non erano affatto sottoposti a temperature terribilmente alte come viene sostenuto nella versione ufficiale.

Nelle due immagini si notano rispettivamente gli angoli d’impatto dei due aerei e la posizione della struttura centrale portante e delle scale antincendio.
Solo alcune delle colonne portanti (i punti nelle immagini) erano “visibili” a chi transitava nei piani. La maggior parte di esse era infatti protetta all’interno dalle trombe degli ascensori, sigillate e a prova di incendio.


Questa è un’altra prova che ci dimostra che non vi erano affatto temperature così alte come quelle necessarie anche solo per indebolire l’acciaio dei piloni interni, o più semplicemente i tremendi incendi con temperature altissime che ci vengono raccontati dalla versione ufficiale. A 7-800°, come a 1000°, nessuno è vivo. Nessuno può affacciarsi a una finestra. Nessuno può scendere una rampa di scale. Nessuno è vivo a quelle temperature.
Ma se queste persone sono sopravvissute vuol dire che quelle temperature non c’erano e, come abbiamo visto nella testimonianza di Priamnath, non c’erano neanche al momento dell’impatto del volo United Airlines 175.
Quindi il fuoco non può aver compromesso la stabilità degli edifici al punto da causarne il crollo. Pochi sanno che quando negli anni ’70 le torri furono costruite, i progettisti avevano già previsto l’eventualità di un impatto aereo contro i grattacieli, elaborando così per renderle ancora più stabili la struttura con le travi interne ed esterne, che avevano agganciati fra di loro i vari piani.
Frank De Martini, il manager della costruzione e della progettazione delle torri, in una intervista del Gennaio 2001 dichiarò senza ombra di dubbio che le torri del WTC erano state progettate per essere in grado di resistere senza problemi all’impatto del più grande aereo passeggeri in uso al momento della progettazione: un Boeing 707, o un DC- 8. Questi aerei erano in molti aspetti simili ai due Boeing 767 che le avrebbero poi colpite.

Il Boeing 767 ha pressappoco queste misure:
q 2 motori
q 54 metri di lunghezza;
q Superficie alare di 285,35 metri quadri;
q 15 metri di altezza;
q peso massimo al decollo 170'000 kg;
q velocità massima: 870 km/h.
Invece il Boeing 707 hanno le seguenti caratteristiche:
q 4 motori
q 46 metri di lunghezza;
q Superficie alare di 283,35 metri quadri;
q 13 metri di altezza;
q peso massimo al decollo 150'000 kg;
q velocità massima: 1009 km/h.
Infine, queste sono le peculiarità di un Douglas DC-8 :
q 4 motori
q 56 metri di lunghezza;
q Superficie alare di 285 metri quadri;
q 13 metri d’altezza;
q peso massimo al decollo 158'000 kg;
q velocità massima 905 km/h.

Riassumiamo in questa tabella le caratteristiche dei 3 aerei.

BOEING 767 BOEING 707 DOUGLAS DC-8
Numero motori 2 4 4
Lunghezza 54 m 46 m 56 m
Superficie alare 285,35 mq 283,35 mq 285 mq
Altezza 15 m 13 m 13 m
Peso Massimo al decollo 170'000 kg 150'000 kg 158'000 kg
Velocità massima 870 km/h 1009 km/h 905 km/h

Come si può notare, i 3 tipi di aerei presentano caratteristiche alquanto simili.

Nella stessa intervista citata prima, Frank De Martini, il capo Progettista, dichiara che oltre che a poter sostenere almeno l’impatto di un 707, a suo parere di progettista le torri avrebbero potuto sostenere anche più di un singolo impatto di aerei di linea, tanto erano robusti la loro maglia in acciaio esterna e i piloni interni.
Vediamo infatti anche nelle celebri immagini delle torri fumanti che la rete metallica esterna è danneggiata solo nei piani immediatamente adiacenti a quelli dove si è verificato l’impatto.
Infatti la struttura interna era integra per il 95 %, e quella esterna per il 90%, come ci mostra questa immagine, in cui vediamo anche uno schema dell’impatto nella torre Nord.



Come dimostrato precedentemente, è scientificamente impossibile che il calore provocato dagli incendi avesse potuto fondere l’acciaio dei piloni portanti o tantomeno ammorbidirlo.
Ma molto non quadra neanche nel “come” sono crollate.
Sono crollate in perfetta verticale, su sé stesse, in 10 secondi o poco più.
Sono cadute in verticale alla velocità di caduta libera di un corpo.
Significa che se all’inizio del crollo voi vi foste ad esempio trovati sul tetto di una delle due torri e aveste lanciato una palla di piombo sotto sareste arrivati al suolo nello stesso momento.
Inoltre la stessa struttura di acciaio esterna e i pilastri interni avrebbero dovuto impedire assolutamente un tipo di crollo del genere. Invece è come se in quel momento non ci fossero stati più, come se fossero spariti, come se si fossero sciolti.
Ed infatti così è stato, si sono sciolti. La versione ufficiale sostiene che sia stato il calore del carburante fuoriuscito dagli aerei a colare fuori e a prendere fuoco sciogliendo così i pilastri d’acciaio.
Ma ciò non è possibile: come ho detto poco fa il cherosene e il resto del carburante fuoriuscito dai serbatoi degli aerei pur bruciando può raggiungere temperature massime di circa 800°centigradi (e solo in casi eccezionali), mentre per sciogliere l’acciaio dei piloni servono temperature di molto superiori anche a 1000°, e si pensa che l’incendio del carburante degli aerei abbia portato inizialmente a temperature di massimo 250°-300°, e che si sia infatti spento molto in fretta.
Ma allora cosa provocò il crollo delle torri?
Numerosissimi testimoni presenti all’interno degli edifici quella mattina, a cominciare dal custode delle torri, hanno dichiarato senza dubbi di aver udito o visto addirittura numerose esplosioni all’interno degli edifici,pur trovandosi a piani molto più bassi di quelli in cui si erano verificati gli impatti.
Anche molti soccorritori accorsi all’interno dei due palazzi dichiararono di aver udito continue esplosioni in punti che di fatto non erano collegati con i piani colpiti.
Qualcuno parla anche di esplosioni nel sottosuolo, a livello delle fondamenta. Comunque sia decine e decine di sopravvissuti hanno chiaramente dichiarato di aver udito delle grandi esplosioni all’interno.
Questo fatto ci porta ad un’inquietante dubbio: le esplosioni di cui parlano i testimoni possono essere degli esplosivi piazzati per indebolire e far quindi cedere la struttura portante dell’edificio un po’ alla volta?
La risposta è: non possono essere altro, in quanto alcune di queste esplosioni in particolare sono avvenute o nel momento, o pochissimi istanti dopo che gli aerei avevano colpito le torri, e essendosi verificate anche a piani molto inferiori al 70° non possono di fatto essere collegate agli impatti.
Su un forum ho sentito qualcuno dire che non era possibile che fossero esplosivi perché non sarebbe stato possibile piazzarli in quel momento.
Ebbene, sicuramente se effettivamente si trattò di esplosivi, probabilmente essi non sarebbero stati piazzati la stessa mattina dell’11 Settembre, ma il weekend prima, tra l’8 e il 9.
Infatti in quei due giorni una grande squadra di operai lavorò nelle Twin Towers, giorno e notte interrompendo la corrente per 30 ore di fila, cosa che non era mai successa dal giorno della loro inaugurazione, nei primi anni ’70.
Il governo dichiarò di non aver mai mandato una squadra di operai, e che non era possibile, ma le testimonianze di tutti coloro che quei giorni erano al lavoro, o semplicemente dei custodi confermano la presenza di questi operai, e solo il governo avrebbe potuto autorizzare dei lavori tanto imponenti.
Inoltre, una volta finito il loro lavoro (credo che lavorarono molto anche nelle trombe degli ascensori), se ne andarono sparendo così nel nulla.
Purtroppo nessuno potrà mai sapere cosa fecero esattamente quegli operai e chiarire così il dubbio, in quanto casualmente le telecamere di sicurezza non erano funzionanti a causa dell’interruzione di corrente…
Certo,non possiamo avere prove che incriminano questi operai come coloro che piazzarono le cariche per demolire le torri, per aiutare gli edifici a crollare, anzi, per costringerli a collassare, ma il sospetto c’è. I due grattacieli del World Trade Center d’altronde non sarebbero potuti crollare per la loro stessa struttura, come abbiamo visto nelle pagine precedenti; pertanto a mio modesto parere è alquanto probabile che siano state “aiutate” a crollare.
Illustri scienziati, come il professor Steven Jones, docente di fisica negli USA, hanno anche fornito l’ipotesi che fu utilizzata una sostanza altamente esplosiva insieme o al posto degli esplosivi: la termite.
In questa immagine si possono vedere chiaramente gli sbuffi di fumo perpendicolari all’edificio: prove che negli istanti immediatamente precedenti al crollo si stavano verificando esplosioni in piani molto al di sotto del luogo d’impatto.
Questa è solo una delle moltissime foto in cui si può notare questa anomalia!!


L’unica ipotesi che può soddisfare il crollo in perfetta verticale a velocità molto vicina a quella di caduta libera e che si concilia alla perfezione con le testimonianze delle esplosioni udite e viste dai testimoni è quindi quella della demolizione controllata, la quale sostiene appunto la possibilità che nei punti strategici all’interno delle torri fossero state piazzate delle cariche esplosive, che avrebbero tagliato di netto i pilastri d’acciaio, un po’ come avviene quando si demolisce un vecchio palazzone abbandonato, ma in questo caso su scala molto più grande, e senza tenere conto delle persone che vi erano dentro. E’ difficile accettare una cosa così grave e orribile, ma le prove e gli elementi puntano tutti in quella direzione.
In totale, il crollo delle torri presenta almeno 11 diverse caratteristiche tipiche della demolizione controllata, tra cui le principali sono:
1 Crollo in perfetta verticale.
2 Crollo improvviso.
3 Crollo a velocità molto vicina a quella di caduta libera di un corpo.
4 Crollo globale della struttura.
5 Travi d’acciaio tagliate.
6 Polverizzazione dei detriti di cemento.
7 Getti di polvere e sbuffi orizzontali perpendicolari all’edificio.

E’ assai interessante soffermarci sul punto n.3, e cioè sulla eccessiva velocità di crollo delle due torri e del Wtc 7.
Infatti, in tutti e tre questi edifici, aventi anima in acciaio, il crollo è avvenuto rispettivamente in:
q Torre Nord E Torre Sud: 10-12 secondi, e i primi detriti hanno toccato terra dopo 10 secondi scarsi. Il tempo di caduta libera in questo caso è 9.2 secondi.
q Wtc 7: 6 secondi o poco più. Anche in questo caso ci si avvicina molto al tempo di caduta libera di un corpo.

Riflettiamo. Le torri erano alte 110 piani, e il crollo è avvenuto in poco più di 10 secondi. Vi ricordo che le versione ufficiale sostiene che il crollo sia avvenuto piano per piano, con una sorta di effetto domino che avrebbe fatto collassare uno sull’altro tutti i piani, fino ad arrivare a un totale azzeramento dell’edificio.
Supponiamo che ciò sia vero. Se ipotizziamo che ogni piano abbia impiegato un solo secondo a cadere su quello sottostante, ci rendiamo subito conto che i tempi non quadrano. Infatti in questo caso il crollo sarebbe dovuto durare ben 110 secondi, e cioè quasi 2 minuti!
Ipotizziamo allora che ogni piano abbia impiegato ad esempio 0.4 secondi a collassare su quello sottostante. Come risultato abbiamo un crollo di 44 secondi. Ancora troppo, in quanto superiamo di ben 4 volte il reale tempo impiegato dall’edificio per crollare.
Soltanto ipotizzando che ogni piano abbia impiegato 0.1 secondi a cedere, allora otteniamo un risultato comparabile con quelli riscontrati: 11 secondi (tempo di caduta libera di 9,2 secondi).
Ciò è tuttavia impossibile in quanto in un “modello Pancake”, e cioè quello dell’effetto domino dei piani sostenuto nella versione ufficiale dati simili non si potrebbero mai riscontrare.
Infatti, anche in una situazione come quella, ogni piano cadendo avrebbe comunque dovuto incontrare la resistenza del piano sottostante, delle colonne portanti e dalle cose che si frapponevano da piano a piano, per quanto minima potesse essere la loro resistenza. Anche se vogliamo considerare che il crollo ad esempio nella torre Sud abbia avuto inizio al 77° piano, con i 25 e passa piani superiori che gravavano sul singolo 77°, comunque sia il corpo superiore, in caduta, avrebbe incontrato la resistenza dei piani inferiori, uno alla volta. In questo modo il crollo avrebbe rallentato comunque, accumulando decimi o secondi interi di ritardo per ogni piano e per ogni elemento che offriva resistenza durante il suo cammino.
A questo punto qualche scettico potrebbe porre la seguente obiezione: hai considerato anche l’accelerazione di gravità e il peso che ogni piano esercitava sulla struttura portante centrale degli edifici, nel caso delle Twin Towers?
La risposta è molto semplice. Se anche consideriamo una grande e crescente accelerazione gravitazionale non ci avviciniamo comunque in alcun modo ai rapidissimi tempi di crollo.
Inoltre, questo fatto è irrilevante, in quanto il peso dei piani non gravava sulla struttura portante centrale. Infatti il corpo centrale costituiva un blocco a parte, una sorta di edificio nell’edificio e i piani erano semplicemente dei pannelli prefabbricati agganciati tra il corpo centrale e le travi esterne.
Vediamo come il sito Archimagazine, un link che si occupa di architettura e che è completamente neutrale in questa questione, cita la struttura delle torri, in modo inequivocabile:

"Il sistema strutturale era estremamente semplice e allo stesso tempo efficace. Le facciate, larghe 208 piedi (63 metri), costituivano, in effetti, una gabbia di acciaio prefabbricato, costituita dalle enormi colonne avente la funzione di resistere a tutti i tipi di sollecitazione orizzontale, dal vento ai terremoti, evitando di trasferire queste sollecitazioni, attraverso i solai, al centro dell’edificio che era gravato solo dal proprio peso. Ne risultava una struttura resistentissima e leggera. Gli spazi interni non avevano colonne interne."

