Sono certo di non sapere
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Alcune delle cose che ho letto mi hanno lasciato abbastanza stupito. Concetti come “Attenzione: stai cadendo nella trappola di pispax”, oppure “pispax sostituisce il metodo discorsivo ai contenuti”, o anche “i no-voters di cui parla pispax non sono presenti in questo forum, stanno al bar; quindi pispax si è creato un nemico immaginario per poterlo combattere facilmente”, oppure “pispax sta chiedendo di “dimostrare” una cosa che non è mai avvenuta, e per questo è indimostrabile”.
Tutte queste cose avanzano un rilievo metodologico, e non dicono niente sui contenuti. Credo sia arrivato il momento di fare una sottolineatura.
Una cosa dev'essere chiara: non credo proprio che siano possibili obiezioni dal punto di vista metodologico. Mi dispiace, carissimi, ma qui non ci son cazzi. Per quanto mi riguarda non mi interessa per niente cercare di “aver ragione” utilizzando birbonate dialettiche. L'unico modo per poter avanzare i dubbi sul metodo è di voler deliberatamente fraintendere i motivi per cui questa discussione è nata.
In linea di massima ci sono solo DUE (*) motivi per cui non si va a votare: o perché si pensa che il voto tutto sommato sia una cosa abbastanza trascurabile o perché si ritiene che il non-voto sia utile, e che possa portare dei vantaggi.
Il primo gruppo di persone racchiude un'infinità di casistiche. Ci sono quelli che non votano perché hanno di meglio da fare, tipo andare allo stadio o al mare o guardare la tv; ci sono quelli che non votano perché hanno “scelto” di non occuparsi di politica visto che la politica è una cosa troppo complicata per loro; ci sono quelli che non votano perché in definitiva se ne fregano del voto e della politica – e sono la maggioranza. E tante, tante altre. Per esempio ci sono quelli che non votano perché sono assolutamente convinti che qualunque sia l'esito del voto, questo non potrà danneggiarli più di tanto. L'astensione per “menefreghismo” di un notaio e quella di un manovale hanno una sfumatura parecchio diversa.
Tutte queste persone sono accomunate da un elemento di fondo: a loro il sistema va bene così com'è. Molto spesso se ne lamentano, come tutti, ma se ne sbattono di cambiarlo. Non si pongono proprio il problema.
Calvero ha garantito numerose volte che di queste persone in questa discussione non ce n'è traccia, e quindi è sbagliato pensare ai no-voters riferendoci a loro (e quindi questa discussione è priva di senso).
Ha fatto un'obiezione inutile: ne sono perfettamente convinto anch'io. Non a caso li ho proprio esclusi a monte dal discorso.
Discutere se la loro sia un'opinione corretta o meno ha abbastanza poco importanza in questo contesto. Di sicuro non ha il minimo senso discutere sulle strategie migliori per “cambiare il Sistema” con qualcuno che il Sistema lo accetta volentieri così com'è. Non è un problema di opinioni: è proprio l'interlocutore che è sbagliato.
Il secondo gruppo di persone è quello delle persone che non votano perché pensano che il non voto sia utile. Cioè che sia uno strumento valido per “cambiare il sistema” almeno un po'. Su questo gruppo ha perfettamente ragione florizel: sono quelli che vivono il non voto come AZIONE, non come non-azione. Questa discussione è nata proprio per loro.
Facciamo una premessa banale. Ogni volta che io compio un'azione non faccio altro che scegliere un certo tipo di logica e tramutarla in qualcosa di concreto.
Se io voglio avere dei tulipani sul terrazzo dovrò annaffiarli tutti i giorni, perché so benissimo che se si lascia una pianta senza acqua questa pianta muore. Se io voglio avere dei tulipani sul terrazzo MA non voglio avere i gerani che ci ha messo mia suocera, sarà mia cura annaffiare solo i tulipani e non annaffiare i gerani.
Sulla base di una logica (le piante da giardino se non vengono curate muoiono) decido che azione compiere.
