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   Scienze Economiche
   La moneta come rappresentazione del valore.

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  •  a_mensa
      a_mensa
La moneta come rappresentazione del valore.
#1
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
Messaggi: 3180
Offline
vediamo se riesco a sollevare un vespaio.

Quando nomino la moneta, intendo normalmente dei pezzi di metallo coniati, con un valore facciale, ovvero una indicazione di quanto valore tale pezzo di metallo rappresenti.
Dato che il matallo usato, deve avere caratteristiche abbastanza definite come ad esempio la durezza, la non ossidabilità, ecc.. ha intrinsecamente un valore.
Ma come moneta, a volte si intende più genericamente una qualsiasi rappresentazione del valore, in senso lato e si dirà che la moneta in uso negli USA è il dollaro (che sia in metallo o in banconota non importa), che la moneta in uso nell’unione europea è l’euro, ecc….
Oggi, il sistema in uso in tutte le nazioni, è quello della fiat-money, che prende il nome dal semplice fatto che l’entità statale asserisce che la moneta adottata ha un certo valore, e tutto il popolo di quello stato è obbligato ad accettarlo in cambio di merci per quel valore, che diventa anche l’unità di misura del valore stesso.
Qui userò quindi la parola “moneta” per indicare genericamente una certa denominazione del denaro (dollaro, euro, sterlina, ecc…)
Il valore effettivo del denaro sta però nel fatto che ogni persona, grazie all’obbligo imposto dall’autorità, accettando una certa quantità di quel denaro in cambio di un bene, potrà a sua volta usarlo per avere dei beni in cambio di tale denaro. È una condizione che mantiene se stessa nel circolo in cui:
l’autorità obbliga ad usare quel denaro, chi lo accetta in cambio di beni è sicuro di poterlo usare a sua volta, tale credenza comune conferma il valore del denaro, tale credenza conferma l’obbligo imposto dall’autorità.
È sotto gli occhi di tutti il come l’autorità approfitti di tale condizione, imponendo indirettamente, o con i condizionamenti che può esercitare nei confronti dell’entità che gestisce la circolazione monetaria.
Sommato a tali condizionamenti c’è la enorme difficoltà di mettere in circolazione denaro non eccessivo ma nemmeno scarso, per permettere tutti gli scambi, senza tensioni.
Inoltre tale enorme difficoltà è aumentata dalla possibilità di tesaurizzare il denaro, essendo esso, quando in circolazione, anche riserva di valore nel momento in cui venga risparmiato, ovvero esca dal circuito dello scambio di valore.
Se non bastasse, la quantità di denaro “sufficiente ma non abbondante” è condizionata anche dalla velocità con la quale si effettuano gli scambi. (1)
Ho definito l’attività del controllo sulla massa monetaria, una attività da togliere il sonno ai ghiri, per la sua enorme complessità
In effetti le banche centrali si avvalgono di formule semi-empiriche che hanno come parametro principale i flussi di deposito/prelievo presso gli sportelli bancari riferiti ai giorni del mese ed ai mesi dell’anno.
Il 5 del mese avrà un flusso storico di una certa entità, il 27 un altro e l’1 un altro ancora, se in gennaio un ceto valore, se in agosto un altro, se cadono in giorno feriale uno, se festivo un altro, ecc…
In teoria (perché in pratica non è ancora verificato, ma lo si può verificare come tendenza con l’uso sempre maggiore di “moneta di plastica”) se ogni pagamento venisse fatto con bonifici (attivati per esempio via cellulare con sms) tale controllo sarebbe enormemente semplificato, potendo conoscere tutte le transazioni ed il loro valore in tempo reale. Ma ciò non è , o almeno non lo è ancora.
A proposito della difficoltà di tale controllo (della quantità di liquidità) c’è poi anche da menzionare il cambio di “sentiment” della popolazione, spinta in alcuni tempi ad un maggiore risparmio e in altri tempi alle spese.
Ultimo problema poi è il “come” tale controllo può essere fatto.
Una banca centrale, ha essenzialmente due “armi” a sua disposizione:
il tasso di sconto di riferimento (dal quale poi derivano tutti gli altri, non sempre per imposizione ma per conseguenza), e la liquidità.