Sia chiaro che quando la citazione dice “Gli spazi interni non avevano colonne interne” intende il fatto che non vi erano colonne a vista nei piani e nei luoghi pubblicamente calpestabili, mentre invece erano allocate nel cuore dell’edificio.
Più chiari di così!
Come potete vedere in questa immagine a destra, che mostra la sezione di una delle due torri, queste ultime avevano nel mezzo della loro estensione due fasce di piani rinforzati, perfettamente visibili anche dall’esterno in quanto erano di colore leggermente più scuro rispetto al resto dell’edificio.
La logica avrebbe quindi voluto che gli altri già decisivi fattori
di sicurezza degli edifici, uniti all’azione frenante di queste bande avrebbero reso impossibile o al massimo limitato un potenziale crollo dell’edificio.
Infatti grazie anche alle fasce rinforzate, il crollo si sarebbe dovuto arrestare e limitare alla parte superiore delle torri; in un caso limite, qualora la forza del crollo fosse stata ancora maggiore, le bande avrebbero forzato la parte superiore dell’edificio a staccarsi e cadere di sbieco, lasciando così la torre per 2/3 ancora in piedi.
Inoltre, molte travi della struttura esterna delle due torri durante il crollo sono state letteralmente “sparate” a gran velocità con una forza enorme, conficcandosi così negli edifici di fronte, come il Winter Garden, il cui tetto in vetro è andato distrutto e soprattutto il Bankers Trust e altri circostanti.
Ebbene, questi edifici distavano dalle torri tra 150 e 200 metri, e vorrei proprio sapere quale crollo spontaneo e dovuto a un semplice cedimento strutturale “naturale” possa avere la forza di sparare una trave d’acciaio lunga diversi metri e pesante centinaia di chili fino a farla conficcare profondamente in un palazzo che si trova a 200 metri di distanza.
A questo punto, mi sembra di dovere citare in questo documento una testimonianza che mi ha profondamente shockato, quella di William Rodriguez, il guardiano della torre nord, un uomo che vi lavorò per 20 anni, e che ebbe il coraggio di entrare e uscire dalla torre per ben tre volte portando ogni volta fuori un gran numero di persone rimaste intrappolate e regalandogli così la vita, in quanto senza il suo aiuto sarebbero rimaste intrappolate fino all’irreparabile.
Quest’uomo ha scritto anche un libro, “11 Settembre 2001, Bush ha mentito” e ha avuto anche il coraggio di denunciare per strage di massa e complotto il presidente Bush e la sua amministrazione, ma ovviamente i mass media controllati non ne hanno mai parlato.
Nella sua testimonianza troviamo moltissimi elementi chiave per la comprensione di ciò che accadde l’11 Settembre 2001.
Questo è il testo integrale della sua testimonianza rilasciata all’agenzia Nexus.
«Mi chiamo William Rodriguez, ho lavorato al World Trade Center di New York per 20 anni della mia vita. Ero responsabile della manutenzione nella torre nord. L’11 settembre avevo l'unico passe-partout per aprire tutte le serrature delle porte degli edifici, anche se c'erano altre quattro persone che avevano i passe-partout ed erano state addestrate ad affrontare situazioni di emergenza e di soccorso, e che furono le prime a fuggire dagli edifici. Guardate, questa è la chiave.
Questo passe-partout era in grado di aprire tutto il complesso e quel giorno, l'11 settembre, un'unità di circa 15 persone dei dipartimento dei vigili dei fuoco mi doveva seguire mentre correvo da una parte all'altra cercando di aprire le porte per aiutare le persone ad uscire. Personalmente dopo l'11 settembre sono diventato il portavoce delle famiglie delle vittime e sono andato a testimoniare davanti al Congresso. A chiedere di creare una commissione, perché la commissione che hanno fatto per l’11 settembre, come ricorderete, il Presidente Bush non la voleva. Sosteneva che non ne avevamo bisogno ma noi ce l'abbiamo messa tutta, abbiamo combattuto e siamo riusciti ad ottenere la commissione. Questo che vedete è il rapporto finale, ed io ho testimoniato a porte chiuse.
I membri della commissione sono stati molto turbati dalle informazioni che ho fornito, ma in realtà non c'è traccia della mia testimonianza nelle oltre 500 pagine di questo rapporto. Anche se sono stato dichiarato eroe nazionale dal Congresso, loro non volevano che la mia testimonianza potesse in qualche modo contrastare con la versione ufficiale.
Ma permettetemi di parlare di quella giornata, l'11 settembre 2001, una giornata bellissima con il cielo terso. Sono arrivato al lavoro alle otto e mezza, stavo parlando con un supervisore, eravamo nel sotterraneo, al primo livello dei sotterranei della torre nord che è stata la prima ad essere colpita ma la seconda a crollare. Questo edificio aveva sei sottolivelli, B1, B2, B3 e così via fino al B6, ossia i livelli dei sotterranei dell'edificio. Il B1 aveva gli uffici dei servizi di pulizia, di imbiancatura, di riparazioni meccaniche, tutto ciò che aveva a che fare con la manutenzione dell'edificio.
Gli altri piani contenevano i magazzini, i generatori elettrici e così via.
Alle ore 8:46 abbiamo sentito un bang, un'esplosione che proveniva dai piani al di sotto di quello in cui mi trovavo, tra il B2 e il B3. E’ stata così violenta e l'edificio ha tremato così forte che le pareti si sono crepate e il controsoffitto è crollato. Ho detto subito che poteva essere un generatore elettrico che praticamente era esploso lì nei sotterranei. Alcuni secondi dopo abbiamo sentito un impatto enorme nella parte alta dell'edificio [l'aereo si era schiantato sulla Torre] che ha iniziato subito a tremare così forte che tutte le 40 persone che si trovavano con me in quell'ufficio hanno iniziato a gridare tutte assieme, c'era una confusione e un caos totale. Tutti gridavano: «E' un'esplosione!». Davanti a me è apparso un uomo di colore che si guardava le braccia, mi sono accorto che c'era qualcosa che pendeva dalle sue dita, mi sembravano pezzi di vestito ma guardando più da vicino mi sono accorto che era la sua pelle. La pelle era stata lacerata da sotto le ascelle fino alla punta delle dita e gli stava pendendo come fossero dei guanti. Il suo nome è Felipe David, lavoratore immigrato di origine honduregna, ed era in completo stato di choc; ho guardato il suo volto che aveva delle parti mancanti, gli ho chiesto che cosa fosse successo, e mi ha risposto: «Gli ascensori, gli ascensori» Si trovava davanti agli ascensori ed era stato ustionato, così ho cominciato a spingere tutti fuori dall'ufficio. A quel punto abbiamo sentito un'altra esplosione, siamo usciti fuori dall'edificio, ho fermato un'ambulanza e ho fatto salire alcune persone. Guardando verso l'alto dell'edificio ho avuto modo di vedere l'incendio e tutte le macerie che cadevano, riuscivo a scorgere l'antenna in cima all'edificio. Ho iniziato a pensare alle persone che stavano a Windows on the World, il ristorante in cima, e mi sono molto preoccupato perché avrei dovuto essere lì in quanto di norma, quando iniziavo a pulire, cominciavo sempre da quei piani alti e ogni mattina facevo colazione col personale del ristorante. Le conoscevo tutte bene quelle 67 persone che sono morte nel ristorante; a quel punto ho capito che dovevo ritornare indietro ma tutti mi gridavano: «Rodriguez rimani qui, non rientrare» Ho preso una radio da una guardia della sicurezza vicino a me e sono ritornato indietro entrando verso l'altro edificio tramite un sotterraneo che collegava le torri 1 e 2.
Nel sotterraneo ho incontrato due persone che non sapevano che un aereo si era schiantato sull'edificio, e questo vi può dare l'idea di quante persone possono essere morte perché non si resero conto che c'era stato questo attacco.
Nella Torre 1 ho trovato una persona che lavorava in una squadra di salvataggio, che mi ha detto: «Sento delle grida, sento gridare» C'era acqua ovunque perché si era attivato immediatamente il sistema degli sprinkler antincendio, tutto era inondato. A quel punto ho preso uno degli ascensori, nella torre ce n'erano 150 di ascensori, e mi sono avvicinato alle due persone che gridavano tra il B2 e il B3. Erano disperate, nell'ascensore non c'era più luce né energia elettrica, urlavano che stavano per annegare, io non riuscivo a capire, ma come? Era perché l'acqua scendeva da tutti i piani e si accumulava in quelli più bassi, entrava nel pozzo dell'ascensore con una tale forza che quelli bloccati dentro rischiavano di annegare. Ho detto: «Dio aiutami!». Non ero un credente: «Dios mio por favor aiudame! Mi sono guardato attorno e ho trovato un pezzo di metallo, un rottame, ho iniziato a dare colpi sulla porta per cercare di rompere il meccanismo e la porta si è aperta. Ma c'era il vuoto perché, in realtà, la cabina era molto più in basso. Ho cominciato a pregare Dio nella mia lingua. Allora sono andato dove c'era il compattatore della spazzatura di tutto l'edificio, dato che l'elettricista lasciava lì le scale che però erano legate con delle catene. Fui fortunato: l'unica che non era legata era la più lunga, circa sei metri. Ho preso quella scala, l'ho inserita nel pozzo dell'ascensore e sono andato ad aprire la botola e a far uscire le due persone, uno era un dipendente di colore di una società che consegnava i pacchi, l'altro era Salvatore Giambanco, un italiano che faceva l'imbianchino. Sono riuscito a farli uscire, a caricarli su un'ambulanza e sono rientrato. Ho incontrato degli agenti di polizia che mi hanno chiesto se avevo il passe-partout, siamo andati nella hall e lì c'erano dei vigili dei fuoco che aspettavano. Ho detto: «Seguitemi, so qual è la strada più breve». Mentre salivamo le scale era difficile procedere, i pompieri avevano un sacco di pesanti attrezzature con loro, attrezzi e respiratori di 30 e 60 chilogrammi , inoltre c'erano tutte le persone che correvano giù dalle scale. Al terzo piano siamo passati su un'altra scala che era migliore, nella torre c'erano tre scale A, B e C. Abbiamo preso la scala A, dopo un po' mi sono accorto che ero sempre un paio di piani davanti a loro perché non avevo tutte quelle attrezzature da portare, ero in condizioni fisiche migliori e per quelle scale andavo su e giù ogni giorno. Mi ritrovavo ad aprire delle porte ai vari piani, a far uscire molte persone che in molti casi non riuscivano a capire che cosa stesse succedendo.
Mentre salivamo sentivamo delle esplosioni che continuavano a verificarsi nei vari piani. Siamo arrivati al 27° piano, c'era una persona disabile e la sua carrozzina che ostacolava la discesa degli altri. A quel piano tutti i vigili del fuoco sono caduti al suolo, non riuscivano più a salire, erano stanchi e distrutti dalla fatica di salire con tutte le loro pesanti attrezzature. A quel punto ho chiamato mia madre a Puerto Rico, lei stava guardano alla televisione quello che stava succedendo, e le ho detto: «Mamma sono Willy, li devo aiutare perché ho il passe-partout, non posso darlo a nessuno»
Ho continuato a salire e al 33° piano ho trovato una donna a terra che non sapeva dov'era l'uscita; l'ho tirata su dicendo che dovevamo uscire e l'ho affidata ad altre persone che scendevano. Mentre ero lì ho distintamente sentito dal piano di sopra, il 34°, un rumore come di spostamenti di attrezzature pesanti, mi sono stupito perché quel piano era chiuso per ristrutturazione e in quel momento non ci doveva essere nessuno all'interno. Sentivo invece come un qualcosa di pesante che veniva trascinato. Ero spaventato, ero da solo ed ho oltrepassato quella porta andando ai piani superiori. Devo dirvi che quello era un edificio di classe A, ovvero una costruzione così alta ma dotata di sistemi in grado di spegnere ogni tipo d'incendio e consentire i soccorsi nei casi di emergenza, su ogni tre porte una deve aprirsi, questo è il codice per quel tipo di edifici a New York. Ad un certo punto ho incontrato alcuni agenti di polizia e stavamo parlando quando abbiamo iniziato a sentire una serie di esplosioni in rapida successione, bum... bum... bum... bum. Al radiotelefono dicevano: «Abbiamo perso il 65, il 65° è crollato, dal 65° fino al 44°... » Tutti quei piani erano crollati. Abbiamo iniziato a scendere raggiungendo il 27° piano, poi di corsa giù per le scale fino alla hall e da qui sulla strada. Sentivamo le grida di tutte quelle persone ancora bloccate negli ascensori, gridavano, chiedevano aiuto ma gli ascensori erano bloccati, è stato orribile. Nella hall un vigile dei fuoco mi ha detto: «Vai alla postazione delle ambulanze». Così ho iniziato a camminare verso l'uscita e sentivo che mi gridavano: «Non guardare indietro, non guardare». Era uno sbarramento di polizia che aveva isolato l'area per sicurezza, guardando mi attorno ho visto i corpi di tutti quelli che si erano buttati dall'edificio. Ho anche riconosciuto il cadavere della signora dei 33° piano che avevo chiesto di accompagnare giù, il suo corpo era stato tagliato a metà come da una gigantesca ghigliottina, perché mentre usciva una lastra di vetro le era caduta addosso precipitando dall'alto straziandola in quel modo in una frazione di secondo. Ad un certo punto ho sentito tutti che mi urlavano: «Corri, corri, correte». Ho sentito come un terremoto e l'unica cosa che ho percepito è stato un autocarro dei vigili dei fuoco di fronte a me, ho pensato che sarei rimasto ucciso e mi sono ritrovato sotto questo automezzo con tutto che crollava attorno. Anche l'autobotte sembrava dovesse crollarmi addosso, l'unica cosa che mi sono detto è stata «Dio mio, spero che mia mamma non debba cercare il mio corpo e che non debba identificarlo quando è a pezzi. Vorrei che non debba riconoscere il mio cadavere».
Poi, tutto si è fermato, io mi sentivo come ustionato da quella strana polvere che riempiva tutto. Dopo un po' sono riusciti a tirarmi fuori dalle macerie e sono stato identificato dai vigili dei fuoco e dalla polizia come l'ultima persona riuscita a salvarsi.
Da allora sono stato presente in vari programmi e ho raccontato sempre ed esattamente questa storia. Se non mi credete andate a vedere su internet, o guardatevi la registrazione delle mie interviste e vedrete che fin dal primo momento la storia è stata questa. Come superstite e come rappresentante delle famiglie delle vittime, ho riscontrato che il rapporto ufficiale sui fatti dell'11 settembre 2001 è un rapporto falso e incompleto. Ma perché vi ho raccontato tutto questo? Perché vogliamo darvi gli strumenti e gli elementi per capire che questo potrebbe accadere anche a voi, e perché possiate comprendere il modo in cui il nostro governo si è comportato con le vittime. Sono molto grato di aver incontrato tutte queste persone che non conoscevo prima, hanno cambiato la mia vita. Noi siamo animati da una grande motivazione e dall'entusiasmo di arrivare alla verità per voi.»
Dalla preziosa testimonianza del signor Rodriguez possiamo estrapolare una lunga serie di elementi importantissimi, che contraddicono apertamente la versione ufficiale dei fatti, fautrice del cedimento strutturale.

q Alle 8.46, e cioè immediatamente prima che American 11 colpisse la torre Nord, una fortissima esplosione scosse i 6 piani sotterranei dell’edificio,sotto quello in cui si trovava lui (il primo piano sotterraneo), e più precisamente il 2° e il 3° piano sotterraneo. Vi furono così tante vibrazioni a causa di questa esplosione che nelle pareti si formarono delle crepe e il controsoffitto crollò in parte e alcune persone vi rimasero gravemente ustionate e ferite. Soltanto alcuni secondi dopo Rodriguez e le altre persone che si trovavano con lui sentirono il potentissimo impatto del jet della American Airlines contro la parte alta dell’edificio.
q Dopo l’impatto l’acqua degli spruzzatori antincendio sui soffitti usciva così impetuosa e nei posti sbagliati che Rodriguez dovette fare il prima possibile per aprire un ascensore che era rimasto bloccato in quanto le persone rimaste dentro stavano per annegare!
Questo perché quel giorno, come verrà detto anche in seguito in questo documento, i dispositivi antincendio erano completamente difettosi e spruzzavano l’acqua male, facendola accumulare nelle trombe degli ascensori.
q Rodriguez, avendo il passepartout che apriva tutte le porte dell’edificio, accompagnò nella salita diverse squadre di pompieri, e insieme a loro riuscì a risalire soltanto fino a circa il 40° piano. Tuttavia, durante la salita, lui e i soccorritori avvertirono chiaramente moltissime esplosioni che avvenivano nei piani intorno a loro. Inoltre, una volta arrivato al 33° piano sentì chiaramente provenire dal piano di sopra un rumore molto inquietante. Sentì il rumore provocato dallo spostamento di attrezzature molto pesanti, lo avvertì distintamente e ripetutamente, e rimase profondamente colpito da ciò. Perché? Perché il 34° piano della torre Nord era chiuso per ristrutturazione e in quel momento non doveva esservi nessuno, e anche se vi fossero stati degli operai dell’impresa incaricata dei lavori, ovviamente non avrebbero continuato a lavorare durante un evento simile.
q A quel punto, spaventato, oltrepassò quella porta senza provare ad aprirla e continuò a salire insieme ai pompieri, ma a quel punto sentirono una lunga successione di esplosioni in serie molto potenti, e al pompiere accanto a lui fu comunicato via radio che in quel momento i piani dal 44° al 65° erano crollati.

Da questa serie di elementi testimoniati con estrema chiarezza da William Rodriguez possiamo evincere senza ombra di dubbio che nelle torri vi fu una grande esplosione alle 8.46 PRIMA dell’impatto del primo aereo e che in seguito ve ne furono molte altre, cosa che viene negata completamente dalle autorità e dalla versione ufficiale. Accadeva inoltre qualcosa di sospetto al 34° piano, che invece doveva essere vuoto in quanto chiuso per lavori e nessuno vi poteva avere accesso.
Inoltre, a causa di queste esplosioni, una lunga serie di piani aveva già ceduto in parte, cosa che va contro la versione ufficiale, visto che nell’effetto Pancake sostenuto da essa i piani cadono in serie uno sopra all’altro solo nel momento del crollo.

LA SECURECOM
La SECURECOM è una azienda che si occupa generalmente di sicurezza: produce telecamere, impianti antincendio, allarmi, schede di accesso a luoghi riservati, cancelli di sicurezza.
L’azienda, originariamente chiamata “Stratcom”, si occupa inoltre soprattutto della messa in sicurezza di luoghi particolarmente importanti, che possono costituire obiettivi sensibili.
Il 26 Febbraio del 1993 il World Trade Center di New York fu per la prima volta bersaglio di attacchi terroristici. Un furgone carico di potentissimi esplosivi fu fatto saltare in aria nel parcheggio sotterraneo della torre nord, provocando un’enorme voragine che si estendeva per numerosi piani sotterranei e che causò la morte di 6 persone e il ferimento di 1000.
Dopo questo attentato la Port Autority, l’allora proprietario del complesso del World Trade Center di New York City, si rese conto che le torri erano obiettivi sensibili e che era necessario provvedere a potenziare al massimo le misure di sicurezza negli edifici, e intervenire nella stessa struttura degli edifici, per renderli ancora più resistenti e sicuri.
L’appalto per i lavori e la gestione della sicurezza fu affidato alla SECURECOM nell’ottobre del 1996, e questa provvide a fornire tutto il necessario e ad occuparsi della sicurezza negli edifici.
Fatto curioso, in quegli anni la STRATCOM aveva tra i suoi dirigenti Jeb Bush, fratello minore di George W. Bush, e tra gli azionisti principali un gruppo finanziario che faceva capo alla famiglia Bush.
La SECURECOM si occupò di installare dispositivi di sicurezza, tra cui allarmi, allarmi antincendio, telecamere, e cancelli di sicurezza anche nei seguenti luoghi e aziende:

o L’aeroporto Dulles, a Wahington.
Qui i 4 terroristi del volo American Airlines 77 riuscirono a imbarcarsi senza alcun problema passando agevolmente i controlli ai cancelli di sicurezza dell’aeroporto. I metal detector dei cancelli stranamente non segnalarono affatto la presenza dei taglierini che i terroristi portavano addosso, ma tacquero, quando di solito tutti noi sappiamo che suonano per ogni oggetto che abbia anche una minima percentuale di metallo al suo interno, come cinte, orologi, gioielli o simili.

o Sui voli UA 93 e UA 175.
Si tratta dei due aerei appartenenti alla United Airlines dirottati quel giorno, in cui nessun sistema di allarme a bordo degli aerei segnalò l’avvenuto dirottamento alle autorità.

o Nel World Trade Center, a New York.
Agli ultimi piani delle torri vi erano delle porte di sicurezza che portavano al tetto. Servivano appositamente per garantire l’evacuazione delle persone che si trovavano nei piani alti via elicottero.
Era un’idea assai ingegnosa che sarebbe servita anche a non intasare in caso di allarme le scale di emergenza delle torri, piuttosto strette e che in caso di evacuazione di massa, come poi avvenne l’11 Settembre, non garantivano una particolare rapidità e tranquillità. Infatti le diverse rampe di scale delle torri erano in grado di accogliere fino a 390 persone contemporaneamente per piano in caso di evacuazione, che possono sembrare molte, ma il cui limite in realtà venne ampiamente superato l’11 Settembre, in quanto le torri nell’ora di punta contenevano svariate centinaia di persone per piano, per un totale di decine di migliaia tra dipendenti e visitatori.
In questo caso il fatto inquietante è che la mattina dell’11 Settembre 2001, le porte delle uscite di sicurezza sui tetti delle due torri erano sbarrate.
Ciò creò disordine nell’evacuazione e condannò le centinaia di persone che si trovavano nei piani più alti a una morte certa.
Della gestione delle uscite antipanico, come di tutti gli altri dispositivi di sicurezza nel Wtc, se ne doveva occupare l’agenzia a cui era stato appaltato, che altri non è che la SECURECOM.
La stessa SECURECOM aveva installato i dispositivi antincendio nei vari piani delle torri, e alcune testimonianze tra cui quella del precedentemente citato Stanley Praimnath ci dicono chiaramente che i dispositivi antincendio nelle torri l’11 Settembre funzionarono poco e male.