Prendiamo un altro esempio un po' più controverso: la televisione italiana. (Tanto non sono gli esempi la cosa importante, quello che conta è la logica che ci sta dietro)
La RAI vive di canone e di pubblicità. Immaginiamoci per un attimo che il pagamento del canone sia volontario. Se io credo che un sistema televisivo pubblico non debba esistere allora il canone non lo pagherò MAI. Mancandogli risorse, la RAI si indebolirà e diventerà necessariamente una sorta di TV commerciale. Se credo che un sistema televisivo pubblico debba esistere comunque, anche a prescindere dai suoi contenuti, allora il canone lo pagherò SEMPRE. Se credo che un sistema televisivo pubblico abbia senso solo se trasmette dei contenuti di qualità, allora utilizzerò il canone come elemento di pressione: lo pagherò solo ed esclusivamente ogni volta che le trasmissioni RAI soddisfano i miei criteri di qualità.
La logica è chiara, le azioni sono conseguenti alla logica.
Complichiamoci un altro po' la vita (e la logica): questo è possibile anche con le Tv commerciali. Prendiamo due marchi a caso, Mediaset e Barilla.
Ogni volta che Barilla vende un pacco di pasta noi sappiamo che ci guadagna su. Questo significa che nel prezzo di quel pacco ci sono comprese TUTTE le spese necessarie per produrlo e venderlo (stipendi, materie prime, energia, tasse, trasporto ecc) più un margine aggiuntivo che è proprio il guadagno. Barilla più vende e più guadagna. Per aumentare le proprie vendite decide di fare pubblicità su Mediaset e compra tutto il suo spazio pubblicitario.
Mediaset è una tv commerciale. Questo significa che vive solo sulla pubblicità che trasmette. Si inventa programmi “ganzi” che attirano il pubblico solo ed esclusivamente perché così può vendere più pubblicità e a un prezzo più alto. Anche Mediaset ci guadagna su. Ogni volta che vende uno spazio pubblicitario, nel prezzo ci mette tutte le proprie spese (Costanzo, la De Filippi, le veline, i tecnici, l'energia, le attrezzature ecc) più un margine aggiuntivo che è proprio il guadagno.
Tutta questa roba viene pagata da Barilla, che ha comprato lo spazio pubblicitario. A questo punto Barilla è costretta a rivedere il prezzo della pasta: le spese adesso sono diventate stipendi, materie prime, energia, tasse, trasporto, PUBBLICITA' ecc.
Ogni volta che uno compra un pacco di pasta Barilla ora non si limita più a far esistere e guadagnare Barilla, ma fa crescere e guadagnare anche Mediaset. Paga TUTTE le spese dell'una e dell'altra; paga TUTTO il guadagno dell'una e dell'altra.
Se io ritengo che Mediaset sia diventata troppo forte e voglio indebolirla, ho in mano una possibilità: mi basta smettere di comprare la pasta Barilla.
Ho un obiettivo, ho capito la logica, ho scelto il mezzo che considero più appropriato: in altre parole ho una STRATEGIA.
Ha poca importanza se questa strategia possa essere immediatamente funzionante o no. Se trovo altre persone che hanno lo stesso fine posso confrontarmi con loro per migliorarla. Per esempio trovare meccanismi che aumentino la massa delle persone che applicano il boicottaggio. Oppure mi metto d'accordo per inviare a Barilla una mail ogni volta che non compro la sua pasta, spiegando il perché. Oppure ascolto le strategie che propongono le altre persone, e se ne trovo una che ritengo migliore per arrivare al fine che ho in mente smetto subito con il boicottaggio della Barilla e faccio un'altra cosa.
Anche qui il processo è lo stesso: avere un fine condiviso, capire per bene il meccanismo logico che sta dietro alle cose e sulla base di queste due cose stabilire una linea di azione che funzioni.
E' una linea che come tutti i boicottaggi si muove per passi successivi molto ben delineati: iniziare, fare proselitismo, perfezionare la strategia, rendere assolutamente chiari sia gli scopi che la strategia in modo da poter fare diffusione, dar pubblicità agli scopi più che alle modalità, ottenere ulteriore condivisione, cercare di ottenere quella famosa “massa critica” che serve a raggiungere lo scopo, verificare gli step di avanzamento.
Chiaro che se uno non capisce il meccanismo più che una strategia pianifica i disastri.
Io voglio i tulipani ma non voglio i gerani di mia suocera. Però non voglio neppure che mia suocera si accorga che li ho trascurati, altrimenti mi pianta una menata.
Ho pianificato la mia strategia: annaffio tutti i giorni sia i tulipani che i gerani ma astutamente nel vaso dei gerani ci metto anche un potentissimo fertilizzante chimico, perché lo sanno tutti che i fertilizzanti chimici fanno malissimo alla Natura.