Riguardo al tasso di sconto, deriva per ogni attore, dalle banche al pubblico sia depositante che richiedente, un certo cambio di comportamento: più il denaro diventa “caro” più aumenta la tendenza al risparmio e diminuisce quella al richiederlo, e viceversa. Aumentare il tasso porta ad una “stretta”, mentre abbassarlo ad un allentamento. Ciò mi pare intuitivo e non spendo altre parole.
L’altra via è quella verso la liquidità.
La liquidità viene immessa o ritirata dalla banca centrale alle banche, le quali la concedono soddisfacendo richieste di prestiti oppure recuperando quelli concessi e non concedendone di nuovi.
Chi ha bisogno di denaro per investirlo, per avviare produzioni, per spenderlo, nel momento in cui si rivolge ad una banca o altro ente finanziario, trasforma il denaro in merce. Ovvero l’intensità del suo bisogno gli condiziona anche il livello di costo che, di quel denaro, considera accettabile. Il costo del denaro è l’interesse che deve pagare, oltre al rendere il capitale ricevuto.
Quando una banca ha molto denaro disponibile, tende a farlo “pagare” meno (ovvero chiederà un interesse minore a parità di tutte le altre condizioni), mentre al contrario se ne ha poco o addirittura deve rientrare perché mutati i parametri che definiscono la sua possibilità di impieghi.
Ma questa via per il controllo della liquidità l’ho paragonata ad una corda, con la quale si può trattenere se resta tesa, ma mai spingere. Infatti il trasferimento della liquidità dalla banca al pubblico avviene solo e sempre su richiesta di quest’ultimo. Quindi la politica per poter usare quest’”arma” nel controllo della liquidità, è quella di avere sempre la richiesta leggermente superiore alla quantità concessa. Avere quindi una tendenza inflazionistica (prezzi dei beni che salgono) è quindi propedeutico all’avere una richiesta di maggiore liquidità.(2)
In conclusione, tale controllo, anche in assenza di interferenze politiche è assai critico e difficile, e, soprattutto le varie formule funzionano in condizioni “medie” o “normali”. In presenza di fenomeni estremi occorre ricorrere a mezzi non convenzionali, di cui però si conoscono poco gli effetti.
Questo per cosa riguarda la “fiat-money”.
Vista la difficoltà del suo controllo, viste le interferenze che sovente opera la politica (sempre restia a ricorrere alle tasse per coprire i surplus di fabbisogno, ma più propensa a ricorrere all’indebitamento, che sposta nel tempo, ma peggiora anche le condizioni globali dovendo far fronte alla restituzione non solo del capitale ricevuto ma anche al pagamento degli interessi relativi), molti propendono al ritorno del denaro_valore (ritorno all’oro o analogo controvalore del denaro o meglio ancora oro o altro bene analogo COME denaro) come soluzione alle degenerazioni del sistema monetario.
Io non penso che ciò sarebbe una soluzione oggi, anche se in passato ha operato egregiamente.
Le ragioni sono molteplici :
a) Il primo grosso problema di convertire tutto il denaro in oro, ad esempio, è che sarebbe letteralmente impossibile ai valori attuali. La quantità di oro disponibile nelle banche e ogni altro deposito, non coprirebbe nemmeno una infinitesima parte del denaro ( banconote e annotazioni) in circolazione.
Per attuare un simile cambiamento non si può solo conteggiare le banconote, ma andrebbero conteggiati anche tutti i saldi dei conti correnti, in quanto anch’essi sono liquidità immediatamente disponibile. Le banche dovrebbero predisporre caveaux enormi per farvi fronte. Oppure, peggio ancora, l’oro dovrebbe esser rivalutato migliaia di volte.
Ma supponiamo che si trovi oltre all’oro, qualcosa di piccolo, di elevato valore, non deteriorabile.
b) Si dice che il suo valore si autodeterminerebbe automaticamente in base alla quantità di tale “denaro” in relazione ai beni disponibili. E se il “sentiment” si volgesse al risparmio, per esempio ? esso comincerebbe a rarefarsi diminuendone la quantità in circolazione e quindi rivalutandosi, aumentando così il “guadagno” di chi ha cominciato a tesaurizzarlo per primo ed accrescendo la propensione al risparmio, tendendo così a farlo sparire del tutto dalla circolazione.
Ma non basta