Sinceramente io trovo tutte queste coincidenze molto inquietanti e ho qualche sospetto.
Ma anche se volessimo credere che è tutto ciò è solo un caso e che la SECURECOM non sia stata invischiata in questa faccenda ma che semplicemente abbia svolto male il suo lavoro consegnando dispositivi di sicurezza in alcuni casi difettosi, una domanda mi sorge spontanea:
per quale motivo la SECURECOM non è mai stata processata o anche solo denunciata per incompetenza o addirittura per omicidio colposo? Come mai non viene citata neanche nel rapporto della Commissione Indipendente sull’11 Settembre 2001?

Come sempre ormai, quando si tratta dell’11 Settembre, le autorità hanno lasciato queste domande senza risposta.

LO STRANO OGGETTO MISTERIOSO SOTTO IL VOLO UNITED AIRLINES 175
Se a casa avete un qualsiasi dvd o videocassetta commemorativi degli eventi dell’11 Settembre 2001, prendetelo e mettetelo nel videoregistratore.
Celebri ormai sono le immagini dello schianto del volo United 175 con la torre Sud. Ce le hanno mostrate fino alla nausea in quella staffetta di telegiornali e di speciali che tutti noi abbiamo visto in tv in quei giorni di ormai 6 anni fa. Ebbene, guardando il video, fermatevi al momento del secondo impatto. Mettete il fermo immagine un attimo prima dello schianto, quando l’aereo si vede da sotto e punta dritto ormai contro la torre. Lo vedete?

Ecco, questo è il fermo immagine che vi dicevo. Non notate nulla? Guardate la pancia dell’aereo, però in fondo così l’immagine è piccola e non si vede bene, ma ora ve la ingrandisco per mezzo di un’altra foto presa da una diversa angolazione.

Ecco, ora si che si vede bene. Ora cosa notate?
Sulla pancia dell’aereo c’è un rigonfiamento asimmetrico, come se vi fosse attaccato qualcosa di lungo e cilindrico. Qualsiasi cosa sia si tratta di qualcosa che non troviamo su nessun altro Boeing. Per evitare incomprensioni, non sto parlando della striscia grigia sulla pancia dell’aereo, quella è dipinta su ogni aereo della United Airlines e fa parte della livrea.
L’università di Barcellona ha recentemente fatto uno studio su queste fotografie e ha stabilito con certezza che l’oggetto non può essere in alcun modo un’ombra o un effetto ottico.
Ma allora, cos’è?
Testimoni hanno riferito di non aver visto affatto finestrini sul fianco dell’aereo, e questo è un altro elemento alquanto inquietante.

IL PRECEDENTE: OKLAHOMA CITY, 1995
Il 19 Aprile 1995, alle 9.02 di mattina il capoluogo dell’omonimo stato, Oklahoma City, venne scossa da una tremenda esplosione. Un furgone pieno di esplosivo fu fatto detonare di fronte alla facciata della sede del governo federale del “Murrah Building”, un palazzone a base rettangolare la cui base era lunga svariate decine di metri, alto nove piani.
Poco dopo l’esplosione venne arrestato un giovane ex soldato dei Marines, il quale stava conducendo una fuga disperata a tutta velocità dalla città a bordo di un auto senza targa.
Inviato il: 22/8/2008 23:51
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Re: "11 SETTEMBRE 2001, LE VERITA' NASCOSTE"
#3
So tutto
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Il suo nome è Timothy McVeigh. All’inizio fermato semplicemente per l’assenza di targa della sua macchina, verrà identificato più tardi come l’autore del tremendo attacco.
Complice dell’attacco, ufficialmente fu Terry Nichols.
L’11 Giugno 2005 McVeigh, dopo essere stato condannato a morte, terminò la sua vita per mezzo dell’iniezione letale.
Tuttavia, anche in questo attentato le incongruenze fioccano e il processo all’ex Marine è stato portato avanti in maniera piuttosto sommaria.
Infatti, anche per l’attentato di Oklahoma, numerose ipotesi più o meno in contrasto con quella ufficiale si fecero largo nell’opinione pubblica. Innanzitutto, è opportuno constatare con gli occhi l’enorme danno che l’attentato portò all’edificio federale, come possiamo vedere in questa foto a destra.
Il danno è chiaramente enorme, e dovete immaginarvi il furgone imbottito di esplosivo (nitrato d’ammonio) parcheggiato nella strada di fronte.
Tuttavia, dopo una prima lettura dell’evento, risulta chiaro che la quantità d’esplosivo fatta detonare nel furgone, pur essendo una miscela potente, non era sufficiente a provocare un danno simile nella struttura dell’edificio.
Infatti per far crollare tutte le colonne portanti della facciata dell’edificio e soprattutto della parte più profondamente colpita, era necessaria una pressione che non poteva essere effettivamente raggiunta dal singolo materiale esplosivo presente nel furgone.

Infatti la seconda fila di colonne risulto esageratamente danneggiata nella parte più vicina all’epicentro dell’esplosione.
In sistesi: la sola esplosione avvenuta nel furgone non era capace di creare simili danni alla seconda fila di colonne. Chi scrive, come molte altre persone, è personalmente convinto che vi fossero altre cariche piazzate all’interno dell’edificio, con lo scopo di provocare un numero ancora maggiore di danni e decessi.
Infatti i media quel giorno parlarono di molte altre esplosioni che avvenivano nell’edificio, ma poi una volta che McVeigh fu arrestato e che la versione ufficiale si faceva strada nel governo, non se ne parlò più.
Ma quelle esplosioni avvennero eccome, e in molti le hanno testimonianze.
Alcuni anonimi hanno inoltre affermato di aver visto all’interno di ciò che rimaneva dell’edificio alcune cariche, che per qualche difetto non erano esplose simultaneamente alle altre ed erano rimaste lì. L’ FBI rimosse queste cariche nei giorni seguenti.
Come per Ground Zero, anche qui molti erano ansiosi di esaminare le macerie alla ricerca di eventuali prove di queste esplosioni secondarie, che avrebbero chiarito la situazione, che a quel punto rischiava di diventare piuttosto ambigua e rischiosa per il governo, l’ FBI e chiunque altro continuasse a sostenere che il singolo McVeigh avesse fatto tutto ciò da solo, e che non fosse invece un attacco terroristico sotto falsa bandiera, organizzato da gruppi interni al governo degli Stati Uniti e appoggiato dalle agenzie di intelligence, che invece facevano di tutto per negare l’esistenza di più bombe che avessero aiutato a distruggere l’edificio e a generare uno stato di tensione nazionale e ad indurre lo Stato ad agire di conseguenza.
Le macerie di ciò che restava dell’edificio, con ancora molti resti di corpi da trovare per intero, fu fatto implodere. Appena un paio di settimane dopo l’attentato l’Alfred P. Murrah building, o ciò che ne rimaneva, fu demolito dall’agenzia “Controlled Demolitions Inc.”. Di fatto, la scena del crimine più atroce esistente negli USA fino a quel momento fu cancellata. Tutte le prove sparirono.
Rimangono però numerosissime testimonianze di persone che videro o sentirono chiaramente le esplosioni secondarie avvenire nell’edificio. Anche i media, spiazzati, ne parlarono nelle prime ore dopo l’attentato, ma in seguito venne tutto messo a tacere.
Lo stesso avvenne per Ground Zero e per i resti del World Trade Center a New York: essi vennero portati via e riciclati nell’industria siderurgica quando nessuna squadra di investigazione degna di questo nome aveva ancora avuto il permesso di entrarvi.
Infatti l’allora sindaco di New York Rudolph Giuliani vietò in ogni modo l’accesso all’area delle macerie all’FBI e al pubblico, e solo pochi furono autorizzati ad ispezionarle.
L’unica squadra investigativa a cui fu permesso di accedere a Ground Zero per investigare sulle cause del crollo del WTC fu la BPAT, inviata dalla FEMA, l’agenzia federale per la gestione delle emergenze. Di questa squadra facevano parte appena una ventina di persone, e non si trattava neanche di professionisti a tempo pieno, ma di volontari part-time.
Ai suoi membri non venne concessa la facoltà di emettere ordini di comparizione o presentazione delle prove.
Un fatto che personalmente mi ha sconvolto è che a questa squadra d’inchiesta fu dato un budget di soli 600'000 $, mentre di solito ad esempio per i singoli incidenti aerei vengono stanziati fondi anche di milioni di dollari per ricostruire gli eventi. Per dare un’idea di quanto esigui siano questi fondi basti capire che il budget della BPAT per l’11/9 è di gran lunga inferiore persino a quello stanziato per indagare sul caso Monica Lewinsky ai tempi del presidente Clinton.
La BPAT chiese accesso a dati molto importanti per la ricostruzione dei fatti, ma in particolare ciò è quello che avvenne:
· Alla squadra non fu permesso di entrare in azione sulla scena del crimine prima della seconda metà di ottobre 2001, e cioè quando lo sgombero delle travi d’acciaio e delle macerie delle torri e del WTC 7 era già ampiamente cominciato.
· La squadra chiese di poter accedere alle planimetrie degli edifici, di poter visionare i registri di manutenzione e i progetti, ma gli furono tutti ampiamente negati.
· Dei milioni di frammenti più o meno grandi d’acciaio rimasti gli investigatori riuscirono a salvarne dai riciclatori soltanto 156.
· Agli investigatori non fu permesso di aggirarsi liberamente tra i ruderi per raccogliere prove e elementi, ma al contrario gli fu permesso di fare soltanto “brevi giri turistici”, limitando così di molto la raccolta delle potenziali prove e pregiudicando così il risultato delle indagini.
· La BPAT richiese di poter vedere alcuni filmati ripresi da giornalisti e amatori durante gli attentati e che non vennero mai mostrati in onda (per motivi che non ci è dato sapere), ma gli fu negata anche questa facoltà.
· E’ opportuno ricordare che la BPAT, come ogni altra forma di investigazione sugli eventi dell’11 Settembre è stata violentemente e apertamente avversata dal governo Americano e dall’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani.

E’ superfluo dire che questa squadra d’investigazione, tanto osteggiata, con così poche prove, vittima di abusi di potere e carenza di fondi pubblicò alla fine un rapporto che spiegava gli eventi e i crolli delle 3 torri del World Trade Center in maniera conforme alla versione ufficiale dei fatti, che avviamo visto essere impossibile nelle pagine precedenti.
Restano moltissimi altri elementi che ci inducono ancor di più a ritenere pertanto che le torri del World Trade Center di New York siano state demolite volontariamente la mattina dell’11 Settembre 2001. Tra essi vi sono le prove sismografiche del rivelatore di onde sismiche della Columbia University, situato 34 km a nord di New York, il quale ha sottolineato l’esplosione di cariche e l’anomalia nelle onde sismiche generate dal crollo degli edifici.











CAPITOLO 3.

Il mistero del volo United Airlines 93.


LA VERSIONE UFFICIALE.
Il volo della United Airlines numero 93 è il quarto aereo dirottato la mattina dell’11 settembre, l’unico che in un modo o in un altro non colpì il suo obiettivo. Si schiantò invece in un campo della Pennysilvania vicino alla cittadina di Shanksville, circa 250 km a Nord di Washington.
Decollato da NY alle ore 8.40,in ritardo di quasi 40 minuti sulla tabella di marcia, l’aereo procede tranquillamente lungo la rotta per San Francisco fino alle 9.28, quando si interrompono le comunicazioni tra i 2 piloti e la torre di controllo.
Pochi minuti dopo, i controllori a terra ricevono la seguente comunicazione:

“Signore e signori, è il capitano che vi parla. Per favore, sedetevi, restate seduti. Abbiamo una bomba a bordo. Restate seduti.”

L’uomo al microfono ha un forte accento arabo.
Probabilmente il pilota dirottatore ha commesso un errore e al posto di usare l’interfono per comunicare con i passeggeri ha schiacciato il tasto della radio che lo collega alla torre di controllo.
Pochi minuti dopo Ziad Jarrah, il presunto terrorista ai comandi ripetendo lo stesso errore permette alla torre di controllo di ascoltare ancora una sua comunicazione, in cui egli invita alla calma i passeggeri dicendo loro di aver invertito la rotta per tornare all’aeroporto di partenza.
Infatti in quei minuti il velivolo inverte la sua rotta e ritorna a dirigersi verso la costa Est.
A quel punto, aggiungerei finalmente, l’aviazione civile che teneva sotto osservazione l’aereo sugli schermi radar da diversi minuti si decide ad avvisare i militari, i quali assicurano di avere la situazione sotto controllo e di aver già avviato le procedure di intercettazione (e cioè di aver già fatto decollare degli aerei militari in grado di scortare e tenere sotto controllo l’aereo dirottato e di impedire così un ennesimo attacco suicida come quelli avvenuti poco prima contro le 2 torri di New York).
L’aereo infine precipita in un campo nella località di Shanksville tra le ore 10.06 e le 10.10.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI IN BASE ALLA VERSIONE UFFICIALE.
Sul volo si erano imbarcati all’incirca 50 passeggeri. All’incirca alle 9.20 uno dei terroristi entra nella toilette e vi rimane per alcuni minuti. Al suo interno, con materiali di fortuna che all’imbarco non avevano suscitato sospetti ai controlli, fabbrica una finta bomba.
Una volta uscito dal bagno, dato il segnale, i 3 complici occupano i posti all’estremità anteriore e posteriore della cabina di seconda classe.
All’improvviso mentre gli altri alzatisi in piedi seminano il panico tra i passeggeri e li tengono in ostaggio con la minaccia di far esplodere l’aereo con la (finta) bomba,Ziad Jarrah riesce a introdursi nella cabina di pilotaggio e a prenderne il controllo uccidendo i piloti.
Comunica così ai passeggeri di mantenere la calma e, fingendosi il capitano, li informa di aver invertito la rotta per far ritorno all’aeroporto di partenza.
Dopo diversi minuti di silenzio e pazienza, i passeggeri, resisi conto della missione suicida dei terroristi e che essi non hanno alcuna intenzione di far atterrare l’aereo, iniziano a meditare una ribellione.
A quel punto una decina di passeggeri telefonano a casa (si,telefonano!) per informare i loro cari della situazione disperata e del dirottamento e annunciano loro che stanno per ribellarsi ai terroristi.
Infatti nei minuti successivi essi saltano addosso all’improvviso al terrorista che porta su di se la bomba e scoprono che in realtà essa è falsa.
A quel punto, senza più fermarsi, assalgono tutti insieme i 3 terroristi massacrandoli e riescono a sfondare la porta della cabina di pilotaggio con il carrello delle bevande che usano le hostess.
Jarrah, ai comandi, resosi conto della impossibilità di proseguire nel piano (che alcuni dicono fosse di colpire la casa bianca), lascia deliberatamente precipitare l’aereo, che termina la sua corsa nel prato di Shanksville, provocando così la morte di tutti i passeggeri.

LE NUMEROSE INCONGRUENZE.
Ora,dopo avervi riassunto ciò che la versione ufficiale sostiene riguardo il volo United Airlines 93, passerò a elencare le principali incongruenze riscontrate in essa:

- L’improbabile luogo dell’impatto.
- Le telefonate impossibili.
- tesi alternativa su dove sarebbe potuto finire il vero aereo UN 93:
il mistero dell’aeroporto di Cleveland.