Dopo un po' sarò AFFOGATO dai gerani. Avrò gerani in terrazzo, in salotto, in cucina e nel bagno; e saranno floridi e robusti come piante di baobab. Ovunque mi giro c'è una pianta di gerani che mi guarda minacciosa.
“Cazzo – penso - dov'è che ho sbagliato? Qui le cose stanno andando in modo imprevisto!”
E in una notte buia e tempestosa, dopo lunga e sofferta riflessione, finalmente capirò il mio errore: “Ci sono! Ci ho messo troppo poco fertilizzate! Devo aumentare le dosi!”
Dopo un altro po' mi rendo conto che se voglio rientrare nell'appartamento devo chiamare qualcuno con la motosega, che i gerani sono diventati grandi come querce secolari. A questo punto sarà inevitabile la conclusione logica:
”E' tutta colpa dei gerani. Che non hanno preso coscienza. Che non hanno la consapevolezza”
...
Questa roba si può applicare ai no-voters? Non è detto.
L'unica cosa certa è che i no voters hanno chiaro un fine: questo sistema fa schifo e vogliono ottenerne uno migliore. Poi ti parlano dei mezzi: non devi andare a votare.
Ma non viene mai detto quello che c'è nel mezzo. La logica per cui il “mezzo” riesce a raggiungere il “fine”. Cioè in che modo l'astensione possa, alla fine del percorso, trasformarsi nella creazione di una società migliore.
Qualcuno dice che “c'è la possibilità che, forse, l'astensione possa un giorno trasformarsi in ALTRO”. Un programma di estrema chiarezza, non c'è che dire. E se nel frattempo dobbiamo mangiare merda, pazienza: se tutto va in vacca è un piccolo prezzo da pagare in cambio della REMOTISSIMA possibilità futura che le cose cambino.
Qualcun altro invece è convinto che i politici si dimetteranno spontaneamente, altri ancora parlano di “terze vie” assolutamente improbabili.
Nel frattempo nessuno prende in considerazione la cosa più ovvia: che se a non votare sono quelli più critici nei confronti del Sistema, costoro al Sistema gli fanno piacere enorme. Non solo non lo cambiano ma lo aiutano a svilupparsi proprio nelle direzioni peggiori.
E' colpa delle “regole democratiche”? Si. ESATTO.
Prendiamo tutti atto che queste regole esistono, che condizionano la nostra vita e soprattutto che non abbiamo alcun modo per chiamarci fuori da esse. C'è poco altro da dire. In attesa dell'immancabile Rivoluzione dell'Avvenire tocca renderci conto che:
1) per giocare questo gioco tocca seguire queste regole. Non ce ne sono altre. 2) che lo si voglia o meno, non è possibile non giocare questo gioco.
Pazienza se è brutto ammetterlo. Semplicemente, non si può pianificare una strategia senza tener conto di questa roba. I concimi NON uccidono i gerani: li nutrono. Prendiamone atto.
Quindi rinnovo il mio invito.
1) Spiegate in che modo l'astensione sia la strategia migliore per migliorare il sistema.
2) Se proprio non ce la fate, e non è vero che il non voto sia la strategia migliore, spiegate almeno che c'è uno straccio di strategia logica dietro a tutto questo. Che è un discorso di testa e non di pancia.
3) Se non riuscite a spiegare neppure quello, spiegate proprio il minimo sindacale della protesta: cioè che è vero che il Sistema riporta quantomeno un piccolissimo danno ogni volta che quelli critici nei confronti del Sistema non votano.
Grazie.
(*) Mi è già stato fatto notare che possono esistere anche le Terze Vie. In effetti c'è anche un TERZO motivo per cui la gente può non recarsi a votare.
E' teoricamente possibile che esistano persone che si rendono conto che il Sistema fa schifo, che sanno perfettamente di essere obbligate a vivere all'interno di questo Sistema, che sanno perfettamente che l'astensione non produrrà alcun risultato. Sanno inoltre che astenendosi in realtà AIUTANO il Sistema a percorrere strade sempre peggiori, visto che fanno mancare proprio le voci critiche di controllo, e quindi arrecano danno oltre che a loro stessi anche all'intera società.
Ma che comunque si astengono “per non essere complici”.
Se Dante la Divina Commedia la scrivesse oggi, mi chiedo in che girone dell'Inferno li metterebbe.
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