c) Il denaro_merce tornerebbe a subire tutte le caratteristiche delle altre merci.
Cosa succede oggi se io giudico il prezzo (valore di scambio) eccessivo rispetto al mio desiderio di possederlo e riferito anche alle mie disponibilità ? non lo compero, ovvero non faccio lo scambio.
Pertanto una moneta d’oro, potrei oggi considerarla equa e comunque spendibile per un certo bene, ma domani non più. Altrettanto per il venditore, potrebbe benissimo sostenere che per lui il mio oro non presenta alcuna attrattiva. Quindi, oggi, con l’elevata facilità e quantità di scambi (e questa è la grande differenza con il passato), senza l’imposizione statale che mi vincola, ma vincola anche gli altri ad un certo valore dell’unità di denaro, lo stesso denaro_merce potrebbe subire variazioni enormi da zona a zona, da periodo a periodo, da venditore a venditore. E quindi mancando un riferimento per l’unità di misura del valore, ognuno si regolerebbe caso per caso.
Ve lo immaginate il caos che si creerebbe ?

Penso quindi che questa “soluzione” sia molto peggio del male attuale, mentre il rendere più autonoma l’autorità monetaria, con l’unico scopo di mantenere fermo il valore della moneta, accompagnato da mezzi tecnici (es. l’abolizione del denaro cartaceo con i bonifici facili e immediati, ma registrabili per via elettronica) più efficaci, risolverebbero molto meglio il problema.



(1) Ho già fatto in altra sede tale esempio, ma lo ripeto perché importante.
Cinque negozianti abitanti distanti tra loro dispongono ad esempio di 10€ per soddisfare un loro bisogno.
Essi necessitano in totale di 5 banconote da 10 €.Supponiamo che invece gli stessi negozianti siano vicini e, sempre ad esempio, il panettiere vada dal verduraio e compri 10€ di verdura. Incassati i 10 € il verduraio va dal fruttivendolo, e compera, con la banconota appena incassata, 10€ di frutta, quest’ultimo con tale banconota va dal panettiere ecc…
I cinque scambi, a condizione di vicinanza geografica, possono anche avvenire con una sola banconota da 10 €.
La quantità di denaro, quindi, necessaria per permettere gli scambi dipende ANCHE dalla velocità con la quale tale denaro circola.

(2) Direi di portare l’attenzione sul concetto di inflazione.
Una delle sue definizioni è semplicemente “condizione nella quale il prezzo delle stesse merci aumenta, in quanto il valore del denaro diminuisce”. Ad un aumento generalizzato del prezzo delle merci occorre un aumento della quantità di denaro destinato ad acquistarlo (o della velocità di circolazione). In un rapporto in cui l’uno alimenta l’altro.
Pertanto il fenomeno inflazionistico può innescarsi o perché il prezzo delle merci aumenta (aumento delle materie prime, aumento del costo del lavoro, ecc) o perché vi è troppa liquidità ovvero troppo denaro per troppe poche merci.
Similmente la deflazione (diminuzione dei prezzi) può essere causata sia da una eccessiva offerta di beni (per cui la concorrenza tra i vari venditori abbassa il prezzo per non trovarsi merce invenduta), ma anche da scarsità di liquidità, per cui l’eventuale compratore, non disponendo di denaro, rimanda o rinuncia all’acquisto.
Per tale ragione un ambiente inflattivo mantiene “tesa” la richiesta di denaro.
E questa è la ragione per cui le banche centrali definiscono “ottima” una situazione di “piccola inflazione”.
_________________
non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio.
Inviato il: 2/9/2009 17:46
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Oggetto: Autore Data
     Re: La moneta come rappresentazione del valore. Ashoka 2/9/2009 18:40
       Re: La moneta come rappresentazione del valore. a_mensa 2/9/2009 21:18
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