Se prendiamo un aereo passeggeri lungo una cinquantina di metri,con un apertura alare di circa 40 metri che viaggia a migliaia di metri d’altezza, diciamo che voli a una velocità minima di 6-700 km/h e lo facciamo precipitare al suolo, cosa otteniamo?
La prima cosa che vi verrà da pensare è “sicuramente un bel buco!”, e invece il luogo d’impatto è questo:










Questa è una fotografia del luogo d’impatto dell’aereo. La buca è larga al massimo 7 metri.
Solo 7 metri.
Non vi sembra strano? Inoltre, detriti dei rottami dell’aereo e pezzi di corpi umani sono stati ritrovati fino a 8 km di distanza. Ma un aereo quando si schianta non produce una buca di soli 7 metri di diametro! E tantomeno i suoi pezzi si trovano sparsi su una superficie di km e km!!!
Comunque normalmente quando i soccorritori arrivano sul luogo di un incidente aereo, ci sono sempre alcuni rottami che appaiono chiaramente riconoscibili, cioè il troncone di coda, un pezzo d’ala, pezzi dei sedili, qualcosa..mentre in questo caso a Shanksville non c’è niente!!!I pezzi più grandi che sono stati visti o trovati sono grandi al massimo 30 cm!
Inoltre, in ogni aereo c’è una parte che è fatta d’acciaio supercompatto, che è pressoché indistruttibile e che viene ritrovata sempre nei luoghi d’impatto, e questa parte sono i motori.
Qui non c’è traccia di motori.
C’è una marea di bulloni, viti, chiodi, pezzi di plastica, ferraglia varia. E nient’altro.
Gli abitanti del luogo, la mattina dell'11 settembre 2001,subito dopo aver sentito il botto relativo allo schianto si sono precipitati sul luogo.
I primi ad arrivare furono i proprietari di una fattoria vicina, arrivarono lì meno di 2 minuti dopo l’esplosione, ma non poterono avvicinarsi affatto al piccolo cratere, perché quando arrivarono trovarono l’intera area già recintata da uomini dell’FBI. Strano, come se già sapessero che un aereo sarebbe precipitato lì… Nello stesso momento, una donna che abitava nelle vicinanze scattò una foto del fumo creato dall’esplosione, l’unica esistente. E’ questa.












Si vede distintamente il fungo dell’esplosione.
Un momento..il fungo?? Ma il fungo non è il distinto risultato delle detonazioni? Normalmente quando si verifica un incidente aereo il fumo assume sempre la forma di una nera colonna di fumo,e mai di un fungo.
Ad esempio queste sono immagini di altri disastri aerei, in cui si nota distintamente la colonna di fumo nero:

Ho trovato su un sito la foto di un bombardamento USA in Iraq, notate la forma del fumo a fungo tipica delle detonazioni:




Inoltre, un giorno alcuni giornalisti riuscirono a infiltrarsi nell’area dove era avvenuto lo schianto,e dichiararono di aver avvertito distintamente odore di terra bruciata, e non di cherosene (carburante x aerei), che ha invece un odore molto marcato. Ma allora i famosi resti minuscoli dell’aereo potrebbero anche essere un mucchio di ferraglia qualsiasi fatta saltare in aria in quel campo e spacciata per i resti di un aereo!!!!!!!
Ricapitolando abbiamo:
-una buca decisamente troppo piccola.
-un fungo di fumo che ha una forma che ricorda tipicamente le detonazioni e non le colonne nere di fumo tipiche degli incidenti aerei.
-un forte odore di terra bruciata e non di cherosene.
-un cordone di decine di uomini dell’FBI a circondare la zona già 2 minuti dopo l’esplosione.
-la totale assenza dei motori,che sopravvivono sempre agli schianti.
-il frammento della fusoliera più grande è di 30 cm.

Qualcosa decisamente non quadra. Ma allora le telefonate dei passeggeri ai loro cari a terra?
Ebbene è stato provato che un telefonino da quelle altitudini e viaggiando a quella velocità assai difficilmente è in grado di consentire una chiamata a terra. Ho qui un documento che lo prova,ma è troppo lungo da inserire qui ora,se qualcuno vuole sarò ben lieto di mostrarglielo.
Inoltre, nei testi con i dialoghi delle telefonate diffusi dal governo USA risultano gravi incongruenze:
· In una telefonata ad esempio un passeggero di nome Mark Bingham chiama la madre e si rivolge a lei dicendole “Pronto mamma,sono Mark Bingham!”. Scusatemi,ma quando mai voi vi siete rivolti a vostra madre presentandovi con nome e cognome? Credo mai, e sinceramente non vedo perché il signor Bingham avrebbe dovuto farlo in quel momento drammatico.
· In numerose telefonate i passeggeri dicono ai loro cari che sono stati niente meno che i terroristi stessi a dir loro di telefonare a casa,ma perché avrebbero dovuto farlo?
· Ammettiamo pure che lo abbiano fatto,ma allora come mai in una telefonata la stessa passeggera che ha detto che sono stati i terroristi a ordinare di telefonare a casa chiude bruscamente la chiamata dicendo che deve chiudere sennò i terroristi scoprono che è al telefono?? Che senso ha questa telefonata?
Un'altra cosa sconcertante, stavolta riguardo il cratere e il luogo d’impatto è che secondo la versione ufficiale lo schianto è stato tanto terribile e violento da sbriciolare persino i motori d’acciaio dell’aereo, ma al tempo stesso sono state trovate intatte diverse carte d’identità dei passeggeri, e addirittura la bandana rossa che un terrorista avrebbe usato perfettamente intatta!!!
Non ci credete? Eccola qui!


Ma se non è qui,allora l’aereo dov’è????
La risposta è: non si sa con certezza.
Sinceramente ritengo che le prove siano più che sufficienti per dedurre che l’aereo,o ciò che ne rimane,non sia lì.
L’aereo non è a Shanksville,e se è precipitato di sicuro non è stato lì.
Si possono azzardare 2 ipotesi a riguardo: la prima è che l’aereo fu abbattuto dai caccia americani, finalmente giunti ad intercettare almeno un singolo aereo su 3 che quel giorno colpirono il cuore degli USA. Ma allora perché montare tutta questa messa in scena dell’impatto e nascondere l’abbattimento? In fondo sarebbe stata la prova che la difesa aerea nazionale quel giorno almeno una volta su 4 aveva funzionato e che l’avrebbe almeno in parte scagionata dalle accuse.
La seconda ipotesi, su cui però devo ancora informarmi bene e di cui scriverò in futuro,sostiene invece che l’aereo in realtà fu fatto segretamente atterrare nel vicino aeroporto civile di Cleveland,e nascosto in un hangar mentre a terra a Shanksville appunto iniziava la recita con un ammasso di bulloni qualsiasi fatto saltare in aria.
Infatti un altro aereo era stato ritenuto, per fortuna erroneamente, dirottato quel giorno. Si trattava del volo Delta 1989.
E’ opportuno ricordare che l’aeroporto Hopkins di Cleveland è il più vicino a Shnaksville.
Il volo atterrò appunto all’aeroporto di Cleveland intorno alle 10.10,ma l’aerostazione era stata evacuata già da qualche decina di minuti.
La cosa che qui non quadra è che esistono due versioni per ognuna delle mosse fatte dall’aereo e i suoi passeggeri fin dal momento del suo atterraggio. Non una, non tre, non quattro. Ma due versioni parallele.
La confusione comincia da quando il sindaco di Cleveland, Michael White tiene una conferenza alle 11, quindi dopo l’atterraggio del presunto aereo dirottato. All’inizio dice che l’aereo è stato dirottato e che ha una bomba a bordo. Poco dopo cambia versione e dice che l’aereo non è stato né dirottato, né che vi erano bombe a bordo.
L’agenzia di news American Press e due giornali locali riportano chiaramente che l’aereo è atterrato alle 10.45, mentre la compagnia aerea Delta e i funzionari dell’aeroporto dicono che il Delta 1989 è atterrato alle 10.10.
Una passeggera del Delta 1989 ha dichiarato che lei e i restanti passeggeri sono stati costretti a rimanere dentro l’aereo per più o meno due ore dopo l’atterraggio prima di poter uscire.
Il piano di evacuazione è fissato nei documenti per le 12.30, e questo conferma che il Delta atterrò non più tardi delle 10.10.
Ma allora quale aereo atterrò alle 10.45? L’aeroporto era stato completamente chiuso a qualsiasi altro tipo di volo,quindi di cosa si tratta? Ma andiamo con calma.
L’Akron Beakon Journal di Cleveland riporta che i passeggeri scesero dall’aereo alle 11.15.
Questo ci porta a dedurre che il Delta 1989 atterrò alle 10.10 e venne evacuato alle 12.30, mentre un presunto altro aereo è atterrato alle 10.45 e i suoi passeggeri sono scesi alle 11.15.
I primi resoconti delle agenzie dissero chiaramente che l’aereo dirottato,il Delta 1989, aveva a bordo 200 passeggeri,e lo stesso sindaco White nella conferenza stampa delle 11 riporta la stessa cifra. La stessa passeggera di prima, intervistata, dichiarò che però i passeggeri del Delta erano una sessantina (per l’esattezza 69), e ciò verrà confermato in seguito.
Ricapitolando: il Delta 1989 atterrò coi suoi 69 passeggeri alle 10.10 e fu evacuato alle 12.30.
Il secondo aereo atterrò, con circa 200 passeggeri, alle 10.45 e fu evacuato alle 11.15.
In tutti i resoconti si legge chiaramente che i passeggeri evacuati furono visti e essere trasferiti nel Glenn Research Center, un centro di ricerca della NASA, un hangar situato fuori dell’aerostazione e in una parte relativamente periferica dell’aeroporto.
La passeggera testimone del Delta 1989 invece ha testimoniato con certezza che lei e gli altri passeggeri del suo volo furono portati in una struttura all’interno dell’aeroporto.
Infatti essi furono intervistati nella sede dell’Ente Aeronautico,all’interno dell’aerostazione.
Pertanto i 200 evacuati e trasferiti nel Centro Ricerche della NASA sono passeggeri di un altro aereo.
Un'altra questione è la posizione dell’aereo in pista, o meglio dei due aerei.

L’immagine in fondo alla pagina precedente è una mappa dell’aeroporto di Cleveland, in cui si notano l’aerostazione, l’edificio ramificato in alto a destra, e le varie piste.
Un testimone e l’agenzia Associated Press segnala l’aereo evacuato all’estremo della pista i cui estremi sono 10-28, quella quasi orizzontale in alto all’immagine.
Invece, le circostanze, nonché la testimonianza di due testimoni oculari ci confermano che l’altro aereo è in una posizione opposta, a diverse miglia dall’altro, e cioè all’estremità sud della pista 18-36, cioè quella verticale nella mappa.
Il primo aereo guardacaso si trova vicino al centro di ricerche NASA, il rettangolino nero sulla cartina poco più in basso a sinistra, mentre il secondo si trova all’estremità sud delle strutture dell’Ente Aeronautico.
Ricapitoliamo i dati riguardanti i due aerei in questa tabella.

CODICE AEREI Delta 1989 Aereo sconosciuto
ORA ATTERRAGGIO 10.10 10.45
ORA EVACUAZIONE 12.30 11.15
NUMERO DEI PASSEGGERI 69 Circa 200
POSIZIONE IN PISTA Estremità Sud-Est aeroporto, pista 18-36.Passeggeri trasferiti nelle strutture dell’Ente Aeronautico. Estremità Nord-Ovest aeroporto, pista 10-28. Passeggeri trasferiti al Centro Nasa.

C’è un’agenzia di stampa che la mattina dell’11 Settembre 2001 diffuse questa notizia:

“Il sindaco White ci ha detto che l'aereo è stato mosso in un'area di sicurezza dell'aeroporto e venne evacuato. La United identificò l'aereo come il volo 93. La compagnia aerea ci ha fornito il numero dei passeggeri.”

La notizia ovviamente è alquanto strana. E’ l’unico indizio decisivo che collegherebbe con certezza il volo misterioso al più celebre United Airlines 93. Un’altra cosa veramente strana è l’ultima parte della dichiarazione, infatti se la compagnia, qualunque essa sia, ha comunicato il numero dei passeggeri, perché non è stato reso noto?
Un’altra questione è tuttavia il numero dei passeggeri che trasportava il volo misterioso. Infatti più o meno 200 passeggeri sono chiaramente molti di più dei 36 che erano a bordo del volo United 93.
Tuttavia, questa cifra si fa inquietante se pensiamo che il numero complessivo dei passeggeri dei 4 aerei dirottati quella mattina è 216, che si avvicina moltissimo a quel “più o meno 200”.
Non posso dire con certezza che relazione vi era fra i due voli, ma quello che a parer mio è chiaro è che abbiamo un aereo che la mattina dell’11 settembre 2001, pochi minuti dopo che il volo United 93 viene dichiarato precipitato dalle autorità atterra a Cleveland, l’aeroporto più vicino a Shanksville, luogo d’impatto del UN 93, e che trasporta più o meno 200 passeggeri, i quali vengono evacuati (direi anche segretamente!) nel Centro di Ricerca NASA alla periferia dell’aeroporto.
Tutto questo quando le altre partenze e atterraggi, eccetto il volo Delta 1989, erano già stati assolutamente vietati.
Questo aereo ci è segnalato da numerose agenzie, da giornali, nonché da testimoni oculari.
Ebbene, di qualunque volo si tratti, che ci faceva lì questo aereo? Chi trasportava? Perché il suo atterraggio è stavo mantenuto rigidamente segreto??

Un fatto è certo. L’aereo non è a Shanksville.


































CAPITOLO 4.

L’attacco al Pentagono.

Il Pentagono fu il terzo obiettivo degli attentati dell’11 Settembre.
Il cuore della difesa Americana, il simbolo stesso della potenza militare Statunitense, neanche esso fu risparmiato.
Il volo che secondo la versione ufficiale fu dirottato su di esso era il volo American Airlines 77,un Boeing 757 decollato dall’aeroporto di Washington Dulles e diretto a Los Angeles.
Secondo la versione ufficiale, l’aereo,decollato alle ore 8.20 e dirottato intorno alle 8.54, invertì la sua rotta e ritornò su Washington, dove alle 9.38 si schiantò irreparabilmente su una delle facciate dell’anello esterno del Pentagono.
Questa fase degli attentati a Washington è assai oscura e densa di interrogativi.
Anche in questo caso le problematiche della versione ufficiale dei fatti sono molte, per il fatto che esistono numerosi elementi che possono dimostrare che il volo AA77 non ha mai colpito il Pentagono.
I dubbi cominciano ancora prima di esaminare l’impatto, in quanto i presunti dirottatori, una volta giunti in vista del Pentagono,sorvolando Washington, al posto di colpire il Pentagono con una traiettoria in linea retta,senza deviazioni o rischi per la riuscita della missione, si sono lasciati andare ad una manovra tanto azzardata quanto impossibile per un aereo di quelle dimensioni e un pilota inesperto.
Hanno compiuto una virata di 270° scendendo di quota assai bruscamente proprio sopra l’obiettivo quasi in picchiata e poi hanno proceduto raso terra,scavalcando a pochissimi metri d’altezza il quadrifoglio (il quadruplo svincolo dell’autostrada che passa accanto al Pentagono), scavalcando il dislivello di alcuni metri della collinetta su cui sorge l’autostrada e puntando contro l’edificio riuscendo a mantenere l’aereo a un’altezza così bassa da tranciare numerosi lampioni lungo la strada, per così finire contro il palazzo.
Questa è la traiettoria compiuta per giungere sull’obiettivo:

In bianco è indicata la traiettoria che secondo la versione ufficiale il volo AA 77 ha percorso per colpire l’edificio.
La freccia blu indica la rotta chiaramente più ovvia per colpire l’obiettivo. Tenete conto anche del fatto che,mentre l’aereo faceva quella curva di 270° scendeva anche molto di quota, fatto che rende ancora meno credibile la versione ufficiale. Un aereo passeggeri di quelle dimensioni non ha la possibilità tecnica di fare una manovra simile. Non è possibile.
Inoltre il presunto pilota terrorista che avrebbe compiuto questa manovra impossibile, Hani Hanjour, era noto ai suoi istruttori delle varie scuole di volo da lui frequentate come un “perfetto incapace” ,nonostante avesse conseguito la patente di “pilota di aerei commerciali”, ed è stato dichiarato che non fosse in grado di pilotare neanche un Cessna da 2 posti da solo, figuriamoci come avrebbe potuto compiere una manovra simile ai comandi di un aereo enormemente più grande e difficile da portare.
Ma perché compiere una manovra tanto difficile? Perché era così importante colpire quel lato del Pentagono e non quello che si presentava di fronte e molto più semplice da colpire?
Perché il lato dell’edificio oggetto di attacco era in realtà in ristrutturazione e quindi in parte non utilizzato già da diverso tempo. Invece,dal lato opposto si trovavano tutti gli uffici dei più alti ufficiali,meno sacrificabili.
Comunque sia rimane la prova incontrovertibile che un Boeing 757 passeggeri non può compiere quella manovra per limiti strutturali. Pertanto, già di per sé questa è un’altra prova che il volo AA77 nn ha colpito affatto il Pentagono.
Tuttavia chiarire la questione è semplice: visioniamo i filmati di videosorveglianza,no? Il Pentagono dovrebbe essere uno dei luoghi più sorvegliati in assoluto di tutto il globo, e invece scopriamo con delusione che non esiste alcun video (tranne 2,di cui parlerò tra poco) che mostra cosa lo ha colpito quel maledetto giorno. O meglio, in realtà i video esistono, e ce ne sono anche molti in quanto c’erano decine di telecamere che filmarono cosa accadde, ma i filmati furono immediatamente sequestrati, già pochissimi minuti dopo l’esplosione da uomini dell’FBI e sono tutt’oggi non visionabili, sempre che non siano stati distrutti.
Infatti avevano filmato l’evento:
§ Le telecamere di sicurezza dello stesso Pentagono;
§ Le telecamere che monitorano il traffico del vicino svincolo autostradale;
§ Le telecamere di un distributore di benzina sempre nei pressi dell’autostrada;
§ Le telecamere sul tetto dell’hotel Sheraton,che guardano proprio sull’edificio colpito.

Tutti i filmati furono immediatamente confiscati dalle autorità, e non sono mai stato permesso di visionarli a nessuno. Ne esistono in circolazione solo due,entrambi di pessima qualità,tra cui uno dell’hotel Sheraton in cui non è inquadrato l’aereo ma si vede soltanto l’esplosione, e un altro di una telecamera di sicurezza del Pentagono in cui guardacaso il presunto aereo non si vede perché è coperto da una colonnina.
Ma questo video ci può comunque aiutare,in quanto un vero Boeing 757 non sarebbe mai stato coperto completamente dalla colonnina, ma ne sarebbe comunque rimasto visibile un pezzo, o anteriore o posteriore. Quindi ciò che ha colpito l’edificio può essere stato o un aereo più piccolo, forse un aereo militare (l’unico velivolo che sarebbe stato in grado di compiere la spettacolare manovra di discesa con curva di 270°) o un missile.
Questo ci fornisce l’ennesima prova che l’American Airlines77 non ha colpito il Ministero della Difesa a Washington.

Ma passiamo ad uno degli aspetti più sconcertanti dell’attacco al Pentagono: il buco creato dall’aereo nella parete colpita.
Come dicevo prima, il presunto Boeing 757 avrebbe dovuto danneggiare parte della facciata larga almeno 40 metri, mentre invece la parete incidentata è di soli 20m.
Inoltre, nei primi minuti prima dello schianto la facciata non era ancora crollata, come poi avverrà in seguito, ma era ancora in piedi.
Questo rende il tutto ancora più sconcertante, in quanto quando era ancora in piedi, la facciata presentava un buco, creato dall’aereo (che tra l’altro secondo alcuni sostenitori della versione ufficiale sarebbe stato “inghiottito” all’interno del palazzo), largo solo 3-4 metri.
E intorno ad esso la facciata appariva quasi del tutto intatta, senza segni di impatto, e presentava addirittura buona parte delle finestre con i vetri intatti. Le colonne del piano terra erano sì danneggiate,ma solo per pochi metri,e comunque erano ancora in piedi: l’aereo non può esserci passato in mezzo.
Danni così lievi sarebbero assolutamente impensabili se l’edificio fosse stato colpito da un vero 757 passeggeri, la cui sola fusoliera di per sé è già più larga dei 3 metri di diametro del buco.
Ma nessun aereo di quel genere lanciato contro un palazzo può provocare, oltre che un foro d’entrata così piccolo,un foro d’uscita a parecchie decine di metri di distanza, sfondando decine di pareti nel mezzo dell’edificio e colonne portanti.
Questo è quello che è avvenuto invece al Pentagono.

Nel cerchio rosso si vede distintamente la porzione di facciata crollata all’esterno dell’edificio, mentre nel cerchio giallo si può notare distintamente il foro d’uscita, ed anche un occhio inesperto può rendersi facilmente conto che un qualsiasi tipo di aereo non potrà mai attraversare 3 anelli del Pentagono distanti parecchie decine di metri sfondando tra l’altro ogni colonna di cemento e tutti i muri che si frappongono fra esso e il foro d’uscita. L’unica cosa capace di creare un effetto simile è un missile.

Questa invece è una foto del foro d’uscita visto da vicino, è largo 2 metri e sinceramente non riesco proprio a capire come possa averlo provocato un aereo.


Quest’ultimo argomento costituisce uno dei più grandi interrogativi nella versione dei fatti ufficiale fornitaci dal governo USA.
Inoltre spesso i sostenitori della tesi ufficiale portano come prova della sua veridicità la foto di un rottame rinvenuto sulla scena su cui si riesce a leggere la lettera “N” del logo dell’American Airlines, ma è assai improbabile,se non impossibile che esso possa appartenere al vero American Airlines 77, in quanto la lamiera è troppo sottile per essere quella di un aereo civile e inoltre ha sopra delle scanalature con dei bulloni che sono differenti da quelle dei Boeing.
Tra l’altro questo frammento di fusoliera che sta tanto a cuore ad alcuni debunkers (coloro che cercano di smentire le teorie complottiste sull’11 Settembre), tra cui Paolo Attivissimo, costituisce un pezzo anteriore della fusoliera, la parte dell’aereo in cui compare la “N” di American Airlines, che come potete osservare nella foto di un boeing della American si trova nella parte anteriore della fusoliera. Adesso, se la “N” fa parte della parte anteriore dell’aereo, quella che si è schiantata per prima contro l’edificio, cosa diavolo ci fa sul prato di fronte a diversi metri di distanza?? Dovrebbe essere penetrata nell’edificio insieme al resto della fusoliera dell’aereo e della sua parte anteriore, e invece è lì!


Infine spesso come prova i sostenitori della versione ufficiale portano questa foto in cui si vede un pezzo di motore che secondo loro apparterrebbe al boeing 757.

Ebbene, questo pezzo non può appartenere a nessun boeing 757,in quanto i motori di un boeing sono infinitamente più grandi e hanno dimensioni enormi,di diversi metri. Inoltre,in risposta a chi pensa che questo sia semplicemente un pezzo di quegli enormi motori,rispondo che la Boeing ha due fornitori di motori:

§ La Rolls Royce;
§ La Pratt & Whitney.
Ma quel giorno l’aereo American Airlnes 77, con numero di coda N644AA, era ufficialmente dotato di due motori Rolls Royce RB211-535E4-B.
Ma John W. Brown, portavoce della Rolls Royce di Indianapolis ha dichiarato ufficialmente “Non fa parte di nessun motore della Rolls Royce che io conosca”.
Il portavoce della Pratt & Whitney, Mark Sullivan,ha affermato con certezza che quel tipo di boeing che secondo la versione ufficiale ha colpito il Pentagono quel giorno,aveva due motori Rolls Royce.
Ma allora, se quei 2 motori non erano appartenenti a quella ditta, a che velivolo appartengono?
Di sicuro non al volo American Airlines 77.

GLI OROLOGI DEL PENTAGONO SI ERANO GIA’ FERMATI ALLE 9.32 DEL MATTINO

Durante gli eventi sconvolgenti di quella mattina, vi fu all’inizio un po’ di confusione nel determinare l’ora in cui il Pentagono era stato oggetto di attacco.
Le prime agenzie di stampa all’inizio stabilirono che l’impatto del volo AA 77 era avvenuto alle 9.48, ma successivamente quest’ora fu sempre più anticipata nei resoconti ufficiali, fino alla certezza dell’ora dell’esplosione, che fu stabilita infine alle 9.37.
Tuttavia è venuto alla luce un fatto piuttosto curioso: numerosi orologi a batteria posti nell’ala attaccata del Pentagono e nell’eliporto antistante si fermarono alle 9.32 (per la precisione alle 9.31 e 40 secondi), verosimilmente per le vibrazioni generate da un evento violento, un’esplosione, avvenuta a quell’ora.
Aspettate un momento, l’impatto aereo -se mai è avvenuto- è accaduto alle 9.37!! Ma allora quale esplosione ha scosso così violentemente il terreno da far fermare gli orologi di mezzo Pentagono alle 9.32?
Siamo quindi di fronte a un inquietante interrogativo: una probabile esplosione sarebbe avvenuta all’interno del Pentagono appena 5 minuti prima del cosiddetto “impatto”del volo AA77, o di qualunque altra cosa abbia colpito il Pentagono.
Una testimonianza interessante su questo evento è stata fornita da April Gallop, una funzionaria speciale del Dipartimento della Difesa, addestrata nell’esercito. La signora Gallop aveva il suo ufficio nell’ala dell’edificio colpita l’11 Settembre 2001, e mentre sedeva alla sua scrivania si trovò coinvolta in un’esplosione.
Questa donna è sopravvissuta e conserva ancora l’orologio che indossava quel giorno, che si fermò poco dopo le 9.30, quando avvenne l’esplosione.
La Gallop ha dichiarato, forte della sua conoscenza degli esplosivi a seguito dell’addestramento nell’esercito, di essere sicura che l’esplosione che l’ha investita sia in realtà una detonazione, e quindi una bomba.
Infatti diverse persone che evacuavano l’edificio o che si trovavano nelle sue circostanze quella mattina affermarono di aver sentito distintamente odore di Cordite, che ha un odore molto forte e riconoscibile, specie per chi ha prestato servizio nell’esercito e abbia una minima conoscenza in quanto a esplosivi.
La Cordite è un materiale utilizzato prevalentemente nell’industria bellica e viene introdotto all’interno delle cariche esplosive, e in particolare di certi missili.
Ciò sembra rafforzare ancor più la tesi secondo cui un missile ha colpito il Pentagono l’11 Settembre 2001, e non il 757 Dell’American Airlines n.77.

IL MISTERO DI BARBARA OLSON

Nella foto a sinistra, la signora Olson in una delle sue molteplici apparizioni televisive precedenti agli eventi dell’11 Settembre 2001.

A differenza delle altre incongruenze negli attentati di quel giorno, questa è una notizia più rara, persino in rete, ma che se confermata taglierebbe le fondamenta della versione ufficiale in modo definitivo.
Ripeto che la notizia non è confermata, in quanto una sola fonte la fornisce, e cioè il sito Tom Flocco.com .
Ebbene, il 22 Settembre 2005, agenti del controspionaggio francese e americano avrebbero arrestato Barbara Olson. Si tratta dell’ex moglie dell’avvocato che ha difeso Bush dall’accusa di irregolarità elettorali avvenute in occasione della sua elezione nel 2000. Bene,fin qui niente di strano,se non fosse che LA SIGNORA OLSON E’ MORTA L’11 SETTEMBRE 2001.
O almeno dovrebbe, in quanto si trovava sul volo AA 77 che ha colpito il Pentagono!!!!!
Vi lascio un attimo per riprendervi! Bene,ora che ci siamo ripresi proviamo a ragionare.
La signora Olson sarebbe stata trovata in possesso di milioni di false lire bancarie interbancarie al confine fra Polonia e Germania, nonché di un falso passaporto vaticano.
Barbara Olson era divenuta una delle più celebri vittime degli attentati dell’11 Settembre in quanto era stata una di quelle vittime che erano riuscite (fatto impossibile tra l’altro in quanto le telefonate coi cellulari da un aereo in volo sono impossibili o quantomeno improbabili) a telefonare ai propri cari dall’aereo per informarli del dirottamento in corso.
La sua telefonata è stata spesso utilizzata come, falsa, prova dell’avvenuto schianto del Boeing 757 AA77 sul Pentagono.
La presunta notizia dell’arresto arriva dagli agenti locali, informati dell’arresto perché presenti al momento. Questo caso è assai inquietante nonché importante, perché se un giorno questa storia venisse accertata e provata si tratterebbe della prova definitiva che il volo American Airlines 77 non si è mai schiantato effettivamente sul Pentagono, e sarebbe la goccia che farebbe traboccare il vaso della già traballante versione ufficiale dei fatti fornita dal governo USA. Tuttavia ripeto,la notizia non è confermata e presenta anche alcuni dubbi, come il perché la signora Olson avrebbe dovuto avere con sé delle Lire Italiane, quando erano già ampiamente fuori corso. Ma il sospetto rimane.

CAPITOLO 5.

Il crollo del World Trade Center numero 7.

Quel giorno non furono solo l’aereo UN 93, le torri gemelle e il Pentagono ad essere oggetto di attacco, ma anche il WTC 7.
O meglio, quest’edificio non fu affatto attaccato, ma crollò lo stesso! Crollò alle 17.20 del pomeriggio seguente gli attacchi, circa 8 ore dopo, pur non essendo stato colpito da alcunché.
Fatto singolare, anche questo grattacielo, come le due torri e nello stesso giorno, crollò in perfetta verticale a una velocità molto vicina a quella di caduta libera.
Già di per sé questo è un dato sconcertante, perché se già è impossibile che le torri siano crollate con quelle modalità essendo state colpite,come ha fatto questo altro edificio, senza alcun danno grave (anzi,senza alcun danno in genere!!) a crollare, e soprattutto a crollare così rapidamente e perpendicolarmente al terreno??
Eccolo qui il WTC 7,nella foto a sinistra. Era tra l’altro un edificio particolarmente solido,in quanto ospitava al suo interno,si dice,anche l’ufficio per le emergenze (quasi un bunker) di Rudy Giuliani,allora sindaco di New York.
Si trovava a qualche centinaio di metri dalle due torri, e quando crollarono fu investito, insieme all’intera Manhattan,da una enorme nube di detriti, ma non subì affatto danni gravi, né fu danneggiato seriamente. Anzi,si può dire che rimase pressoché illeso dai detriti sollevatisi dal crollo del WTC 1 e 2, le famose Twin Towers.
Inoltre non fu affatto colpito da attentati,nessuno lo sfiorò; eppure qualche ora dopo crollò su se stesso, in perfetta verticale,come se i suoi pilastri non fossero più in grado di sostenere la struttura, come se fosse gravemente danneggiato. Eppure nessuno lo aveva sfiorato..cosa ne provocò il crollo?
In queste immagini si possono notare i vari danni, molto lievi tra l’altro, che l’edificio aveva riportato durante gli attacchi agli edifici circostanti della mattina.

Come si può vedere bene quindi da queste immagini c’erano solo alcuni danni niente affatto seri alla facciata che dava verso le torri, e si erano verificati non più di due piccoli focolai, prontamente spenti dai pompieri,tanto che l’edificio era anche già stato evacuato ma solo per misure di sicurezza,come decine di altri edifici a New York quel giorno.
L’edificio, come le torri, presentava una struttura portante assai robusta, composta da 57 travi d’acciao all’esterno,e da 24 colonne portanti poste asimmetricamente, sempre in acciaio, all’interno.
Inoltre, anche in questo caso la perfetta verticalità del crollo, e la velocità in cui esso è avvenuto,che è di appena 0.4 secondi superiore a quella di caduta libera (le torri erano collassate in poco più di 10 secondi,il WTC 7 in 6.5 secondi) ci portano a dedurre che si sia trattato di demolizione controllata.
Ma perché fu demolito? Cosa conteneva di così importante questo edificio?
Secondo la versione ufficiale l’edificio crollò per i “seri danni” (inesistenti) provocati dai detriti delle torri che lo avevano colpito,ma per fortuna non vi furono vittime in quanto era stato precedentemente evacuato.
Decine di testimoni hanno affermato di aver sentito esplosioni e in alcuni casi di averle addirittura viste all’altezza del 7°-8° piano dell’edificio.
Ma una in particolare è inquietante tra di esse, e cioè quella di un alto responsabile dell’ufficio emergenze del WTC 7 che,intervistato,ha fornito un racconto molto interessante.
Subito dopo che la prima torre fu colpita,un agente di polizia chiese a questo signore di accompagnarlo all’interno dell’edificio per avere accesso al “bunker” di cui parlavo prima, situato al 23° piano.
I due arrivarono all’ufficio, ma lo trovarono vuoto. Fu così che telefonarono per avere ragguagli sul perché non ci fosse nessuno, ma invece gli fu risposto di andarsene subito via di lì all’istante.
I due quindi iniziarono a scendere per le scale ma quando arrivarono al 6° piano vi fu una violenta esplosione e il pavimento cedette.
Il malcapitato testimone riuscì però ad aggrapparsi a qualcosa e ad arrampicarsi fino all’8°piano, dove poté vedere il grande squarcio provocato all’interno dalla bomba appena esplosa.
Confuso e spaventato, riuscì ad uscire da un buco nella parete creato dai soccorritori in precedenza.
I pompieri allora gli dissero di fuggire il più lontano possibile e di rifugiarsi assai lontano da lì, in quanto l’intera zona era a rischio di esplosioni.
Il testimone ha inoltre dichiarato di aver visto nell’atrio del WTC 7 molti cadaveri e che i soccorritori gli dissero di non guardarli.
Tutto ciò è veramente molto inquietante, e il motivo che rende questa testimonianza ancora più importante, anzi fondamentale, è che tutto questo avvenne quando le torri erano ancora in piedi e mancava ancora molto prima del loro collasso, e quindi quando l’edificio n.7 non poteva in alcun modo essere stato danneggiato dal loro crollo. Vorrei ricordare inoltre che secondo il rapporto ufficiale nel WTC 7 non ci fu alcun decesso. A chi appartenevano i cadaveri visti dal testimone?
Inoltre, come anche per le torri, durante il breve crollo del grattacielo furono visti sbuffi di fumo perpendicolari alle finestre,che sono il chiaro segnale di grandi esplosioni interne, e che procedevano di pari passo con il collassare dell’edificio. Inoltre la facciata nord si inclinò verso l’interno del palazzo mentre cadeva.
Questi elementi,insieme a decine e decine di testimonianze, ci testimoniano che il WTC 7 non crollò solo per i danni riportati dal crollo delle Twin Towers, ma che si trattò, come per esse, di un chiaro caso di DEMOLIZIONE CONTROLLATA.















CAPITOLO 6.

Il totale stallo della difesa aerea.

Per comprendere bene la totalità degli eventi dell’11 Settembre 2001 e la falsità della versione ufficiale è fondamentale soffermarsi sulla vicenda della totale assenza di difese aeree riscontrata quel giorno.
Quello che è importante capire è che l’aviazione Americana dispone di una serie di procedure standard che vanno obbligatoriamente seguite in caso di dirottamento aereo, e che si basano sulla collaborazione tra la FAA (l’equivalente della nostra Aviazione Civile) e il comando dell’aeronautica militare, rappresentato nella vicenda dell’11 Settembre dal NORAD (il comando dell’aeronautica militare responsabile della parte Nord-Orientale degli USA, in cui si trovano New York, Washington e Shanksville).
Ecco quello che avviene normalmente in caso di sospetto dirottamento.
Se i controllori di volo della FAA contattano un aereo, e questo non gli risponde, oppure se il velivolo esce anche di pochi km fuori della rotta prestabilita i controllori hanno l’obbligo di riscontrare il sospetto dirottamento.
A quel punto, una volta ottenuta la conferma del cambiamento di rotta o della mancata risposta la FAA si mette in contatto con l’aviazione militare, la quale possiede anche un proprio sistema di controllo radar, e le segnala il sospetto dirottamento.
Il NORAD contatta così le basi militari più vicine, che in tutto il territorio USA saranno decine, e entro 6 minuti dall’avvenuto allarme uno o due caccia da intercettazione si alzano in volo da quella più vicina e procedono ad altissima velocità fino ad accostarsi all’aereo che non risponde o che si trova fuori rotta. Lì riprovano a contattare i piloti ripetutamente, e anche in caso di mancata risposta continuano pacificamente a scortare l’aereo, fino a quando non risultano chiaro il perché non risponde e la destinazione verso cui viaggia.
Solo in casi di emergenza, nel caso l’aereo stia per schiantarsi contro obiettivi sensibili o luoghi popolati, i caccia militari devono intervenire e abbattere l’aereo, evitando così una strage di chi si trova al suolo.
Questo meccanismo di avvicinamento e intercettazione di aerei civili sospetti avviene quotidianamente o quasi, e la stragrande maggioranza delle volte il tutto si conclude felicemente senza che sia necessario abbattere l’aereo. Il cambiamento di rotta può essere stato causato da un temporaneo malore di un pilota ad esempio, o l’equipaggio può non rispondere alle chiamate della torre di controllo a causa di un guasto alla radio. Può succedere! Tuttavia, per maggiore sicurezza, e per garantire aiuti e soccorso ai passeggeri i caccia si avvicinano comunque e scortano l’aereo fino a destinazione.
E’ un meccanismo di sicurezza ampiamente collaudato, basti pensare che nel solo 2001, prima dell’11 Settembre era stato messo in atto per ben 67 volte e aveva sempre funzionato alla perfezione.
Non si erano mai registrati fallimenti.
Quella mattina di fine estate le cose andarono diversamente dalla normalità, come ormai abbiamo imparato a notare quando si parla di questo evento.
Infatti quel giorno vi fu un totale e devastante stallo della difesa aerea degli Stati Uniti, la più potente e celebrata al mondo, ecco quello che accadde:
q Il volo American Airlines 11 volò fuori rotta per una trentina di km, prima di schiantarsi contro la torre Nord del World Trade Center di New York.
q Il Volo United Airlines 175 volò fuori rotta per una trentina di km, finendo la sua corsa contro la torre Sud del WTC.
q Il volo American Airlines 77 si prese la libertà di volare fuori rotta di addirittura 400 km prima di schiantarsi contro il Pentagono.
q Il volo United Airlines 93 fece ancora di meglio, andando fuori rotta di ben 600 km, considerando che finì la sua corsa in anticipo, precipitando nella campagna di Shanksville, ma se fosse arrivato a destinazione (che si dice fosse la Casa Bianca) la distanza percorsa fuori rotta sarebbe risultata ancora maggiore.

Ciò è chiaramente sconcertante in un Paese in cui se un aereo vola fuori rotta per più di un minuto viene dichiarato “sospetto” e in cui il NORAD interviene per farlo intercettare dopo soli 6 minuti che viene definito tale.
In questa tabella riassumiamo le manovre e gli orari relativi dei fatti salienti di quel giorno.


VOLO ORA DECOLLO RITARDO ALLA PARTENZA ROTTA ORIGINALE DISTANZA PERCORSA FUORI ROTTA ORA IMPATTO ORA DEL CAMBIAMENTO DI ROTTA FINALE
American 11 7.59 a.m. 11 minuti Boston-Los Angeles ~ 8.46 a.m
United 175 8.14 a.m. 14 minuti Boston-Los Angeles ~ 9.03 a.m 8.47 a.m.
American 77 8.10 a.m. 10 minuti Washington-Los Angeles ~400 km 9.37 - 9.39 9.02 a.m.
United 93 8.42 a.m. 42 minuti New York-S. Francisco - Tokyo ~600 km 10.06 a.m. 9.40 a.m.


In particolare, questi sono i dati precisi relativi ai quattro voli utilizzati quel giorno dai terroristi, fornitici dalla versione ufficiale e necessari a comprendere il resto del capitolo.
Quella che segue è una cronologia degli eventi e delle manovre principali effettuate dai quattro voli dirottati quel giorno e le relative reazioni degli enti nazionali, FAA e NORAD.
In essa, nelle cartine che seguiranno, vedrete indicato con un punto azzurro il luogo da cui i caccia da intercettazione sono partiti per intercettare gli aerei dirottati. Con una linea azzurra vedrete in seguito la rotta compiuta dagli aerei militari fino al momento in cui i voli dirottati hanno colpito i loro bersagli o sono precipitati. Nel caso di American Airlines 11 nella cartina vedrete solo il punto celeste, per il semplice fatto che al momento in cui il velivolo si è schiantato contro la prima torre del World Trade Center i caccia non erano neanche decollati. In rosso-trasparente troverete invece la rotta che gli aerei dovevano compiere verso la loro originaria destinazione. Noterete così la totale diversità tra le rotte che dovevano percorrere e la direzione verso cui hanno deviato, che avrebbe immediatamente dovuto far capire ai controllori e alle autorità a terra che c’era qualcosa che non quadrava con quei voli, così da far scattare subito la procedura, ben collaudata. Stranamente però ci furono significativi indugi e temporeggiamenti nel dichiarare gli aerei dirottati. Questo argomento, come verrà spiegato in seguito, è la chiave di volta dell’inchiesta sui misfatti dell’11 Settembre 2001.




CRONOLOGIA EVENTI DEL VOLO AMERICAN AIRLINES 11


q Decollo: 7.59, come riportato precedentemente nella tabella.
q Ultima comunicazione radio normale: 8.13 e 13”
q Presa di controllo della cabina da parte dei terroristi: 8.13 e 40”
q L’aereo non risponde più alle chiamate da terra: 8.13 e 47”
q Spegnimento del trasponder: 8.21
q La FAA dichiara l’aereo dirottato alle: 8.24 e 50”
q Il NORAD viene informato alle: 8.37 e 52”
q Il NORAD ordina il decollo dei caccia alle: 8.46
q I caccia decollano alle: 8.53
q Impatto aereo: 8.46 e 40” sul WTC, torre Nord.

American Airlines 11 fu il primo aereo a subire un dirottamento quella dannata mattina. Nel suo caso la confusione fra FAA e NORAD fu talmente grave che gli aerei incaricati di inseguirlo non decollarono che 7 minuti dopo che si era già schiantato contro la Torre Nord del Wtc di New York.
Tuttavia, se osserviamo bene la cronologia ufficiale soprascritta, noteremo che l’aereo è stato dichiarato dirottato dalla FAA alle 8.24. Ma, attenzione, il caso vuole che passino ben 13 minuti prima che un qualsiasi impiegato dell’aviazione civile si preoccupi di avvertire il comando militare.
Ma anche il NORAD ci mette del suo, visto che il decollo avviene 7 minuti dopo l’ordine di alzarsi in volo. In fondo i tempi di partenza sono stati rispettati senza ulteriori indugi, ma quello che mi stupisce di più, francamente, è perché i militari hanno impiegato 14 minuti, che a quel punto erano fondamentali, prima di dare l’ordine di partite. Ricordo al lettore che l’aereo era già stato dichiarato ufficialmente dirottato.
Pertanto, facendo due rapidi calcoli, se la FAA e il NORAD avessero espletato tempestivamente i loro compiti forse i caccia avrebbero fatto a tempo a intercettare e deviare (o se necessario abbattere) il volo AA 11.
Dunque, ipotizziamo: se la FAA avesse comunicato con una semplice telefonata l’avvenuto dirottamento ai militari, cioè diciamo un paio di minuti al massimo dopo che era stato dichiarato tale, il comando dell’aeronautica del NORAD avrebbe saputo che l’aereo era fuori rotta fin dalle 8.26, e cioè 11 minuti abbondanti in anticipo rispetto a ciò che realmente accadde.
E se, sempre ipotizzando, il NORAD avesse dato l’ordine di far alzare in volo i caccia al massimo un paio di minuti dopo la segnalazione, i piloti si sarebbero preparati per partire 6 minuti dopo, come procedura, e quindi sarebbero decollati alle 8.34. Avrebbero avuto 12 minuti per intercettare l’aereo e investigarne la destinazione prima dell’irreparabile.
Tenete bene a mente una cosa, in casi di dirottamento negli USA esiste una procedura ben precisa da seguire. Nessuno prende nessuna decisione, è tutto automatico, e quindi i generali non perdono tempo a decidere se decollare o meno, dato che non c’è tempo. La procedura è ben precisa: una volta che la FAA ha segnalato il dirottamento, 6 minuti dopo i caccia devono essere in volo.
L’unico caso in cui è necessario richiedere l’autorizzazione è se si ritiene indispensabile abbattere l’aereo sospetto. In tal caso comunque i caccia si troveranno già strada facendo o accanto all’aereo in questione quando chiedono questa autorizzazione, così non si perde tempo ritardando il decollo, ma la decisione, solo se necessaria, si prende una volta che gli aerei militari sono arrivati lì e hanno constatato che non c’è niente da fare. Certo, 11 minuti e mezzo non sono molti per compiere una missione così delicata e frettolosa, ma comunque sia almeno gli aerei avrebbero potuto provare a sopraggiungere in tempo per bloccare l’aereo nella sua discesa suicida.
Ma in fondo anche se molte, troppe cose sono andate in maniera sospetta e inquietante nel caso del primo dirottamento di quella mattina rimarrete stupiti nel vedere quello che è accaduto dopo.

CRONOLOGIA EVENTI DEL VOLO UNITED AIRLINES 175


q Decollo: 8.14, come precedentemente riportato in tabella.
q Ultima comunicazione radio non sospetta: 8.42
q Presa di controllo della cabina da parte dei terroristi: 8.44, ora stimata
q L’aereo non risponde più alle chiamate da terra: ?
q Viene cambiato il codice al trasponder: 8.47
q La FAA dichiara l’aereo dirottato alle: 8.55
q Il NORAD viene informato dell’avvenuto dirottamento dalla FAA alle: 9.03
q Il NORAD ordina il decollo dei caccia alle: 9.13
q I caccia decollano alle: 9.25
q Impatto aereo: 9.03 e 11” sul WTC, torre Sud.

Passiamo ora al secondo caso di dirottamento riscontrato quel giorno, il volo United Airlines 175.
Lo UA 175 decolla alle 8.14 da Boston, con un ritardo di un quarto d’ora sulla tabella di marcia. L’aereo prosegue lungo la rotta prestabilita fino al punto di massima vicinanza con New York che essa consente. A quel punto, sono le 8.47, l’aereo fa una virata molto significativa (90°) e si dirige a Sud di New York. Nel frattempo, appena un minuto prima il volo AA 11 aveva impattato contro la prima Twin Tower.
Ma una cosa è singolare nella rotta seguita da UA 175: i dirottatori aspettano e si dirigono a Sud, al posto di puntare dritti su New York e colpirla pochi istanti dopo il primo aereo, che una volta cambiata rotta si trovava a volare pressoché parallelamente a loro.
Soltanto dopo che AA 11 ha colpito la torre nord allora finalmente si decidono cambiando rotta, arrivando così a colpire sotto gli occhi del mondo intero la seconda torre, quando già tutti i telegiornali trasmettevano le immagini della prima in fiamme.
Si tratta di una strategia molto azzardata, visto che il volo era stato dichiarato dirottato 8 minuti e mezzo prima di colpire il suo bersaglio, e che come sappiamo erano già in volo, anche se in ritardo, i caccia partiti da Boston. Certo, i caccia erano in ritardo, ma i terroristi non potevano saperlo. Non potevano essere a conoscenza in anticipo del ritardo con cui erano decollati, perché sapevano bene che la procedura in questi casi era a prova di tutto, e che non si era mai registrato un caso di ritardo o fallimento della difesa militare.
Infatti i caccia avrebbero potuto intercettare il secondo aereo, se non fosse che anche dopo che questo era stato dichiarato dirottato, che la prima torre era stata colpita e che era stato riscontrato che esso si dirigeva verso New York, ai caccia provenienti da Boston fu ordinato di procedere a bassa velocità.
E’ strano e inquietante notare che quel fallimento e quel ritardo si verificarono per la prima ed ultima volta in assoluto quel giorno, l’11 Settembre 2001, per ben quattro volte di fila.

CRONOLOGIA EVENTI DEL VOLO AMERICAN AIRLINES 77


q Decollo: 8.10, come precedentemente riportato in tabella.
q Ultima comunicazione radio non sospetta: 8.51
q Presa di controllo della cabina da parte dei terroristi: 8.53, ora stimata
q L’aereo non risponde più alle chiamate da terra: ?
q Spegnimento Trasponder: 8.56
q La FAA dichiara l’aereo dirottato alle: 9.20
q Il NORAD viene informato dell’avvenuto dirottamento dalla FAA alle: 9.21
q Il NORAD ordina il decollo dei caccia alle: 9.24
q I caccia decollano alle: 9.30
q I servizi segreti pretendono caccia da intercettazione dalla base aerea di Andrews alle 9.30
q Alle 9.32 i controllori di volo capiscono che l’aereo è diretto verso Washington
Alle 9.32 gli agenti dei servizi segreti portano via a forza il vicepresidente Cheney dalla Casa Bianca verso il vicino bunker.
Alle 9.36 la FAA informa i militari che l’aereo si dirige verso la Casa Bianca
Alle 9.36 il NORAD ordina ad altri caccia, stavolta della base di Langley, di dirigersi verso la Casa Bianca e difenderla per evitare la decapitazione dello Stato.
Alle 9.37 Cheney raggiunge il bunker.
Alle 9.37 e 46’’ American Airlines 77 si schianta contro il Pentagono (abbiamo già esaminato le incongruenze).

Il terzo aereo dirottato l’11 di Settembre 2001 fu il volo American Airlines 77.
Decollato alle ore 8.10 dall’aeroporto Dulles di Washington D.C. con un ritardo di 10 minuti, era diretto anch’esso verso la west coast, per la precisione a Los Angeles.
L’aereo viaggia per diversi km senza problemi, quando all’improvviso alle 8.53 i piloti della American Airlines perdono il controllo della cabina e inizia il travaglio.
I terroristi staccano il trasponder, e cioè l’oggetto che permette la reciproca comunicazione e localizzazione tra aereo e torre di controllo, alle 8.56, ma subito prima di compromettere la tracciatura radar fanno compiere all’aereo una virata, che lo porta a tornare indietro verso la costa est, verso la capitale Wahington, da cui era decollato.
Qui avviene l’inspiegabile: dopo che altri due aerei avevano già fatto lo stesso durante la stessa mattina e che ormai si erano già schiantati contro le torri di New York, quando ormai era chiaro a tutti che si trattava di un’azione concertata e di un concreto attacco all’America e che era solo questione di minuti prima che qualcos’altro accada cosa fa la FAA?
Aspetta ben 24 minuti prima di dichiarare l’aereo dirottato.
Ciò è ovviamente inammissibile, date le circostanze già disperate.
Infatti era prioritario difendere Washington, in quanto se un aereo si fosse schiantato sulla Casa Bianca o sul palazzo del Congresso distruggendoli si sarebbe di fatto decapitato il governo federale, e la situazione sarebbe sprofondata nel panico più totale e nel caos istituzionale.
Ma torniamo al volo AA77, dopo che finalmente la FAA si è decisa a dichiararlo dirottato, le procedure finalmente sembrano camminare spedite, e già un minuto dopo i militari vengono avvisati del dirottamento e si precipitano a far decollare dei caccia in difesa della capitale dalla vicina base di Andrews, alle 9.30.
Nel frattempo anche i servizi segreti federali tentano di difendere la città ordinando indipendentemente dai militari il decollo di altri caccia facenti capo alla CIA, dalla vicina base di Langley (che è anche il quartier generale della CIA).
Negli stessi istanti il vice-presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney viene evacuato dalla Casa Bianca e sollevato di forza dalla sua sedia da due uomini forzuti dei servizi segreti, i quali lo portano nel bunker sotto l’edificio, come testimonierà egli stesso in seguito.
Pochi minuti dopo l’aereo, o qualcos altro come abbiamo analizzato precedentemente, si schianta contro una facciata in ristrutturazione del Pentagono, fortunatamente (e casualmente aggiungerei!) dal lato opposto a quello occupato dagli uffici dei più alti ufficiali del Dipartimento della Difesa, tra cui Donald Rumsfeld, Ministro della Difesa USA, che altrimenti avremmo forse enumerato tra le vittime.
La scritta a caratteri cubitali “MISTERO”, campeggia nelle menti di chi come me si chiede come abbia fatto l’aereo a non essere intercettato da tutti questi caccia in volo sopra e vicino Washington, e soprattutto come abbia potuto viaggiare indisturbato -quando era già evidente che fosse dirottato- per 400 km andandosi poi a schiantare contro l’edificio probabilmente più sicuro e sorvegliato sul suolo degli Stati Uniti, e cioè il palazzo del Ministero della Difesa, che tra l’altro si dice che possegga anche batterie di missili antiaerei.
Ha provato a dare una risposta a nome della Casa Bianca e del governo il vice-presidente Dick Cheney, dichiarando che il governo e chi di dovere avevano perso di vista l’aereo dopo lo spegnimento del trasponder, al momento del cambiamento di rotta, e che non sapevano dove si potesse essere diretto. Ma allora perché i militari si sono precipitati a difendere proprio Washington, e non Baltimora, o Richmond, o tutte insieme, visto che erano nel possibile raggio d’azione dell’aereo dirottato? Perché proprio e soltanto Washington?
Ma la cosa più importante è un’altra, ciò che dice Dick Cheney, e cioè che si erano perse le tracce di AA77 dopo il suo dirottamento, è completamente e chiaramente stato smentito da Norman Mineta, l’allora Ministro dei Trasporti, che si trovava nel PEOC, il bunker sotto la Casa Bianca insieme a Cheney quella mattina. Egli, sotto giuramento, ha dichiarato davanti alla Commissione Indipendente sull’11 Settembre le seguenti parole:

“… during the time that the airplane was coming into the Pentagon there was a young man who had come in and said to the vice president, "The plane is 50 miles out. The plane is 30 miles out." And when it got down to, "The plane is 10 miles out," the young man also said to the vice president, "Do the orders still stand?" And the vice president turned and whipped his neck around and said, "Of course the orders still stand. Have you heard anything to the contrary?"”
Che tradotte in Italiano suonano:

“Mentre l’aereo si stava avvicinando al Pentagono, c’era un giovane che ogni tanto entrava nella stanza e diceva al Vice Presidente: “L’aereo è a 50 miglia”…”L’aereo è a 30 miglia”…e quando è arrivato a “L’aereo è a 10 miglia” il giovane ha anche chiesto al Vice Presidente: “L’ordine è ancora quello?” E il Vice Presidente ha girato la testa velocemente e gli ha detto: “Certo che l’ordine è sempre quello, hai sentito qualcosa in contrario?”

E a quel punto, il membro della Commissione che stava ascoltando la testimonianza, Roemer, chiede per essere sicuro: “L’aereo di cui sta parlando è quello che ha colpito il Pentagono?”
E Mineta risponde: “E’ l’aereo che è finito nel Pentagono”.
Roemer: “Quindi da quando è arrivato alle 9:20, quanto tempo passò prima che lei ascoltasse la conversazione tra quel giovane ed il vice Presidente in cui domandava, “Gli ordini sono ancora validi?”
Mineta: “Probabilmente cinque o sei minuti”
Roemer: “Quindi sarebbero circa le 9:25 o le 9:26.”

Ricordiamo che il P
Inviato il: 22/8/2008 23:53
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Re: "11 SETTEMBRE 2001, LE VERITA' NASCOSTE"
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Ricordiamo che il Pentagono fu colpito alle 9.37.
Questa testimonianza cancella ogni dubbio sul fatto che il Vice Presidente sapesse benissimo dove si trovava il volo AA 77, e prova che quindi è falso che avesse perso il controllo dell’aereo e non sapesse la sua posizione.
Spesso i debunkers, coloro che tentano di smentire le tesi complottiste e che si pronunciano a favore della versione ufficiale del governo USA, sostengono per smentire questa affermazione di Mineta che quest’ultimo non si trovasse in realtà nel bunker ma che fosse ancora in un corridoio sotto la Casa Bianca, e che quindi non avrebbe potuto ascoltare il dialogo tra il Vice Presidente e il giovane citato prima. I debunkers quindi sostengono che Mineta sia arrivato nel PEOC dopo Cheney, quando tra l’altro il Pentagono era già stato colpito.
Ciò è tuttavia falso, in quanto lo stesso Cheney in un’intervista dichiarò di essere arrivato nel bunkers trovandovi già Mineta.



CRONOLOGIA EVENTI DEL VOLO UNITED AIRLINES 93


q Decollo: 8.42, come precedentemente riportato in tabella.
q Ultima comunicazione radio non sospetta: 9.27
q Presa di controllo della cabina da parte dei terroristi: 9.28
q L’aereo non risponde più alle chiamate da terra: ?
q Spegnimento Trasponder: 9.41
q La FAA intuisce che l’aereo è stato dirottato alle: 9.30
q Alle 9.45 il ministro dei trasporti Mineta raggiunge Cheney nel bunker sotto la Casa Bianca (fatto smentito sopra. Il ministro Mineta, per sua stessa testimonianza, raggiunse il bunker alle ore 9.20 circa)
q Alle 9.57 si stima la rivolta da parte dei passeggeri
q Alle 10.00 i caccia richiesti per il volo AA77 dai servizi segreti dalla base di Langley si dirigono verso Wahington.
q Alle 10.02 viene detto a Cheney che un secondo aereo si dirige su Washington
q Tra le 10.03 e le 10.06 il volo United 93 precipita nella campagna presso Shanksville, Pennysilvania.
q La FAA informa il NORAD che il volo 93 è stato dirottato alle 10.07
q Alle 10.10 il NORAD chiede il permesso di abbattere l’aereo se necessario a Cheney, che si consulta con Bush, il quale acconsente.
q Alle 10.12 Cheney ribadisce l’ordine di abbattimento, anche se la conferma definitiva necessaria da parte di Bush non arriverà fino alle 10.18.
q Alle 10.15 il NORAD viene a sapere che United 93 è precipitato.
q Alle 10.20 Cheney viene informato che United 93 è precipitato.
q Alle 10.38 decollano i caccia da Andrews, armati e autorizzati ad abbattere United 93.

Come abbiamo visto insieme, il volo United Airlines 73 è forse la questione più inquietante è misteriosa dell’11 Settembre 2001. La versione ufficiale dei fatti esalta i passeggeri come eroi, che per salvare le persone a terra obiettivo dei terroristi hanno avuto il coraggio di sacrificarsi per il bene comune, dando la loro vita per salvarne centinaia.
Sono stati girati film, documentari, come “United 93”, o molti altri, ma dopo la nostra modesta inchiesta abbiamo potuto notare insieme che è una faccenda molto più complessa e controversa di quanto sembri.
Tralasciando per il momento le questioni riguardo lo UN 93 esaminate nel capitolo dedicatogli, occupiamoci ora di ciò che accadde realmente, o di ciò di cui è doveroso, oltre che possibile, dubitare in questo caso.
Abbiamo visto come ognuno dei quattro aerei dirottati l’11 Settembre fosse originariamente diretto verso la costa Ovest. Anche il volo 93 lo era, e seguì la sua rotta fino sopra l’Ohio.
Siamo di fronte a un esempio chiarissimo di ciò che avvenne l’11 Settebre 2001, e che permise agli eventi devastanti di quella mattinata di avvenire senza ostacoli: la FAA dichiarò l’aereo ufficialmente dirottato già alle 9.30, cioè pochissimo dopo che aveva smesso di rispondere alle chiamate da terra e ben dieci minuti prima che avvenisse il cambio di rotta definitivo.
Si potrebbe pensare “finalmente la FAA, al quarto tentativo ha agito in tempo!”.
Niente di più sbagliato.
Dopo aver ufficializzato la notifica del dirottamento, l’aviazione civile infatti decide in maniera del tutto spiazzante e suicida di aspettare ben 37 minuti prima di comunicarlo al NORAD, permettendogli così di volare liberamente verso qualsiasi bersaglio sulla rotta per Washington per 600 km dopo che era già stato dichiarato dirottato ufficialmente.
Il NORAD viene così a sapere che United 93 è oggetto di dirottamento negli stessi istanti in cui esso finisce la sua corsa ufficialmente a Shanksville, in Pennysilvania.
Quello che è veramente importante da capire, in questo capitolo, è che quello che è avvenuto l’11 Settembre non era qualcosa di molto lontano da un normale “lavoro di routine” per la difesa aerea USA. Ciò che lo rende una data spaventosa nei ricordi di tutti è il fatto che quegli aerei, tranne quest’ultimo, sono tutti andati a segno e hanno cancellato in pochi istanti moltissime vite umane.
Nessuno dimenticherà mai le immagini delle torri che si polverizzano nel crollo, nessuno dimenticherà mai che quello che avevamo visto soltanto in qualche film da prima serata in televisione e che fino a quel momento non ci saremmo mai aspettati l’11 Settembre è diventato una cicatrice nei nostri occhi. E’ lì, nella nostra memoria, e costituisce un eterno monito.
E’ accaduto nella città più celebre del mondo, in pieno giorno, sotto gli occhi di tutto il mondo in diretta tv. Sembrava un film, l’ho già detto. E invece è realtà. “Mamma cosa c’è in tv oggi?” La fine del mondo come tutti lo conosciamo. Ecco cosa c’è.
Quella data ha cambiato tutto. Forse i più giovani o gli ottimisti già la stanno dimenticando, ma io, noi, non possiamo fare sì che questo accada.
Ciò che è avvenuto quella assolata mattina di Settembre era prevenibile, e non sto parlando del fatto che il governo USA sapeva perché in tutto l’arco dell’estate precedente ben 11 paesi alleati e neutrali li avevano avvertiti mediante i loro servizi segreti che qualcosa di molto grosso stava per accadere, e avevano anche ipotizzato giorni e luogo. Sto parlando del fatto che quello che è accaduto, o meglio quello che è stato fatto accadere, altro non è che una procedura.
Le difese aeree erano abituate a fronteggiare spessissimo casi simili. Come ho detto prima la difesa aerea era dovuta intervenire per ben 67 volte nel solo 2001, avendo sempre successo.
Questo perché dopo anni le procedure si erano consolidate, perché le procedure non sbagliano, sono li uomini che sbagliano e commettono errori nel seguirle.
Ma stiamo parlando di personale con un grande addestramento alle spalle, e che era stato addestrato per seguire le procedure. Adesso, io voglio capire, perché diavolo le procedure quel giorno non sono state rispettate? E’ stato un caso? Un errore umano.
No, errare è umano, perseverare per quattro volte in una mattina è diabolico.
Qualcuno, posto nei ruoli chiave dell’interconnessione tra FAA e NORAD, qualcuno al posto giusto ha deliberatamente rallentato e confuso le comunicazioni fra le due agenzie.
Non si spiega altrimenti come per comunicare l’avvenuto dirottamento l’agenzia dell’aviazione civile abbia impiegato:
q 13 minuti per il volo American 11.
q 8 minuti per il volo United 175.
q 1 minuto per il volo American 77.
q 37 minuti per il volo United 93.

Tranne nel caso del volo 77, in tutti gli altri casi si sono creati degli imbarazzanti ritardi nella notificazione al NORAD dell’avvenuto dirottamento, specialmente nei casi del volo 11 e del 93.
Resta da capire anche come la FAA abbia potuto impiegare ben 24 minuti a capire che l’AA 77 era stato dirottato, visto che aveva già da subito staccato il trasponder e interrotto le comunicazioni radio.
Un altro aspetto curioso, ma soprattutto inquietante, è che ogni aereo cambiò rotta esattamente uno o due minuti dopo che il precedente aveva colpito il proprio bersaglio.

q Il volo AA 11 colpì il suo bersaglio alle 8.46. United 175 cambiò rotta alle 8.47.
q Il volo UA 175 colpì il suo bersaglio alle 9.03. AA 77 cambiò rotta alle 9.02.
q Il volo AA 77 colpì il suo bersaglio alle 9.37, ma secondo altri resoconti alle 9.38-9.39. Il volo UA 93 cambiò rotta alle 9.40.

Ciò ovviamente non può essere una coincidenza. Quattro aerei che cambiano casualmente rotta ognuno uno o due minuti dopo che il precedente, a decine, centinaia di km di distanza, ha colpito il proprio bersaglio? No, non può essere frutto del caso.
Ovviamente non potevano parlarsi fra di loro, visto che il trasponder non era attivo e che i cellulari non funzionano affatto a quelle altitudini e a quelle velocità.
Alcuni hanno obiettato che i terroristi avessero calcolato in precedenza i tempi di impatto loro e dei compagni suicidi, ma anche se lo avessero fatto non avrebbero mai ottenuto questo risultato, per il semplice fatto che tutti i voli partirono con un certo ritardo imprevisto, diverso per tutti i casi e molto rilevante. Infatti AA 77 partì con 11’ di ritardo, UA 175 con 14’, AA 77 con 10’ e UA 93 addirittura 42’ dopo l’orario prestabilito.
Era quindi impossibile per essi sapere se e quando i loro complici avessero colpito l’obiettivo, e tantomeno sincronizzarsi in quel modo.
E’ chiaro che una regia esterna, consapevole dei fatti esterni e di quando e come i bersagli venissero colpiti, ha guidato i terroristi o chi per loro. La cosa diventa molto più meccanica di quanto ci si aspettasse.
Non può essere tutto frutto del caso.
Infine, alla luce di quanto esaminato finora in questo capitolo, l’autore ritiene che sia inconfutabile che le difese aeree Americane non seguirono le procedure a dovere quel giorno. Stiamo parlando della difesa più potente, pagata e celebrata al mondo.




CAPITOLO 6

I dirottatori, questi sconosciuti.

Quando invece parliamo dei diciannove terroristi suicidi parliamo di arabi scalmanati che erano nella realtà tutto il contrario dei grandi piloti e strateghi descritti da Bush. Essi non erano bravi mussulmani, in quanto almeno da quando si erano trasferiti negli Stati Uniti avevano contratto abitudini ben poco fondamentaliste e religiose per un fanatico che muore per la sua religione.
Magari conoscevano molti passi del Corano, forse pregavano correttamente e in direzione di La Mecca, ma è certo che avevano molti vizi di troppo per essere integralisti che stavano per compiere una missione simile in nome di Allah.
Infatti andavano spesso a bere la sera fino ad ubriacarsi, litigavano con dei perfetti sconosciuti, mangiavano sovente carne, frequentavano locali di spogliarelliste e non di rado avevano rapporti sessuali con loro. Gradivano molto i night club, dove persone li hanno visti mettere banconote da 20 dollari negli slip delle ballerine, che ballavano in topless.
Inoltre avevano una grande passione per lo shopping nei centri commerciali, strano per degli estremi nemici del consumismo Americano!!!
Uno in particolare, Mohammed Atta, il “capo” della cellula, quello che secondo la versione ufficiale ha pilotato il volo AA 11 contro la prima torre, dopo aver conosciuto una prostituta arrivò addirittura a convivere con lei per diverso tempo. Il suo nome è Amanda Keller, all’epoca poco più che ventenne, caratterizzata inoltre da un originale taglio di capelli, rosa shocking. Inoltre amava sniffare cocaina e bere vodka fino all’ubriachezza totale.
Ricordiamo che l’Islam è una religione piuttosto intransigente nei rapporti tra uomini e donne, nell’uso di droga e nell’assunzione di alcolici, e comunque ritengo che non vi siano dubbi sul fatto che nessun mussulmano diligente e così integralista da far schiantare un aereo contro un palazzo per proclamare la Jihad, la guerra santa, al tempo stesso possa andare così deliberatamente contro l’austerità invocata dal Corano.
Un fatto sconvolgente è che in una di queste uscite serali una cameriera successivamente interrogata da forze dell’ordine e giornalisti dichiarò di aver visto Mohammed Atta con molti braccialetti, collane e altri gioielli addosso, ma soprattutto con una grande croce d’oro appesa al collo! Bè, sinceramente non credo che qui ci sia bisogno di altri commenti. Ma andiamo avanti, sempre Atta, che in quanto responsabile della cellula avrebbe teoricamente dovuto essere anche il più serio e diligente, il 10 Settembre 2001, quando ormai l’operazione era imminente, rischiò di mandare tutto all’aria.
Nei giorni immediatamente precedenti gli attentati i 19 terroristi si divisero in quattro gruppi, tre da cinque membri e uno da quattro. Ognuno di questi gruppi si era già trasferito nella città da cui si sarebbe in seguito imbarcato per compiere la missione.
Anche il gruppo del volo American 11, che sarebbe partito da Boston, si trovava già nel luogo prestabilito. Tuttavia Atta, il capo della cellula, decide ancora una volta di stupire tutti, andando a prendere in macchina Abdulaziz Al Omari nella sua camera d’albergo di prima mattina. I due si dileguano in macchina e si dirigono per motivi assolutamente incomprensibili a Portland, nel Maine, una cittadina che dista diverse centinaia di km da Boston abitata da 63'000 anime, pressappoco come la nostra L’Aquila.
Arrivati lì si comportano in maniera tranquilla e serena, forse anche un po’ troppo per due che erano consapevoli che quella sarebbe stata la loro ultima serata su questo mondo.
Arrivano a Portland nel tardo pomeriggio, verso le cinque e mezza, e non fanno assolutamente nulla: appena arrivati vanno subito in albergo, dopodiché cenano in un ristorante e vanno a spasso, fermandosi a fare shopping in un supermercato. Adesso, premesso che sinceramente non capisco che motivo ci sia di fare shopping il giorno prima di morire, ciò che conta davvero in questo fatto è che la mattina dopo, per ritornare in tempo a Boston i due sono costretti a fare l’impossibile.
Il volo AA 11 è previsto per le 7.50 e loro alle sei di mattina sono ancora a Portland. A quell’ora si imbarcano dall’aeroporto di Portland su un volo della Colgan Air diretto a Boston, il quale a sua volta era in leggero ritardo.
Arrivano così appena in tempo per avviare le procedure d’imbarco per il volo successivo, quello definitivo, e rischiano seriamente di perderlo. Arrivano così tardi che la valigia di Atta non viene portata sul volo AA11 e rimane a girare sui nastri della restituzione bagagli dell’aeroporto di Boston.
Quella valigia per noi, oltre ai pagamenti effettuati con la carta di credito e alcune testimonianze, costituisce il mezzo attraverso cui siamo riusciti a sapere queste cose su di lui.
Essa conteneva delle lettere in arabo con su frasi contro l’Occidente, divise dell’American Airlines e un manuale di volo.
Sinceramente, la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho saputo ciò è “chissà come si sarà sentito senza, chissà se sarà riuscito comunque a mantenere la calma necessaria a fare una cosa simile”.
Se ci pensiamo un attimo, se Atta aveva bisogno di questi oggetti per sentirsi sicuro di portare a termine il proprio piano significa che:
q Non aveva ancora affatto acquisito padronanza nel pilotare un aereo, specialmente un aereo di simili proporzioni.
q Sentiva il bisogno di incoraggiarsi da solo, lasciandosi dei promemoria scritti con frasi del tipo “Sentiti tranquillo,perché tra poco sarai in paradiso”, o “giura di morire e riproponi le tue intenzioni”. Insomma da queste frasi si evince che neanche lui sembrava molto convinto di ciò che stava per fare, visto che sentiva il bisogno di autotranquillizzarsi o ripetersi tra sé e sé il giuramento fatto, in modo che non gli venisse in mente il desiderio di ripensarci.
q Lui non poteva sapere che l’aereo della Colgan Air sarebbe atterrato con quel leggero ritardo a cui fu dovuto poi l’abbandono della sua valigia. E neanche è possibile che egli l’abbia lasciata lì apposta, come testamento e rivendicazione, visto che essa conteneva oggetti che gli servivano, come il manuale, le finte divise e gli ammonimenti.

Per capire quanto Mohammed Atta abbia messo a serio rischio l’intera operazione, basta usare un po’ di immaginazione.
Immaginiamo. Se per puro caso l’aereo proveniente da Portland avesse sviluppato un ritardo ancora maggiore, e se quindi Atta non avesse fatto in tempo ad imbarcarsi sul volo American 11, riuscite anche solo a immaginare cosa sarebbe successo? Sarebbe saltato tutto! L’intera operazione sarebbe fallita, e lui sarebbe stato in guai enormi.
Supponiamo per un attimo di voler tenere fede alla versione ufficiale, in cui i terroristi da soli, mandati e guidati da un oscuro sceicco da una caverna afgana mediante un portatile avrebbero compiuto la loro missione, immaginiamo che Mohammed Atta a causa della sua bravata della capatina a Portland non abbia fatto a tempo ad imbarcarsi sul volo AA 11.
Gli altri tre gruppi stanno già svolgendo regolarmente le operazioni d’imbarco e ormai sarebbe oltremodo difficile e sospetto farli tornare indietro. Alcuni di loro sono già sull’aereo e quindi una volta imbarcati non possono sapere cosa sta accadendo agli altri membri della cellula sugli altri voli.
Il volo UA 175 colpisce la torre Sud, mentre gli altri complici che si trovavano sul volo AA11 sono nel panico e non sanno cosa fare, visto che all’appello manca il loro pilota, che è lo stesso Atta.
In seguito la torre Sud crolla, AA 77 colpisce il Pentagono e il quarto aereo, UA 93 precipita inesorabilmente nella campagna della Pennysilvania.
A questo punto alle 10.10, quando tutto è finito, gli aeroporti di tutto il territorio statunitense vengono chiusi e scattano le perquisizioni e le indagini, che fine farebbe Atta, il quale è rimasto con la sua valigia compromettente all’aeroporto, tutto solo?
Gli agenti noterebbero immediatamente, qualora gli altri terroristi del volo AA 11 avessero agito comunque, nonostante la mancanza del pilota, facendo schiantare l’aereo in volo su una zona abitata uccidendo i piloti, che Atta non ha fatto a tempo per pochissimi istanti a salire sull’aereo.
Noterebbero anche che probabilmente è molto nervoso, in quanto il suo ritardo ha manomesso seriamente tutta l’operazione, e quindi deciderebbero quasi certamente di perquisirgli il bagaglio, trovando così mille sorprese.
Che razza di terrorista kamikaze si è, se non si riesce neanche ad arrivare in tempo per il proprio suicidio?
Le cose tuttavia prendono una piega ben diversa se, contestando ancora una volta la versione ufficiale dei fatti si smette di fantasticare e si ragiona con i piedi per terra.
Quello che Atta aveva nella valigia sembra molto un biglietto da visita volutamente lasciato, sembra quasi che sia stato lasciato lì apposta per essere visto, perquisito e per dirci chi è stato a compiere quel gesto. Ironicamente se quella valigia non ci fosse noi non sapremmo molto su Atta.
Tuttavia c’è un altro elemento che butta benzina sul fuoco.
Normalmente vi sono sempre delle telecamere negli aeroporti, specie nelle aree di sicurezza in cui avvengono le perquisizioni e in cui si passa attraverso i metal detector, all’ingresso dei gate, al check in o in altri luoghi.
Queste telecamere filmano solitamente le persone al momento dei controlli e le riprendono nella zona d’imbarco.
Abbiamo per esempio le riprese delle videocamere a circuito chiuso dell’aeroporto di Portland, nel Maine, che ripresero accuratamente Atta mentre si imbarcava sul volo per Boston con Al Omari, abbiamo le riprese degli altri passeggeri dei quattro voli dirottati l’11 Settembre all’imbarco, ma non abbiamo nessuna ripresa dei 19 terroristi che si imbarcano su questi quattro aerei.
Nessuno li ha filmati, erano forse fantasmi?
Questi erano, ufficialmente i 19 dirottatori:

Volo AA 11
- Mohammed Atta, Egiziano
- Abdulaziz Al Omari, Saudita
- Satam Al Suqami, Saudita
- Wail M. Al Shehri, Saudita
- Waleed Al Shehri, Saudita
Volo UA 175
- Marwan Al Shehhi, originario degli Emirati Arabi Uniti
- Fayez Rashid Banihammad, Saudita
- Muhannad Al Shehri, Saudita
- Ahmed Al Ghamdi, Saudita
- Hamza Al Ghamdi, Saudita
Volo AA 77
- Hani Hanjour, Saudita
- Khalid Al Midhar, Saudita
- Majed Moqed, Saudita
- Nawaf Al Hazmi, Saudita
- Salem Al Hazmi, Saudita
Volo UA 93
- Ziad Jarrah, Libanese
- Ahmed Al Nami, Saudita
- Ahmed Al Aznawi, Saudita
- Saeed Al Ghamdi, Saudita.

Li avete letti i nomi? Bene, perché non li leggerete da nessun altra parte. Infatti i nomi dei dirottatori non figurano in nessuna delle liste passeggeri dei quattro voli dirottati quel giorno diramata dalle compagnie aeree interessate: l’American Airlines e la United Airlines.
Semplicemente non ci sono.
CAPITOLO 7.

“Neocon, PNAC e la nuova Pearl Harbour”

Chi sono i Neocon, cos’è il Pnac, e in che modo possono essere legati all’11 Settembre?
I Neocon, o Neoconservatori, sono un gruppo politico assai particolare. Essi si sono formati politicamente negli anni ’80 ma soprattutto nei primi anni ’90, negli anni della prima guerra del golfo. Essi si sono moltiplicati all’avvento del nuovo secolo, e sono largamente membri dell’amministrazione USA attuale.
Essi sostengono che il potere degli Stati Uniti sia e debba essere quello egemonico a livello globale.
D’altronde non gli si può dare torto sul fatto che oggi il potere dell’America sia ingerente in tutti gli ambiti della nostra vita: tutti i paesi “Occidentali” dipendono da essa,come anche il nostro stile di vita, le nostre abitudini, le nostre mode…l’America detta legge su tutto.
I Neoconservatori sostengono appunto che l’egemonia globale Statunitense debba essere mantenuta a tutti costi su scala internazionale. Essi non disprezzano affatto l’uso della guerra e delle armi, anzi, è ciò che più prediligono. Tutto è lecito se fatto per il bene e la potenza degli USA.
Nella loro ottica il progresso e la politica Americana devono essere esportati e allargati su tutto il mondo, gli interessi del loro paese vanno protetti, anche quando configgono apertamente con quelli della comunità internazionale, la quale troppo spesso deve sottostare in silenzio ai loro pesanti egoismi.
Anzi, comunità internazionali come la Nato non sono più semplici alleanze difensive,ma diventano offensive, e anche la guerra diventa così da difensiva a “preventiva”.
Per i Neocon la sicurezza nazionale va costruita mediante l’esportazione della democrazia e del liberismo in stile Americano in tutti i paesi del globo.
PNAC
Questo gruppo di pensiero politico ha espresso il suo pensiero fondando un istituto di ricerca chiamato “Progetto per il nuovo secolo Americano”, conosciuto anche come PNAC (“Project for the New American Century”).
L’istituto ha il compito di stilare i principi e le azioni che dovrebbero garantire agli USA il predominio nella politica estera globale nel nuovo secolo, il 21°,che dovrebbe essere il centennio del definitivo “impero” Americano.
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, i Neocon si proponevano e si propongono di espandere gli interessi della politica nazionale su scala mondiale, in modo da affermare una volta per tutte il primato assoluto degli USA sul resto del mondo. Gli USA ora spendono per la difesa quanto tutto il resto del mondo messo insieme.
Il progetto si propone di portare ovunque la “Pax americana” e di portare saldamente il comando del globo nelle mani dello Zio Sam, prima che qualunque potenza emergente (Russia,Cina,India) diventino abbastanza potenti da poterglielo contendere: un progetto per conservare la preminenza globale degli Stati Uniti, impedendo il sorgere di ogni grande potenza rivale, e modellando l'ordine della sicurezza internazionale in modo da allinearlo ai principi e agli interessi americani'.
Il problema inoltre è che il progetto non disdegna affatto l’uso della forza per giungere all’egemonia su spazio (anche per mezzo del progetto dello scudo spaziale),mare e terra.
Il documento “Ricostruire le difese Americane” dice inoltre:
· Che il Regno Unito è un alleato fondamentale per realizzare il potere globale;
· Ci rivela che l’amministrazione Americana è preoccupata in quanto teme nell’Europa Unita un futuro e potente avversario;
· Sostiene che non è importante che le missioni di pace avvengano sotto l’egida e la protezione dell’ONU bensì degli Stati Uniti;
· Dice che gli USA hanno da sempre cercato di aumentare la loro ingerenza nel golfo Persico,e che anche se in futuro (era il 2000) Saddam Hussein dovesse cadere sarebbe stato comunque necessario mantenere grandi basi militari in Arabia Saudita e Kuwait in vista di un possibile conflitto con l’Iran;
· A un certo punto il testo dice esplicitamente “Nuovi metodi di attacco - elettronici, 'non letali', biologici - diventeranno sempre più possibili. .. il combattimento si svolgerà in nuove dimensioni, nello spazio, nel ciberspazio, forse nel mondo dei microbi... forme avanzate di guerra biologica in grado di prendere di mira genotipi specifici potranno trasformare la guerra biologica dal mondo del terrorismo in un'arma politicamente utile”;
· Dice che è ora che in Cina si verifichi un cambio di regime e incita a aumentare la presenza militare USA nell’Asia Orientale.
Tuttavia questo dominio mondiale può essere realizzato solo mediante innumerevoli e rischiose guerre, e questo va definitivamente contro la maggioranza dell’opinione pubblica e popolare.
Il PNAC e i Neocon in generale quindi sono da sempre molto propensi all’attività bellica.
Nel Settembre del 2000, appena un anno prima degli attentati dell’11 Settembre, il PNAC pubblicò un documento chiamato “Ricostruire le difese dell’America:strategie,forze e risorse per un nuovo secolo”, in cui espone proprio la soluzione per superare lo scoglio dell’opinione pubblica e ci mostra una prospettiva seriamente inquietante,a dir poco stranamente profetica riguardo quello che accadrà appena un anno dopo. Ovviamente allora il documento non era pubblico.
Infatti dopo aver enunciato tutte queste scelte di politica estera “auspicabili” per gli USA, il documento riconosce che questi cambiamenti,per quanto rivoluzionari,avranno bisogno di molto tempo, diversi decenni,prima di essere attuati e portati a termine; purtroppo però l’America non ha tempo da perdere, in quanto se aspettasse tutti questi anni per iniziare la sua politica egemonica darebbe tempo a nuove potenze come Cina, India e Russia di emergere ed essere abbastanza potenti da contrastarla.
Alla luce di queste problematiche, il documento allora dice esattamente che l’unico mezzo per accelerare bruscamente il processo bellico di Americanizzazione del mondo è un non solo necessario, ma addirittura auspicabile attacco subito dal paese sul suo stesso suolo,che induca così l’opinione pubblica ad accettare nuove guerre e momentanee restrizioni della costituzione per poter garantire la sicurezza del cittadino Americano, in stato di pericolo da minacce esterne.
In particolare, il documento dice chiaramente che questo nuovo attacco sul suolo Americano dovrebbe essere paragonabile almeno a una nuova Pearl Harbour (che provocò 2403 morti nel 1941).
Non so a voi, ma a me questa cosa fa venire i brividi, se solo penso che esattamente un anno dopo che questo documento venne scritto (e reso noto ovviamente solamente molto dopo), gli attacchi dell’11 Settembre 2001 sventravano il cuore di New York e ferivano Washington, portando via con sé la vita di quasi 3000 innocenti.
Inoltre, la sede del PNAC si trova accanto,non so se addirittura nello stesso palazzo,ma comunque nelle immediate adiacenze della sede di uno degli oltre 20-30 giornali di Rupert Murdoch,che possiede anche decine di canali televisivi oltre che giornali e mezzi di informazione,tra cui il celebre canale Sky Italia,il canale Fox News, e numerose testate giornalistiche assai importanti. C’è da sperare allora che il PNAC non crei o abbia già creato interferenze nei confronti dei mass media,che sappiamo essere molto vulnerabili e facilmente controllabili sotto certi aspetti.
Tra i fondatori del PNAC c’è niente di meno che Donald Rumsfeld, ex segretario della Difesa Statunitense e pianificatore dell’invasione dell’Iraq del 2003.
E’ curioso ma dopo l’insiediamento anni fa dell’amministrazione Bush molti Neocon e membri del PNAC hanno gradualmente occupato (e occupano tutt’ora) posti importantissimi e ruoli chiave nel governo USA.
Altri membri sono:
· Jeb Bush (fratello del presidente ed ex governatore della Florida),
· Dan Quayle (ex vice presidente USA),
· William Kristol (corrispondente della rete Fox News e direttore di un giornale),
· Dick Cheney (vice presidente USA),
· John Bolton (ambasciatore Usa all’ONU),
· Paul Wolfowitz (ex presidente della banca mondiale,architetto della politica estera dell’amministrazione Bush), e moltissimi altri.
· Richard Clarke

Francamente mi sembra una troppo lunga serie di coincidenze che tutti costoro abbiano occupato cariche politiche sempre più importanti dall’insediamento dell’amministrazione Bush in poi…

CONCLUSIONI
Ho cercato di affrontare tutti gli argomenti con la massima semplicità,chiarezza e aiutandomi nell’esposizione con immagini eloquenti (che potete trovare anche sul sito internet www.xoomer.alice.it/911_subito).
Spero di aver raggiunto il mio obiettivo,e cioè quello di aver suscitato l’interesse di chi sta leggendo, nella speranza che magari anche voi iniziate una vostra personale ricerca della verità,libera e indipendente, e che vi facciate anche voi la vostra opinione.
In questo manoscritto ho dovuto tralasciare per brevità molti elementi come il totale stallo del sistema di difesa dell’aeronautica militare Americana,gli stralci dell’operazione Nordwoods e delle operazioni di finanziamento della guerriglia islamica da parte della stessa CIA.
Forse potrà stupirvi, ma i servizi segreti Americani e Al Qaeda sono molto più legati di quanto sembri.
Al Qaeda, come moltissimi altri gruppi terroristici a sfondo islamico, è stata (forse addirittura creata) finanziata,aiutata e armata dagli USA, per combattere in segreto per mezzo della guerriglia islamica l’avanzata dei sovietici in Afghanistan negli anni ’80.
La verità sull’11 Settembre è un argomento che personalmente mi sta molto a cuore, e mi piacerebbe molto che si diffondesse almeno il dubbio, che qualche domanda inizi a nascere spontaneamente nella vostra mente così da invogliarvi a indagare per scoprire come siano andate in realtà le cose…
Vorrei tanto fare di più, vorrei tanto che la verità venisse a galla, e spero che i veri responsabili un giorno vengano puniti…tuttavia questa cosa non è alla mia portata, ma alla vostra si.
Solo tutti insieme, tramandando anche solo il dubbio nei confronti della versione ufficiale, solo passando la parola di amico in amico, di sito in sito, solo uniti potremo fermare questa bugia e smascherarla finalmente.
Io non pretendo di sapervi dire cosa accadde quel caldo giorno di settembre. Non sono in grado di testimoniarvi con certezza come sono andate le cose.
Quello che so è che non sono andate affatto come ci hanno detto.
Insinuiamo il dubbio nella loro bugia,e smontiamola: le prove sono sotto gli occhi di tutti.
Grazie per avermi ascoltato.
Edoardo Di Paolo
Inviato il: 22/8/2008 23:55
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